Anche l’editoria musicale si è trasferita sul web. Fra le poche testate cartacee che sopravvivono c’è Rolling Stone, la cui edizione italiana festeggia oggi il centesimo numero. Il primo numero del mensile - filiazione della storica testata americana fondata nel ’67 a San Francisco da Jann Wenner, che ancora la dirige - arrivò infatti nelle edicole nel novembre 2003. Per celebrare il piccolo grande evento viene proposta al pubblico una classifica dei migliori cento dischi italiani dell’ultimo mezzo secolo.
Ebbene, il risultato è sorprendente. Secondo una giuria molto trasversale - formata fra gli altri da Carlo Verdone e Renzo Rosso, Mario Calabresi e Marco Travaglio, Valentino Rossi e Niccolò Ammaniti - il miglior disco dal 1960 a oggi è “Bollicine” di Vasco Rossi. Seguono “La voce del Padrone” di Battiato, “Una donna per amico” di Battisti, “Crêuza de mä” di De André, “Lorenzo 1994” di Jovanotti.
Poi, fra album di Capossela e Celentano, Diaframma e Rino Gaetano, spiccano i piazzamenti di “Arbeit macht frei” degli Area (nono posto), “1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi” dei Cccp (13.o), “La malavita” dei Baustelle (21.o), ma anche “Rimmel” di De Gregori, “Traslocando” della Bertè, “Sugo” di Finardi, “Il tuffatore” di Flavio Giurato...
Insomma, uno spaccato della musica di casa nostra, che fra l’altro non si limita al pop/rock e alla canzone, ma si infila nei meandri più particolari dell’universo sonoro tricolore. Ah, chi non è d’accordo con la classifica può scrivere a manonavetemesso@rollingstonemagazine.it
Ebbene, il risultato è sorprendente. Secondo una giuria molto trasversale - formata fra gli altri da Carlo Verdone e Renzo Rosso, Mario Calabresi e Marco Travaglio, Valentino Rossi e Niccolò Ammaniti - il miglior disco dal 1960 a oggi è “Bollicine” di Vasco Rossi. Seguono “La voce del Padrone” di Battiato, “Una donna per amico” di Battisti, “Crêuza de mä” di De André, “Lorenzo 1994” di Jovanotti.
Poi, fra album di Capossela e Celentano, Diaframma e Rino Gaetano, spiccano i piazzamenti di “Arbeit macht frei” degli Area (nono posto), “1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi” dei Cccp (13.o), “La malavita” dei Baustelle (21.o), ma anche “Rimmel” di De Gregori, “Traslocando” della Bertè, “Sugo” di Finardi, “Il tuffatore” di Flavio Giurato...
Insomma, uno spaccato della musica di casa nostra, che fra l’altro non si limita al pop/rock e alla canzone, ma si infila nei meandri più particolari dell’universo sonoro tricolore. Ah, chi non è d’accordo con la classifica può scrivere a manonavetemesso@rollingstonemagazine.it
Nessun commento:
Posta un commento