giovedì 22 marzo 2012

BANCO sab a pordenone

«Volevamo evitare luoghi comuni del tipo “i nostri primi quarant’anni”. Ma ai nostri concerti ci ha sempre incuriosito l’alta percentuale di giovani. Allora ci siamo resi conto che in tutto questo tempo siamo sempre stati piuttosto reticenti nel parlare di noi. E che era arrivato il momento di colmare questa lacuna...».
Parla Vittorio Nocenzi, fondatore nel lontano ’68 del primo nucleo da cui poi, nel ’72, nacque il Banco del Mutuo Soccorso. Per tutti gli amanti della musica: il Banco, che festeggia il proprio quarantennale con questo tour che domani alle 21 fa tappa al Deposito Giordani di Pordenone.
«Ma non c’è solo questo tour - prosegue il musicista -. Ne faremo un altro fra l’estate e l’autunno. Poi ci sono due libri: “Sguardi dall’estremo Occidente”, già uscito, e la biografia autorizzata “Non ci rompete”, in arrivo».
Non può mancare un disco. S’intitola “Sacro massacro”, uscirà entro l’anno, con brani inediti e cover di altri pezzi del gruppo affidati ad alcuni amici e colleghi. Uno è Franco Battiato. «Con lui abbiamo fatto “Imago mundi”, il brano uscirà entro un paio di mesi, anticipando l’album. Con Franco abbiamo cominciato assieme, nei festival pop dei primi anni Settanta. Lui all’epoca faceva cose sperimentali come “Fetus” e “Pollution”. Ritrovarci è stato un grande piacere. E in questo mondo che va al massacro, parlare dell’anima umana ci è sembrata la cosa più opportuna».
Ritrovarsi. Come con le Orme, ospitate in questo tour. «E e probabilmente nel prossimo. La cosa è nata per caso. L’anno scorso li abbiamo incontrati in occasione di un nostro concerto alla casa del jazz, a Roma. Ci è piaciuta l’idea di suonare assieme. E devo dire che la cosa sta funzionando».
Assieme, le due band hanno scritto la storia del pop italiano. Ma Nocenzi vuole puntualizzare una cosa. «Sì, non vorrei che questa collaborazione fosse letta come una sorta di piccolo “festival del prog”. La musica progressive è stata ed è parte importante della nostra storia. Ma noi facciamo musica a trecentosessanta gradi, non solo prog. Abbiamo abbracciato il rock e il jazz, e molto di quello che sta in mezzo».
Del vecchio Banco, in questa versione 2012, sono rimasti in due. «È vero, io e Francesco Di Giacomo. Anche se lo stesso Rodolfo Maltese, che non partecipa a questo tour per i postumi di un intervento chirurguico, fa parte della band ormai da oltre vent’anni. Con noi, ci sono altri quattro validissimi musicisti».
Il ricordo torna ai primi anni Settanta, quando l’immagine del Banco era affidata a Di Giacomo e ai due fratelli Nocenzi. «Gianni sta bene. Lui è uscito dal gruppo molti anni fa. Ovviamente è ancora un ottimo pianista, ma fa altre cose: si occupa molto di tecnologia, oltre che di musica. Ha fatto una scelta rispettabile...».
Sù, prosegua. «Che dire? Finchè in Italia la musica è considerata intrattenimento, e non cultura, è chiaro che gli spazi per lavorare rimangono ristretti. Gianni, tanti anni fa, ne ha preso atto. Noi abbiamo continuato a combattere, consapevoli delle difficoltà».
Una punta di legittimo orgoglio, come un comandante che ha passato tante battaglie. «Quando abbiamo cominciato - conclude Vittorio Nocenzi -, sentivamo l’esigenza di sperimentare. Oggi il mondo della musica è un’altra cosa. E forse è proprio per questo che tanti giovani vengono a sentire i concerti del Banco».
Il gruppo romano debuttò nel ’72 con l’album omonimo, che non passava inosservato già dalla copertina: un enorme salvadanaio di cartone, che nelle collezioni di album in vinile dell’epoca creava persino problemi di sistemazione, mentre oggi è un pezzo da collezionisti.
Si capì subito che si trattava di una delle esperienze più innovative dell’allora nascente pop italiano. Il debutto discografico arrivò dopo un’audizione alla Rca, con l’inserimento in una compilation di nuovi gruppi, e dopo la partecipazione a vari festival pop: Caracalla, estate ’71, Villa Pamphili, estate ’72...
Il Banco colpiva l’ascoltatore con brani come “R.I.P. (Requiescant in pace)”, “Il giardino del mago”, “Metamorfosi”... L’uso classicheggiante delle tastiere e la particolarissima voce tenorile di Francesco Di Giacomo erano il marchio di fabbrica. Il resto: contaminazione tra “prog-rock” inglese, sonorità mediterranee, tradizione del melodramma italico, grande originalità.
Nello stesso ’72 uscì anche il secondo disco, intitolato “Darwin!”, concept album sul tema della teoria sull'evoluzione delle specie di Charles Darwin, proclamato da trecento critici americani “miglior disco progressive dell’anno”. A seguire: altri album, collaborazioni illustri, musiche per il cinema, tour in mezzo mondo. E una storia non ancora conclusa.

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