venerdì 16 marzo 2012

ROGER DALTREY DOM A TRIESTE

“Tommy”, ovvero la storia della musica rock. Domenica sera rivivrà al Rossetti grazie a Roger Daltrey, storico cantante e “front man” degli Who, la band inglese che pubblicò nel ’69 l’omonimo album doppio (scritto quasi interamente dal chitarrista Pete Townshend), che nel corso degli anni ha venduto oltre venti milioni di copie. Con “Quadrophenia” una delle due opere rock cui rimane legato il nome del gruppo, famoso all’epoca anche per aver lanciato nel ’65 quella sorta di inno generazionale che era “My generation”. “Tommy”, da cui nel ’75 fu poi tratto l’omonimo film di Ken Russell, che chiamò lo stesso Daltrey per il ruolo del protagonista, racconta la storia di un ragazzo nato alla fine della guerra mondiale (la prima nel disco, la seconda al cinema), che diviene sordo, cieco e muto dopo l’omicidio dell’amante di sua madre da parte del padre. Il ragazzo assiste alla scena da dietro uno specchio, gli dicono di non dire, vedere e sentire nulla (e infatti “See me, feel me, touch me, heal me” - presentata anche a Woodstock - era il tema del disco). Tommy diventa così muto, cieco e sordo. Peggiorano la situazione violenze sessuali e atti di bullismo subiti in famiglia. Le cure sembrano tutte inutili, finchè un giorno il ragazzo si scopre un “mago del flipper”, ottenendo così notorietà e ricchezza. E avviando un percorso di rinascita che lo porta a diventare una sorta di “guru”, in grado lui stesso di liberare e curare gli altri. «Credo che “Tommy” - ha detto Roger Daltrey, classe ’44, presentando il tour italiano - fosse particolarmente in sintonia con i suoi tempi. Non ho mai ritenuto che raccontasse la storia di una persona, sono invece convinto che parlasse di tutti noi. Quando uscì fu accolto con scetticismo e molti reagirono in modo negativo. Parte dell’opinione pubblica e della critica ritennero addirittura osceno che un disco parlasse di qualcuno che era muto, cieco e sordo. Ma quella metafora serviva per guardare all’esterno con occhi diversi, per raccontare la società in cui vivevamo, le sue distorsioni e le sue oscenità». Ancora Daltrey: «Se dovessi spiegare cos’è una rock opera, la assimilerei semplicemente alla musica classica. E “Tommy” è veramente un’opera di musica classica. È così che va concepito: per la sua struttura, per la costruzione delle canzoni, perché è un lavoro organico. Io lo tratto e lo considero con lo stesso rispetto che di solito si riserva a un pezzo di musica classica di grande levatura». Nel tour italiano, cominciato da Padova e che toccherà, dopo Trieste, anche Firenze e Roma (due date), prima di concludersi il 24 marzo a Milano, Daltrey è accompagnato dai suoi No Plan B, ovvero Frank Simes e Simon Townshend (fratello di Pete) alle chitarre, Jon Button al basso, Loren Gold alle tastiere e Scott Devours alla batteria. Dopo la scomparsa del batterista Keith Moon nel ’78 e del bassista John Entwistle nel 2002, Pete Townshend e Roger Daltrey hanno continuato a proporre dal vivo i classici del gruppo. Dopo la momentanea separazione per questo tour, i due “superstiti” hanno in animo di riunirsi per riproporre assieme l’altra opera rock, “Quadrophenia”.

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