venerdì 30 marzo 2012

MARIO BIONDI dom 1-4 a trieste, al rossetti

A Trieste, al Politeama Rossetti, il siciliano Mario Biondi ritorna con puntualità asburgica ogni due anni. Debutto da applausi nel marzo 2008, apprezzato bis e “tutto esaurito” nel maggio 2010, e adesso, domenica primo aprile, con inizio alle 21, è già tempo di tris.
In questi ventiquattro mesi, il ragazzone alto quasi due metri con la voce che sembra quella di Barry White non è certo stato con le mani in mano: due nuovi album (prima il live “Yes, you”, poi lo scorso anno il doppio “Due”), ancora tournée in Italia e all’estero, persino delle incursioni nel cinema di animazione.
All’estero, sì, perchè prima di essere conosciuto e apprezzato in Italia, il quarantunenne crooner catanese aveva già lavorato con successo a Londra, a New York e persino in Giappone. In Inghilterra, in particolare, l’uomo è molto amato sin da quando, cinque anni fa, la sua “This is what you are”, originariamente pensata per il mercato giapponese, grazie a un lungimirante dj aveva già conquistato Radio Bbc1 prima di essere adottata come jingle natalizio da Radio Montecarlo. Poi, la collaborazione con Bluey, il leader degli Incognito che ha remixato la sua “No’ mo’ trouble”, e un duetto con Chaka Khan hanno rafforzato il suo appeal oltremanica.
Davanti a questi successi, tornano alle mente le sue parole di qualche anno fa: «Quando negli anni Novanta portavo i miei provini alla Sony e in altre case discografiche, mi rispondevano sempre che questa roba in Italia non potrà andare, perché la casalinga che stira non sentirà mai le cose jazzate e soul. E io cercavo di immaginarmi che genere di essere umano fosse questa casalinga. Poi comunque, siccome avevo fatto vent’anni di concerti in giro, mi son detto: o ’sta casalinga non esiste più o si è evoluta, perché la musica non ha confini di stili e generi...».
Dal 1988 Mario Biondi faceva infatti da spalla alle grandi star internazionali che venivano a suonare in Italia, da Ray Charles in giù. Anni duri, nei quali comunque l’artista siciliano ha imparato moltissimo. «Devo dire che ho fatto molta fatica a restare a galla. Gavetta, cori, turnista. E ho incassato anche molti “no”. Per farcela bisogna riuscire ad arrivare al pubblico. Ognuno deve trovare il modo per toccare la gente. Non importa se con una “major” o con un’etichetta indipendente. Non importa se cominciando da angoli di nicchia o dalle piazze. Alla fine è il pubblico che decide, ed è una lotta continua. Io non mi sono mai arreso, sono andato avanti: di solito, quando trovo un ostacolo, faccio di tutto per superarlo, o almeno aggirarlo”.
Ostacolo dopo ostacolo, oggi Mario Biondi, all’anagrafe Mario Ranno (il cognome d’arte l’ha ereditato dal padre, il cantautore di incerte fortune Stefano Biondi), è uno dei musicisti italiani più apprezzati in giro per il mondo. Che ha lavorato fra gli altri con Burt Bacharach, che ha scritto per lui “Something that was beautiful”.
«L’ho conosciuto quando aprivo i suoi concerti italiani e non ero ancora famoso. La cosa incredibile è che lui stava dietro le quinte e mi faceva gesti di incoraggiamento. Ha una carica umana immensa e mi fa pensare che valga la pena vivere fino a ottant’anni. Avevo provato a chiedergli un brano ma sul momento non mi ha risposto. Qualche mese dopo, mentre stavo iniziando a lavorare al disco, ecco la sorpresa: mi arriva un suo “file” audio con il brano. Allora ho pensato: se Bacharach, uno dei mosti sacri della canzone mondiale, ti scrive una email dicendoti che il suo brano che tu hai interpretato andrebbe fatto sentire a gente che conta, vuol dire che c’è qualcosa di speciale nella tua voce. E che tutto non è avvenuto per caso».
Per caso non sono arrivati i tre album che l’hanno lanciato: “Handful of soul” del 2006, il live “I love you more” del 2007, “If” del 2009. «Sono andato a registrare “If” a Rio de Janeiro perché volevo che ci fosse un certo tipo di atmosfera. E in Brasile ho suonato con musicisti brasiliani. Volevo che nell’album ci fosse la loro forza, la gioia, il caldo, e anche quella malinconia particolare».
Negli ultimi due anni i nuovi dischi citati all’inizio hanno rafforzato la stima e il seguito dell’artista. Che ama variare. Dopo aver cantato nel 2008 due brani nella colonna sonora del rifacimento de “Gli Aristogatti”, come si diceva l’artista siciliano è stato doppiatore e interprete di alcuni brani della colonna sonora di un altro film disneyano, “Rapunzel – L’intreccio della torre” (nel quale prestava la sua voce al brigante dal cuore tenero Uncino). E ancora, l’anno scorso, ha interpretato il cattivissimo pappagallo Miguel nel film “Rio”.
Ora mario Biondi ritorna a Trieste con la sua orchestra, in questo tour cominciato il 7 marzo da Roma, e che dopo la tappa al Rossetti sarà il 3 aprile a Bergamo e il 4 a Milano. Un tour da “tutto esaurito” in ogni piazza, come si conviene a una grande star.

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