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venerdì 8 agosto 2014
SIXTO RODRIGUEZ stasera su rai5, l'operaio diventato star a sua insaputa
Arriva in tivù la storia incredibile di Sixto Rodriguez. “Sugar man” (stasera alle 21.15 su Rai5) è il film del regista svedese Malik Bendjelloul - scomparso a soli 36 anni nel maggio scorso - che ha vinto lo scorso anno l’Oscar come miglior documentario e vari altri premi.
Racconta la vicenda più unica che rara del cantautore e musicista statunitense, di padre emigrato messicano, classe 1942, cresciuto nella Detroit degli anni Sessanta. Dopo un 45 giri col nome di Rod Riguez che non lascia traccia, pubblica due album: “Cold fact” nel ’70 e “Coming from reality” nel ’71. Buone recensioni ma zero vendite. E il nostro molla la chitarra e va a lavorare come operaio edile.
Mentre Sixto (era il sesto figlio in una famiglia di modeste condizioni) fatica, accade l’incredibile: le sue canzoni diventano in Sudafrica la colonna sonora e addirittura il simbolo della lotta contro l’apartheid. E lui diventa popolare, oltre che in Sud Africa, anche in Botswana, Rhodesia, Nuova Zelanda e Australia.
Finchè un giorno arriva a Detroit una telefonata da Città del Capo, un’etichetta australiana acquista i diritti di alcuni suoi brani e pubblica la raccolta “At his best”, al nostro viene organizzato un tour in Australia (con la Mark Gillespie Band a fargli da supporto), dal quale viene tratto l’album “Rodriguez alive”: qualcosa come “Rodriguez in vita”, in risposta alle voci che lo davano per morto.
Solo nel ’96, quando la figlia s’imbatte in un sito a lui dedicato, l’artista - impegnato anche in politica: nell’89 si candida alle comunali di Detroit - scopre di essere famoso all’estero e fa un tour di sei concerti in Sud Africa, da cui è stato tratto il documentario “Dead men don’t tour: Rodríguez in South Africa”, e alcuni concerti in Svezia.
Nel frattempo il nostro ha passato i settanta, i suoi primi due album sono stati ripubblicati, due anni fa Bendjelloul realizza questo documentario che racconta la ricerca che due suoi fan sudafricani fanno dell’artista credendolo addirittura morto. Invece Sixto è vivo. E le sue vecchie canzoni trattano sempre temi sociali, indagando in poesia le condizioni della classe lavorativa americana.
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