venerdì 10 ottobre 2014

MARIO BIONDI sab a trieste, barcolana festival

Da pochi mesi la già numerosa famiglia di Mario Biondi è aumentata. È arrivato infatti il figlio numero sette. «Sì, siamo come quelle belle famiglie meridionali di una volta - dice il crooner catanese, classe ’71, che domani sera torna a Trieste, in piazza Unità, per il Barcolana Festival -, anche se viviamo da oltre vent’anni al Nord, per l’esattezza fra Parma e Reggio Emilia». Che musica ascoltano, i ragazzi? «Ah, un po’ di tutto: da Justin Bibier a Rihanna, da Justin Timberlake agli One Direction...». I dischi di papà? «Li ascoltano, li ascoltano. Loro sono i miei primi sostenitori. Devo dire che, nonostante io li tenga quasi nascosti in casa, loro me li chiedono. Prediligono i pezzi meno noti, quelli “più intellettuali”, quelli che un tempo chiamavamo i “lati b”». Il figlio più grande quanti anni ha? «Diciotto. Un ragazzone con barba e un vocione che mi ricorda decisamente qualcuno. A volte, a sentirlo e guardarlo, mi fa quasi impressione...». Biondi, come si fa a diventare il crooner italiano più amato all’estero? «Me lo domando spesso anch’io. Io mi considero sempre “all’inizio” di qualcosa. È da venticinque anni che “comincio” questo, e poi quest’altro, e poi quest’altro ancora. Forse ho sfruttato il fascino esotico dell’italiano che canta in inglese. Diciamo che all’estero crea curiosità». Nell’ultimo disco canta anche in italiano. «Sì, in “Sun” c’è questa canzone, “La voglia, la pazzia, l’idea”, che avevo scritto nel 2000, o forse nel 2001. Il produttore del disco (Jean Paul Maunick, alias Bluey, leader degli inglesi Incognito - ndr) mi aveva detto che dovevamo mettere un brano in italiano. Quando gliel’ho fatto sentire, mi ha costretto a inserirlo». “Never stop” sembra un brano molto ottimista. Come lei? «Assolutamente sì. Io sono ottimista al punto da sembrare a volte un pazzo utopista. Forse è il mio difetto, o la mia forza. Diciamo che in tutti questi anni sono sempre andato avanti spinto da questa forza, ma a volte mi son preso anche dei bei schiaffoni dai quali non è stato facile riprendersi». “Sun” l’ha inciso fra New York, Los Angeles e Londra. Esterofilia? «No, una scelta obbligata lavorando con Maunick e volendo poter contare su collaborazioni con stelle come Chaka Khan e Al Jarreau...». Che la chiama “The voice”. Che effetto le fa? «Intanto mi viene ancora la pelle d’oca quando mi capita di parlare con lui, di sentire le sue lodi. Una volta Al, che ama molto l’Italia, mi ha scritto una dedica molto bella su un volantino. L’effetto è buffo e bellissimo al tempo stesso». Ha duettato anche con colleghi italiani. «Sì, e sempre imparando qualcosa. Con Claudio Baglioni, con Renato Zero, con i Pooh. E con il grande Pino Daniele. Lui era e rimane un mio mito. L’ho scoperto che ero un ragazzo, quando fece “Nero e metà”, di cui è appena stato festeggiato il trentennale. A parlare con lui, con cui c’è un rapporto abbastanza stretto, ancora mi emoziono». Questo “Sun european tour”, dopo l’anteprima a Trieste, non tocca l’Italia... «Abbiamo scelto di concentrarci su paesi come Inghilterra, Francia, Germania, Austria, Olanda, nei quali da qualche anno non eravamo più passati, dopo il lungo tour fra il 2006 e il 2008. Ma andremo anche a Istanbul, Lisbona, Mosca, Budapest. Il 14 ottobre saremo a Zagabria. E Trieste è il posto migliore per partire alla volta dell’Europa». Canterà vicino al mare, prima della grande regata velica... «Adoro il mare, anche se la mia carnagione nordica e molto poco siciliana mi impone di stare attento con l’esposizione al sole. Diciamo che il mare lo frequento “con le pinze”». E la vela? Va in barca? «Ci vado spesso, soprattutto da quando frequento Lampedusa. Però, non ho una barca, e non so se mi piacerebbe averne una. So però che la Barcolana è la più grande regata velica del Mediterraneo, sono contento di cantare a Trieste, dove ho sempre avuto una bella accoglienza, prima della grande giornata...».

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