domenica 19 febbraio 2012

SANREMO Celentano

Dopo il casino combinato la prima sera, Celentano pensa bene di correggere il tiro. E puntare soprattutto sulla musica, la cosa che sa fare meglio. Appare sul palco dell’Ariston alle 22.40, con mezz’ora di ritardo sull’orario previsto, accettando la richiesta della Rai per consentire ai cantanti in gara di esibirsi nella stessa fascia oraria. Forse un gesto distensivo, dopo “l’avvertimento” del direttore generale Lei.
Attacca con “Thirteen women”, un rock’n’roll nel suo tradizionale inglese mezzo vero e mezzo inventato. Poi, fra gli applausi del pubblico, riparte col sermone, ma meno aggressivo: «La coalizione dei media si è coalizzata in massa contro di me, neanche avessi fatto un colpo di stato. Fra i 4/5 che mi hanno difeso, mi ha colpito la voce di un prete, don Mario. Grazie, tu hai capito ciò che i vescovi hanno fatto finta di non capire. Persino Travaglio, che sembrava aver capito, ha deciso di affondare il coltello nella piaga, non la mia, la vostra, perchè vi impediscono di capire».
Ancora Celentano: «Per non farvi capire, dal contesto del mio discorso estrapolano una frase, ma io sono venuto qui per parlare del significato della vita, della morte, e soprattutto di quel che viene dopo. E dunque della grande fortuna che noi tutti abbiamo avuto nell’essere nati e dunque divertirci a fantasticare su dove e come sarà il paradiso».
Poi avanti, tentando fra l’altro di chiarire quanto detto martedì sull’Avvenire e Famiglia Cristiana. Dal pubblico, in mezzo agli applausi, anche qualche contestazione. C’è chi grida “basta!”, lui ribatte: «Almeno aspettate di sentire quel che dico, magari ci può essere qualcosa di interessante». E avanti a dirci quel che dovrebbero fare i giornali cattolici, cioè «spiegare e far rivivere la figura di Gesù. E adesso potete fischiare». Partono invece gli applausi, ma anche un urlo: “Predicatore...”.
Riecco la musica. Con l’annunciata “Cumbia di chi cambia”, quella che dice: «I funzionari dello stato italiano si fanno prendere spesso la mano, inizian bene e finiscono male, capita spesso che li trovi a rubare».
E ancora: «Non sono mai stato un qualunquista, quelli che dicono che sono tutti uguali, quella non è la mia maniera di pensare, però lo ammetto certe volte l’ho pensato, i funzionari dello stato sembrano spesso personaggi da vetrina, sotto alla luce sono belli ed invitanti, quando li scarti ti accorgi che eran finti».
Due parole con Morandi, che lo ringrazia. Poi i due vecchi amici (si conoscono dal ’62) cantano assieme “Ti penso e cambia il mondo”. Gianni si commuove. Pubblicità. E pericolo scampato.

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