domenica 9 novembre 2014

NOTTE DI NOTE CON BAGLIONI

Un cartello gli urla "Bentornato Cla', Trieste ti ama". Lui, Claudio Baglioni, spolverino bianco e chioma argentata, attacca con "Notte di note" mentre il sipario copre ancora la scena e i musicisti. È già tempo di "E tu come stai", per aprire la tappa triestina della tranche autunnale del “Con voi ReTour 2014” al palasport di via Flavia affollato da oltre tremila persone. In scena ancora lui, il "divo Claudio", il "re di Roma", uno dei massimi interpreti e protagonisti della canzone italiana degli ultimi cinque decenni. Imbraccia l'elettrica e prosegue con "Dagli il via". Il palcoscenico è un cantiere, il “messaggio” è che qui c’è tanto da ricostruire. Quasi a voler cercare anche lui la strada che condurrà il Paese fuori dall’incertezza e dalla crisi. Ripartendo però da noi stessi. L’architetto Baglioni (si è laureato una decina di anni fa, riprendendo gli studi abbandonati da ragazzo, a causa del successo nella musica...) dimostra ancora una volta la sua naturale predisposizione per i disegni, i progetti, le ambientazioni. Oltre ovviamente che per la poetica quotidiana fatta canzone. In tre ore, accompagnato da una super band di tredici polistrumentisti e coristi, racconta oltre quarant’anni di carriera discografica (ma l’esordio vero e proprio, in un concorso per voci nuove, avvenne nel ’64, giusto mezzo secolo fa, quando il nostro aveva appena tredici anni...), in un concerto che somiglia davvero a una raccolta di grandi successi. C'è solo l'imbarazzo della scelta, pescando dal suo infinito canzoniere: da “Con tutto l’amore che posso” a “Quante volte”, da "Sono io” a “Poster" (da solo alla chitarra, con i coristi), “Amore bello”, “Io me ne andrei”, “Gagarin”, “E tu”, “Porta Portese”, “Avrai”, “E adesso la pubblicità”, “Mille giorni di te e di me”, “Strada facendo”, “Sabato pomeriggio”, ovviamente “Questo piccolo grande amore”... Verso metà concerto, spazio anche a qualche brano dell'album "Con voi", pubblicato un anno fa. Molti dei classici possono contare sul coro spontaneo, non c’è nemmeno bisogno di sollecitarlo, come fanno diversi cantanti che calcano i palcoscenici. Baglioni assiste compiaciuto, sono dichiarazioni di affetto anche queste. E decide di offrire al suo pubblico quel che la gente vuole, in equilibrio sul crinale della memoria. Un tempo diceva che non rinnegava “magliette fini” e “passerotti”, ma dava l’impressione di averne abbastanza. Volendo dimostrare che in tanti anni di carriera aveva e ha scritto anche altro. Ora sembra aver “fatto la pace” anche con quei suoi brani di tanto tempo fa, sentimentali e per certi versi "basici”, di quella “semplicità difficile a farsi”, colonna sonora di mille amori adolescenziali, che facevano sognare le ragazzine. Dice che «c’è stato un momento nel quale mi ha pesato. E molto. Non a caso per anni ho cercato di cambiar pelle ai miei pezzi. Ho cambiato gli arrangiamenti, stravolto l’armonia, qualche volta ho modificato persino le melodie. Avevo bisogno che le canzoni suonassero diverse e nuove. Per me ma anche per chi veniva ad ascoltarmi. È un’esigenza comune a molti musicisti. Poi ho capito che, una volta realizzate, le canzoni non ci appartengono più. Sono di chi le ascolta. E chi le ascolta spesso le ama per come le ha sentite la prima volta. Ho capito che, se il pubblico le ama per quel che sono, significa che in fondo non sono poi così male...». A Trieste, solito e annunciatissimo trionfo di pubblico. Stasera si replica a Conegliano.

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