mercoledì 30 luglio 2008

PINO DANIELE 2


Pino Daniele canta stasera alle 21.30 in piazza Unità, rileggendo trent’anni di carriera. È l’evento dell’estate musicale triestina. Un ritorno molto atteso, quello dell’artista napoletano, che manca da Trieste da molti anni. È arrivato in città ieri pomeriggio, in automobile, ritrovando il panorama mozzafiato della costiera. «Questa strada è splendida, e Trieste da lontano mi ricorda un po’ Napoli», ci ha detto fra un tornante e l’altro. "Torno a Trieste volentieri con questo tour. Trent’anni di musica - ricorda Pino Daniele, classe 1955 - mi hanno portato a esplorare i suoni e le culture dei tanti paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dall’Africa al Medio Oriente. Ma a un certo punto mi è tornata la voglia di raccontare al pubblico la mia storia musicale sin dalle origini. Che ne so, sarà stata la nostalgia per le atmosfere, i suoni, se vuoi anche le speranze di allora».

Così ha alzato il telefono e...

"Sì, ho chiamato i vecchi amici musicisti che hanno condiviso con me quel percorso iniziale: da James Senese a Tony Esposito, da Tullio De Piscopo a Rino Zurzolo, da Joe Amoruso a tutti gli altri. Non c’è stato bisogno di tante parole. Abbiamo ricominciato a suonare assieme e la magia si è ricreata come per incanto. Davvero. È così che sono nati prima il disco e poi lo spettacolo che ora stiamo portando in tournèe. È stata una scommessa con me stesso, volevo vedere se la musica serve ancora a qualcosa».

Sembra tutto molto bello e facile.

«Lo è stato. L'unico rimpianto che ho è quello di non aver fatto prima questa operazione, ma non era facile conciliare gli impegni di tutti. Questi musicisti rappresentano una parte importante della mia vita e non solo musicalmente parlando. Siamo uniti dalla comune passione per la melodia napoletana, quando stiamo assieme parliamo napoletano e oggi facciamo le cose con più serenità, quando eravamo giovani eravamo più irruenti rispetto al lavoro. Rimettere insieme le mie band storiche vuol dire anche tentare di riportare la gente a sintonizzarsi sul Sud, del quale si dà solo un'immagine drammatica».

Che non è solo quella della monnezza a Napoli.

«No, il degrado è più generale. E mi sconcerta in quanto cittadino. Io sono un musicista, non ho soluzioni in tasca, ma non riesco a tacere di fronte allo scempio dei cumuli di rifiuti che soffocano una terra bellissima. E poi i giornali e i tg di tutto il mondo che hanno rilanciato questa immagine, il balletto di responsabilità di chi governa, la malavita organizzata che ci mangia sopra».

Le responsabilità?

«Non sono soltanto dei politici. Penso che l’attuale governo stia facendo molto per risolvere il problema. Ma ci sono cose che non sono di destra o di sinistra. Non è tempo di ideologie, le divisioni ormai sono fra chi ha voglia di fare e chi questa voglia non ce l’ha, magari perchè ha interessi contrapposti, perchè sul degrado ci mangia».

Dunque...

«Dunque è troppo facile prendersela con Bassolino e la Iervolino. Ci sono stati commissari nominati dal governo Berlusconi e da quello di Prodi. Nessuno aveva risolto il problema, prima dei fatti recenti. Anni fa Bassolino ha fatto sperare tutti nel cambiamento, è stato osannato come un salvatore, poi è stato buttato nella polvere come l’unico colpevole».

Lei una volta ha detto: sono cresciuto in mezzo alla camorra.

«È vero. Da ragazzo ne ho viste di tutti i colori. Posso dire che la musica mi ha salvato la vita. Napoli è avvolta da quel grande cancro che è la camorra, dipende come buona parte del Sud da un vero e proprio contropotere che si chiama criminalità organizzata. Ma l’emergenza Napoli è l’emergenza Italia, un Paese in cui non si ha più fiducia nelle istituzioni, troppo vecchie e lontane dalla gente».

La rinascita da dove può partire?

«Dalla scuola, dalla comunicazione, dall’informazione, dalla cultura, magari da internet. Napoli e tutto il Sud devono uscire da una mentalità che per decenni è stata come una pesante zavorra. È necessaria una collaborazione con lo Stato, con le istituzioni. Bisogna far vedere ai ragazzi, sin da giovani, che esiste un’alternativa nella legalità».

Anche per il problema dei rifiuti.

«Certo, è chiaro che una grande città produce grandi quantità di rifiuti: il problema è allora capire dove e come smaltirli. Cominciando nelle scuole, già negli asili, a spiegare la raccolta differenziata. Le nuove generazioni vanno educate al riciclo, a un consumo meno forsennato e più eco-compatibile. Solo così potremo mettere fuori gioco chi ha lucrato su un’emergenza infinita».

Vede segnali in questo senso?

«C’è un lungo lavoro da fare, sarà un percorso lungo. Ma alcuni segnali ci sono, in tutto il Sud, proprio sul fronte della legalità. La speranza come sempre sono le giovani generazioni, che si stanno finalmente rendendo conto che questa situazione non può andare avanti. E che le alternative sono possibili».

Lei si sente «portatore sano di napoletanità». Che significa?

"Significa essere consapevoli della storia che abbiamo, della cultura di cui siamo figli. Prendere la parte buona e buttar via quella cattiva. Napoli se vuole può essere tante cose positive: bellezza, pace, serenità. E dove c’è l’arte ci sono tutte queste cose».

Torniamo alla musica, allora. Questo tour è partito ovviamente da Napoli, da piazza del Plebiscito...

«Beh, stavolta non potevo che partire da casa. A Napoli io ho suonato in tanti posti. Ma la cornice di quella piazza è unica, sarà per il ricordo dei duecentomila che accorsero per quel mio storico concerto del 1981. Anche quest’anno è stato un ottimo esordio del tour, è andato tutto molto bene, sono venuti molti amici artisti a trovarmi».

Il pubblico ha applaudito tutti, meno Gigi D’Alessio...

«Quei fischi non mi sono piaciuti. Gigi è una parte di Napoli e la sua musica va rispettata. Se ha tanto successo, e non soltanto a Napoli, ci saranno pure dei motivi. Anche le mie passate contrapposizione con lui sono state create da altri. Non posso dire che non siano mai esistite, ma di certo sono state ingigantite ad arte».

A Trieste che cosa propone?

«Facciamo un concerto che è la storia della mia carriera. Dalle origini ai giorni nostri. Dalle prime canzoni che stavano nel mio album d’esordio, ”Terra mia”, uscito nel ’77, fino alla produzione più recente. E lo faccio, come dicevo, assieme ai musicisti che hanno condiviso con me me questi trent’anni di storia personale e musicale. Sarà una grande festa della musica...».

Che - come si diceva - comincerà stasera alle 21.30, nel salotto cittadino di piazza dell’Unità, nell’ambito della rassegna «SerEstate». Con Pino Daniele, sul palco, ci saranno Tullio De Piscopo alla batteria, Tony Esposito alle percussioni, James Senese al sax, Rino Zurzolo al basso e Joe Amoruso alle tastiere. La scaletta pescherà a piene mani fra i brani compresi nell’antologia tripla, uscita quest’anno, intitolata «Ricomincio da trenta»: da «Terra mia» a «Na tazzulella ’e cafè», da «Napule è» a «Yes I know my way», da «Je so pazzo» a «O scarrafone», da «Anna verrà» a «Che Dio ti benedica», da «Quando» ai quattro inediti compresi nel disco: «Acqua 'e rose», «O munn va», «L'ironia di sempre» e «Anima e cuore». Buon divertimento.

martedì 29 luglio 2008

PINO DANIELE 1


Conto alla rovescia per l’evento musicale dell’estate triestina. Giovedì alle 21.30, in piazza dell’Unità, nell’ambito di SerEstate, farà tappa il tour di Pino Daniele «Vai Mo’ 2008». Si tratta del completamento dal vivo dell’ultimo lavoro discografico dell’artista napoletano, la tripla antologia «Ricomincio da trenta», pubblicata a primavera per festeggiare trent’anni di carriera.

Per l’occasione, Pino Daniele ha rimesso mano ai suoi più grandi successi - senza però trascurare alcuni episodi apparentemente minori ma di grande bellezza - e ha richiamato in servizio i musicisti che lo hanno affiancato nei primi anni della sua eccezionale carriera.

Una carriera, una storia musicale che nasce nella Napoli degli anni Settanta, quando quell’ex ragazzino che scaricava casse e strumenti per i Napoli Centrale di James Senese - era lui il vero «nero a metà», e fa parte di questo tour - d’un tratto se ne venne fuori con quell’album, «Terra mia», che in un colpo solo pigliava stralci della tradizione popolare partenopea, mischiandola con ventate di rock, spruzzate di blues, contaminazioni anglosassoni, retaggi mediterranei, e senza dimenticare nemmeno la tradizione della canzone nata sotto il Vesuvio.

Ecco allora la tripla antologia che è il monumento a una carriera importante ma anche un atto d’amore a un amico e a un grande artista che non c’è più: l’attore Massimo Troisi, scomparso nel giugno ’94, il cui folgorante debutto cinematografico, nell’81, s’intitolava per l’appunto «Ricomincio da tre». Pino Daniele - classe 1955 - aveva anche firmato le musiche di alcuni suoi film. E la voce del grande Troisi è ora presente anche nel disco, nel brano «Saglie saglie».

I tre cd propongono quarantacinque brani: tutte le sue canzoni più belle e importanti (da «Napule è» a «Quanno chiove», da «Je so pazzo» a «Alleria», da «Chi tene ’o mare» a «Yes I know my way», da «Lazzari felici» a «’O scarrafone»...), ma anche quattro inediti, fra cui la vibrante «Anema e core», che ha anticipato la pubblicazione del cofanetto.

Per portare a termine l’impresa, come si diceva, Pino ha richiamato in servizio i vecchi soci Agostino Marangolo, Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese, Rino Zurzolo, Joe Amoruso... «L'unico rimpianto che ho è di non aver fatto prima questa operazione, ma non era facile conciliare gli impegni di tutti - ha detto -. Questi musicisti rappresentano una parte importante della mia vita e non solo musicalmente parlando. Siamo uniti dalla comune passione per la melodia napoletana, quando stiamo assieme parliamo napoletano e oggi facciamo le cose con più serenità, quando eravamo giovani eravamo più irruenti rispetto al lavoro. Rimettere insieme le mie band storiche vuol dire anche tentare di riportare la gente a sintonizzarsi sul Sud del quale si dà solo un'immagine drammatica...».

Per l’occasione sono arrivati anche fior di ospiti, da Giorgia (per una splendida «Vento di passione») a Wayne Shorter, da Al Di Meola (magico in «Appocundria») a Chick Corea, da Irene Grandi («Se mi vuoi» da antologia) a Noa, e ancora Peter Erskine, Mick Goodrick, Mike Manieri, Chiara Civello.

Ora il cinquantatreenne ex ragazzo dei vicoli sta portando lo spettacolo tratto dal disco in giro per l’Italia. Il debutto non poteva che avvenire a Napoli, venti giorni fa, davanti a una folla di oltre trentamila spettatori entusiasti in piazza del Plebiscito. C’erano tanti ospiti: Nino D’Angelo, gli Avion Travel, Giorgia, Irene Grandi e quel Gigi D’Alessio con cui, dopo anni di incomprensioni, recentemente è scoppiata la pace. I fan di Pino, quella sera a Napoli, non hanno gradito. E hanno a lungo fischiato D’Alessio.

Nei giorni scorsi il tour ha toccato Bari e Potenza. Dopo la tappa triestina di giovedì, proseguirà in giro per l’Italia per tutto il mese di agosto.

venerdì 25 luglio 2008

REM 2


Dall’inviato

CARLO MUSCATELLO

CODROIPO Rapidi, diretti, essenziali. In una parola, anzi, in un acronimo: Rem. Che ieri sera hanno scaraventato addosso ai quasi dodicimila di Villa Manin la loro nuova ricetta di sopravvivenza già proposta su disco: ragazzi, bisogna tornare alle origini, all'essenziale, anche all'impegno, dobbiamo tutti accelerare per scappare da un mondo che non ci piace per nulla. Perché lo sapete: il rock, da mezzo secolo a questa parte, è la sola medicina in grado di salvare la vita ai disorientati giovani di ieri e di oggi.

E l'accelerata rock prende quasi alla sprovvista il pubblico arrivato da «ogniddove» nel parco dell'antica dimora dogale. La notte sta scendendo quando la band americana raccoglie il testimone dagli Editors, il gruppo inglese di Birmingham che li accompagna in questo tour italiano, e che anche ieri sera ha avuto il compito di scaldare l'atmosfera. Lavoro svolto egregiamente, i ragazzi ci sanno fare, come hanno dimostrato con gli album «The back room» e soprattutto «An end has a start». Ma l'attesa, con tutto il rispetto, è merce per Michael Stipe e compagni.

Che, poco prima delle 22, arrivano su un palco dominato da un'apoteosi tecnologica di schermi video che rilanciano immagini e dettagli in bianco e nero dello show. E mettono subito in chiaro una cosa: la refezione è finita, la crisi di qualche anno fa è alle spalle (i dischi «Around the sun» e «Reveal» in effetti non erano granchè...), si ricomincia a marciare. E si marcia che è una bellezza.

Lo si era capito già ascoltando il nuovo disco, «Accelerate», di cui questo tour è in qualche modo la versione dal vivo, con l'aggiunta di antichi e imprescindibili cavalli di battaglia. I tre di Athens, Georgia, dimostrano in concerto di aver rinfrescato la vena creativa andando a riscoprire un'essenzialità primitiva. Sembra quasi di essere tornati al periodo d'oro della band, agli anni Ottanta.

Apertura con sferzate di energia ruvide e grezze. Dal nuovo disco pescano subito ”I’m gonna dj”, e poi ”Hollow man”, ”Living well is the best revenge”, «Man sized wreath», «Horse to water», «Supernatural superserious», la stessa ”Accelerate”. È il ritorno alle origini, all'essenzialità, alla semplicità del rock. Riff di chitarra che sembrano staffilate, altro che suoni finti di tastiere e computer. Basta con gli effetti speciali, con la dittatura della tecnologia.

Le canzoni nuove si intrecciano con le vecchie, alcune vecchissime (roba anche dell'88...), di una carriera che brilla comunque di una sostanziale unità stilistica. Pescano dal trittico meraviglioso di «Green», «Out of time» (quello del botto, nel '91) e «Automatic for the people». Tanti successi di un grande repertorio restano fuori dalla scaletta. Comunque ci sono «Losing my religion», «So fast», «Maps and legends», «The one I love», «Imitation of life», «Drive», «What's the frequency, Kenneth?».

Michael Stipe (classe 1960) è il signore della scena, ha una presenza magnetica e una voce graffiante, quasi abrasiva. A dispetto della figura minuta, sul palco è un gigante, veste un abito elegante che nasconde un rocker di razza. Con i soci Peter Buck (il suo lavoro alla chitarra è fondamentale) e Mike Mills (che si divide fra basso e tastiere), e gli altri due musicisti che li affiancano, sembra voler dire ai fan: passano gli anni, ma noi siamo ancora qui, la nostra musica non muore, anzi è viva più che mai.

Concerto ad alta energia, tirato, con grande impatto emotivo e nessuna pausa. Suoni ridotti all'osso, che viaggiano ad alta velocità, indicandoci la strada da seguire. Le ballate lente non spezzano il ritmo. Anche perchè subito dopo la cavalcata rimette il turbo e procede sicura fino ai bis. Fino alla certezza: ecco cos'è rimasto degli imbarazzanti anni Ottanta, sono rimasti i Rem, che sono vivi e lottano - per sopravvivere - assieme a noi. Con la loro sobrietà rock, con l'impegno nel sociale, gli attacchi a Bush e l'appoggio a Obama, i manifesti contro la guerra e per la difesa dell'ambiente.

A Villa Manin, gente a tratti entusiasta e grande successo di pubblico. Stasera il tour di Stipe e compagni si conclude a Milano.

mercoledì 23 luglio 2008

REM 1


di CARLO MUSCATELLO

CODROIPO Oltre diecimila persone sono attese questa sera a Villa Manin per il concerto dei Rem. L’evento più atteso dell’estate musicale regionale - in attesa di vedere che sviluppi avrà l’affaire Vasco Rossi allo Stadio Friuli - promette dunque di non deludere le aspettative degli appassionati, molti dei quali stanno convergendo in queste ore sul parco dell’antica dimora dogale anche da fuori regione e dall’estero.

Biglietti ancora disponibili alle casse, che apriranno alle 15. Cancelli spalancati invece non prima delle 20, per permettere il «sound check» anche degli Editors, il gruppo inglese di Birmingham decollato l’anno scorso con il secondo album «An end has a start», che aprirà la serata attorno alle 20.30. Michael Stipe e compagni dovrebbero apparire sul grande palco non prima delle 21.30. In programma i brani del nuovo album, «Accelerate», ma anche alcuni storici cavalli di battaglia («Losing my religion», «Fall on me», «Man on the moon»...). Per un set che si preannuncia molto rock, energico, veloce, quasi rabbioso.

Del resto questi tre americani di Athens, Georgia, la velocità ce l’hanno già incisa nel nome, in quell’acronimo che sta a indicare i Rapid Eyes Movement, la fase del sonno caratterizzata dall’attività onirica. Arrivati al quattordicesimo album in un quarto di secolo di carriera, hanno capito che è ancora tempo di «accelerare», recuperando però alcune cose di un passato glorioso.

«Accelerate» suona infatti come un ritorno alle origini, alle sonorità di un tempo e alle stesse antiche ispirazioni oniriche. I Rem riscoprono l'essenza rabbiosa del rock, ma come una sorta di rifugio alle disillusioni del sogno americano. E l'essenza del disco sta tutta nel titolo, che richiama un’urgenza dove tutto negli undici brani è veloce, rapido, ridotto all'essenziale.

In poco più di mezz’ora di musica (per l’esattezza trentaquattro minuti: tanto dura il disco), i riff aggressivi, le chiusure brusche e gli arrangiamenti talvolta spigolosi lasciano il fiato corto sin dal primo ascolto. I brani comunicano energia ma anche rabbia: nelle interviste i tre hanno spiegato che «da cittadini americani è difficile non essere arrabbiati per quel che ha fatto il nostro governo negli ultimi otto anni».

«Until the day is done», uno dei pezzi più impegnati dell'album, è più lo sfogo di un sognatore deluso che un inno alla rivolta. Più pessimismo della ragione che ottimismo della volontà, insomma. Non a caso l'album si chiude simbolicamente con la graffiante «I’m gonna dj», che rievoca le aspirazioni dei ribelli di Seattle contro il Wto.

Ancora velocità negli assolo di chitarra di «Living well's the best revenge», le manie dell'uomo moderno nel primo singolo «Supernormal superserious», giusto una parentesi melodica in «Mansized wreath» e nel pianoforte e chitarra acustica di «Hollow man», persino echi folk in «Until the day is done».

I Rem hanno dunque voltato pagina, a quattro anni dal deludente «Around the sun». E il pubblico ha ripreso a stare tutto dalla loro parte. Come sta dimostrando anche il successo di questo breve tour italiano (dodicimila spettatori al concerto nell’ambito di Umbria Jazz, quindicimila l’altra sera all’Arena di Verona), che ieri sera ha fatto tappa a Napoli e - dopo la tappa di Villa Manin di stasera - si conclude domani a Milano.