lunedì 29 giugno 2015

ADDIO A CHRIS SQUIRE, COLONNA DEGLI YES

Un pezzo alla volta, un’intera generazione di artisti che hanno scritto la storia del pop/rock degli anni Sessanta e Settanta sta salutando a centrocampo nell’estremo commiato. Ieri è toccato a Chris Squire, bassista e fondatore degli Yes, uno dei gruppi più importanti di una stagione irripetibile. Non più tardi di un mese fa aveva annunciato il ritiro dalle scene (che lui sperava temporaneo, il tempo di dedicarsi alle necessarie cure) per l’aggravarsi di una rara forma di leucemia il cui decorso è stato purtroppo molto veloce. Sei anni fa aveva superato un aneurisma cerebrale. Nato nel 1948 a Kingsbury, nordovest di Londra, Squire è uno di quei ragazzi degli anni Sessanta ai quali la musica ha salvato la vita. Sarebbe diventato un teppistello, e forse qualcosa di peggio, se nel ’65 non avesse acquistato il suo primo basso. Il tempo di farsi le ossa e, tre anni dopo, comincia - con Jon Anderson, Bill Bruford e Tony Kaye - l’avventura della sua vita: gli Yes. Primo album omonimo nel ’69, “Time and a world” arriva nel ’70, ma è nel ’71, con due dischi come “The Yes album” e “Fragile”, che la band diviene una delle più conosciute e amate del cosiddetto “progressive rock”. “Close to the edge” e “Tales from Topographic Oceans”, fra il ’72 e il ’73, sono il suggello - assieme al monumentale triplo dal vivo “Yessongs” - a un successo ormai mondiale. Poi sono passati quarant’anni. Il mondo, non solo quello della musica, è cambiato. Gli Yes, attraverso vari cambi di formazione, sono rimasti in pista. Fino a un mese fa con il grande Chris Squire, unico membro originario a resistere al via vai di cantanti, chitarristi, batteristi. Unica pietra angolare attorno alla quale la band ha continuato in tutti questi anni a vivere. Senza nulla togliere ai suoi tanti compagni d’avventura, possiamo anche dire che il suo stile musicale potente e per certi versi aggressivo, assieme all’importante contributo compositivo, è stato nel corso dei dischi e dei decenni il vero marchio di fabbrica del gruppo. Difficile pensare agli Yes - che qualche anno fa passarono in tour anche da Trieste - senza di lui. Lui che tanti anni fa aveva tentato anche la fortuna come solista: nel ’75 pubblicò infatti “Fish out of water”. Ma la sua vita erano gli Yes. Dal 7 agosto hanno in programma una serie di concerti negli States assieme ai Toto. Chissà se e come supereranno la grave perdita.

sabato 27 giugno 2015

SIMPLY RED Big love

SIMPLY RED “BIG LOVE” (East West Records) Prima o poi tornano tutti, dunque ecco che tornano anche i Simply Red. A otto anni dal precedente “Stay” e a cinque dal celebrato tour d’addio, con in mezzo la carriera solista del leader Mick Hucknall, la band inglese si ripresenta con un nuovo album di inediti (e un tour cominciato l’anno scorso, che a novembre arriva anche in Italia). Formazione in parte rinnovata. Attorno al “rosso” Hucknall ora ci sono Ian Kirkham al sax, Steve Lewinson al basso, Kenji Suuki alla chitarra, Kevin Robinson ai fiati, Dave Clayton alle tastiere e Ronnie Roth alla batteria. Per un disco che, già al primo ascolto, richiama il gradevole marchio di fabbrica funky-soul che ha portato la band al successo a partire dalla metà degli anni Ottanta. Dodici brani, da una “Blue eyed soul” virata in chiave pop alle “Shine on” e “Tight on” scelte come apripista dell’album. Che si fa ascoltare volentieri, anche se mancano per la verità episodi in grado di rinverdire i fasti passati.

JAMES TAYLOR Before this world

Due mesi fa James Taylor è stato l’applaudito protagonista, in un Rossetti giustamente osannante, di uno dei migliori concerti visti a Trieste negli ultimi decenni. Esibizione coi controfiocchi, a conferma della centralità della figura del sessantasettenne cantautore americano sulla scena pop/folk/rock contemporanea. Niente male, per uno che ha debuttato sul finire degli anni Sessanta e che all’alba dei Settanta era già una superstar. Ora l’artista esce con un nuovo album, “Before this world”, diciassettesimo in carriera, che arriva a tredici anni di distanza dal precedente lavoro in studio. Dieci canzoni che non aggiungono nulla a una storia - e che storia... - già scritta, ma che è assolutamente bello ascoltare e riascoltare. Si apre con “Today today today”, emozionante invito ad affrontare la vita con coraggio e senza paura, ancor più valido visto che arriva da un signore che oggi è vivo e vegeto grazie alla musica, visto che da ragazzo ha rischiato di rimanere inghiottito dalle tossicodipendenze. Si prosegue con “You and I again”, romantica dedica alla nuova moglie. Con “Angels of Fenway”, che racconta la passione per la squadra di baseball dei Red Sox trasmessa da una nonna al nipote (la citazione del titolo è al Fenway Park, il più vecchio stadio d’America). Con “Stretch of the highway”, richiamo al fascino della strada quasi obbligato per un ex ragazzo degli anni Sessanta e Settanta, vestito di fiati rhythm’n’blues. “SnowTime” è ambientata in un inverno a Toronto, in Canada. “Far Afghanistan” dà voce ai pensieri di un soldato di ritorno dal paese teatro di una delle tante, troppe guerre. “Montana” profuma di natura, della pace interiore che un essere umano ritrova - o trova per la prima volta - solo lontano dalle nostre caotiche metropoli. “Watchin’ over me” sembra quasi il ringraziamento di un uomo di mezza età per essere sopravvissuto alle tempeste esistenziali cui si accennava prima. In “Before this world” viene a dargli una mano nientemeno che l’amico Sting. Storie quotidiane, spesso autobiografiche, piccole e grandi. Richiami alla bellezza della natura, alla vita semplice, spesso preferibile al glamour di dorate esistenze vissute sotto i riflettori ma facili da scivolare nel tunnel della solitudine e della depressione. Chiudono l’album le atmosfere folk scozzesi di “Wild mountain thyme”, brano di qualche anno fa, ripreso e risistemato per l’occasione. Con lui, un drappello di musicisti fidati: il chitarrista Michael Landau, il tastierista Larry Goldings, il percussionista Luis Conte, il batterista Steve Gadd, il bassista Jimmy Johnson, la violinista Andrea Zonn. In tre parole? Classe, stile, eleganza. Di questi tempi, roba rarissima...

mercoledì 24 giugno 2015

LA RIVOLUZIONE BASAGLIANA NEL LIBRO DI ROTELLI

Una storia di “matti” e “sani”, di donne e uomini, di giovani e anziani, di psichiatri e infermieri e volontari. Una storia di povera gente, di dolore e sofferenza, ma anche di riconquistata libertà, di coraggio e ottimismo, di felicità e voglia di vivere. E in fondo di cambiare il mondo. Questo e tanto altro è stata, è tuttora la grande rivoluzione basagliana. Fiumi di parole (troppe?) sono state dette e scritte. Mancava forse un compendio, una summa antologica di quaranta e più anni che hanno cambiato di certo la psichiatria ma forse anche il mondo, il nostro mondo, di noi che viviamo a Trieste, ma non solo, perchè stiamo parlando di una storia che ha valicato le frontiere e gli oceani. Quel compendio, quella ricca antologia ora c’è. L’ha curata Franco Rotelli, considerato uno dei due eredi di Franco Basaglia (l’altro è Peppe Dell’Acqua, che dirige la collana nella quale esce il volume). Titolo: “L’istituzione inventata / Almanacco Trieste 1971-2010” (2015, pagg. 328, euro 29, Collana 180 Archivio critico della salute mentale, Edizioni Alphabeta Verlag). Il libro verrà presentato domani a Trieste, al Museo Revoltella. «Abbiamo sentito l’esigenza di mettere ordine in un lavoro così lungo e complesso - spiega Rotelli, classe 1942, nato a Casalmaggiore, provincia di Cremona ma più vicina a Parma - per due motivi. Innanzitutto perchè la comunicazione su questi fatti in tutti questi anni non ha dato conto della partecipazione di tante persone. Alla trasformazione della psichiatria ha partecipato un’enorme quantità di soggetti, è stata un’autentica impresa collettiva che abbiamo voluto documentare con testi, foto, materiali vari». Secondo motivo? «Abbiamo ritenuto opportuno rivolgerci ai più giovani, a quelli che non c’erano, che non sanno nulla di questa vicenda. Il racconto, la trasmissione della conoscenza ai giovani è sempre un dovere». Perchè si sappia che cosa? «Che tutta questa vicenda non si limita alla chiusura dei manicomi e alla legge 180. È stata una storia complessa, che riguarda la trasformazione del fare sanità, un discorso di democrazia, una scuola di libertà. Libertà terapeutica non era soltanto un motto». Cosa rimane di quel manicomio di quarant’anni fa? «A San Giovanni allora c’erano 1200 “matti”. Oggi abitano ancora in una casetta poche persone che hanno bisogno di rimanere lì anche perchè probabilmente non hanno un posto dove andare. Sono assistite, ma si muovono liberamente». Il resto del grande parco? «Ospita sette padiglioni universitari, la sede di un distretto sanitario, la direzione dell’Azienda sanitaria triestina, una scuola slovena, un bar/ristorante, fino a qualche tempo fa c’era un asilo. E l’università ha ancora vari progetti, fra cui quello di trasferirvi la facoltà di psicologia». Un parco restituito alla città? «Sì, anche se ci sono ancora vari edifici da restaurare e utilizzare. Nei giorni scorsi si è svolta una nuova edizione di Bioest, sta partendo un centro estivo per bambini, potrei continuare». Cosa ricorda della sua prima volta a San Giovanni? «Era il novembre del ’71, arrivavo da Parma, con Basaglia. Mi colpì la bellezza del parco, c’erano trenta giardinieri, dipendenti della Provincia, che lo curavano. Ma i padiglioni erano chiusi, e la gente chiusa dentro. Gli uomini da una parte, le donne dall’altra. Era stato costruito per seicento persone, ce n’erano il doppio. In mezzo c’era stato l’esodo dall’Istria, i più deboli erano finiti là dentro». Il primo incontro con Basaglia? «Nel ’69 lavoravo al manicomio giudiziario di Castiglione dello Stiviere, vicino Colorno, provincia di Parma. Quando Basaglia venne a dirigere il manicomio di Colorno, andai a presentarmi. Ebbi la fortuna che la sera prima era stato trasmesso in tivù un servizio sul lavoro che stavamo facendo a Castiglione dello Stiviere: appena mi vide mi riconobbe e mi chiese di andare a lavorare con lui». Nel libro lo associa a “Rossellini, Visconti, De Sica”... «E allo Statuto dei lavoratori, alla Costituzione, cioè a persone e leggi che hanno fatto grande e bello questo Paese. All’estero ti parlano di loro e di quelle leggi di civiltà e progresso. Persone e norme che sono riconosciute come la parte più bella d’Italia. Basaglia è fra questi, ed è bello che il consiglio comunale di Trieste abbia appena approvato all’unanimità la proposta di intitolargli una via». Quarant’anni fa non c’era unanimità. «Anzi. Una parte della città e il “Piccolo” non ci aiutarono. L’accoglienza non fu buona anche da una parte della sinistra. Diciamo che ci fu una divisione trasversale, se è vero che Basaglia fu chiamato a Trieste da un dc illuminato come Michele Zanetti». In un’altra città sarebbe andata meglio? «Chi può dirlo. In giro c’era voglia di cambiamento. Qui tutto sommato è andata bene perchè la città ha un’anima conservatrice ma anche una grande cultura, un grande rispetto per la libertà individuale. Altrove forse ci sarebbero state meno tensioni ma il processo sarebbe stato più lento». All’estero hanno accolto meglio il vostro lavoro. «Ovunque c’è fame di diritti, di libertà. Il nostro era un lavoro di avanguardia, che è stato accolto positivamente dalle avanguardie. E Trieste è diventata nel nostro settore punto riferimento in tutto il mondo». Ma lei scrive che “il lavoro è appena cominciato”. «Perchè le psichiatrie non sono molto cambiate, in Italia e all’estero. Alla base c’è una cultura ancora escludente, che tratta le persone dall’alto in basso, giocata sulla malattia, sulla diagnosi più che sulla cura. Una cultura ancora dominante nell’insegnamento universitario e nella pratica. Di manicomi, insomma, ce ne sono ancora quasi dappertutto. Pensi che nel solo Giappone ci sono 300mila ricoverati nei manicomi». C'è un “filo rosso” che unisce la rivoluzione basagliana a quel bonus antipovertà per il quale è impegnato in Regione? «Certo - conclude Rotelli, dal 2013 consigliere pd alla Regione Friuli Venezia Giulia, dove presiede la Commissione sanità e politiche sociali -, tutto fa parte dello stesso bagaglio politico e culturale. Ci siamo sempre occupati dei diritti delle persone più deboli. Vale per la psichiatria, per la sanità, per le condizioni sociali delle persone. In fondo faccio sempre lo stesso mestiere...».

domenica 14 giugno 2015

ASSOSTAMPA FVG, CONFERMATI MUSCATELLO E MARTEGANI

Carlo Muscatello, giornalista del quotidiano Il Piccolo, è stato confermato presidente dell'Assostampa Fvg per il prossimo mandato. Lo ha deciso nella sua prima riunione il nuovo consiglio direttivo dell'articolazione regionale della Fnsi, sindacato unitario dei giornalisti italiani, che ha confermato anche Alessandro Martegani, giornalista freelance, nell'incarico di segretario. Conferma inoltre per le vicepresidenti Poljanka Dolhar, vicaria (Primorski Dnevnik), ed Erica Culiat (collaboratrice). La nuova tesoriera è invece Viviana Valente (Rai Fvg). Il segretario Martegani ha poi nominato vicesegretari Luciana Versi (uffici stampa e agenzie), Maurizio Bekar (lavoro autonomo) e Pietro Rauber (quotidiani). Per la prima volta nella storia dell'Assostampa Fvg la giunta esecutiva è così formata nel pieno rispetto della parità di genere: quattro colleghe (Dolhar, Culiat, Valente, Versi) e quattro colleghi (Muscatello, Martegani, Bekar, Rauber). Completano il consiglio direttivo i fiduciari di Trieste Ciro Esposito (Il Piccolo, con la vice Ivana Gherbaz), di Udine Oscar D'Agostino (Messaggero Veneto, con il vice Lorenzo Mansutti), di Gorizia Igor Devetak (Primorski Dnevnik, con il vice Matteo Femia) e di Pordenone Patrizia Disnan (Gazzettino, con la vice Clelia Delponte), assieme ai consiglieri professionali Nicola Filipovic, Mattia Assandri, Fabio Folisi e Fulvio Sabo, e collaboratori Claudio Bisiani e Luca D'Agostino. Il presidente Muscatello e il segretario Martegani, nel ringraziare i colleghi per la fiducia confermata, hanno dichiarato che "in una fase molto difficile per la categoria, l'Assostampa Fvg proseguirà nel lavoro avviato in questi anni, per difendere il lavoro giornalistico, il contratto e la centralità delle redazioni, nella battaglia per dare rappresentanza e tutele ai colleghi con o senza contratto".

LUC ORIENT, DALLE GAMBE DI ABEBE A REFUNK

Il ritmo, la musica nera, l’amore per l’elettronica ma anche per la centralità dell’uomo, dell’essere umano, che è sempre più importante della macchina. Questo sono oggi i Luc Orient, storico trio triestino nato nei primi anni Ottanta, quando pubblicarono per la Cgd il singolo “Gambe di Abebe”, prodotto da Gino D’Eliso e Nanni Ricordi, anteprima di un album che poi attraverso alterne vicende non fu pubblicato. Nel 2005, dopo un lungo silenzio, sono tornati grazie alla passione di Rrok Prennushi e Piero Pieri, che hanno perso per strada il vecchio compagno Sandro Corda. Due anni fa il loro “La Vie à Grande Vitesse” ha ricevuto ottime recensioni. Ora esce “Refunk”, primo singolo di un progetto a puntate alla fine del quale, più o meno entro un anno, verrà pubblicato anche l’album. Insomma, una sorta di “work in progress”. «Il piano - spiegano Rrock e Piero - è quello di pubblicare una serie di brani come una specie di album a puntate. Questo ci costringe a essere selettivi con la nostra produzione, rendere pubblici soltanto i pezzi forti e forse alla fine del giro raccogliere un gruppo di canzoni in qualcosa che non sappiamo più se chiamare ancora “disco”. Onestamente: questi non sono tempi in cui poter fare progetti a lunga scadenza». Qual è il filo, se c'è, fra “Gambe di Abebe” e “Refunk”? «Dai primi anni Ottanta a oggi abbiamo perso il filo molte volte... Constatiamo però che certi tratti costanti nelle nostre produzioni rimangono: il primo è che non è musica riconducibile a qualche genere. Anche l’etichetta “new wave” di allora per noi funzionava fino a un certo punto, oggi sarebbe totalmente inadeguata. Così quando ci chiedono che musica facciamo, rispondiamo “ritmico-melodica”. “Refunk” apre una nuova stagione che abbandona i testi in italiano per aprirsi a un nuovo pubblico. Nella nostra etichetta Lademoto Records il caso di Al Castellana (attualmente nella top ten delle Uk Charts) è ispiratore». Trent'anni fa un maratoneta, oggi un treno che corre... «Abebe Bikila fu un antieroe che vinse le Olimpiadi correndo scalzo, quello che apre il video di “Refunk” è un treno a vapore lanciato a tutta velocità, forse sono simboli inconsapevoli di un pensiero romantico in cui quello che conta è l’uomo e non la macchina. Nonostante il nostro amore per l’elettronica, troviamo che la tecnologia sia sopravvalutata, certo ha un grande impatto con la società, ma non sempre è sinonimo di progresso». Spiegatevi meglio. «È uno strano cortocircuito, vero, quest’ambivalenza? Nel video c’è quest’idea un po’ futurista del dinamismo della macchina e poi le immagini della conquista dello spazio, l’astronauta anni Sessanta che è anche copertina del singolo. In realtà queste immagini sono il modo per comunicare la nostalgia di una grande utopia per un futuro migliore, per tutti». Nel video ci sono immagini di ribellione e di speranza... «Forse restiamo degli inguaribili romantici, nonostante il pessimismo e il cinismo di questi tempi difficili, vogliamo mantenerci vigili e combattivi. Certo “ottimismo” è una parola grossa, non ci facciamo illusioni, semplicemente troviamo grande ispirazione nelle manifestazioni collettive di dissenso civile. I media infilano nel tritacarne tutto, ma rimane la forza inequivocabile delle adunate di Occupy Wall Street o delle immagini storiche di Martin Luther King a Washington e soprattutto di quelle dell’incontenibile potere vitale della natura». Perché il ritmo, la musica nera sono sempre i vostri ispiratori? «Il ritmo è un formidabile mediatore culturale: se fai battere il piedino a chi ti ascolta, allora riesci a comunicare molto di più. La black music è l’università di questo concetto, basta vedere l’invenzione del rap. La risposta più semplice è che ci piace, senza per questo attenerci rigorosamente al genere. Anzi di “rigoroso” non facciamo proprio nulla, prendiamo una suggestione e la infiliamo in contesti diversi da quello da cui proviene». Chi sono, oggi, i Luc Orient? «Sono due signori che hanno ancora voglia e forse necessità di scrivere canzoni, che nel nostro caso non sono per forza fatte soltanto di strofa e ritornello. Manteniamo le orecchie sempre aperte e non possiamo che far rimbalzare nelle nostre produzioni tutti i suoni della musica che abbiamo ascoltato, spesso resi non più riconoscibili». La produzione musicale di “Refunk” è di Daniele “Speed” Dibiaggio per l’etichetta Lademoto Records. Le parti sono così distribuite: Piero Pieri voce, tastiere, sax; Rrok Prennushi chitarra; Stefano Ciba Lesini basso; Marco Vattovani batteria; Elisa Ritossa cori, arrangiati da Al Castellana.

lunedì 8 giugno 2015

LAURA FURCI, disco con il crowdfunding

La rete decide (quasi) tutto. Anche se un artista fa o non fa un disco. Una volta servivano una casa discografica, un produttore, ora basta lanciare un programma di crowdfunding (dall’inglese crowd, folla, e funding, finanziamento), aspettare le eventuali adesioni, e se arrivano è fatta. Altrimenti, ripassare un’altra volta, please... È la scelta di Laura Furci, interprete, pianista e autrice, friulana di Codroipo, che da anni lavora in Italia ma anche nelle capitali europee con puntate oltreoceano. Ora l’artista, segnalata positivamente anche sulla rivista All About Jazz, lancia un nuovo progetto musicale proprio con il sistema del crowdfunding, la raccolta attraverso la rete - come detto - dei fondi necessari alla realizzazione del disco. «Ho realizzato il precedente disco “Think con la tua cabeza” a New York - spiega -, mostrando periodicamente lo sviluppo dell'elaborazione del cd attraverso comunicazioni e materiale audio video fotografico. Sono stata ripagata dall’interesse del pubblico per i temi del disco, in brani come “All about jazz”, “Cuadernos de jazz”, “Esquire”...». «Stavolta - spiega Laura - registrerò a Madrid con Campi Campòn, musicista, ingegnere del suono, produttore, vincitore di tre Grammy Awards. Campi ha accettato di lavorare con me perchè dice di apprezzare la mia musica e che gli piace cimentarsi in cose molto diverse». Ancora: «Finora avevo suonato sempre e solo con jazzisti, mai con musicisti come Campi, che lavora creando suoni da altri tipi di strumenti: lo chiamano infatti “serruchista” e ingegnere del suono, oltre che musicista e produttore artistico». Ma per far diventare realtà la nuova avventura musicale, e far sentire al pubblico la sua voce e il suo piano intrecciarsi con la musica elettronica, Laura Furci si è affidata al crowdfunding e dunque alle persone che la seguono ormai da vari paesi del mondo e decidono di sostenerla direttamente. Un sistema sempre più diffuso nella discografia, alle prese con una pesantissima crisi oltre che con la rivoluzione digitale. Il link della piattaforma di crowdfunding Verkami (con sede a Barcellona) scelta dalla musicista è http://vkm.is/laurafurciEP. Per i “microproduttori” sono previsti piccoli doni, da una grappa dedicata alla cantante alle foto della fotografa friulana Benedetta Folena. Per chi è interessato a partecipare all’iniziativa c’è tempo fino al 18 giugno.

mercoledì 3 giugno 2015

TRIESTE LOVES JAZZ, ANTICIPAZIONI

Si lavora alacremente per allestire la nona edizione del festival TriesteLovesJazz, ormai riconosciuto e consolidato fiore all’occhiello dell’estate musicale triestina. Lo sarà in particolare quest’anno, essendo tramontata per difficoltà economiche e organizzative la possibilità di avere un megaconcerto allo Stadio Rocco (come Springsteen nel 2012 e i Pearl Jam lo scorso anno) o in piazza Unità (Green Day nel 2013). A dicembre sembrava di essere a un passo dalla chiusura delle trattative per un evento all’altezza di quelli citati. Si era parlato di Metallica, di Foo Fighters, nomi capaci di richiamare decine di migliaia di persone anche dall’estero e dal resto d’Italia. Niente da fare. Il cartellone estivo propone altri nomi di interesse e richiamo (Paolo Nutini il 23 giugno, Il Volo il 10 luglio, Fedez l’11 luglio, tutti in piazza Unità), ma siamo lontani dalle folle da stadio. Ecco dunque che assume ancor maggiore importanza la piccola grande rassegna dedicata al genere afroamericano, proposta negli anni passati dalla consolidata partnership fra Comune e Casa della musica. Lavori come si diceva ancora in corso, contatti e contratti tuttora da definire, bocche chiuse fra gli organizzatori, ma qualcosa trapela. In tempi di internet, social network, blog e compagnia digitale, è infatti sempre difficile tenere segrete le tappe di un tour, i nomi degli artisti che arriveranno nella nostra zona. Secondo i cosiddetti “rumours”, all’interno di un programma ricco e vario, che dovrebbe dipanarsi fra il 15 luglio e il 9 agosto, almeno tre dovrebbero essere le stelle della rassegna. Innanzitutto il chitarrista Mike Stern, in quartetto con il violinista francese Didier Lockwood, il batterista Steve Smith e il bassista Tom Kennedy. Data prevista il 15 luglio. Altro big: Antonio Sanchez, batterista del Pat Metheny Group, con il suo gruppo. Che dovrebbe arrivare a Trieste il 24 luglio. Sanchez è fra l’altro l’autore della colonna sonora per sola batteria del film “Birdman” del regista messicano Alejandro González Iñárritu, premiato con l’Oscar. Terza star Kenny Garrett, sassofonista contralto con Miles Davis, il cui concerto è previsto per il 28 luglio. A questi nomi internazionali, come già anticipato ieri su queste colonne dallo stesso pianista triestino, dovrebbe aggiungersi il nostro Roberto Magris: a luglio presenterà dal vivo nell’ambito del festival il suo nuovo album “Enigmatix”, in uscita anche sul mercato statunitense per l’etichetta “JMood Records” di Kansas City. Rimane da dire del luogo, dove si svolgerà questa nona edizione di TriesteLovesJazz. Nonostante i tavolini dei bar e delle pizzerie abbiano “guadagnato ulteriormente terreno”, pare che verrà confermata la splendida location di piazza Verdi, dinanzi all’ingresso del teatro lirico: una piazza meno impegnativa e più raccolta dell’adiacente piazza Unità, ma anche una sorta di naturale teatro all’aperto, con le facciate dei palazzi a fare da quinte. Speriamo soltanto che l’amministrazione comunale voglia e sia in grado quest’anno di ovviare allo sgradevolissimo inconveniente acustico della scorsa e delle passate edizioni: la musica sparata dalle casse acustiche dei bar di piazza della Borsa e dintorni. Soprattutto nei concerti meno elettrici e quasi “unplugged”, o comunque nei momenti di atmosfera, le performance venivano rovinate con effetti cacofonici dai suoni a tutto volume che arrivavano dai citati esercizi pubblici a poche centinaia di metri... Qualche appuntamento della rassegna si terrà anche nel giardino del Museo Sartorio. Ma chiudiamo con una cosa che invece funziona. Per il terzo anno consecutivo, la rassegna triestina conferma la fruttuosa collaborazione con il Lubiana Jazz Festival, giunto ormai alla 56.a edizione, considerato il più longevo festival jazz europeo dopo il Newport Jazz Festival. La storica rassegna della vicina capitale slovena - che verrà presentata oggi alle 11, alla Sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich, alla presenza fra gli altri dei direttori artistici Pedro Costa e Bogdan Benigar - si terrà quest’anno dal primo al 4 luglio. Fra i protagonisti James Blood Ulmer, che festeggerà a Lubiana il suo settantacinquesimo compleanno con un concerto in solo, ma anche Flat Earth Society, Fire! Orchestra, Carate Urio Orchestra e Carlos Bica Trio Azul, Sly & Robbie con Nils Petter Molvaer, Diogo Nogueira’s and Hamilton de Holanda’s Bossa Negra, il duo Mats Gustafsson & Craig Taborn. Ma stamattina ne sapremo qualcosa di più.

martedì 2 giugno 2015

(ansa)

GIORNALISTI: ASSOSTAMPA FVG, ELETTI NUOVI ORGANI Agenzia: ANSA-FVG Categoria: POLITICA Priorita': 5 GIORNALISTI: ASSOSTAMPA FVG, ELETTI NUOVI ORGANI (ANSA) - TRIESTE, 1 GIU - Si sono svolte sabato e domenica a Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone le elezioni per i nuovi organi dell'Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia, articolazione territoriale della Fnsi, sindacato unitario dei giornalisti italiani. Sono stati eletti tutti i colleghi candidati o indicati dalla lista unitaria «Uniti nell'Assostampa», che fa riferimento al precedente Consiglio Direttivo e all'attuale maggioranza della Fnsi. Nel nuovo Consiglio Direttivo sono state eletti fra i giornalisti professionali: Carlo Muscatello (105 voti) Alessandro Martegani (93) Viviana Valente (78) Poljanka Dolhar (75) Nicola Filipovic Grcic (71) Pietro Rauber (71) Mattia Assandri (70) Maurizio Bekar (68) Luciana Versi (66) Fabio Folisi (63) Fulvio Sabo (60). Primo dei non eletti Roberto Carella (17), seguito da Giovanni Montenero (10), Sandro Sguazzin (4) e altri colleghi con un voto. Fra i giornalisti collaboratori sono stati eletti Claudio Bisiani (20 voti) Erica Culiat (20) Luca D'AGOSTINO (17) primo dei non eletti Roberto Cannalire (5). Fiduciario professionale di Trieste è stato eletto Ciro Esposito (74 voti; primo dei non eletti Roberto Carella 2), di Gorizia Igor Devetak (10), di Udine Oscar D'Agostino (11), di Pordenone Patrizia Disnan (5). Vice fiduciaria per i collaboratori di Trieste è stata eletta Ivana Gherbaz (10 voti; primo dei non eletti Andrea Di Matteo 2), vice fiduciario di Gorizia Matteo Femia (3), di Udine Lorenzo Mansutti (4; primo dei non eletti Amos D'Antoni 1), di Pordenone Clelia Delponte (2). Sono stati inoltre eletti nel Collegio dei Probiviri i giornalisti professionali Giovanni Battista Martellozzo (72 voti), Cristina Visintini (46), Matteo Contessa (41), Clemente Borando (40), Ugo Salvini (38), Corrado Barbacini (36) e Arrigo Ricci (33). Primo dei non eletti Giovanni Tommasin (33), seguito da Carlo Morandini (24) e Vittorio Znidarsic (24). Sempre fra i Probiviri, fra i collaboratori sono stati eletti Roberto Cannalire (47) e Walter Grandis (21), primo dei non eletti Luca D'Agostino (3). Nel Collegio dei Revisori dei conti sono stati eletti Pietro Trebiciani (78 voti) e Sandro Sguazzin (64), primo dei non eletti Ugo Salvini (2). Fra i collaboratori Andrea Di Matteo (55), primo dei non eletti Amos D'Antoni (2). Le nuove cariche all'interno del neoeletto Consiglio Direttivo verranno definite nella prima riunione, fissata per lunedì 8 giugno al Circolo della Stampa di Trieste. (ANSA).

ELEZIONI ASSOSTAMPA FVG: TUTTI GLI ELETTI

Si sono svolte sabato e domenica a Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone le elezioni per i nuovi organi dell'Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia, articolazione territoriale della Fnsi, sindacato unitario dei giornalisti italiani. Sono stati eletti tutti i colleghi candidati o indicati dalla lista unitaria "Uniti nell'Assostampa", che fa riferimento al precedente Consiglio Direttivo e all'attuale maggioranza della Fnsi. . Nel nuovo Consiglio Direttivo sono state eletti fra i giornalisti professionali: Carlo MUSCATELLO (105 voti) Alessandro MARTEGANI (93) Viviana VALENTE (78) Poljanka DOLHAR (75) Nicola FILIPOVIC GRCIC (71) Pietro RAUBER (71) Mattia ASSANDRI (70) Maurizio BEKAR (68) Luciana VERSI (66) Fabio FOLISI (63) Fulvio SABO (60) primo dei non eletti Roberto Carella (17), seguito da Giovanni Montenero (10), Sandro Sguazzin (4) e altri colleghi con 1 voto. . Fra i giornalisti collaboratori sono stati eletti: Claudio BISIANI (20 voti) Erica CULIAT (20) Luca D'AGOSTINO (17) primo dei non eletti Roberto Cannalire (5). . Fiduciario professionale di Trieste è stato eletto Ciro ESPOSITO (74 voti; primo dei non eletti Roberto Carella 2), di Gorizia Igor DEVETAK (10), di Udine Oscar D'AGOSTINO (11), di Pordenone Patrizia DISNAN (5). Vice fiduciaria per i collaboratori di Trieste è stata eletta Ivana GHERBAZ (10 voti; primo dei non eletti Andrea Di Matteo 2), vice fiduciario di Gorizia Matteo FEMIA (3), di Udine Lorenzo MANSUTTI (4; primo dei non eletti Amos D'Antoni 1), di Pordenone Clelia DELPONTE (2). . Sono stati inoltre eletti nel Collegio dei Probiviri i giornalisti professionali Giovanni Battista MARTELLOZZO (72 voti), Cristina VISINTINI (46), Matteo CONTESSA (41), Clemente BORANDO (40), Ugo SALVINI (38), Corrado BARBACINI (36) e Arrigo Ricci (33). Primo dei non eletti Giovanni Tommasin (33) (per minore anzianità di iscrizione), seguito da Carlo Morandini (24) e Vittorio Znidarsic (24). Sempre fra i Probiviri, fra i collaboratori sono stati eletti Roberto CANNALIRE (47) e Walter GRANDIS (21), primo dei non eletti Luca D'Agostino (3). Nel Collegio dei Revisori dei conti sono stati eletti Pietro TREBICIANI (78 voti) e Sandro SGUAZZIN (64), primo dei non eletti Ugo Salvini (2). Fra i collaboratori Andrea DI MATTEO (55), primo dei non eletti Amos D'Antoni (2). . Le nuove cariche all'interno del neoeletto Consiglio Direttivo verranno definite nella prima riunione, fissata per lunedì 8 giugno alle 15, al Circolo della Stampa di Trieste. P