martedì 31 gennaio 2012

ROLLING STONE 100 / BOLLICINE

Anche l’editoria musicale si è trasferita sul web. Fra le poche testate cartacee che sopravvivono c’è Rolling Stone, la cui edizione italiana festeggia oggi il centesimo numero. Il primo numero del mensile - filiazione della storica testata americana fondata nel ’67 a San Francisco da Jann Wenner, che ancora la dirige - arrivò infatti nelle edicole nel novembre 2003. Per celebrare il piccolo grande evento viene proposta al pubblico una classifica dei migliori cento dischi italiani dell’ultimo mezzo secolo.
Ebbene, il risultato è sorprendente. Secondo una giuria molto trasversale - formata fra gli altri da Carlo Verdone e Renzo Rosso, Mario Calabresi e Marco Travaglio, Valentino Rossi e Niccolò Ammaniti - il miglior disco dal 1960 a oggi è “Bollicine” di Vasco Rossi. Seguono “La voce del Padrone” di Battiato, “Una donna per amico” di Battisti, “Crêuza de mä” di De André, “Lorenzo 1994” di Jovanotti.
Poi, fra album di Capossela e Celentano, Diaframma e Rino Gaetano, spiccano i piazzamenti di “Arbeit macht frei” degli Area (nono posto), “1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi” dei Cccp (13.o), “La malavita” dei Baustelle (21.o), ma anche “Rimmel” di De Gregori, “Traslocando” della Bertè, “Sugo” di Finardi, “Il tuffatore” di Flavio Giurato...
Insomma, uno spaccato della musica di casa nostra, che fra l’altro non si limita al pop/rock e alla canzone, ma si infila nei meandri più particolari dell’universo sonoro tricolore. Ah, chi non è d’accordo con la classifica può scrivere a manonavetemesso@rollingstonemagazine.it

sabato 28 gennaio 2012

CELENTANO A SANREMO

Adriano Celentano parteciperà al Festival di Sanremo. L’accordo con la Rai sarebbe stato raggiunto, manca solo la firma. Sul compenso, incredibilmente, non c’erano problemi. L’ex Molleggiato - che ha appena compiuto 74 anni - incasserà 300mila euro a serata. Non è ancora chiaro a quante parteciperà, probabilmente tre. Comunque, che salga sul palco dell’Ariston anche in tutte e cinque le serate, il compenso ha un tetto massimo di 750 mila euro.
Le parti erano arrivate sull’orlo della rottura perchè l’entourage dell’artista, che fa capo della moglie Claudia Mori, aveva posto due condizioni. La prima: nessun controllo sui testi. La seconda, nessuna interruzione pubblicitaria durante i monologhi.
Con il controllo preventivo, i piani alti di Viale Mazzini volevano evitare casi come quello dell’anno scorso con “la satira politica” di Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu. Con le mani libere sul secondo punto, non ci si voleva infilare in lunghi tunnel di parole e (proverbiali) pause, senza la possibilità di monetizzare adeguatamente l’evento. Gli spot durante le serate del Festival, notoriamente, sono fra quelli con i prezzi più alti nel tariffario Sipra.
In questi giorni, gli avvocati delle due parti hanno tentato di tirare la coperta nella propria direzione. Con contorno di polemiche, sms, e-mail, comunicati sul web. E con il rischio concretissimo che il grande Adriano dicesse: non se ne fa più nulla.
Per la Rai, alla vigilia del rinnovo del consiglio di amministrazione, e con tante patate bollenti sul piatto, sarebbe stato innanzitutto un danno di immagine. Visto che la 62.a edizione di Sanremo, la seconda della coppia Gianni Morandi e Gianmarco Mazzi, aveva puntato e punta molto sull’attrattiva mediatica che Celentano continua a incarnare.
L’accordo, a quel che si apprende molto articolato e complesso, prevede che il primo monologo celentanesco, considerato “evento eccezionale” sul modello di Roberto Benigni lo scorso anno, sia completamente immune da interruzioni pubblicitarie. Per i successivi, gli spot potrebbero scattare dopo i venticinque minuti. E rimane confermata la massima libertà all’artista nei suoi interventi, nel rispetto delle leggi e del Codice etico della Rai.
Intanto, qualcuno ha già segnalato quanto sia perlomeno inopportuno, nell’Italia del 2012, che un artista possa guadagnare in venti minuti ciò che molti lavoratori e pensionati prendono in dieci o addirittura vent’anni. Ma la giustizia sociale, si sa, non abita a Sanremo.

venerdì 27 gennaio 2012

BANCO 40

Quando uscì, nel ’72, quel disco non passava inosservato già dalla copertina. Un enorme salvadanaio di cartone, che nelle collezioni di album in vinile dell’epoca (tutti dischi quadrati, tutti della stessa misura...) creava persino problemi di sistemazione. Ma che oggi è un pezzo da collezionisti.
Sono passati quarant’anni da quel disco, che s’intitolava “Banco del Mutuo Soccorso” proprio come il gruppo romano che lo proponeva al pubblico italiano affamato di novità. E in quel lavoro, al di là della confezione, di novità - come vedremo - ce n’erano parecchie.
Per festeggiare l’anniversario, il Banco di oggi - che ha sempre come cantante e leader Francesco “Big” Di Giacomo - ha messo in cantiere varie iniziative. Un tour in partenza il 24 febbraio da Palermo (con un’anteprima romana che verrà trasmessa questa sera da Radiouno), nel quale sono ospiti i vecchi compagni d’avventura delle Orme. Poi un disco e un dvd dal vivo. E infine una biografia del gruppo e un libro di Vittorio Nocenzi, storico tastierista del gruppo (al piano c’era il fratello Gianni), che racconta in prima persona la sua lunga avventura musicale, dentro e fuori dal gruppo. Il titolo del libro è “Sguardi dall’estremo Occidente”.
«A noi non piace tanto la festa - dice Di Giacomo, classe ’47, cantante ma anche attore, chiamato da Fellini nei film “Satyricon”, “Roma” e “Amarcord” - quanto le nostre rughe, il segno dei quarant’anni trascorsi. Ci piace anche vedere che ai nostri concerti la maggior parte del pubblico è fatta di giovani e giovanissimi, non solo di reduci dei tempi andati. E’ questa la soddisfazione più bella».
Ancora Di Giacomo: «Dopo tanto tempo è normale chiedersi se stai facendo la cover di te stesso. Ma poi senti la musica che esce dagli amplificatori, l’impatto sonoro che produci, vedi la reazione del pubblico e pensi che in realtà vale ancora la pena stare sopra un palco. Non l’abbiamo mai fatto controvoglia, per obbligo del mestiere. Perchè se mi accorgo io di star lì a fare il pupazzo, tanto più se ne accorge il pubblico. E’ questo che ci salva dalla routine, che ci mantiene in quell’irrequietezza necessaria per fare il nostro mestiere con onestà».
La stessa onestà, probabilmente, che quarant’anni fa tenne a battesimo una delle esperienze più innovative dell’allora nascente pop italiano. Era il ’72, il nucleo originario del gruppo era stato fondato un paio d’anni prima. E dopo un’audizione alla Rca, con l’inserimento in una compilation di nuovi gruppi, dopo la partecipazione a vari festival pop - fra cui quelli di Caracalla, estate ’71, e di Villa Pamphili, estate ’72 -, arriva finalmente il momento del debutto discografico.
Il Banco del Mutuo Soccorso colpisce l’ascoltatore con brani come “R.I.P. (Requiescant in pace)”, “Il giardino del mago”, “Metamorfosi”... L’uso classicheggiante delle tastiere e la particolarissima voce tenorile di Francesco Di Giacomo sono il marchio di fabbrica. Il resto è contaminazione tra “prog-rock” inglese, sonorità mediterranee, tradizione del melodramma italico. Tutto condito da quell’ingrediente raro che è l’originalità.
Pochi mesi dopo, nello stesso anno, esce anche il secondo disco, intitolato “Darwin!”, concept album sul tema della teoria sull'evoluzione delle specie di Charles Darwin. Basti sapere che il disco viene proclamato da trecento critici americani - sì, la fama del gruppo nel frattempo aveva velocemente passato l’oceano - “miglior disco progressive dell’anno”.
Sono anni di grande creatività. In sala d’incisione e dal vivo. Nel ’73 esce “Io sono nato libero”, l’anno dopo il gruppo passa all’etichetta inglese “Manticore”, di proprietà di Emerson, Lake & Palmer. E nel ’75 esce sul mercato internazionale l'album “Banco” (noto anche come “Banco IV”), che ripropone in inglese i migliori brani dei primi tre album (qualcosa di simile a quel che aveva fatto la Premiata Forneria Marconi, per la stessa etichetta, con “Photos of ghosts”). L'album ha un buon successo di critica e di pubblico, facendo guadagnare alla band romana un seguito, fra gli amanti del “progressive”, che a fasi alterne - e attraverso tanti cambi di formazione - è arrivato fino ai giorni nostri.
Si pensi che, fra i vari tour in giro per il mondo, il Banco ha suonato anche in anni recenti in Giappone, Messico, Stati Uniti, Brasile e Panama. Da uno dei concerti di maggior successo (in Giappone, nel maggio ’97) venne anche tratto l'album dal vivo “Nudo”.
Ora queste celebrazioni per il quarantennale. Con la voglia di continuare ancora.

martedì 24 gennaio 2012

DANKA


Altri musicisti regionali all’attacco della scena rock nazionale. Esce oggi “Giusto o sbagliato”, l’album d’esordio dei Danka, anticipato il mese scorso nelle radio dal singolo “Il mondo è lontano”.
Si tratta di un duo, formato dal cantante Massimo Bonano (classe ’77, goriziano residente a Fossalon, Grado, dove nella casa di famiglia ha realizzato uno studio di registrazione) e dal bassista Giulio Biasinutto (nato a Palmanova nel ’79, residente a San Giorgio di Nogaro), accompagnati dal vivo da altri tre musicisti. Entrambi hanno alle spalle varie esperienze musicali. Bonano ha fra l’altro partecipato come corista al tour “Soundtrack live 96-06” di Elisa, Biasinutto ha collaborato anche con i Sick Tamburo, nati da una costola dei Prozac+.
«Cantiamo in italiano - dice Bonano - e abbiamo scelto un nome che guarda a Est. Vogliamo portare il nostro rock di frontiera all’attenzione del pubblico nazionale».
Come duo nascono nel 2005, in questi anni hanno tenuto un’intensa attività “live”, recentemente si sono classificati terzi all’Heineken Jammin Festival Contest, esibendosi sul palco principale l’11 giugno scorso, prima del concerto di Vasco Rossi.
L’album è aperto dal brano “Epilogo”, che racconta «quel momento - spiegano - in cui vorremmo resettare, riazzerare e riprendere la strada sgombri di pensieri. L'immagine principale della canzone è un vulcano, un posto estremo, affascinante e brutale allo stesso tempo, che ci può accogliere ma anche cancellare».
Gli altri titoli sono “Sei come sei”, “Mi basta”, “Il mondo è lontano”, “Inverno”, “01-boy”, “Una crisi”, “Giusto o sbagliato”, “Cielo in movimento” e “La mia idea di te”.
Il disco, distribuito dalla Sony Music, esce per l’etichetta “E.M. Corporation Agency”, che fa capo a Elena Toffoli Piro (sorella di Elisa, alla quale ha fatto da manager per dieci anni) e Bernardo Pascoli. Un altro pizzico di Elisa, nel disco, sta nella produzione artistica di Max Gelsi (bassista della popstar monfalconese) e Gianluca Ballarin.

sabato 21 gennaio 2012

PSICHIATRIA, TRIESTE E TURCHIA


La Turchia chiude i manicomi, e guarda al modello triestino per avviare la sua riforma psichiatrica. Lo comunica Peppe Dell’Acqua, direttore del Dipartimento di salute mentale triestino, appena tornato da Istanbul.

«Tutto è stato molto rapido - dice lo psichiatra, salernitano di nascita e triestino d’adozione -. Nel luglio del 2010 una loro delegazione era venuta a visitare le nostre strutture, per capire com’era stata sviluppata l’esperienza triestina. So che poi andarono anche in Olanda, in Inghilterra e in Germania. Ma al ritorno da questi viaggi, si resero conto che Trieste era quella che loro hanno chiamato la “shock room”. Qui insomma hanno capito quel che si può fare e soprattutto come lo si può fare. Da allora i nostri operatori sono andati in Turchia e i loro sono venuti da noi già diverse volte...».

Il risultato è che, prima di venire a Trieste, la sanità turca aveva un certo tipo di idea, di progetto per la sua riforma psichiatrica, mentre poi ne ha adottato e ora ne sta realizzando un altro, completamente diverso.

«In Turchia - prosegue Dell’Acqua - c’erano solo otto manicomi con circa diecimila internati, su una popolazione di ben settantadue milioni di abitanti. Il loro progetto iniziale era quello di realizzare, all’interno della riforma psichiatrica, 280 piccoli ospedali psichiatrici. Dopo quel viaggio di un anno e mezzo fa, hanno annunciato che il loro modello psichiatrico è quello italiano, con particolare attenzione all’esperienza triestina».

«E visto che sono un paese molto centralista - aggiunge lo psichiatra - sono partiti in quarta. Hanno appena aperto quarantatre dei duecento centri di salute mentale previsti nel progetto di riforma. Ci hanno chiesto una collaborazione nella realizzazione e nell’organizzazione del progetto, e non ci siamo tirati indietro. Come abbiamo già fatto in passato con tanti altri paesi, in giro per il mondo...».

Già, perchè la regola del “nemo propheta” vale dappertutto e ovviamente anche a Trieste, dove i cosiddetti “basagliani” non sempre vedono riconosciuti i propri (indubbi) meriti. E spesso si tace sul fatto che l’esperienza maturata nel corso degli ultimi quattro decenni fra il parco di San Giovanni, i centri di salute mentale e gli appartamenti sparsi per la città è stata già esportata in Argentina e in Brasile, in Corea e in Romania, a Cuba e in Colombia, per non parlare delle “vicine” Croazia, Serbia, Bosnia, Albania...

«Sono in tutto una cinquantina - spiega Dell’Acqua - i paesi che, in maniere diverse, si sono appoggiati a noi in tutti questi anni. Anni nei quali sono venuti a Trieste migliaia di operatori in formazione, che molto spesso, tornati a casa, sono diventati protagonisti di primissimo piano delle politiche sanitarie e psichiatriche dei loro paesi».

Molto proficui anche i rapporti con l’Inghilterra. «Con la particolarità, in questo caso, che noi negli anni Sessanta e Settanta ci siamo ispirati ai modelli inglesi per avviare e portare avanti il nostro percorso. Mentre ora loro vedono proprio Trieste come possibile e concreto modello di nuovo sviluppo...».

Ma torniamo alla Turchia. Nei giorni scorsi, in occasione dell’apertura dei primi centri di salute mentale, e in presenza della delegazione triestina, è stata proiettata la fiction della Rai “C’era una volta la città dei matti”, sottotitolata in lingua turca. E se in Italia lo sceneggiato televisivo ha raccontato al grande pubblico ciò che è, o dovrebbe essere già storia, altrove ne può segnare l’inizio, come ha detto il ministro della Salute turco, Recep Akdag.

Il Dipartimento di salute mentale di Trieste - che è anche Centro collaboratore dell’Oms per la ricerca e la formazione - è stato dunque coinvolto a fini sia consultivi, sia come formatore privilegiato di operatori che possano dotarsi degli strumenti e del sapere necessari a gestire i neonati servizi.

Dopo la prima visita del luglio 2010, nell’agosto scorso una delegazione del ministero della Sanità turco, tra cui il sottosegretario Omer Farukkocac, accompagnata dalla rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Maria Cristina Profili, ha effettuato un’approfondita visita alle strutture triestine. Una visita concordata qualche mese prima durante il meeting internazionale “Beyond the walls.

Il passaggio dall’ospedale ai servizi territoriali”, incontro che aveva per obiettivo la formulazione di una dichiarazione congiunta sul superamento delle istituzioni psichiatriche e il lancio di progetti di parternariato, finalizzati allo sviluppo di servizi efficaci di comunità, così come previsto dal Piano di azione di Helsinki 2005 sulla salute mentale per l’Europa.

«Noi siamo qui oggi - aveva ribadito in quella circostanza Dell’Acqua - perché il manicomio di Trieste non c’è più, perché stiamo desiderando che non ci siano più manicomi in tutto il mondo e perché oggi c’è una grande rete che unisce tutti i Paesi, un network di persone (operatori, individui che hanno vissuto e vivono l’esperienza del disturbo mentale, familiari...) che sono protagonisti di questo cambiamento e cercano di costruire politiche di salute e di speranza».

Quelle politiche ora stanno diventando realtà anche in Turchia, dove i vecchi manicomi presentavano quelle stesse situazioni di abbandono e dolore uguali in mezzo mondo. E dove i pazienti turchi vivevano reclusi, senza alcuna speranza di ricevere risposte terapeutiche adeguate ai loro problemi.

«Mi torna in mente - ricorda Peppe Dell’Acqua - una frase che il sociologo canadese Erving Goffman aveva detto quarant’anni fa a Franco Basaglia. Il senso era questo: per visitare gli ospedali psichiatrici non c’è bisogno di conoscere le lingue, il dolore e le cose sono uguali dappertutto...

«Anch’io - conclude lo psichiatra -, in questa esperienza turca ma anche in tutte quelle precedenti in giro per il mondo, mi sono reso conto di quanto quelle parole fossero vere. La psichiatria, e i problemi a essa legati, sono uguali dappertutto. Non ci sono differenze».

lunedì 16 gennaio 2012

NUOVO DISCO SPRINGSTEEN


S’intitola “Wrecking ball”, verrà annunciato oggi e pubblicato il 6 marzo. E’ il nuovo, attesissimo album di Bruce Springsteen, che sarà in tour in Italia il 7 giugno a Milano, il 10 a Firenze e l’11 allo Stadio Rocco di Trieste (prevendite quasi a quota 20mila).

Secondo Hollywood Reporter, sarà un disco “arrabbiato”: la rabbia che il Boss ha sempre messo nelle sue cose migliori contro le ingiustizie, la guerra, la sua America che non sempre fa le cose giuste.

“Wrecking ball”, che significa “palla da demolizione”, è prodotto da Ron Aniello, che aveva già lavorato con Patti Scialfa, e sarà anticipato fra pochi giorni dall’uscita del singolo apripista “We take care of our own”.

Altri brani nuovi dell’album - 24.o in carriera - sono “Jack of all trades”, “Easy money”, “We are alive”, “You’ve got it” e “Shackled and drawn”, ai quali si aggiunge una versione di “Land of hopes and dreams”, suonato in chiusura dei concerti del Reunion Tour a cavallo tra il 1999 e il 2000: nel brano c’è un assolo di sax di Clarence “Big man” Clemons, scomparso recentemente.

Chi ha già sentito il disco dice che propone soluzioni musicalmente inattese, come percussioni elettroniche e una sorprendente cascata di influenze e ritmi, dall’hip hop alle ritmiche folk irlandesi.

Poche sere fa Springsteen è stato fra i protagonisti all’evento di beneficienza “Light of the day”, al Paramount Theatre di New York, appuntamento annuale dedicato alla raccolta di fondi per combattere il morbo di Parkinson al quale il rocker non fa mancare mai il suo appoggio.

CAST SANREMO


L’unica sorpresa sono i Matia Bazar. Gli altri protagonisti del 62° Festival di Sanremo, che si terrà dal 14 al 18 febbraio, erano in realtà già stati abbondantemente preannunciati nei giorni scorsi, fra un’indiscrezione e l’altra.

Ieri pomeriggio, in diretta tivù su Raiuno, all’interno del contenitore di “Domenica In”, l’annuncio ufficiale da parte di Gianni Morandi - confermato sulla tolda del festivalone per il secondo anno consecutivo - e del direttore artistico Gianmarco Mazzi.

Dunque ci saranno Nina Zilli con “Per sempre” (e nell’accoppiata internazionale con con Skye dei Morcheeba in “Grande grande grande - Never never never”), Samuele Bersani con “Un pallone” (e con Goran Bregovic in “Romagna mia - My sweet Romagna”), Dolcenera con “Ci vediamo a casa” (e con Professor Green in “Vita spericolata - My life is mine”).

E poi Irene Fornaciari con “Il mio grande mistero” (e in “Uno dei tanti - I who have nothing” con Brian May dei Queen, coinvolto nell’avventura grazie ai buoni uffici di papà Zucchero), Emma con “Non è l’inferno”, scritta per lei dal leader dei Modà con i quali è arrivata seconda l’anno scorso (e in “Il paradiso - If paradise is half as nice” con Gary Go), Noemi con “Sono solo parole” (e in “Amarsi un po’ - To feel in love” con Sarah Jane Morris).

Confermata la presenza di Pierdavide Carone assieme a Lucio Dalla - sicuramente direttore d’orchestra ma probabilmente anche ospite sul palco, un po’ alla maniera di Franco Battiato l’anno scorso con Luca Madonia - con il brano “Nanì”. La strana coppia sarà poi affiancata da Mads Langer in “Anema e core”.

E ci saranno anche Francesco Renga con “La tua bellezza” (e in “Il mondo - El mundo” con Sergio Dalma), Arisa con “La notte” (e in “Che sarà - Que serà” con Josè Feliciano), la grande voce jazz di Chiara Civello con “Al posto del mondo” (e in “Io che non vivo - You dont’ have to say you love me” con Shaggy).

Non è stata una sorpresa la partecipazione di Eugenio Finardi con “E tu lo chiami Dio” (assieme a Noa in “Torna a Surriento - Surrender”) e dei Marlene Kuntz con “Canzone per un figlio” (e in “Impressioni di settembre - The world become the world” nientemeno che con Patti Smith).

Una sorpresa - ma della vigilia, visto che era già stata annunciata - è la stranissima accoppiata fra Gigi D’Alessio e Loredana Bertè con il brano “Respirare”. Il re dei neomelodici che studia da Baglioni e l’ex grande voce della miglior canzone rock italiana che cerca un rilancio saranno raggiunti dalla rediviva Nina Hagen per l’interpretazione di “Auf der welt”.

Abbiamo lasciato in fondo l’unico nome che non era stato anticipato nei giorni scorsi. Quello dei Matia Bazar, lo storico gruppo pop di cui faceva parte Antonella Ruggiero, già vincitore del Festival (nel ’78 con “E dirsi ciao” e nel 2002 con “Messaggio d’amore”), qui alla sua ennesima ripartenza con la canzone “Sei tu”. Nell’accoppiata internazionale sono con il grande Al Jarreau nel brano “Parla più piano - Speak softly love”.

A proposito di grandi nomi della musica americana, nella presentazione su Raiuno ieri il conduttore Massimo Giletti ha buttato lì quello che potrebbe essere un altro motivo di grande interesse della kermesse. «Stevie Wonder - ha detto - dovrebbe essere tra i grandi protagonisti del Festival di Sanremo». Mazzi non si è sbilanciato: «Io alle anticipazioni sono abituato: non smentisco, ma non confermo».

Il musicista statunitense è già stato in gara a Sanremo, nel ’69, in coppia con Gabriella Ferri, con “Se tu ragazzo mio”. La sua presenza come ospite sarebbe un ulteriore motivo di interesse per un’edizione che - non avendo ancora sentito le canzoni, e dunque solo sulla base dei nomi annunciati - si preannuncia dello stesso livello qualitativo di quella dell’anno scorso.

Fin qui quelli che un tempo venivano chiamati i big. I giovani - già annunciati sabato - saranno Alessandro Casillo, Giulia Anania, Marco Guazzone, Celeste Gaia, Erica Mou, Dana Angi (scelti attraverso la megaselezione sul web di Sanremo Social) e i due gruppi vincitori di Area Sanremo: Bidiel e Io ho sempre voglia.

Ma su questa categoria pende l’incognita di un ricorso al Tar presentato da quattro artisti “over 28” (Davide Misiano, Valerio Massaro, Emil Spada, Angela Ruggiero Amida), che si sono ritenuti discriminati dal limite di età fissato per partecipare a Sanremo Social. L’udienza dinanzi al tribunale amministrativo è fissata per il 27 gennaio

NANNI RICORDI +


Se n’è andato Nanni Ricordi, discendente del fondatore dell’omonima casa prima editrice e poi anche discografica nata nel 1808. Avrebbe compiuto ottant’anni fra un mese, era malato da tempo. Considerato uno dei padri dei cantautori, negli anni Sessanta e Settanta è stato una figura di primissimo piano del mondo della discografia italiana.

Carlo Emanuele Ricordi - questo il suo vero nome - aveva studiato pianoforte al conservatorio ma aveva nel cassetto anche una laurea in giurisprudenza. Dopo la quale, negli anni Cinquanta, viene spedito a New York dalla famiglia (e dall’azienda) a studiare il business della discografia.

Tornato a Milano, nel ’57 pubblica l’album di Maria Callas con Renata Scotto che tiene a battesimo, l’anno successivo, la nascita della Dischi Ricordi, proprio in occasione del centocinquantenario di Casa Ricordi. Nonostante il debutto lirico, la nuova etichetta si distingue subito per l’attenzione nei confronti della musica leggera e del nascente fenomeno dei cantautori.

Nel ’64 Gian Carlo Menotti gli affidò la direzione artistica del Festival dei Due Mondi di Spoleto, nel quale inserì lo spettacolo “Bella ciao”, che gli valse la denuncia di vilipendio alla patria per il brano “O Gorizia tu sei maledetta”.

«Che Nanni fosse scopritore di talenti - ricorda Ennio Morricone nel libro “Ti ricordi Nanni? L’uomo che inventò i cantautori”, di Claudio Ricordi - lo sapevano tutti. Ma che avesse in mente una rivoluzione nella canzone italiana, non molti lo sanno. L’“invenzione” dei cantautori è sua. Sua è la riconsiderazione dei temi melodici e dei testi poetici verso una libertà (soprattutto nei testi) che superasse in tutto la routine nella quale era caduta la canzone italiana, escluso qualche raro caso».

Sì, perchè l’uomo che ci ha lasciati ha messo lo zampino nelle carriere di artisti come Gino Paoli e Ornella Vanoni, Luigi Tenco e Sergio Endrigo, Giorgio Gaber e Enzo Jannacci, Michele e Umberto Bindi, Ricky Gianco e Gianfranco Manfredi, Ivan Cattaneo e Giovanna Marini. Ma anche Lucio Battisti, Francesco De Gregori, Fabrizio De Andrè, Antonello Venditti, Gianna Nannini, Paolo Conte. Alcuni li ha scoperti e inventati, altri li ha prodotti e lanciati, con altri ancora ha semplicemente collaborato.

Nella seconda metà degli anni Settanta, in quel grande calderone musicale e politico che erano le piccole etichette indipendenti, s’inventò l’avventura dell’Ultima Spiaggia. E alla sua porta bussarono anche musicisti triestini, come Alfredo Lacosegliaz, Angelo Baiguera e Gabriele Centis.

DISCHI / AMY WINEHOUSE + OVERTONES


La prima bugia è che questo sarà “l’unico album postumo” di Amy Winehouse, la cantante inglese morta ventisettenne l'estate scorsa e già consegnata alla sfera del mito. “Lioness: hidden treasures” (Island) propone ai nostalgici della sua immensa voce nera i “tesori nascosti” ritrovati e assemblati con cura e mestiere dal padre dell'artista, Mitch, e dai suoi produttori Mark Ronson e Salaam Remi. I quali, consapevoli della bugia, sanno per primi che l’industria del caro estinto non permette “unici album postumi”, anzi moltiplica all’infinito le occasioni di sfruttamento dell’arte e dell’immagine dell’artista che non c’è più.

Detto questo, godiamoci un album che comunque offre all’ascoltatore momenti di buona musica, che mettono ancora in luce le grandi doti di interprete di Amy. A partire da “Body and soul”, il duetto con l'ottantacinquenne italoamericano Tony Bennett, per proseguire con “Our day will come”, il brano del ’63 di Ruby & The Romantics, registrato nel 2002, originariamente previsto nel primo album della cantante, “Frank”, e poi messo da parte; la fascinosa versione di “The girl from Ipanema”, anche questa registrata nel 2002, anzi, pare sia stata la prima canzone interpretata quando andò a Miami per registrare il primo album; un’altra cover, quella di “Will you still love me tomorrow?”, scritta nel 1960 da Carole King col marito di allora Gerry Goffin per le Shirelles, ma poi ripresa dalla stessa cantautrice americana nell’album “Tapestry” del ’71.

Vecchie più o meno di dieci anni - e dunque del periodo del primo album - anche “Halftime”, omaggio a Frank Sinatra giocata in chiave jazz con voce e chitarra acustica, e quella “Best friends” con la quale Amy era solita aprire i suoi concerti. Dall’album “Black”, che regalò all’artista fama e successo planetari, arrivano invece “Tears” e “Wake up alone”. E ci sono poi “Valerie”, cover del brano degli Zutons, “Like smoke”, “A song for you” di Leon Russell (l’incisione più recente).

La scaletta va insomma a pescare indietro nel tempo, guardando soprattutto al passato e non contribuendo certo a far capire quel che l’artista scomparsa avrebbe potuto fare se fosse sopravvissuta alla sua vita spericolata. Solo “Between the cheats”, con le sue atmosfere anni Cinquanta, ci aiuta a capire come forse sarebbe stato il prossimo album, per il quale era in effetti prevista.

Rimangono i brividi che a tratti affiorano nel risentire una delle più belle voci che il mondo del rock abbia visto sorgere e purtroppo velocemente tramontare nel corso degli ultimi anni. Spazzata via da una deriva autodistruttiva. Ma “forever young” come Janis, Jimi, Jim, Kurt... E troppi altri.


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OVERTONES

“GOOD OL’ FASHIONED LOVE”

(Warner)

In Inghilterra hanno già venduto 400 mila copie. Che per un album di debutto è una cifra importante. Mark Franks, Mike Crawshaw, Darren Everest, Timmy Matley e Lachlan Chapman sono un gruppo vocale e hanno alle spalle una storia curiosa. Amanti della musica e compagni di lavoro in un’agenzia di servizi di decorazione e tinteggiatura, un giorno lavorano in un ufficio di Oxford Street, a Londra, e in una pausa si mettono a cantare in tuta da lavoro a un angolo di strada per provare lo spettacolo di quella sera in un pub. La manager di una casa discografica li ascolta, allunga a uno di loro il suo biglietto da visita, e tre giorni dopo gli Overtones firmano il loro primo contratto discografico. I cinque ragazzi - un mix di Inghilterra, Irlanda e Australia nei loro passaporti - sanno coniugare pop e rhythm’n’blues, con un orecchio ai suoni della vecchia Motown e con i Temptations nel cuore. “Second last chance”, che mischia tradizione dei gruppi vocali americani e brit-pop, è il singolo di lancio.

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mercoledì 11 gennaio 2012

SANREMO SOCIAL, NO TRIESTINI


Non ce l’hanno fatta i triestini in corsa per Sanremo Social, megaselezione sul web per la categoria Giovani. Disco rosso dunque per Lucrezia Losurdo, Nathan, Eva (Francesca Caraffiello), Nicole Perossa, Maddalena e Nota Libera. Nessun concorrente del Friuli Venezia Giulia - anche se il salernitano Gianfranko sul sito viene per errore attribuito a Udine - fra i sessanta selezionati. Fra loro, dopo una maratona in diretta web, verranno scelti oggi, nel Sanremo Social Day, i sei artisti che sbarcheranno sul palco dell’Ariston, assieme ai due provenienti da Area Sanremo: Bidiel e Io ho sempre voglia.

Scorrendo i nomi, si nota che hanno passato il turno soprattutto giovani già noti per aver partecipato a “talent” o “reality show”. Tra i trenta più votati sul web spiccano infatti il calabro-pugliese Davide Mogavero (da “X Factor 4”, nella squadra di Mara Maionchi), Alessandro Casillo (dal programma “Io canto”), Cassandra De Rosa e Simonetta Spiri (entrambe da “Amici 7”), Miss Maria (dal “Grande Fratello”). Ma ci sono anche Erica Mou (ennesima giovane scommessa di Caterina Caselli) e Benedetta Giovagnini, sorella di quella Valentina seconda nel 2002 dietro Anna Tatangelo, poi morta in un incidente stradale nel gennaio 2009: la sua canzone, “Gennaio”, è dedicata proprio alla sorella scomparsa. Fra le riserve c’è Stefano Filipponi, il cantante con problemi di balbuzie che ha preso parte a “X Factor 4”.

Volti già noti in tv anche tra i trenta scelti dal gruppo d’ascolto, formato da Morandi, Gianmarco Mazzi e tre esperti: da Stefania Bivone (Miss Italia 2011), Giovanni Caccamo (già a “Music Gate” su RaiGulp e a “Social King” su Raidue), Julia Lenti, Thomas Moschen e Alessio Testa (tutti da “Star Academy”). Anche qui, fra le riserve, un concorrente di “X Factor”: Jury, ex della seconda edizione.

Intanto c’è attesa per l’annuncio del cast, che verrà fatto da Morandi domenica alle 14 su Raiuno, a “Domenica In”. Quasi certo Lucio Dalla, come autore ma forse anche ospite e direttore d’orchestra di Pierdavide Carone. Probabili Emma Marrone, Nina Zilli, Noemi, Eugenio Finardi, Samuele Bersani, Francesco Renga, Chiara Civello (voce jazz formatasi negli States), ma anche Gigi D’Alessio, Dolcenera e Marlene Kuntz.

Domenica verranno annunciati anche gli ospiti internazionali. In pole position l’attrice Julia Roberts e la popstar Jennifer Lopez. Ma si fanno anche i nomi di Whitney Houston, Michael Douglas e Sean Connery. Certa la comparsata di ritorno di Elisabetta Canalis e la presenza accanto a Morandi - oltre che dell’attore Rocco Papaleo - della miliardaria Tamara Ecclestone e della modella ceca Ivana Mrazova. E quasi certi gli interventi di Adriano Celentano.

martedì 10 gennaio 2012

DALLA A SANREMO


Lucio Dalla parteciperà a Sanremo. Non si sa ancora se in prima persona o come “ospite” nell’esibizione di Pierdavide Carone, l’ex concorrente di “Amici” per il quale ha scritto una canzone. Ma ci sarà. L’annuncio ufficiale arriverà domenica pomeriggio, in diretta tv su Raiuno, ma il colpaccio sembra messo a segno. Gianni Morandi è riuscito a convincere il vecchio amico a tornare al Festival, dove cantò “Paff... bum!” nel ’66, “Bisogna saper perdere” nel ’67, “4 marzo 1943” nel ’71. All’inizio aveva detto no, essendo impegnato in un tour europeo, poi che sarebbe venuto «solo se avessi avuto una canzone molto particolare, per esorcizzare questa finta festa. Poi alla gente magari piace». Ora il sì.

Il musicista sta lavorando da un paio di mesi nel suo studio di registrazione a Bologna con il giovane cantautore romano, che ha già vinto il Festival come autore di “Per tutte le volte che”, portata al successo due anni fa da Valerio Scanu, un altro ex di “Amici”. Dal talent show di Maria De Filippi dovrebbe arrivare anche Emma Marrone, seconda lo scorso anno con i Modà, il cui cantante Francesco “Kekko” Silvestre le avrebbe scritto una canzone su misura.

Altri nomi dati per probabili: Nina Zilli, Noemi, Eugenio Finardi, Samuele Bersani, Francesco Renga e Chiara Civello, voce jazz formatasi negli States, con cui Morandi vorrebbe ripetere l’operazione riuscita lo scorso anno con il vincitore dei giovani Raphael Gualazzi.

Domani (diretta dalle 14 su www.sanremo.rai.it e www.rai.tv) SanremoSocial emette i primi verdetti.

domenica 8 gennaio 2012

LA MUSICASSETTA HA 50 ANNI


La musicassetta compie cinquant’anni, e ci ricorda che c’è stato un tempo - nemmeno troppo lontano - in cui la musica girava di mano in mano, casa in casa, città in città, soprattutto attraverso degli oggetti: i dischi di vinile (45 e 33 giri, ai tempi dei vecchi grammofoni persino i 78 giri), poi sopppiantati dai cd (i compact disc nati nell’82 e molto diffusi fra gli anni Ottanta e Novanta), ma anche i nastri magnetici e soprattutto quelle scatolette di plastica contenenti il nastro da incidere o già inciso. Le musicassettte, appunto.

Quello che oggi può essere considerato un vero e proprio oggetto di modernariato, o di archeologia industriale, ormai difficile da trovare persino nei mercatini dell’usato, venne inventato dalla Philips nel ’62, mezzo secolo fa, appunto. Anche se la commercializzazione in grande stile risale all’anno successivo.

Quelle “vergini”, di durata varia, che andava di solito dai trenta ai centoventi minuti (le C30, le C60, le C90, le C120... ricordate?), servivano a registrare i dischi in maniera quasi sempre artigianale e casalinga, oltre che assolutamente “pirata”, e di fatto aprirono la strada alla crisi del mercato discografico. Era infatti molto più economico, per cinque amici, comprare un solo disco e farne delle copie, con tanti saluti alle royalties discografiche e ai diritti Siae.

Le musicassette da registrare scatenarono anche la febbre delle “compilation private”: dai dj più rinomati fino all’ultimo appassionato, ognuno metteva in fila i propri brani preferiti, magari da regalare al partner. Ci fu anche chi trovò la maniera, non soltanto a Napoli, per sviluppare un floridissimo mercato illegale.

Ma c’erano anche le musicassette “legali”, prodotte e vendute dalle stesse case discografiche, quasi sempre allo stesso prezzo dei 33 giri in vinile: un album veniva di solito pubblicato su vinile e in musicassetta. Ottima e pratica per le autoradio e quando arrivarono sul mercato i cosiddetti “walkman”.

Negli anni d’oro, fra i Settanta e gli Ottanta, le musicassette si vendevano a milionate, insidiando il vinile. Oggi resistono a margine del mercato, soprattutto per usi professionali legati alla registrazione dei parlati. Muovono numeri ridottissimi, spazzate via dal digitale, dai file mp3, dai download all’inizio gratuiti e illegali, poi legali e a pagamento, che hanno dato prima la botta che poteva essere finale al mercato discografico, ma poi, grazie alle intuizioni di Steve Jobs e della Apple, hanno contribuito a risollevarlo.

Oggi che la musica è immateriale, mentre il vecchio vinile torna di moda, il cinquantenario della musicassetta ci riporta indietro nel tempo. Magari a quelle volte in cui il nastro usciva dalla scatoletta e ci voleva una penna bic per riavvolgerlo, stando attenti a non romperlo...

ANCORA SANREMO SOCIAL


Ma non ci sono solo Lucrezia Losurdo e Nathan Maria Radovic, a tentare la lotteria di Sanremo Social. Altre due giovani cantanti triestine partecipano infatti alla selezione sul web, che porterà i più votati a guadagnare un posticino al sole, nella ribalta festivaliera di Sanremo Giovani, che in passato ha lanciato molte star della musica leggera (da Eros Ramazzotti a Laura Pausini, passando per Andrea Bocelli e tanti altri).

Le due giovani sono la ventunenne Nicole Perossa e la diciottenne Eva (vero nome: Francesca Caraffiello), rispettivamente con i brani “In ogni attimo” e “Fuggire via”.

Nicole studia canto e pianoforte, dopo aver provato a cimentarsi con la chitarra. Negli ultimi due anni ha già partecipato alle rassegne locali “Artisti in vetrina” e “Grado Young”, cantando brani di Giorgia, Elisa e della canadese Alannah Myles, ma anche con una canzone inedita, “Nuove sensazioni”, firmata da quello stesso Daniele Moretti, un romano trapiantato a Trieste, che ha scritto per lei il brano con cui ora partecipa a Sanremo Social. Dopo lo scientifico al Galilei e un anno di veterinaria a Udine, Nicole ora è in cerca di lavoro. In attesa di trovare il quale («in qualsiasi settore, ma è un momento duro...», ammette), gioca la sua carta musicale con questa partecipazione alla preselezione sanremese.

E siamo a Francesca, che per tentare anche lei la strada del Festival ha scelto un nome d’arte, forse a suo avviso più musicale: Eva. «Porto il nome di mia nonna Francesca - spiega -, per questa avventura ho scelto quello dell’altra nonna, Eva, appunto». La giovane cantante frequenta l’ultimo anno di liceo classico al Dante, ha studiato per otto anni pianoforte, anche lei ha partecipato ad “Artisti in vetrina”. Ascolta tutti i generi musicali, ma preferisce i “vecchi” Mina, Battisti, Aretha Franklin, conosciuti attraverso i genitori. La musica di “Fuggire via” è firmata Daniele Moretti (lo stesso del brano di Nicole Perossa), mentre il testo lo ha scritto lei stessa: «Sì, perchè a volte - confessa - vorrei davvero fuggire via da tutto, anche da me, dai miei blocchi, dalle mie paure...».

Anche da parte di Nicole e Francesca arriva ai triestini, e ovviamente a tutti gli altri appassionati, lo stesso invito fatto da Lucrezia e Nathan: «Votate, votate, votate...». C’è tempo fino a oggi alle 18.

venerdì 6 gennaio 2012

X FACTOR / FRANCESCA / ELISA


«Brava Francesca. Che emozione, che purezza in te. Ben arrivata». Elisa ha affidato a Twitter il suo primo commento ma anche le sue congratulazioni a Francesca Michielin, la sedicenne di Bassano del Grappa che ha vinto la quinta edizione italiana di “X Factor” (la prima dopo il trasloco rigenerante su Sky) proprio con una canzone, “Distratto”, scritta dalla popstar monfalconese assieme a Roberto Casalino.

Francesca, che faceva parte della squadra di Simona Ventura, ha avuto la meglio sui Moderni, sponsorizzati da Elio, e sulla favorita della vigilia Antonella, supportata da Arisa. Il quarto giudice, Morgan, dopo i successi dei suoi protetti nelle edizioni andate in onda su Raidue, stavolta non ha portato nessuno dei suoi giovani artisti fino alla finalissima dell’altra sera, che fra l’altro ha riscosso buoni dati d’ascolto: una media di 1.050mila spettatori, con uno share medio del 3,95% e picchi di oltre l’8% (dati più che significativi per il satellite).

Nella sua cavalcata vincente, la giovanissima cantante veneta - che ha studiato pianoforte e basso elettrico - ha spaziato fra brani di Adele, dei Led Zeppelin (dei quali ha offerto una cover di “Whole lotta love” da antologia), dei Creedence Clearwater Revival, dimostrando una passione e una grinta rock che vengono da lontanissimo.

Tranne la cantante inglese, dominatrice nel 2011 delle classifiche di mezzo mondo con l’album “21”, gli altri gruppi e artisti da cui ha attinto vengono infatti dagli anni Sessanta e Settanta, veri e propri decenni aurei per tutti gli amanti, di ieri e di oggi e forse di domani, del rock. Conosciuto e amato da Francesca grazie al fratello maggiore batterista, al papà collezionista di vecchi vinili, alla mamma cantante in vari cori.

La ragazza, che nella finalissima ha duettato senza complessi di inferiorità con Irene Grandi nel classico di quest’ultima “La tua ragazza sempre”, dimostra comunque di avere la testa ben piantata sulle spalle. «X Factor è stata una parentesi - dice -, la vita va avanti». E la sua vita per ora è fatta di studi e di scuola.

«Il liceo classico mi piace molto - prosegue la vincitrice più giovane nella storia italiana del talent show - e i professori mi hanno dato una mano inviandomi il materiale da studiare, ma se non fossi stata certa di non perdere l’anno per le troppe assenze non credo che avrei partecipato».

«La mia materia preferita è il latino e dopo il liceo, che voglio finire bene, mi piacerebbe studiare lettere o storia dell’arte o entrare al conservatorio. Di progetti ne avevo anche prima di X Factor e continuerò a lottare per portarli avanti».

Testa sulle spalle, insomma, e piedi ben piantati per terra. «L’errore più grande è quello di sentirsi arrivati, ogni esperienza è un piccolo mattone, l’inizio di qualcosa e io voglio vivere tutto da zero, dando sempre il massimo. Di sicuro non esci da X Factor come artista bello fatto, questo è solo l’inizio di un percorso e per me diventare una musicista rimane un sogno».

Per coltivare questo sogno, Francesca ora può contare su un contratto discografico da 300mila euro con la Sony. Col quale mettere a frutto la sua vena creativa. «Ho scritto moltissime canzoni - confessa -, ma in inglese, non in italiano, perchè ci vuole una preparazione incredibile per farlo».

Per quanto riguarda Elisa, non è la prima volta che collabora con giovani artisti. Per esempio nel 2005 ha lavorato con il gruppo Jade, incidendo il singolo “Opera”, e con Simona Bencini, che al Sanremo 2006 presentò il brano “Tempesta”, musica scritta proprio dall’artista di Monfalcone.

mercoledì 4 gennaio 2012

LUCREZIA LOSURDO


La mamma ascoltava Ella Fitzgerald ma anche Bob Dylan. Lei ha studiato pianoforte al conservatorio («ho cominciato a “giocarci” a cinque anni...»), ma anche greco e latino al Petrarca. Da tre anni vive a Milano, dove frequenta il terzo anno di Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo. Per tentare la carta di Sanremo, ha scelto una canzone elegante e raffinata, intitolata “Il mare e la bora”.

Lucrezia Losurdo ha ventuno anni, è triestina, e partecipa alle selezioni per Sanremo Social (sorta di anteprima del festivalone sul web, passata la quale i più votati vanno a Sanremo Giovani) con uno sponsor d’eccezione: il musicista Sergio Cossu, già tastierista dei Matia Bazar.

«Ho scoperto Lucrezia l’anno scorso, partecipava alle selezioni di “X Factor” - spiega Cossu, milanese, classe ’60 -. La vidi cantare “Roxanne” dei Police a cappella, mi colpì la voce drammatica, profonda. Sapevo solo che veniva da Trieste, chiamai l’amico Gabriele Centis della Casa della musica, che mi mise in contatto con lei in un nanosecondo...».

La ragazza un anno fa comincia dunque un lavoro che ora sta per produrre l’album d’esordio, di cui questo particolarissimo brano jazzato, scritto da Mauro Berardi e Gina Savino, che profuma “di Trieste e di bora”, è solo il gustoso antipasto. Sul sito di Sanremo Social, dove è possibile votarlo («anzi: votate, votate, votate...», chiede lei), c’è il video, ambientato vicino al mare e nelle strade e piazze della città.

«L’anno scorso ”X Factor” - ricorda Lucrezia - è stato un trampolino di lancio, sono arrivata seconda nelle selezioni finali andate in onda nella striscia quotidiana di “Extra Factor”. Nel 2009 avevo anche vinto un concorso di Mtv, dopo il quale ho presentato con Elisabetta Canalis e Carlo Pastore una settimana di “Trl” da Genova. Prima, oltre agli studi di pianoforte, avevo seguito corsi di canto alla Casa della musica. Ma è stato l’incontro con Sergio a darmi la spinta decisiva».

Ancora la giovane artista: «Sono cresciuta fra jazz, blues e rock. Mia madre è un’appassionata. A casa mia, da bambina, si ascoltavano i dischi di Ella Fitgerald, Ray Charles, Louis Armstrong. Ma anche Dylan, Hendrix, Led Zeppelin, Doors. Fra gli italiani, ho sempre amato molto De Andrè e Guccini...».

Stasera alle 18, all’Harry’s di piazza Unità, Lucrezia Losurdo (cognome di origine pugliese) “debutta” nella sua città con un concerto nell’ambito della rassegna “Le vie del caffè”. Con lei, un gruppo di cui fa parte ovviamente Cossu. Il cui legame con Trieste è sempre più stretto. Oltre alla produzione del disco di Lucrezia, collabora infatti da anni con la Casa della musica e ha curato il cofanetto con le musiche da film di Lelio Luttazzi.

«Amo molto questa città, spero di venirci sempre più spesso», confessa il musicista, che oltre alla militanza nei Matia Bazar (dall’84 al ’99, firmando successi come “Ti sento”, “Souvenir” e “La prima stella della sera”), ha scritto alcuni dei maggiori successi di Miguel Bosè in spagnolo (“Sevilla” e “Amante bandido”) e ha una sua etichetta jazz, “Blue Serge”.

«Sono stato nei Matia Bazar - conclude Cossu - quindici anni. Sono uscito dopo la morte di Aldo Stellita, fondatore del gruppo, avvenuta nel ’98 proprio in questa regione, a San Giorgio di Nogaro, dove viveva con la sua compagna friulana. Scomparso lui, e dopo che Antonella Ruggiero era già uscita da tempo, il gruppo per me non aveva più senso...».

martedì 3 gennaio 2012

SPRINGSTEEN, JOVANOTTI E ALTRI IN ARRIVO


Per noi, rockettari e musicofili dell’estremo lembo orientale italiano, la partita 2012 dei concerti per ora si gioca innanzitutto sue due date. La prima: il 2 febbraio riparte dal PalaTrieste il tour di Jovanotti, tragicamente interrotto dopo la morte del giovane Francesco Pinna, caduto sul lavoro nell’allestimento del megapalco che il 12 dicembre doveva ospitare la tappa triestina del tour “Ora” di Lorenzo Cherubini. Che dinanzi alla disgrazia, sulla quale è ovviamente ancora in corso l’indagine della magistratura, si è comportato da uomo corretto e da artista sensibile.

Oggi, dopo quello che è successo, l’appuntamento di febbraio assume valenza e significati che vanno al di là dell’aspetto artistico. Non sarà infatti soltanto la tappa cittadina di una delle più belle tournèe italiane che hanno attraversato la penisola nel 2011, sarà qualcosa di più e di diverso. E magari sarebbe bello che Jovanotti s’inventasse per quell’occasione un concerto acustico, senza quel megapalco che è costato la vita a Francesco e che a Trieste è diventato purtroppo un simbolo di morte. Sarebbe un ulteriore segno di partecipazione e rispetto.

Seconda data. Ovviamente l’11 giugno, con il concerto di Bruce Springsteen allo Stadio Rocco. Per i fan del Boss quello appena cominciato si annuncia come l’anno del grande ritorno, con un nuovo disco e un tour, a pochi mesi dalla scomparsa di Clarence Clemons.

All’Italia toccano tre tappe del tour mondiale: 7 giugno allo Stadio San Siro di Milano, 10 giugno allo Stadio Franchi di Firenze, l’11 giugno al Rocco di Trieste. La cui data nelle prevendite sta attirando l’interesse di mezza Europa centro-orientale, visto che le altre due tappe (relativamente) in zona sono solo Praga e Vienna, rispettivamente l’11 e 12 luglio. Finora per il concerto triestino sono già stati venduti oltre 17 mila biglietti (a ieri sera 17.200), su una capienza concessa di 30 mila.

Per motivi completamente diversi da quelli del concerto di Jovanotti, anche l’appuntamento con il leggendario rocker del New Jersey andrà al di là del fatto artistico. Dalla risposta del pubblico locale e da come la città saprà attirare e accogliere tutti quelli che arriveranno da lontano, dipenderà infatti il futuro del rapporto fra Trieste e la musica dal vivo, in passato molto difficile.

Ma non si vive solo di Jova e Boss. Prima del quale a Trieste è annunciato un poker di appuntamenti, ancora suscettibile di aggiornamenti. Il 27 febbraio al Rossetti suona Johnny Winter, leggendario chitarrista blues/rock statunitense. Sempre nel teatro di viale XX Settembre il 18 marzo è la volta di un altro mito del rock: Roger Daltrey, voce degli Who. Il primo aprile, ancora al Politeama, ritorna Mario Biondi, voce nera cresciuta alle pendici dell’Etna. E il 22 maggio, al PalaTrieste, appuntamento con Biagio Antonacci.

Altri appuntamenti regionali, con qualche sconfinamento nel vicino Veneto. Marco Mengoni il 3 febbraio al palasport Carnera di Udine. Ivano Fossati il 19 febbraio al Nuovo di Udine. Dream Theater il 20 e Caparezza il 25 febbraio al palasport di Pordenone. Massimo Ranieri il 4 marzo al Nuovo. Giorgia il 14 marzo al Carnera. Gli statunitensi Primus il 23 (band metal, il cui ultimo album s’intitola “Green Naugahyde”) e Fiorella Mannoia il 28 marzo al palasport di Pordenone. Laura Pausini al Palaverde di Treviso il 30 e 31 marzo e il 2 aprile. Tiziano Ferro il 7 maggio ancora al Palaverde.

E per l’estate, c’è già un’anticipazione: i Radiohead saranno in concerto il 4 luglio a Villa Manin di Codroipo. Ma l’estate, in queste fredde giornate di gennaio, sembra - ed è - alquanto lontana...

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Coldplay il 24 maggio a Torino, accoppiata disco e tour per Black Sabbath, Madonna, Paul McCartney e tanti altri. L’anno nuovo sembra quello dei grandi ritorni. A marzo esce il nuovo album di Madonna (in rete ci sono già alcuni titoli: “Birthday song”, “Masterpiece” e “Gimme all your luvin”). McCartney pubblica il 7 febbraio un album-omaggio alle composizioni americane che ascoltava da bambino: ospiti Diana Krall, Eric Clapton e Stevie Wonder. Per festeggiare il mezzo secolo, i Beach Boys tornano con un nuovo album in studio su etichetta Capitol (il primo con tutti i membri della formazione originale, ovviamente quelli sopravvissuti). Tornano anche i Black Sabbath (completi di Ozzy Osbourne), a più di trent’anni dal loro ultimo disco, “Never say die!”, del ’78: il tour farà tappa il 24 giugno a Milano. Nono album in studio per Robbie Williams, il primo dopo la reunion con i Take That: annunciata collaborazione con Adele, megastar dell’anno passato e certo anche di quello nuovo. Marilyn Manson esce con “Born villain” (primo singolo “S-low mo-ti-on”, con un video che farà discutere: mostrerà al rallentatore diversi crani umani trapassati da proiettili). Nuovi dischi per Muse, Pearl Jam, Linkin Park, Van Halen, Kiss, Foo Fighters, Sinead O’Connor, Kylie Minogue, ma anche per nomi storici come Leonard Cohen, Doors, Kiss e Van Halen. In arrivo anche i tour di Lenny Kravitz e Noel Gallagher, James Taylor e Simple Minds, Tom Petty e Blink 182. 



lunedì 2 gennaio 2012

PSICOLOGIA / SAN GIOVANNI


Là dove c’era Marco Cavallo, arriveranno gli studenti di psicologia. Sì, nella vecchia lavanderia dell’ex manicomio di San Giovanni, colpevolmente abbandonata dal ’74, dove il vecchio ronzino poi diventato simbolo della psichiatria dal volto umano trascinava ogni giorno un carretto pieno di lenzuola miseramente sporche, troveranno spazio le aule e le strutture del dipartimento di psicologia. Che andrà a occupare quattro edifici posti attorno al Teatrino Basaglia, in via Weiss, fra cui l’ex padiglione F, l’ex cucina e, appunto, l’ex lavanderia.

L’Università di Trieste sembra dunque puntare sempre più sul vicino parco di San Giovanni, da anni polmone verde restituito alla città, per il suo naturale sviluppo. Negli edifici, opportunemente ristrutturati, che ospitarono le brutture e le miserie del manicomio, trovano già spazio - fra facoltà e dipartimenti, in attesa che l’anno prossimo le prime cedano definitivamente il posto ai secondi - scienze della terra, geologia, geofisica, mineralogia e biologia. Oltre alla clinica psichiatrica della facoltà di medicina.

Con l’arrivo di psicologia, e grazie alla bellezza del luogo, in prospettiva il parco dell’ex ospedale psichiatrico ha tutte le carte in regola per trasformarsi in un campus universitario, sul modello di quelli statunitensi.

L’intervento in questione fa parte del programma triennale 2012-2014, deciso dal cda dell’ateneo prima di Natale. In tutto sono in ballo sessantadue milioni di euro, dei quali quasi quaranta già disponibili e pronti per essere impiegati nell’anno appena cominciato.

Di tutta la torta, il capitolo San Giovanni è il più sostanzioso, prevedendo la spesa di sette milioni e 800 mila euro per gli interventi di restauro conservativo e funzionale di tre immobili e per acquisto e ristrutturazione delle ex cucine. Altri quattro milioni e 400 mila euro - ancora senza copertura finanziaria - andranno per il restauro conservativo e la ristrutturazione dell’ex lavanderia di cui si diceva all’inizio.

Ma il piano non si ferma agli interventi nell’ex manicomio. Otto milioni andranno per la messa in sicurezza dell’edifico centrale di piazzale Europa che ospita gli uffici dell’amministrazione centrale e dei dipartimenti di Scienze giuridiche e Scienze politiche. Previsti la realizzazione di un’unica biblioteca, bonifica e pulizia delle facciate dell’edificio centrale, che sarà riportato al suo aspetto originario.

Ulteriori cinque milioni e 700 mila euro sono destinati alla ristrutturazione e al restauro dell’immobile di via dell’Università 7, già sede della facoltà di Filosofia e prima sede dell’ateneo triestino, da tempo abbandonato e transennato dopo la denuncia di cedimenti strutturali.