martedì 28 settembre 2004

BARCOLANA FESTIVAL

I bene informati dicono che stavolta, com’è già successo in passato con Elio e le Storie tese, saranno Enzo Jannacci e Lucio Dalla a partecipare domenica 10 ottobre alla Barcolana. Vedremo se i due artisti vivranno dal mare l’emozione dell’affollatissima regata velica o se alla fine, magari stanchi per il concerto della sera precedente, daranno un inglorioso forfait.

Sì, perchè mentre la loro presenza in mare è data con il condizionale, di certo Jannacci e Dalla fanno parte del cast del Barcolana Festival, la rassegna musicale che ormai da diversi anni anima le serate precedenti al grande evento sportivo, e che è stata presentata ieri mattina alla Camera di Commercio assieme alla regata stessa e alle altre manifestazioni collaterali.

Il programma - già anticipato nei giorni scorsi su queste colonne - prevede l’apertura giovedì 7 ottobre con Rossana Casale e Nicola Arigliano. Lei presenta lo spettacolo «Billie Holiday in me», dedicato alla grande interprete americana, è sarà affiancata da Luigi Bonafede al piano, Aldo Mella al contrabbasso, Enzo Zirilli alla batteria, Roberto Regis ai sassofoni. Lui - con Giampaolo Ascolese alla batteria, Elio Tatti al contrabbasso e Antonello Vannucchi al piano - proporrà una carrellata sullo swing dagli anni Trenta ai Sessanta: a ottantuno anni (li compie a dicembre) l’uomo del digestivo Antonetto di un vecchio carosello dimostra di non aver perso lo smalto da vecchio crooner.

Venerdì 8 è la volta dell’orchestra della cantante americana Shawnn Monteiro, con «special guest» il grande sassofonista Benny Golson, un mito del jazz degli anni Cinquanta e Sessanta: per loro quella triestina è annunciata come l’unica data italiana. Sempre venerdì ancora grande musica del passato, ma rivisitata in chiave pop, con Nick The Nightfly & the Monte Carlo Nights Orchestra: ospite della formazione di diciotto elementi del dj di Radio Monte Carlo sarà la cantante inglese Sarah Jane Morris.

Gran finale sabato 9, con Enzo Jannacci e Lucio Dalla. Lo stralunato e geniale interprete di «Vengo anch’io» e di tanti altri classici, accompagnato da un gruppo formato da jazzisti di cui fa parte anche il figlio Paolo (pianoforte e fisarmonica), proporrà classici vecchi e nuovi ma anche i brani del nuovo disco dedicato a Giorgio Gaber. Dalla torna ancora una volta a Trieste (l’ultima volta nella primavera scorsa, per «accompagnare» il suo musical «Tosca, amore disperato»), ma stavolta in versione jazz: con lui, che oltre a cantare suonerà il clarinetto, il quartetto del sassofonista Stefano Di Battista con la cantante Nicky Nicolai.

«Quest’anno - ha detto nella conferenza stampa Riccardo Bonetti, di Promo Sail - il Barcolana Festival propone una serie di novità: prima fra tutte un programma artistico sempre di alto livello, sempre adatto a tutti, ma diverso rispetto agli anni passati...». «La verità - ha aggiunto Silvia Beccari, che firma la direzione artistica del cartellone musicale - è che negli anni scorsi il festival si rivolgeva soprattutto ai giovani: stavolta puntiamo sul binomio ”jazz & vela”, per accontentare anche i meno giovani...».

Una scommessa bella e coraggiosa, resa possibile dal momento di grande interesse che il jazz - magari contaminato con altri generi - sta vivendo anche presso il pubblico del pop e del rock. Tutti i concerti si terranno in piazza Unità, a ingresso libero. Proprio come gli anni scorsi.

BARCOLANA FESTIVAL

Contrordine: l’estate musicale continua. Anche se parlare di estate, dopo la giornataccia dell’altro ieri, non ha più molto senso. Ma la grande musica dal vivo, gratis, in piazza Unità, dopo un’estate eccezionale come quella appena trascorsa, vuole giocare ancora le sue ultime carte.

E lo fa con una nuova edizione del Barcolana Festival, la rassegna musicale che da alcuni anni precede la grande regata di casa nostra. Un’edizione, questa del 2004, che verrà presentata ufficialmente martedì mattina alla Camera di Commercio, e che si veste per la prima volta di jazz.

Vediamo i nomi. Si parte giovedì 7 ottobre con il quintetto di Rossana Casale e il quartetto di Nicola Arigliano: lei è passata da qualche tempo dalle melodie sanremesi al canto jazz, lui (ve lo ricordate? l’uomo del digestivo Antonetto di un vecchio carosello...) ha passato gli ottant’anni ma non ha perso lo smalto da vecchio crooner.

Venerdì arriva l’orchestra della cantante americana Shawnn Monteiro, con «special guest» il grande sassofonista Benny Golson, un mito del jazz degli anni Cinquanta e Sessanta, che proprio in questi giorni è nelle sale cinematografiche con un gustoso cameo del film «The Terminal», con Tom Hanks. Sempre nella serata di venerdì grande musica anche con Nick The Nightfly & the Monte Carlo Nights Orchestra: ospite della formazione di diciotto elementi del celebre dj di Radio Monte Carlo sarà la cantante inglese Sarah Jane Morris, in uno spettacolo già proposto in Francia e al Blue Note di Milano.

E siamo alla serata finale. Sabato il festival propone Enzo Jannacci con il gruppo formato da jazzisti e poi Lucio Dalla, anche lui in versione jazz, dunque soprattutto al clarinetto, assieme al quartetto di Stefano Di Battista con la cantante Nicky Nicolai (che nella primavera scorsa si è messa in luce con il disco «Tutto passa»).

«Quest’anno - spiega Riccardo Bonetti, che con la sua Promo Sail firma anche l’edizione 2004 del Barcolana Festival - abbiamo voluto fare una scelta un po’ diversa dagli anni passati. Quest’estate a Trieste sono arrivati molti artisti, e quindi non abbiamo voluto ripetere quello che hanno già fatto gli altri. Meglio allora cambiare rotta, dando un’impronta jazz alla rassegna».

«Abbiamo lasciato da parte nomi popolari e nazionalpopolari - prosegue Bonetti - preferendo allestire un cast che mi sembra di livello qualitativo alto. E che secondo i nostri intenti dovrebbe soddisfare i palati fini ma anche tutti quelli che hanno voglia di divertirsi...».

Lo scorso anno al festival hanno partecipato Le Vibrazioni, Elio e le Storie Tese, Neffa, Planet Funk, Meganoidi, Africa Unite. Negli anni precedenti erano arrivati fra gli altri Jovanotti, Carmen Consoli, Luca Carboni, Raf, Tiromancino, Daniele Silvestri, Alexia, Almamegretta... Vedremo come il pubblico triestino accoglierà la «svolta jazz» di quest’anno.

sabato 25 settembre 2004

INTERVISTA MORGAN

«A Trieste ero già venuto a suonare con i Bluvertigo, sarà stato il ’97. Ora torno da solo, al pianoforte. Suonerò le ”musiche dell’appartamento” così come sono nate, nude e crude. Per me sarà un po’ come tornare indietro di qualche anno...».

Parla Morgan, per l’anagrafe Marco Castoldi, milanese, classe ’72, già leader dei Bluvertigo, noto anche alla stampa rosa in qualità di compagno di Asia Argento, con cui ha una bambina. Domani sera, alle 23, suona alla Sala Tripcovich, nell’ambito della kermesse del Viaggio Telecom.

«Io sono un tipo molto curioso - confessa Morgan - ma la mia è una curiosità che si rivolge soprattutto alla storia, al passato, e non è attirata dal futuro. La musica italiana degli anni Cinquanta e Sessanta mi ha sempre interessato, quasi come una ricerca di qualcosa che mi è sempre appartenuta, una sorta di dna nascosto nel passato, prim’ancora della mia nascita».

«I miei genitori sono nati negli anni Quaranta, mio padre aveva nastri originali di dixieland che custodiva nel tinello, mia madre suonava musica classica al pianoforte, io mi addormentavo sul divano. Il mio essere diventato padre ha risvegliato vecchie melodie sepolte nell'inconscio musicale. La regressione avviene con l'esperienza dell'infanzia rivissuta attraverso i figli, con la memoria che emerge e si tramanda, ma anche con la cosciente distanza che prendo da una modernità che non mi appartiene completamente».

«Così è nato il disco ”Canzoni dell’appartamento” (suo primo album solista, uscito lo scorso anno - ndr). Inizialmente doveva essere un disco di cover: un’idea che ho sempre avuto, ma che non ho ancora mai realizzato completamente. Vorrei cantare i brani di Umberto Bindi, di Piero Ciampi, di Tenco, di De Andrè... Anche coi Bluvertigo facevamo cover: è una palestra fondamentale per chi fa musica pop, ti permette di misurarti con il passato, con i grandi».

«Doveva essere un disco di cover, dicevo, ma poi è diventato qualcos’altro. Battiato aveva appena fatto ”Fleurs”, poi è uscito anche Robbie Williams con gli standard swing. Allora ho pensato che era meglio scrivere dei brani originali, ispirandomi al passato. Cercando nei generi tradizionali di cui ho memoria i modelli da esplorare. Del progetto di cover sono rimasti due brani: ”Non arrossire”, di Giorgio Gaber, e la traduzione italiana di ”If”, di Roger Waters».

Dall’underground al mainstream, passando per il palco di Sanremo, «Canzoni dell’appartamento» è stata una delle positive sorprese della scorsa annata musicale. Quest’anno, Morgan ha invece pubblicato «Il suono della vanità», colonna sonora del film di Alex Infascelli «Il siero della verità».

«Era la prima volta - spiega l’artista - che scrivevo per il cinema. E subito dopo ho scritto anche le musiche per il nuovo film di Asia Argento, già presentato a Cannes e che uscirà in Italia a gennaio. Infascelli mi ha indirizzato musicalmente al noir anni Ottanta. Ho lavorato in maniera orchestrale e sinfonica, associando i temi ai personaggi, ma anche con nuove tecnologie sperimentali, per costruire fondali sonori. Sovrapponendoli ho ottenuto un miscuglio che è quasi una non-musica, apparentemente costante e coerente ma con micro-cambiamenti al suo interno».

«Io sono molto estremo nel mio modo di lavorare musicalmente. Ho mescolato strumenti classici ed elettronica, creando un dialogo fra orchestra e computer. Nel cinema si può osare molto, sfruttando i momenti di drammatizzazione...».

«Coi Bluvertigo? Non è finita, anzi. Dopo tre anni di riflessione - conclude Morgan - proprio in queste settimane abbiamo ricominciato a lavorare assieme. Presto uscirà un nostro nuovo disco».

BILANCIO ESTATE MUSICALE

Ora che il «mostro» non c’è più, l’estate triestina degli spettacoli 2004 è davvero finita. Con lo smantellamento del grande palco che per oltre due mesi ha prepotentemente occupato - secondo molti, deturpato - piazza dell’Unità, è calato il sipario anche su una stagione di spettacoli insolitamente ricca e forse irripetibile.

Non va infatti dimenticato che negli ultimi trent’anni - volendo limitare la nostra indagine a quest’arco di tempo - non c’è mai stata un’estate a Trieste con tanti spettacoli. Il più delle volte, anzi, l’offerta si è limitata a due, tre, a volte quattro appuntamenti musicali (operette e concerti classici ovviamente a parte) nell’arco che va da giugno a settembre.

Stavolta, grazie soprattutto ai fondi giunti da Roma per le manifestazioni del Cinquantenario del ritorno di Trieste all’Italia, ma anche con l’ausilio degli sponsor attirati dal cartellone che è stato allestito, al pubblico è stata proposta una vera e propria stagione, peraltro di tutto rispetto, con nomi di rilievo nazionale e internazionale.

La maggior parte di questi spettacoli ha avuto come sede naturale il salotto buono di piazza Unità, con il megapalco di cui si diceva. Tutti appuntamenti gratuiti per il pubblico, ai quali vanno poi aggiunti altri concerti ospitati in altri luoghi e strutture cittadine, stavolta con biglietto d’ingresso. Pensiamo a Joan Baez al Teatro Romano (ma ad organizzare, in quel caso, era la Provincia), alle Vibrazioni poche sere fa al PalaTrieste (solo un migliaio di spettatori per loro), ma soprattutto a Vasco Rossi, che con i suoi 34 mila spettatori allo Stadio Rocco, la sera dell’11 settembre, è il nuovo recordman assoluto di presenze in città (superando se stesso, che nel ’99, sempre al Rocco, si era fermato a quota 31 mila).

In questi due mesi Piazza Unità ha ospitato - in mezzo a bande, orchestre, rassegne grandi e piccole, spettacoli e spettacolini non sempre di livello eccelso - gente come le Orme, Edoardo Bennato, la Premiata Forneria Marconi, Carl Palmer (già con Emerson e Lake), i Creedence Clearwater Revived (praticamente una cover band dei leggendari Creedence Clearwater Revival). E poi ancora tutta la banda del Tim Tour: ovvero Piero Pelù, Haiducii, i Gemelli Diversi, Kc and the Sunshine Band, Irene Grandi e tanti altri protagonisti più o meno «emergenti» (ora si dice così, quando uno non è ancora di chiara fama...) della scena musicale attuale.

E infine, quasi una ciliegina sulla torta, anche il concerto di Claudio Baglioni per pochi fortunati in Porto Vecchio. A proposito del quale molti si sono domandati: perchè non ha cantato per tutti, magari in piazza Unità? Risponde l’assessore alla cultura Paris Lippi: «Baglioni è venuto a Trieste per un prezzo ridottissimo, 4500 euro, rispetto al suo cachet abituale, che è venti volte superiore. All’inizio voleva fare solo un concerto-incontro con la stampa aperto a un centinaio di invitati. Alla fine siamo riusciti a portare il numero a quattrocento, ma di più non è stato possibile...».

Un’altra domanda che molti, in questi mesi, si sono fatti: ma che ci azzecca - per dirla con il noto ex magistrato - tutto questo musichiere con il Cinquantenario del ritorno di Trieste all’Italia? In assenza dell’assessore Bucci, gran cerimoniere dell’estate musicale cittadina, in questi giorni in Giappone per l’Expo, alla domanda risponde ancora Lippi: «Avremmo potuto comprare degli spazi pubblicitari sui giornali nazionali per promuovere l’immagine della città. Abbiamo preferito proporre un cartellone importante e di prestigio, a ingresso gratuito, per attirare l’attenzione su Trieste...».

«Il bilancio della stagione - prosegue il vicesindaco - è ovviamente per noi molto positivo. La risposta del pubblico è stata ottima, e ciò è uno stimolo anche per l’anno prossimo. Certo, non ci saranno più i fondi speciali per il Cinquantenario. Ma a questo proposito voglio chiarire che noi, come assessorato alla cultura, abbiamo lavorato per gran parte con i soldi messi a disposizione dagli sponsor, attirati più facilmente proprio dalla ricchezza del cartellone allestito».

«Per l’estate prossima - conclude Lippi - un po’ per un problema di costi e un po’ per non monopolizzare per troppo tempo la piazza, vorremmo concentrare gli spettacoli nell’arco di un mese. Ma abbiamo tutte le intenzioni di continuare. Peraltro lo facciamo anche nei prossimi mesi: Biagio Antonacci a ottobre, i Nomadi a novembre, entrambi al PalaTrieste, e poi si vedrà...».

Quando saranno ultimati tutti i conti, sarà comunque interessante capire quanta parte, dei cinque milioni di euro arrivati da Roma per il Cinquantenario, sono andati alla kermesse spettacolare appena conclusa.

Nel frattempo, va segnalata la voce fuori dal coro di un esponente dell’opposizione in consiglio comunale. «Avremmo preferito - dice Fabio Omero dei Ds - che i soldi del Cinquantenario, oltre a organizzare spettacoli in piazza, venissero utilizzati per qualcosa di duraturo. Penso al recupero della Biblioteca Civica, o al restauro di qualche nostra scuola malandata. Magari con l’affissione di una targa che ricordasse: questa scuola è stata restaurata con i soldi per il Cinquantenario del ritorno di Trieste all’Italia...».

«In questa maniera - conclude Omero - il Cinquantenario sarebbe stato ricordato anche in futuro. Si è preferito puntare sull’effimero. Ma in fondo va bene lo stesso: meglio gli spettacoli che riempire ulteriormente la città di tricolori...».

La pensano alla stessa maniera molti giovani di ieri e di oggi che hanno affollato piazza Unità nei mesi scorsi. Fra i quali una sera è stata colta la seguente considerazione: «Speriamo che il centrodestra non perda le prossime elezioni, altrimenti possiamo scordarci tutti questi concerti gratis». Ma forse era solo una battuta...

martedì 21 settembre 2004

INTERVISTA LE VIBRAZIONI

«Siamo felici di concludere anche quest’anno il nostro tour estivo a Trieste. Ricordo ancora l’entusiasmo del pubblico, nell’ottobre scorso, al Barcolana Festival, in piazza Unità. Per me, poi, è un piacere particolare: sono mezzo triestino...».

Parla Marco Castellani, il bassista delle Vibrazioni, che domani sera suonano al PalaTrieste. «Io sono nato a Milano, nel ’78 - dice il musicista -, mio padre è milanese di origini toscane, ma mia madre, Sonia Mislei, è nata a Prosecco, dove abbiamo ancora dei parenti e dove lei torna spesso. Anch’io ho passato molte estati fra Trieste e l’altipiano carsico...».

Da due anni le estati le passa invece in tournèe...

«Sì, i ritmi della mia vita sono cambiati radicalmente. A volte non mi sembra, anzi, non ci sembra neanche vero. Il gruppo è nato a Milano nella primavera del ’99. Abbiamo cominciato con le cover, poi un po’ alla volta abbiamo cominciato a inserire i nostri brani. E il pubblico ascoltava e gradiva lo stesso. Quando abbiamo cominciato a fare il giro delle case discografiche, invece, all’inizio non trovavamo nessuno che ci desse retta...».

Poi tutto è successo molto in fretta...

«Alla fine del 2002 eravamo ancora in cantina, a febbraio è uscito il primo singolo, ”Dedicato a te”: dopo due settimane era già nella top ten, a marzo era primo in classifica. Subito dopo l’album, di cui abbiamo venduto finora oltre trecentomila copie e da cui stiamo per estrarre il sesto singolo...».

Sei singoli da un album: non sono troppi?

«No, perchè nel primo album abbiamo quindici canzoni sopravvissute a una durissima selezione, fra le cinquanta che avevamo scritto. C’erano dunque diversi potenziali singoli, come questo ”Seta” che conclude la serie».

Completo di nuovo video...

«Sì, chiuso il tour a Trieste, andiamo in Sardegna per girare il videoclip del brano, che si potrà scaricare da Internet. È un’idea del nostro batterista, Alessandro: una gag divertente, ispirata alle vicende del telefilm 'A-Team', con i musicisti nei panni di proprietari di una fattoria in lotta con chi li vuole sloggiare per costruire un supermercato...».

Il secondo album?

«Dovrebbe uscire all’inizio del 2005. Dopo le riprese del video in Sardegna, ci chiudiamo nello studio del nostro manager, in Maremma, e cominciamo a registrare. Anche stavolta partiamo da una cinquantina di canzoni nuove, da cui dovremo arrivare alla dozzina che formerà il nostro secondo album».

Dicono sia sempre il più difficile, soprattutto dopo un grande successo all’esordio...

«Speriamo che per noi non sia vero. La verità è che i quattro o cinque anni di gavetta che abbiamo fatto nelle cantine, nei localini, ci sono serviti molto. Per crescere, per avere una nostra personalità, tutto sommato per sentirci sicuri del fatto nostro».

Anche l’altra sera, davanti agli oltre quarantamila per Vasco...?

«Suonare prima del suo concerto, allo stadio di Padova, è stata davvero una grandissima soddisfazione. Lui è un nostro mito assoluto, e il suo pubblico è splendido, generosissimo. Abbiamo fatto cinque brani, siamo stati accolti molto bene, una gran bella esperienza...».

Ma questa vostra passione per gli anni Settanta come nasce?

«I nostri genitori. Mio padre, per esempio, ha oltre novemila dischi ed è un grande appassionato di musica, soprattutto di quel periodo. A molti ragazzi della nostra generazione, dopo aver ascoltato di tutto, è capitato di accorgersi che la musica degli anni Sessanta e Settanta è un’altra cosa...».

A Trieste fate brani nuovi?

«Innanzitutto facciamo tutti i pezzi del primo disco. Poi, chissà... Sì, faremo anche qualcosa di nuovo. E magari qualche inedito che non aveva trovato spazio nel primo album...».

giovedì 16 settembre 2004

«Ora voglio dormire per un mese e mezzo», aveva detto Vasco Rossi negli spogliatoi dello Stadio San Paolo, a Napoli, la notte del 9 luglio, a conclusione della prima parte del trionfale tour estivo. Tanto trionfale (750 mila spettatori per quindici date, di cui una allo Stadio Friuli di Udine, tutti concerti sold out già in prevendita) da rendere necessaria un’appendice settembrina per il «Buoni o cattivi tour».



Non si sa se il Blasco sia riuscito a mettere in pratica l’ozioso proponimento, magari approfittando della vacanza con la famiglia in Francia.



Quello che si sa è che l’appendice settembrina arriva stasera allo



Stadio Rocco di Trieste, dove nel luglio ’99 il rocker di Zocca aveva già

stabilito il record di presenze, tuttora imbattuto, per un concerto nella

moderna struttura di Valmaura: ben trentunmila spettatori.

L’apertura dei cancelli al «Rocco» è prevista per le 15.30. Il concerto

inizierà alle 21.30. Ci sono ancora biglietti disponibili per le curve

Furlan e Grezar e per la tribuna numerata. La biglietteria sarà a

disposizione dei fan dalle 15, lato curva Furlan in via Miani. Gli

organizzatori invitano i triestini a usare i mezzi pubblici per non creare

inutili ingorghi attorno allo stadio. Il servizio bus sarà potenziato a

partire dalle 18 con cinque mezzi della linea 23 che fungeranno da navetta

tra il parcheggio di via Caboto e lo stadio. Per consentire un veloce

allontanamento del pubblico al termine della serata verranno utilizati anche

i mezzi autosnodati della Trieste Trasporti, capaci di contenere un gran

numero di persone in più per ogni viaggio.

Prima di Vasco si esibirà Dj Miche, al termine del concerto, al PalaTrieste,

il rocker di Zocca sarà presente a un «after show» promosso da Valtur.

Nel giugno scorso, davanti ai quarantamila dello Stadio Friuli, il Blasco ha attaccato con «Cosa vuoi da me», proseguendo per quasi tre ore con una scaletta - che dovrebbe essere in linea di massima rispettata anche a

Trieste - ricca di una trentina di successi vecchi e nuovi: da «Cosa succede in città» a «Non basta niente», da «Anymore» a «Portatemi Dio», da «Come

stai» a «Hai mai», da «Fegato spappolato» a «Sally». Senza dimenticare

«Domenica lunatica», «Brava Giulia», «Rewind», «Stupido Hotel», «Stendimi», «Senorita», «Un senso» (anche questa dal nuovo album «Buoni o cattivi»,

nonché nella colonna sonora del film «Non ti muovere» di Sergio

Castellitto). Ma spingendo come da tradizione l’acceleratore con «C’è chi

dice no», «Siamo solo noi», «Albachiara»...

«Io cambio sempre - ha detto Vasco Rossi - ma in fondo sono rimasto lo

stesso: provocatorio, soprattutto nei confronti delle coscienze

addormentate. Sono uno che smaschera le ipocrisie, un provocatore, ma non un

profeta, né un eroe. Piuttosto una persona piena di dubbi. Io non dò

risposte, faccio solo domande. E non sono neanche un cattivo maestro.

Cattivo forse, ma sicuramente non un maestro. Non so perchè mi affibbiano

questa definizione. Io non sono un esempio, casomai la voce di chi non ha

voce...».

Ancora il Blasco: «Io sono sempre insoddisfatto, è una cosa innata, una

sfida continua con me stesso. Il che non vuol dire che non mi senta sicuro

di quel che faccio. Ho sempre dei momenti di sconforto, non solo dovuti alla realizzazione di un disco, o alla capacità di farlo, ma proprio nella vita.

La mia vita è complicata, ho una vita artistica da una parte, poi una

familiare con Laura e mio figlio Luca a cui tengo moltissimo, e spesso non è

difficile conciliarle. Ma io credo nelle promesse, se faccio una promessa

devo mantenerla, su entrambi i fronti. È una questione di orgoglio. Se ci

credi, alla fine, le cose riesci a farle...».

«Il titolo ”Buoni o cattivi” nasce da una mia convinzione: è pericoloso

dividere così le persone. E poi chi può stabilire, oggi, in questo mondo,

chi sono i buoni e chi i cattivi? Non si può giudicare. Io sto sempre dalla

parte degli ultimi, dei più deboli, dalla parte di quelli che non ce la

fanno. In Italia c’è gente che conduce una vita terribile. Per loro la

musica può fare qualcosa, è una via d’uscita, una possibilità di scaricare i

nervi. Di più: un’alternativa alla violenza, alla guerra che ci circonda, un codice di civiltà».

Anche in queste parole c’è Vasco Rossi, un artista che da venticinque anni

riesce a parlare ai giovani (e meno giovani) di ieri e di oggi. E che in una

lettera ai fan pubblicata un mese fa sul suo sito ufficiale scrive fra

l’altro: «La nazionale è tornata a casa subito con la coda tra le gambe. La

sinistra dice che ha vinto le elezioni e Berlusconi dice che lui comunque

rimane lì fino al duemila e sei... Siete un’umanità fragile piena di

illusioni in un mondo spietato e violento che non conosce la pietà. Non è

giusto o sbagliato, buono o cattivo. È semplicemente così. La forza, la

violenza, il sopruso la fanno da padroni in questo mondo. Ma voi ce la

farete. Perché giorno per giorno troverete il motivo per affrontarlo, per

viverlo, a volte anche per goderlo».

Ancora: «La vita è un brivido che vola via, basta lasciarsi trascinare dal

vento dell’esistenza senza troppo pensare. Quello lo devono fare i filosofi, i pensatori. Che ci indichino pure i limiti, i confini che non si dovrebbero superare, le condanne morali, l’etica. Noi andiamo avanti lasciandoci trascinare dal vento dell’esistenza. Ogni cosa che ci succede è buona, ogni

esperienza è sana se non fa male al corpo o allo spirito. E se ci porta

oltre i vostri limiti, bè, ci dispiace per voi ma a noi non ce ne frega

niente...». Parola di Vasco Rossi.







Sei anni fa, il 9 settembre ’98, moriva Lucio Battisti. Una presenza tuttora

fondamentale nella storia della canzone italiana, che viene ricordata da

giovani e meno giovani tutto l’anno, ma che comprensibilmente ritorna di

attualità nei giorni del triste anniversario.

Domani alle 22.50 su Raidue «Tg2 Dossier» apre l’album dei ricordi, facendo fra l’altro ascoltare una sua canzone inedita: «In ogni parte del mondo».

Interesse doppio perchè si tratta dell’unica volta in cui Battisti firma

testo e musica di una sua canzone (quasi tutte le parole dei suoi successi

storici sono di Mogol, quelle della produzione più recente sono firmate da

Pasquale Panella).

La puntata s’intitola «Speciale per Lucio: Arbore racconta Battisti». Ed è

interessante sentire lo showman pugliese, che come conduttore di «Speciale per voi» fu testimone degli esordi di Lucio, rievocare fatti del ’69/’70.

Nel programma vengono riproposte alcune canzoni - fra cui «Il vento»,

scritta per i Dik Dik, e altre affidate all’Equipe 84 - e un’intervista

collettiva da parte del pubblico. Tra gli anedotti, il racconto di Arbore su

un’infatuazione datata 1970 di Battisti per l’attrice Laura Antonelli,

finora rimasta segreta.

Ma una città che il 9 settembre ha sempre ricordato l’artista di «Acqua

azzurra acqua chiara» (di cui esiste ancora un vecchio filmato del

Festivalbar girato a Grignano...) è proprio Trieste. Dopo le prime edizioni

in piazza Marconi a Muggia, da un paio d’anni la manifestazione «Dedicato a

Lucio Battisti» è approdata nel salotto buono del capoluogo regionale, in

piazza Unità.

La quinta edizione della manifestazione - che nel corso degli anni ha ospitato fra gli altri la Formula 3 e i Dik Dik - comincia domenica a margine della Mostra Mercato del disco usato e da collezione che si svolge tutto il giorno alla Stazione Marittima, con una sezione dedicata proprio ad alcune rarità di Battisti.

E poi, giovedì 9 settembre, musica battistiana pomeriggio e sera. Alle 18,

per «Battisti on the road», artisti in locali e nelle vie cittadine: il duo

Passe-Partout al Caffè James Joyce, il gruppo Giaco Urban Jazz alla

Portizza, la Pro Talento alla «Teccia», il duo Sponza & Bortuna all’angolo

fra via San Nicolò e via Dante.

La sera, alle 21, in piazza Unità, concerto a ingresso gratuito di Rita

Forte. La cantante di Terracina (varie presenze a Sanremo, con un terzo

posto fra i giovani nel ’91), per anni anche conduttrice televisiva a

«Tappeto volante», su Tmc, proporrà un programma di cover italiane e

straniere. Con un posto d’onore ai classici di Lucio Battisti.

giovedì 2 settembre 2004

BAGLIONI

«Per questo tour estivo ho immaginato un doppio percorso. I concerti veri e propri in luoghi paesaggistici di una certa rilevanza e poi degli incontri in luoghi che serbano un antico valore, magari un po’ sbiadito, dismesso, in cerca di una valorizzazione, di una rinascita. Incontri nei quali parlo, racconto delle cose, ma poi, visto che il mio mestiere è quello, canto anche alcuni brani, magari fra quelli che non trovano spazio nei soliti concerti...».

Parla Claudio Baglioni, il cui «Cercando Tour 2004» fa tappa stasera alle 21 nel piazzale del Castello di Udine. E che lunedì pomeriggio ritorna in regione, stavolta anche in veste di neoarchitetto, per un incontro-spettacolo del ciclo «Spazi nuovi per uomini nuovi» nel Porto Vecchio triestino. Un ciclo di incontri dal quale verrà tratto un dvd, il cui regista è fra l’altro proprio il triestino Andrea Sivini.

«Sì, il titolo che ho scelto per gli incontri - dice il cantautore romano, classe 1951, da oltre trent’anni fra gli artisti più amati dal pubblico italiano - è sicuramente un po’ immaginifico. Del resto sono convinto che sono i luoghi, i luoghi delle nostre città, quelli che viviamo a volte senza nemmeno accorgercene, a creare suggestioni. I luoghi sono sempre decisivi nella vita delle persone, nelle loro storie».

Qui parla da artista o da architetto?

«In entrambe le vesti. Sì, come sapete a giugno ho finalmente ultimato i miei studi di architettura che avevo interrotto una trentina d’anni fa, discutendo una tesi in restauro architettonico e riqualificazione urbana proprio delle aree dismesse. Un modo per prestare attenzione alla memoria che si portano appresso i luoghi e dunque le persone. In fondo, in tante canzoni ho parlato spesso delle stesse cose...».

Il Porto Vecchio triestino?

«Fra le tante segnalazioni, mi è arrivata anche quella sul vostro antico porto. Ho visto una ricca documentazione e trovo che sia un luogo davvero splendido, incredibile, di notevoli attrattive, che potrebbe finalmente diventare oggetto di una riqualificazione importante. Anche l’opportunità di portarvi l’Expo potrebbe essere un’occasione da non perdere. Per il porto e per la città».

Conosce Trieste?

«Sì, non solo per avervi cantato diverse volte nel corso di tutti questi anni. Trovo sia una città che ha la qualifica, la statura, le caratteristiche di città capitale. E questo per storia, per cultura, per posizione geografica, per quel confine che fino a ieri c’era, ed era un confine pesante, e oggi non c’è quasi più. Un confine di terra e di mare. E attraverso il mare, si sa, sono sempre arrivate storie, culture, suggestioni, genti, razze diverse».

Finora dove ha portato questi incontri?

«A Lecce, in una piazza di un quartiere degradato, dove realizzeranno un luogo per spettacoli, un piccolo Circo Massimo, e dove ho anche proposto la creazione di un museo di archeologia ferroviaria. E poi a Bari, a Palermo, prossimamente andremo anche a Como, in una fabbrica dismessa, un’ex seteria...».

Siete stati anche a Roma...

«Sì, al Gasometro, cui fra l’altro ho dedicato la tesi di laurea. Un luogo che si riallaccia ai miei ricordi di bambino. La mia famiglia abitava in una periferia opposta al Gasometro, e vi passavamo sempre dinanzi quando d’e-state andavamo al mare. Allora chiedevo a mio padre cos’era quella grande gabbia di acciaio e lui mi rispondeva semplicemente che c’era dentro il gas, quello che serviva per gli usi domestici. Poi, visto che probabilmente anche lui non ne sapeva molto, ma aveva quella grande capacità che a volte hanno le persone semplici di costruire e regalare dei piccoli sogni, mi diceva che era un cilindro magico dal quale un giorno sarebbe venuta fuori una sorpresa...».

Un figlio cantautore di successo?

«Chissà, o forse uno che a cinquantatre anni si riscopre architetto...».

Le due passioni della sua vita?

«Forse sì. Chissà, se tanti anni fa un bel giorno non fosse arrivato il successo probabilmente avrei ultimato gli studi in tempi, diciamo così, normali. E oggi farei un altro lavoro. In questi anni mi sono ”tenuto in allenamento” disegnando sempre da solo i palchi dei miei concerti. Ma sono anche convinto che in fondo musica e architettura non sono tanto diverse: per scrivere una canzone bisogna misurare le strofe, le armonie, gli equilibri...».

L’Italia è sempre il Belpaese?

«Lo è, e lo rimane senz’altro per il suo patrimonio storico, architettonico e paesaggistico che costituisce la sua vera ricchezza. Ma nell’ultimo mezzo secolo nel nostro Paese si è fatta poca architettura e molto abusivismo, l’ambiente è stato consumato, senza pensare che si tratta di un bene prezioso per il turismo, oltre che per far vivere bene noi italiani».

E il concerto che arriva stasera a

Udine?

È uno spettacolo che si articola in tre livelli: uno acustico, uno elettrico e uno, per così dire, elettronico. Tre livelli che partono separati ma che poi confluiscono in un’unica dimensione. Dopo il ”Crescendo Tour” avevo bisogno di nuovi stimoli, e li sto trovando appunto in questo ”Cercando Tour 2004”. Da ogni tour, da ogni viaggio, nascono nuove idee, nuovo materiale, in questo caso quello del disco al quale comincerò a lavorare alla fine di quest’anno».

«Anche se vivo il disco - conclude Baglioni - sempre più come un obbligo e credo invece molto di più nel concerto, nel contatto dal vivo con il pubblico...».