martedì 31 marzo 2009

U2, PAUSINI, ETC...


Gli U2 raddoppiano a Zagabria, Laura Pausini arriva a Villa Manin, Giusy Ferreri torna in zona per una serata a Nova Gorica... È proprio vero che la musica dal vivo non conosce crisi: non accenna infatti a diminuire, per numero e per qualità, il fiume di musica che nelle prossime settimane e mesi ”bagnerà” il Nordest, fra Triveneto, Slovenia e Croazia.

Ma partiamo dalla stretta attualità. Stamattina, a Villa Manin, verrà presentato il cartellone di ”Estate in Villa”. Fra le star, due brillano più delle altre: il ballerino Roberto Bolle ma soprattutto Laura Pausini, che sarà sabato 27 giugno nell’antica dimora dogale. Ma i fan locali della cantante di Solarolo, Emilia Romagna, che non vogliono aspettare tre mesi, possono segnare sul calendario altre due date: 16 e 17 aprile al Palaverde di Treviso.

Per quanto riguarda gli U2, già si sapeva della tappa allo stadio di Zagabria il 10 agosto, ben più abbordabile per chi si mette in viaggio dalla nostra zona di quelle del 7 e 8 luglio a Milano (ma anche del 7 e 8 agosto a Vienna). La novità è che - come quasi in tutte le tappe di questo ”360° Tour” della band irlandese - anche la capitale croata raddoppia: al 10 agosto (oltre 60 mila biglietti già venduti in mezza Europa dell’Est) si aggiunge dunque anche domenica 9 agosto. Venerdì cominciano le prevendite, che a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia sono disponibili da Radioattività Multimedia (www.radioattivita.com, tel. 040-304444).

In attesa comunque dei botti estivi, anche la primavera teoricamente già cominciata offre molti appuntamenti musicali di rilievo. Al Park e al Perla di Nova Gorica sono di scena il 9 aprile Giusy Ferreri (che torna così in regione dopo il concerto a Pordenone di due settimane fa), il 17 aprile Patty Pravo, il 23 aprile Dolcenera e il 24 aprile i Camaleonti.

Altri appuntamenti da segnare sul calendario: domani al Palaverde di Treviso canta Francesco Guccini, il 19 al palasport di Pordenone la Pfm col repertorio di De Andrè, il 20 al Nuovo di Udine Barbara Hendrics (con l’omaggio a Billie Holiday), il 21 sempre al Nuovo canta Nek, il 24 all’Arena di Conegliano c’è Tiziano Ferro, il 26 all’Arena di Zagabria concerto di Beyoncè, il 27 al palasport di Udine Pino Daniele.

Siamo a maggio. Sabato 2, sulle Rive triestine, canta Edoardo Bennato. Il 16 maggio è attesa in piazza Unità una parata di stelle nazionali per la consegna degli Mtv Italian Music Awards, già considerati gli Oscar della musica italiana. Il 19 maggio all’Arena di Conegliano suonano i Simply Red (che poi saranno il 24 giugno al Tivoli di Lubiana). Il 21 maggio all’Arena di Zagabria tornano i Depeche Mode (il 18 a Milano). Il 7 giugno all’ippodromo di Lubiana i Killers, l’8 giugno al Tivoli di Lubiana Lenny Kravitz.

Ed ecco l’estate vera e propria. Per quanto riguarda Trieste, si aspettano le conferme per gli Oasis in piazza Unità (se va in porto, nel mese di giugno). Il sito ufficiale dei Santana cita invece già da giorni la data triestina, sempre in piazza Unità, del 14 luglio. Comune e organizzatori segnalano invece che non c’è ancora nulla di sicuro. «Il concerto ci è stato offerto - afferma il vicesindaco Paris Lippi - ma ancora non abbiamo firmato nulla: anche perchè oltre all’uso della piazza, al Comune viene chiesto un sostanzioso contributo...». Staremo a vedere, insomma.

Certo invece, allo Stadio Friuli di Udine, il tris da favola già annunciato: 16 luglio Madonna, 23 luglio Bruce Springsteen e 31 agosto unica data italiana dei Coldplay. Un tris che da solo - in attesa di altri nomi che si aggiungeranno - fa del capoluogo friulano una delle capitali della musica dal vivo italiana dell’estate 2009.

Poi c’è l’edizione 2009 del Trieste Rock Festival, con Keith Emerson il primo agosto. E la terza edizione del Trieste Loves Jazz (dal 17 al 26 luglio, fra le piazze Unità e Hortis): domani alle 21 un’altra anteprima con il Buster Williams Quartet alla Casa della Musica (via Capitelli 3, tel 040 307309).

domenica 29 marzo 2009

SANTANA A TS


I Santana saranno a Trieste, per un concerto in piazza Unità, martedì 14 luglio. Mentre la tappa triestina degli Oasis aspetta ancora una data e soprattutto una conferma ufficiale, il sito della storica band di Carlos Santana annuncia già la tappa giuliana del tour estivo 2009: 4 luglio a Bucarest, 6 a Istanbul, 8 ad Atene, 11 a Belgrado, 12 al Varazdin Festival in Croazia, 14 a Trieste, 15 a Brescia e poi Austria e tanta Germania.

Nel quarantennale del suo primo album (intitolato semplicemente ”Santana”, cui seguì nel ’70 la consacrazione con ”Abraxas”) e della storica performance a Woodstock, il sessantaduenne chitarrista messicano suonerà dunque per la prima volta a Trieste. Diventando automaticamente - in attesa della conferma del concerto degli Oasis - la prima stella dell’estate musicale cittadina 2009.

Che per ora, in tempi di crisi nera, e mentre Udine si è accaparrata il magico tris Madonna Springsteen Coldplay, vive solo di mezze anticipazioni e poche certezze. Si sa per esempio che il 2 maggio, nelle manifestazioni collaterali alla Bavisela, suonerà sulle Rive Edoardo Bennato. Si sa anche che il 16 maggio è attesa in piazza Unità una parata di stelle nazionali per la consegna degli Mtv Italian Music Awards, già considerati gli Oscar della musica italiana.

Poi c’è l’edizione 2009 del Trieste Rock Festival, in programma fra il 31 luglio e il 2 agosto, che promette un grande nome degli anni Settanta: il tastierista Keith Emerson (quello di Emerson Lake & Palmer), che il primo agosto dovrebbe chiudere in piazza Unità il tour europeo che tiene con la sua attuale band. Trattative sono in corso per portare a Trieste anche Procol Harum e Gong (o meglio: quel che resta di quelle storiche formazioni...).

Nomi interessanti sono attesi anche nella terza edizione del Trieste Loves Jazz (seconda metà di luglio, fra le piazze Unità e Hortis). Nomi tutti ”blindati” dal Comune, che non vuole perdere l’occasione di presentarli in pompa magna in un’apposita conferenza stampa. Pare che nel programma ci sarà una serata d’onore dedicata a Lelio Luttazzi, da poco tornato a vivere a Trieste, nel pieno di una sua nuova giovinezza artistica, fra dischi, tivù e Sanremo.

Ma vediamo gli altri. Stasera c’è Fiorella Mannoia al Nuovo di Udine. Domani, al palasport di Pordenone, serata metal con i Nightwish (ospiti Pain, Indica e Volbeat).

Aprile: il 2 al Palaverde di Treviso canta Francesco Guccini, il 16 e 17 sempre al Palaverde tocca a Laura Pausini (che poi quest’estate arriva in regione, a Villa Manin), il 19 al palasport di Pordenone la Pfm col repertorio di De Andrè, il 20 al Nuovo di Udine Barbara Hendrics (con l’omaggio a Billie Holiday), il 21 sempre al Nuovo canta Nek, il 24 all’Arena di Conegliano c’è Tiziano Ferro, il 26 all’Arena di Zagabria concerto di Beyoncè, il 27 al palasport di Udine Pino Daniele.

Il 19 maggio all’Arena di Conegliano suonano i Simply Red (che poi saranno il 24 giugno al Tivoli di Lubiana). Il 21 maggio all’Arena di Zagabria tornano i Depeche Mode (il 18 a Milano). Il 7 giugno all’ippodromo di Lubiana suonano i Killers (il giorno dopo all’Arena di Verona) e l’8 giugno al Tivoli di Lubiana concerto di Lenny Kravitz. Il 7 luglio all’Arena di Verona Elton John con Anastacia. Il 10 luglio alle Krizanke di Lubiana David Byrne.

E in regione si aspettano ancora conferma e date di Jethro Tull, Steve Winwood, Claudio Baglioni, Negrita e Chicken Foot...

venerdì 27 marzo 2009

AMERICA A PN


Gli America tornano in regione, domani alle 21 al palasport di Pordenone. Ed è come tornare indietro di un quarto di secolo, al debutto regionale al Parco Galvani proprio di Pordenone, nei primi anni Ottanta, del duo country-rock che ha segnato la musica di almeno un paio di decenni. E che poi è tornato in regione anche nel ’94, a Udine, per Folkest.

Gerry Beckley e Dewey Bunnell erano due ragazzoni nel ’71, quando uscì il loro primo album, intitolato semplicemente ”America”. All’inizio per la verità erano in tre: c’era infatti anche Dan Peek. Chitarre e voci, suoni country e rock e anche folk, in perfetto stile West Coast. Che aveva fra i suoi maggiori protagonisti Crosky Stills Nash & Young.

La prima versione dell'album non conteneva il brano "A horse with no name", loro primo vero successo, registrato ai Morgan Studios di Londra e incluso nella seconda ristampa, pubblicata nel ’72. Il successo fu immediato e planetario.

Gerry, Dewey e Dan si conoscono a scuola, a Londra, sul finire degli anni Sessanta, tutti e tre figli di ufficiali della marina americana. Nel ’70 formano con un amico un quartetto folk-rock acustico, i Daze. L’amico se ne va, loro cambiano nome in America, ottengono un contratto discografico e registrano il loro album di debutto nella capitale inglese.

Come si diceva "A horse with no name" esce dopo, come singolo, ed entra al terzo posto della classica inglese. Forti del loro successo in Inghilterra, i tre tornano negli Stati Uniti, dove fanno da supporter agli Everly Brothers. "I need you" diventa un altro grande successo, cui segue "Ventura highway", realizzato in collaborazione di Neil Young. Pezzi che scalano le classifiche e nel ’73 fanno vincere agli America il Grammy come miglior nuovo artista dell’anno.

Gli album successivi (”Hat trick”, ”Holiday” con il produttore George Martin, ”Hearts”, l’antologia ”History”...) consolidano il successo del trio. Che di lì a poco diventa un duo - sempre accompagnato da validi musicisti, in sala di registrazione e dal vivo - con l’uscita di Dan Peek dal gruppo. ”Silent letter”, prodotto ancora da George Martin, esce nel ’79.

Tre anni dopo "You can do magic" è di nuovo un successo di classifica. Nei tanti anni che sono passati, il gruppo ha proseguito la sua attività, soprattutto dal vivo. Nel 2007 è uscito il doppio ”Here & Now”, sedicesimo album in studio, con la collaborazione fra gli altri di Ryan Adams e Nada Surf. Ma anche di giovani come i co-produttori James Iha (ex Smashing Pumpkins) e Adam Schlesinger (dei Fountains of Wayne).

«Una delle maggiori attrattive per Adam e James - dice Gerry Beckley - è stato il loro amore per il sound degli America. Abbiamo consapevolmente cercato di mantenerlo come punto focale. Non cerchiamo di tornare indietro o di auto-emularci, ma gli ingredienti iniziali ci sono sempre rimasti familiari. E sono l'abbondare di sound acustici, molta armonia vocale, interessanti melodie e testi».

Ancora Beckley: «Ogni album negli anni ha avuto canzoni forti che ora sembra siano passate di moda. Delle canzoni che ho scritto, mi piacciono ancora ”Nothing's so far away”, ”Hot town”, ”Sleeper train”, ”Seasons”... Ma alcune di queste sono troppo difficili da proporre dal vivo».

Lo spettacolo che arriva domani sera a Pordenone fa parte del tour europeo appena cominciato da Londra, e propone i vecchi classici e le nuove canzoni.</CF> Sul palco, con Gerry Beckley (voce, chitarra e tastiere) e Dewey Bunnell (voce e chitarra), anche William Leacox (batteria), Michael Woods (chitarra e tastiere) e Richard Campbell (basso).

sabato 14 marzo 2009

ANTONELLA RUGGIERO / MODENA CITY RAMBLERS


Mentre Udine si prepara a diventare la capitale dell’estate rock 2009 (basti pensare al tris Madonna, Springsteen, Coldplay...), Trieste si rende conto che a certi livelli non sa e non può competere. Ha comunque la possibilità di consolarsi in due maniere: mettendosi in viaggio verso il capoluogo friulano, ma anche verso la capitale slovena e quella croata; e curando tutta una serie di appuntamenti di nicchia, che non spostano grandi numeri ma garantiscono un buon livello qualitativo.

Stasera ne abbiamo addirittura due, di questi appuntamenti. Praticamente in contemporanea, a poche centinaia di metri di distanza, vanno infatti in scena i concerti di due importanti protagonisti della musica italiana. Alla Sala Tripcovich, alle 20.30, Antonella Ruggiero propone assieme all’Orchestra Sinfonica Fvg diretta da Valter Sivilotti - a conclusione di un breve tour regionale che ha toccato venerdì Cormòns e ieri sera Udine - lo spettacolo ”Canzoni italiane tra le due guerre”. Al Teatro Miela, alle 21.30, nell’ambito della rassegna ”Made in Miela”, sono di scena i Modena City Ramblers.

La Ruggiero è un’artista che ha alle spalle una carriera decisamente particolare. Genovese, classe ’52, colei che da ragazza veniva chiamata Matia (e con questo nome pubblicò nel ’74 il suo primo, ormai introvabile, 45 giri) è stata dal ’75 all’89 la cantante e il simbolo stesso dei Matia Bazar. Gruppo che ha scritto la storia della musica leggera italiana, con brani come ”Ma perché”, ”Solo tu”, ”Per un'ora d'amore”, ”Stasera che sera”, ”Cavallo bianco”, ”Il video sono io”, ”Mister mandarino”, ”Ti sento”, ”Vacanze romane”...

Una lunga pausa di riflessione e poi la carriera solista, con album come ”Libera” (nel ’96, anno in cui la cantante apriva i concerti italiani di Sting) o ”Sospesa” (’99), brani come ”Amore lontanissimo” (seconda al Festival di Sanremo del ’98) o ”Non ti dimentico” (ancora seconda al Sanremo ’99).

La svolta nel 2001, con l’album ”Luna Crescente - Sacrarmonia”, realizzato con l’Arkè Quartet e incentrato sulla musica sacra e classica. Segue un tour in chiese, basiliche e teatri, in Italia e all'estero, con un concerto dedicato alle musiche sacre di tutto il mondo.

In questi anni la cantante genovese non dimentica la musica leggera (torna a Sanremo nel 2003, nel 2005 e nel 2007, portando a casa anche dei buoni piazzamenti), ma si dedica sempre più a un repertorio sperimentale, o comunque di non facile consumo. Dalla musica sacra ai canti popolari alpini (lo spettacolo ”Echi d'infinito - La montagna canta”), dall’omaggio ai cantautori storici della sua città (”Genova, la Superba”, con classici di Fabrizio De Andrè, Umberto Bindi, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Ivano Fossati, Gino Paoli, i New Trolls...) a quello ad Amalia Rodrigues e al fado portoghese, fino a questo spettacolo che stasera va in scena alla Tripcovich e che la Ruggiero sta portando in giro per l’Italia fra quasi tre anni.

”Canzoni italiane tra le due guerre” è nato infatti nell’estate 2006, quando in un concerto propose alcuni brani composti fra il 1915 e il 1945, cioè il periodo fra i due conflitti mondiali. Nacque allora l'album "Souvenir d'Italie", che recupera in chiave jazzistica brani composti nella prima metà del secolo scorso: da ”Parlami d'amore Mariù” di Cesare Andrea Bixio (lanciata nel ’32 da Vittorio De Sica nel film ”Gli uomini, che mascalzoni”) a ”Non ti scordar di me”, portata al successo nel ’35 da Beniamino Gigli, da ”Valzer della povera gente” a ”L'uccellino della radio”, fino alla classicissima ”'O surdato 'nnamorato”. Nel concerto, Antonella Ruggiero ripropone questi classici ma anche i tanti successi della sua poliedrica carriera.

Poco più in là, al Teatro Miela, stasera suonano per la prima volta a Trieste i Modena City Ramblers, nati nel ’91 come gruppo di folk irlandese e poi diventati col passar degli anni - e dei dischi, e dei concerti - una delle formazioni folk-rock più amate dal pubblico di casa nostra. Mischiando Irlanda ed Emilia, storie della Resistenza e degli anni Settanta, i Modena propongono una musica che non dimentica mai l’impegno sociale e politico.

Il loro nuovo disco, l’undicesimo in carriera, seguito a ”Bella ciao - Italian Combat Folk for the Masses”, s’intitola "Onda Libera" e sostiene l'associazione di Don Ciotti contro tutte le mafie. Attualmente, dopo l’incidente stradale costato la vita a Luca Giacometti (e dopo l’uscita di Stefano ”Cisco” Bellotti), il gruppo è formato da Arcangelo "Kaba" Cavazzuti (tastiere, batteria, percussioni, chitarra), Franco D'Aniello (tin whistle, flauto, tromba), Massimo "Ice" Ghiacci (basso, chitarra), Francesco "Fry" Moneti (chitarra, violino, mandolino), Davide "Dudu" Moranti (voce, chitarra), Betty Mezzani (voce, chitarra), Roberto Zeno (batteria, percussioni, tastiere, mandolino) e Leonardo Sgavetti (fisarmonica e tastiere).

giovedì 12 marzo 2009

U2 A ZAGABRIA


E adesso arrivano anche gli U2 a Zagabria. Che partendo dalla nostra zona è più vicina di Milano, unica tappa italiana del tour di Bono e compagni. Per un’estate rock 2009 che, fra gli appuntamenti di Udine, di Lubiana e della capitale croata, già ora promette di essere fra le più calde di sempre, qui a Nordest.

Il ”360' Tour” degli U2 - che segue l’uscita del disco ”No line on the horizon” - partirà il 30 giugno dal Nou Camp Stadium di Barcellona e farà tappa in quattordici città europee (fra cui Amsterdam, Parigi, Nizza, Dublino, Berlino, Londra...), prima di proseguire a settembre e ottobre per Stati Uniti e Canada. In Italia è prevista soltanto la data del 7 luglio allo Stadio San Siro di Milano (prevendite su internet a partire da oggi). Ma ce n’è una anche lunedì 10 agosto in Croazia, allo stadio di Zagabria (prevendite dal 27 marzo, info www.radioattivita.com, tel. 040-304444).

C’è molta attesa in tutto il mondo per questo tour. Ed è facile prevedere che molti fan del Friuli Venezia Giulia si sposteranno verso Milano o Zagabria. Willie Williams, produttore degli spettacoli degli U2 da diversi anni, ha lavorato nuovamente con l'architetto Mark Fisher per creare una scena a 360 gradi - da cui il titolo del tour - che possa offrire al pubblico una visione perfetta. La struttura è già visibile sul sito ufficiale della band.

«Gli U2 sono sempre stati al meglio se circondati dal loro pubblico - dice il loro manager Paul McGuinness - e questo allestimento fa un enorme passo avanti. Con l'85 per cento dei biglietti a costo inferiore ai 95 euro e almeno 10.000 biglietti per ciascuno stadio al prezzo di circa 30 euro, ci siamo impegnati molto affinchè i fan degli U2 possano acquistare un biglietto a buon prezzo e assistere a uno spettacolo con una visuale perfettà».

Come da tradizione, gli U2 ospiteranno sul loro palco diverse band di supporto, tra cui Glasvegas, Elbow, Kaiser Chiefs, Snow Patrol e Black Eyed Peas.

Ma dicevamo della grande estate rock che aspetta gli appassionati regionali. Udine con lo Stadio Friuli fa ovviamente la parte del leone, con il tris da favola formato da Madonna il 16 luglio (la regina del pop sarà anche il 20 agosto all’ippodromo di Zagabria), Bruce Springsteen il 23 luglio e i Coldplay il 31 agosto.

Ricordiamo anche alcuni altri appuntamenti delle prossime settimane. Di Giusy Ferreri, stasera a Pordenone, scriviamo qui sopra. Domani alle 21, al Deposito Giordani di Pordenone, concerto di Steve Hackett (già chitarrista storico dei Genesis). Domenica al Teatro Miela, a Trieste, suonano i Modena City Ramblers. Venerdì 27 marzo al palasport di Pordenone ritornano gli America. Lunedì 30 marzo c’è Fiorella Mannoia al Nuovo di Udine. Martedì 31 marzo, al palasport di Pordenone, sono di scena i Nightwish.

Aprile: il 2 al Palaverde di Treviso c’è Francesco Guccini, il 16 e 17 sempre al Palaverde tocca a Laura Pausini, il 19 al palasport di Pordenone la Pfm col repertorio di De Andrè, il 20 al Nuovo di Udine Barbara Hendrics (con l’omaggio a Billie Holiday), il 21 sempre al Nuovo canta Nek, il 24 all’Arena di Conegliano c’è Tiziano Ferro, il 26 all’Arena di Zagabria concerto di Beyoncè, il 27 al palasport di Udine Pino Daniele.

Il 19 maggio all’Arena di Conegliano suonano i Simply Red (che poi saranno il 24 giugno al Tivoli di Lubiana). Il 21 maggio all’Arena di Zagabria, direttamente dagli anni Ottanta, tornano i Depeche Mode (il 18 a Milano). Il 7 giugno all’ippodromo di Lubiana suonano i Killers (il giorno dopo all’Arena di Verona). L’8 giugno al Tivoli di Lubiana concerto di Lenny Kravitz. Il 7 luglio all’Arena di Verona Elton John con Anastacia. Il 10 luglio alle Krizanke di Lubiana David Byrne.

Calendario ancora da completare. Ma che già ora fa faville.

martedì 10 marzo 2009

SALA TRIPCOVICH


Che fare della Sala Tripcovich? Nel dibattito irrompe la comunicazione virtuale - ma dai contenuti concretissimi - di Facebook, il social network molto diffuso non soltanto fra i giovanissimi. È qui che si stanno organizzando quanti si oppongono alla recente ondata di divieti e conseguenti chiusure di quello che fino a pochi mesi fa era il vitalissimo circuito off cittadino. Locali e localini musicali che negli ultimi anni avevano dato una vigorosa scossa alla sonnacchiosa città di San Giusto, facendo sperare in una primavera musicale che ora rischia di non superare la prima gelata.

Ma c’è chi dice no. Per esempio i promotori del gruppo «L’anima di Trieste 2015», lanciato qualche mese fa da Alan Travaglio, Andrea Rodriguez, Francesco Comotti, Maurizio Cavazzoni e Federico Stopani. Oltre duemila iscritti impegnati a elaborare e discutere in rete le loro proposte per il futuro e il rilancio della città. Che sognano «pulita, divertente, gioiosa, giocosa, collaborativa, innovativa, tecnologica, artistica, musicale, sportiva, produttiva, laboriosa, marittima, portuale, turistica...».

A questo «gruppo madre» se ne sono aggiunti nelle scorse settimane degli altri: «La Trieste che vorremmo» (oltre ottocento iscritti), «Contro la chiusura dell’Etnoblog» (il più affollato, a quota 2500 iscritti), «Tetris» (un migliaio di iscritti), «Pro Wi-Fi a Trieste» (altro migliaio), ma soprattutto «Sala Tri*pop*vich», nato da poco ma che viaggia velocemente verso i duemila iscritti, che propone l’uso dell’ex stazione della autocorriere «per attività musicali e giovanili legate alla musica e altre arti nobili».

Ma leggiamo cosa scrivono i promotori del Comitato Nuova Tripcovich: «La musica, anche quella non classica, è Cultura e in quanto tale può ambire a spazi e contributi, con pari dignità rispetto alla musica classica. Un utilizzo della Sala Tripcovich con queste finalità sarebbe un passo concreto per fare di Trieste una città a misura di giovane e non solo la città degli anziani, sui gusti dei quali è attualmente plasmata la gran parte dell'offerta culturale della città».

Perché la Tripcovich? «Il primo punto di forza della Tripcovich - spiegano - è la posizione: è in una zona centrale ma non residenziale e ciò garantisce la possibilità di far affluire un certo numero di persone senza che ciò comporti disagi per i residenti. Non si porrebbe quindi il problema della forzata convivenza di spazi di aggregazione e abitazione private e delle rispettive, legittime istanze».

Rispetto dunque per le esigenze di quella parte della popolazione le cui proteste hanno portato ai ripetuti «raid anti-rumore» nei confronti dei locali che di conseguenza sono entrati in difficoltà. Alla Tripcovich, a due passi dal Porto vecchio, questi problemi non esistono. E poi «la zona è servitissima dai mezzi pubblici - aggiungono - ed è a due passi dalla stazione dei treni: ciò consente di raggiungerla con facilità, anche da fuori Trieste, senza l'uso di mezzi privati e quindi riducendo il rischio che qualcuno si metta alla guida dopo aver bevuto».

Un altro pregio della soluzione ”Tripcovich ai giovani” sta nella dimensione: «A Trieste esistono spazi ideali per manifestazioni da 3-4000 persone, eccellenti location per concerti da cento spettatori ma per le soluzioni intermedie non c'è nessuno luogo adatto».

I promotori non stanno con le mani in mano: alcuni progettisti stanno lavorando a un’ipotesi di trasformazione dell'attuale struttura in un contenitore in grado di ospitare concerti ma anche mostre, performance, conferenze, presentazioni. E ancora: sale dedicate alla didattica, sale di registrazione per i gruppi locali, spazi per la socialità. Insomma, un contenitore polifunzionale che in effetti a Trieste manca del tutto. Idea sposata anche dall’assessore comunale allo sviluppo economico: «La Tripcovich potrebbe diventare una sala ”multiespressiva” - spiega Paolo Rovis -. Un luogo di aggregazione e socialità da utilizzare 7 giorni su 7 con attività rivolte tanto ai giovani quanto agli anziani, da gestire prendendo a modello quanto fatto alla Casa della Musica».

Qualcuno segnala poi che il progetto Sala Tripcovich «significa anche lavoro: ci sarebbe la capacità di formare nuove figure professionali nel campo dell'Intrattenimento, della musica, della comunicazione. E poi dobbiamo cominciare a far venire la gente a Trieste e mettere fine alla fuga, specialmente dei giovani, fosse anche solo per il week-end. Trieste deve diventare un polo di attrazione, non una città-fantasma dalla quale fuggire...».

Una proposta che potrebbe essere affrontata in giunta comunale già lunedì prossimo. È stata rinviata a quella data infatti l’approvazione della delibera, firmata dall’assessore al Patrimonio Claudio Giacomelli, sul rinnovo della convenzione tra Comune e Teatro Verdi. Convenzione che assegnerebbe per altri nove anni all’ente lirico la possibilità di utilizzare la sala Tripcovich per concerti e spettacoli. A meno che, appunto, l’appello lanciato dal popolo di Facebook non spinga a rivedere i piani.

domenica 8 marzo 2009

U2


Planetari  U2. A Londra hanno suonato sul terrazzo dello storico quartier generale della Bbc, in Regent Street, citando l’ultimo concerto dei Beatles, quarant’anni fa, sul tetto della Apple. A New York, hanno presenziato all’intitolazione di un tratto della 53esima West, fra l’Ottava e la Decima Avenue, che per una settimana è diventata U2 Way.

Tutto nell’ambito del lancio mondiale del dodicesimo album del gruppo irlandese, ”No line on the horizon” (Island). Giunto a cinque anni dalla pubblicazione di ”How to dismantle an atomic bomb”, che non aveva fatto sfracelli, e al tempo stesso nel trentennale di carriera.

Il disco ha avuto una gestazione lunga e complessa. Due anni e mezzo fa avvio dei lavori sotto la regia del produttore Rick Rubin, poi messo da parte per richiamare Brian Eno e Daniel Lanois (storici produttori delle cose migliori di Bono e compagni), con l’aggiunta finale di un’altra vecchia conoscenza della band, Steve Lillywhite, per la fase finale dei missaggi di un album - 54 minuti registrati fra Londra, New York, Irlanda, Francia e Marocco - che doveva uscire nel novembre scorso ma è arrivato nei negozi solo a fine febbraio.

Il risultato è un deciso ritorno al classico ”suono U2”, quello di capolavori come ”The Joshua Tree” e ”Achtung baby”, per intenderci. Con qualche apertura dal chiaro sapore ”world”. E con testi ”in terza persona”, affidati a personaggi come un soldato mandato in Afghanistan (”Cedars of Lebanon” una ballad dalle atmosfere ambient, narrata da un corrispondente di guerra), un poliziotto che dirige il traffico, un uomo alterato che conversa con il proprio telefono (”Unknown caller”).

Fra gli altri brani: il tiratissimo ”Get on your boots” (scelto come primo singolo, nuovo potenziale inno del gruppo), ”Stand up comedy” (con rimandi all’epopea dei Led Zeppelin), ”I'll go crazy if I don't go crazy tonight” («divento matto se stanotte non faccio il matto...»), ”Breathe”, ”White as snow”, ”Fez - Being born” (fra elettronica e voci operistiche), ”Moment of surrender” (poesia con tentazioni gospel), ma soprattutto la superba ”Magnificent”, destinata a diventare un classico nel repertorio della band. E ovviamente la ”No line on the horizon” che dà il titolo al disco.

Disco che potrebbe avere presto un seguito, una seconda parte. Se è vero, come pare, che nei lunghi due anni e mezzo di lavorazione sono stati registrati una cinquantina di brani, fra i quali sono stati scelti gli undici che danno vita a questo lavoro. E che saranno parte integrante del prossimo tour mondiale, che toccherà l’Italia l’8 e 9 luglio allo Stadio San Siro di Milano.

Bono dice che questo «è il miglior album degli U2». Il migliore forse no, ma di certo è fra quelli più importanti. Dopo anni di dorata navigazione a vista.


MINA


Sarà anche rimasta l’ultima, con Bin Laden, a farsi vedere soltanto nei filmati, come ha detto Benigni a Sanremo. Ma rimane il fatto che anche un semplice video, se la protagonista è Mina, è miele per orecchie e occhi, messi a dura prova da tanta robaccia che ci insegue. Questo solo per ribadire che il suo ”Nessun dorma” di apertura, è stato uno dei momenti più alti dell’ultimo Sanremo.

Ora ovviamente arriva anche il disco, visto che tutta la vicenda faceva parte di una strategia promozionale (nel mondo discografico, e probabilmente non soltanto in quello, nessuno fa niente per niente...). L’album s’intitola ”Sulla tua bocca lo dirò” (SonyBmg) ed è interamente dedicato al rapporto fra Mina e il melodramma. Due universi apparentemente lontani che, come si è visto nel video sanremese, si fondono in una dimensione musicalmente inedita ma rispettosa della composizione originale.

La più grande cantante italiana si misura dunque con la tradizione della musica lirica. Con un repertorio da lei scelto e arrangiato e diretto da Gianni Ferrio. Sotto allora con Puccini, appena maltrattato in un’inutile fiction: ”Mi chiamano Mimì” e ”Sono andati” da ”La Boheme”, ”Nessun dorma” da ”Turandot”, ”E lucevan le stelle” da ”Tosca”. Ma anche ”È la solita storia...”, da ”L'Arlesiana” di Francesco Cilea, ”Ideale” di Francesco Paolo Tosti, ”Mi parlavi adagio” di Tomaso Albinoni (con testo inedito di Giorgio Calabrese), il preludio al terzo atto della ”Manon Lescaut”, la romanza di Giuseppe Giordani ”Caro mio ben”.

Completano il cast George Gershwin (medley da ”Porgy and Bess”), Leonard Bernstein (”I have a love”, da ”West Side Story”), Astor Piazzolla (”Oblivion, Una sombra mas”).

Il disco - registrato in diretta, alla Radio Svizzera Italiana di Lugano e allo studio Forum di Roma, con due differenti orchestre - è un’altra dimostrazione dell’abbattimento delle barriere fra generi musicali. Mina prende il melodramma e lo trasforma in grande musica leggera.


JJ CALE Primo lavoro in studio dopo cinque anni, dai tempi cioè di ”To Tulsa and back”, per il settantenne chitarrista dell’Oklahoma. Dodici brani, fra cui proprio ”Roll on”, alla quale partecipa il vecchio amico Eric Clapton. Che non può ovviamente dimenticare l’autore di due suoi cavalli di battaglia: ”Cocaine” e ”After midnight”. E infatti, dopo aver inciso tre anni fa con lui ”The road to Escondido” (premiato col Grammy), ora ne dice: «È un musicista superiore alla media. Lo considero sicuramente uno dei miei maestri più importanti in assoluto...». Clapton a parte, negli altri brani, da vecchio polistrumentista solitario, Cale suona praticamente tutti gli strumenti da solo, proprio come del disco d’esordio ”Naturally” del ’71: dalla chitarra al basso, dalla batteria alla pedal-steel, dal piano al sintetizzatore. Il risultato è ancora una volta quel suo caratteristico ”american sound” che mischia blues e rock, passando per country e stavolta anche jazz, come nel brano "Former me". In "Who knew", si avventura persino nei territori del canto scat.


LAVEZZI L’abbiamo visto a Sanremo cantare ”Biancaneve” con Alexia. Ma in quarant’anni di carriera, dai Camaleonti in poi, Mario Lavezzi è stato al fianco - come autore, produttore, chitarrista, cantante - di mezza musica leggera italiana. Bella allora l’idea di raccogliere il meglio dei duetti realizzati in tutto questo tempo. Con Eros Ramazzotti, Gianni Morandi (”Succede”), Lucio Dalla (”Vita”), Ornella Vanoni (”Insieme a te”), Luca Carboni, Raf, Mango, Riccardo Cocciante, Biagio Antonacci (”La bandiera”), Fiorella Mannoia (”Momento delicato”), Teo Teocoli, Loredana Bertè (”In alto mare”), Paolo Belli, Laura Valente, Marcella Bella (”Dolcissima”), Ivana Spagna... Fino ovviamente ad Alexia. La raccolta fa seguito ai precedenti dischi ”Voci”, ”Voci 2”, ”Pasionalità” e ”Voci e chitarre”, da cui sono state tratte quasi tutte le canzoni incluse in questo disco. Alcuni brani sono cantati appunto ”a più voci”, come ”Se rinasco” (con Bertè e Mannoia), o ”Giorni leggeri” (con Cocciante e Dalla), ”Bianche raffiche di vita” e ”Per la gloria” (con una sorta di nazionale della musica italiana). Una chicca: Teo Teocoli che canta ”La locomotiva”.


 


 

TALENT SHOW


Marco Carta che vince l’ultimo Festival di Sanremo grazie alla ricca dote formata da migliaia di giovanissimi e fedelissimi fan che l’avevano già televotato ad ”Amici”, il talent show condotto da Maria De Filippi da lui vinto lo scorso anno.

Giusy Ferreri che, dopo essere arrivata seconda lo scorso anno a ”X Factor”, ed esser stata la rivelazione canora del 2008, ora parte per il suo primo tour (debutto giovedì 12 marzo al New Age Club di Roncade, Treviso, venerdì 13 si esibirà al Deposito Giordani di Pordenone). Mentre il suo album ”Gaetana”, che finora ha venduto 350 mila copie in Italia, adesso punta alla conquista del mercato straniero: la versione spagnola verrà infatti pubblicata in Spagna e America Latina, ma anche in Germania, Olanda e Svezia.

Aggiungiamo, tornando a Sanremo, che una delle migliori Nuove Proposte era sicuramente Karima (mamma livornese, babbo algerino), scortata nella serata dei ”padrini” nientemeno che da Burt Bacharach al pianoforte e dalla gran voce di Mario Biondi, uscita anche lei dalla fucina di ”Amici”.

E che l’album dei partecipanti di quest’anno al programma della De Filippi, intitolato ”Scialla”, è da settimane ai vertici delle hit parade. E ancora che i due ”talent show” in questione - ”X Factor” su Raidue, ”Amici” su Canale 5 - sono ormai degli appuntamenti fissi per gli amanti giovani e meno giovani della musica.

Risultato: oggi la musica in televisione - rapporto da tanti anni difficile - non può prescindere da questo tipo di programmi, un po’ gara musicale fra debuttanti e un po’ reality (soprattutto nelle strisce quotidiane che seguono i ragazzi nelle loro giornate).

Ma dove nascono i ”talent show”? Ovviamente nei paesi anglosassoni: prima in piccoli teatri, dove venivano organizzate gare fra studenti dei college; poi in tivù, dove in breve sono diventati fucine per il lancio di nuove star. In Inghilterra, artisti come Leona Lewis e i Liberty X sono usciti rispettivamente da ”X Factor” e ”Popstars”.

Che assieme a ”American Idol”, ”Pop Idol”, ”Britain's Got Talent”, ”America's Got Talent” sono i titoli dei programmi, inglesi e americani, che da anni catalizzano l’attenzione dei telespettatori. Basti pensare che negli Stati Uniti ”American Idol” (poi diventato semplicemente ”Idol”) è uno dei programmi in assoluto più seguiti e che nella finale dello scorso anno i voti arrivati ai due finalisti sono stati ben 97 milioni.

”X Factor” (inizialmente ”The X Factor”, con riferimento a un qualcosa di indefinito che serve per diventare una star) è nato in Inghilterra sulla scia del successo di ”American Idol”, e prima di arrivare lo scorso anno in Italia si è diffuso in Europa, Asia, Africa e America del Sud. Il premio è un contratto discografico da 300 mila sterline, o euro nella versione di Raidue, arrivata alla seconda edizione.

E attualmente è proprio il programma condotto da Francesco Facchinetti (figlio di Roby dei Pooh, un recente passato da dj e cantante come Dj Francesco), a insidiare il successo di ”Amici” di Maria De Filippi, la cui prima edizione che si chiamava ”Saranno famosi”, nel 2001/2002, fu vinta dal triestino Dennis Fantina.

”Amici”, che va in onda su Canale 5, dopo aver debuttato su Italia 1, inizialmente s’intitolava ”Saranno famosi”: il nome venne poi cambiato per questioni legate ai diritti d'autore dell’omonima serie televisiva. I protagonisti sono ragazzi tra i 18 e i 25 anni che aspirano a diventare cantanti o ballerini. Seguono per tutto l'anno lezioni di varie materie con i relativi insegnanti e vengono ripresi dalle telecamere nell’albergo in cui soggiornano.

A ”X Factor” partecipano invece esordienti - solo canori - di varie età, e lo stesso pubblico che segue il programma è più adulto. Con Facchinetti, protagonisti i giurati Simona Ventura, Morgan e la discografica Mara Maionchi. Che sono al tempo stesso tutor e capisquadra delle formazioni in gara: gruppi vocali, età 16-24, età over 25.

Ma negli anni scorsi ci sono stati in Italia anche altri ”talent show”: ”Popstars” condotto nel 2001 su Italia 1 da Daniele Bossari, ”Operazione trionfo” condotto nel 2002 sempre su Italia 1 da Miguel Bosè (dal format spagnolo ”Operación Triunfo”), in qualche modo anche ”Ti lascio una canzone” condotto lo scorso anno su Raiuno da Antonella Clerici. E forse la stessa storica ”Corrida”, un tempo di Corrado e ora di Gerry Scotti, potrebbe in fondo essere considerata una sorta di antenato degli odierni ”talent show”.

La tivù comunque non molla la nuova gallina dalle uova d’oro. Ad aprile parte infatti su Raidue ”Academy”, ”talent show” sulla danza condotto da Lucilla Agosti, già vista al Dopofestival di Sanremo 2008. Raccoglierà il testimone da ”X Factor”. Sperando di bissarne il successo.


 

venerdì 6 marzo 2009

MASSIMO RANIERI A PN


Lo spettacolo ha debuttato il 9 febbraio del 2007 all’Augusteo di Napoli. E ormai viaggia verso le trecento repliche, che verranno festeggiate con una serata speciale l’8 aprile a Milano. Prima, Massimo Ranieri fa un nuovo passaggio nel Friuli Venezia Giulia (a primavera era stato al Rossetti di Trieste), per una replica del suo “Canto perché non so nuotare... da quarant’anni”, che va in scena domani alle 21 al Teatro Verdi di Pordenone.

Ranieri, in due anni lo spettacolo è cambiato?

«In realtà molto poco. Monologhi autobiografici e canzoni, molte tratte dalla storia della musica italiana: una struttura che evidentemente il pubblico ama, a cui ho apportato, strada facendo, solo delle piccole modifiche. Diciamo che l’ho limato ma non cambiato, quasi come si fa con gli spettacoli di prosa».

Il ragazzino che l’affianca però è nuovo.

«È vero. Lele D’Angelo è stato sostituito da Federico Pisano, un altro campione di tip tap, un altro talento puro di soli tredici anni. Del resto, a quell’età, è giusto che pensino a studiare. E una lunghissima tournèe come questa mal si concilia con gli impegni scolastici».

Nel frattempo era a Sanremo, con la sua ”protetta” Barbara Gilbo.

«Bella esperienza. Le ho fatto da padrino ma sono anche il suo discografico: visto che il suo disco è uscito per la mia etichetta. Sì, ho anche un’etichetta discografica: di questi tempi bisogna diversificare la propria attività. Mi arrivano molti provini, comincio ad appassionarmi».

Il Festival come le è sembrato?

«Un ottimo spettacolo. Bonolis ha fatto un buon lavoro. Sono rimasto particolarmente impressionato dai giovani, tutti di buon livello. L’unica pecca: farli cantare dopo mezzanotte. Loro dovrebbero esibirsi subito, all’inizio, magari alternati ai big».

A margine del Festival la sua ”Perdere l’amore” ha vinto pure un sondaggio...

«Sì, il sondaggio promosso da Downlovers.it ha stabilito che è la canzone d'amore sanremese per eccellenza. È ovvio che la cosa mi ha fatto particolarmente piacere, anche perchè si è imposta per numero di download, rigorosamente gratuiti e legali, su brani altrettanto storici come ”Maledetta primavera” di Loretta Goggi, ”Non ho l'età” di Gigliola Cinquetti, ”Vattene amore” di Mietta e Minghi. Chi l’avrebbe potuto immaginare, nell’88, quando con quella canzone vinsi il Festival...».

Dove lei era arrivato per la prima volta vent’anni prima.

«Sì, era il ’68, avevo solo diciotto anni. Cantavo ”Da bambino” in coppia coi Giganti. Era un altro Festival. E ovviamente un altro mondo».

Nel quale lei era un ragazzino molto precoce.

«Ho cominciato a cantare che avevo otto anni. A tredici era già un modo per tirare a campare, come fanno tanti ragazzini a Napoli. I miei genitori avevano vissuto in tempi di guerra, avevano fatto la fame. Per loro vedere un figlio che si guadagnava da vivere cantando all’inizio sembrava una cosa quasi impossibile, poi pian piano è diventata una grande soddisfazione».

Il primo incontro importante?

«Enrico Polito, il mio primo produttore, quello che mi portò prima a Roma e poi a Milano. Era il ’66, avevo quindici anni. Alla Cgd i discografici decisero che dovevo cambiare nome: Giovanni Calone faceva troppo vicoli napoletani, troppa miseria. Secondo loro meglio Brunello. Sì, fu questa la loro prima proposta. A me non piaceva per niente. Con Polito riuscimmo a convincerli: meglio Massimo Ranieri. A Napoli in quegli anni nessuno si chiamava Massimo, e Ranieri richiamava il principe di Monaco, faceva tanto nobiltà...».

Dalla canzone al teatro. Come?

«Fra il ’69 e il ’75 avevo fatto tutto. Canzone e cinema. Ero senza più stimoli. E i tempi stavano cambiando. Incontrai Patroni Griffi che mi propose di fare teatro. Fu un nuovo inizio, i primi tempi furono duri. Ero considerato il cantante, il divo. Poi incontrai Strehler, il maestro: con lui lavorai per la prima volta nell’80, con ”L’anima buona di Sezuan”. Lui mi ha insegnato tutto: la disciplina, il rigore, l’abnegazione, l’amore per questo mestiere. E mi ha fatto conoscere e amare la vostra bella Trieste».

Dopo Sanremo ha fatto anche una scappatina a Los Angeles.

«Sì, abbiamo presentato in anteprima a Hollywood, al festival ”Los Angeles/Italia”, il film ”L’ultimo Pulcinella”, di Maurizio Scaparro, che esce in Italia il 13 marzo».

«E in quell’occasione - conclude Massimo Ranieri - ho avuto l’onore di consegnare un premio a Mickey Rourke, personaggio straordinario, anche per come si è saputo risollevare dopo una vita difficile. Secondo me l’Oscar lo meritava lui, per ”The Wrestler”, quest’anno...».