lunedì 24 ottobre 2016

LACOSEGLIAZ, LE ULTIME MUSICHE

Aveva lavorato fino all’ultimo. Duramente provato dalla malattia, nella casa sul colle di Scorcola dove viveva da tanti anni Alfredo Lacosegliaz - scomparso il 28 settembre e ricordato due settimane fa in una toccante serata all’auditorium del Revoltella, alla quale ha partecipato fra gli altri Moni Ovadia - ha continuato finchè ha potuto a scrivere, a comporre musica, a sistemare il suo archivio, a parlare con gli amici.
Fra le ultime cose, oltre alle installazioni audio per la mostra al Parco della musica di Roma “L’Appia ritrovata. In cammino da Roma a Brindisi” di Paolo Rumiz, anche la colonna sonora del film di Mauro Caputo “Il profumo del tempo delle favole”, documentario tratto dal libro di Giorgio Pressburger “Sulla fede”, presentato come evento speciale alle Giornate degli Autori all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Un percorso sulla fede, ma anche sul male, sulla sofferenza, che ripercorre la vita e il pensiero dello scrittore e drammaturgo nato a Budapest ma triestino d’adozione. E che restituisce un ritratto vibrante della città che è stata per secoli crocevia di civiltà. La Trieste multietnica, multiculturale, multireligiosa di cui l’interprete musicale per eccellenza è stato in tutti questi anni proprio Lacosegliaz.
Le sue musiche sorreggono le fasi di una ricerca introspettiva ed esistenziale, quasi un pellegrinaggio interiore di un non credente che ammette come «la disperazione della fede sia necessaria al nostro essere uomini».
Alfredo ci mette la sua arte, le sue musiche, echi di lontane suggestioni balcaniche ma anche canti gregoriani, violini struggenti e contaminazioni sonore figlie di culture diverse che ben si sposano alle immagini di repertorio dell’Istituto Luce, che offrono frammenti di un’Italia lontana.

venerdì 21 ottobre 2016

EZIO MAURO: CONIUGARE SOLIDARIETA' E SICUREZZA

Da un lato milioni di poveri, in fuga da guerre e miseria, che chiedono soltanto di essere aiutati a vivere. Dall’altro cittadini che esprimono sempre più forte una domanda di sicurezza. Sullo sfondo di un’Europa che non fa la sua parte fino in fondo, attraversata da nuovi nazionalismi, dalla tentazione di erigere muri, barriere, recinzioni.
Ne hanno parlato ieri sera a Trieste, al Salone degli incanti, nell’ambito di “Confini. Parole senza frontiere”, l’ex direttore e ora editorialista di “Repubblica” Ezio Mauro e la docente universitaria Marina Calculli, stimolati dalle domande e dalle riflessioni del direttore del “Piccolo” Enzo D’Antona. Dopo il saluto del sindaco Dipiazza e della governatrice Serracchiani - che ha fatto un forte richiamo ai valori europei -, la domanda delle domande è stata posta da D’Antona: «Le democrazie possono conciliare queste spinte contrapposte?». Soprattutto ora che la fase dell’emergenza sembra lasciare il posto a un fatto strutturale.
Mauro: «Le democrazie hanno un obbligo in più, rispetto ad altri regimi. Dobbiamo farci carico di questa domanda disperata di accoglienza, di solidarietà, di sopravvivenza. Voltarsi dall’altra parte sarebbe sacrilego. Ma dobbiamo chiedere il rispetto delle nostre leggi. E nel contempo dobbiamo rispondere all’inquietudine, alla domanda di sicurezza degli “indigeni”, soprattutto di quelli più anziani, delle popolazioni dei piccoli centri. Sapendo che c’è chi vuole incrementare questa paura, spesso per meri calcoli elettorali. Una democrazia che non garantisce la sicurezza tradisce la sua funzione».
Canculli: «Mettere assieme immigrazione e terrorismo è la cosa più sbagliata che possiamo fare. Sono fenomeni distinti. Anche se la presenza del terrorismo di matrice islamica in Europa ha fatto nascere l’equazione immigrazione uguale terrorismo. Dobbiamo riportare tutto sul piano della responsabilità politica. Rispettare il diritto internazionale significa anche dare accoglienza ai rifugiati. Le emigrazioni sono fenomeni normali, che non si possono fermare con frontiere e fili spinati».
«Troppo facile emozionarsi per la foto del bimbo morto sulla spiaggia - ha concluso Ezio Mauro -, salvo poi dimenticarla subito: è la stessa differenza che c’è fra compassione e condivisione, manca l’assunzione di responsabilità. Stiamo riducendo l’immigrato al suo corpo, vogliamo tenerlo fuori dal nostro spazio fisico. Tutto il sistema occidentale sta andando in crisi, non è più in grado di gestire fenomeni complessi. Lasceremo ai nostri figli un mondo molto più insicuro di quello che i nostri padri, che pure uscivano dalla guerra, hanno lasciato a noi. Chi perde o non trova lavoro dice che la democrazia non funziona. Ma la democrazia è un sistema che vale per tutti oppure non funziona».

martedì 18 ottobre 2016

TIZIANO FERRO 11-6 LIGNANO APRE TOUR

Nuovo botto per Lignano Sabbiadoro. L’estate appena conclusa è stata quella della data zero del “Live Kom 016” di Vasco Rossi, che nella località balneare friulana ha tenuto anche le prove dei concerti allo Stadio Olimpico di Roma. L’estate prossima l’operazione si ripeterà con Tiziano Ferro, che aprirà il suo prossimo tour da Lignano l’11 giugno. E anche lui terrà allo stadio comunale Teghil dieci giorni di prove prima del debutto ufficiale (nel suo caso dunque non si tratterà di una data zero, ma di un battesimo vero e proprio del tour 2017).
Ben prima dell’appuntamento estivo, c’è però un’altra data che i fan del cantante di Latina (famiglia di origine veneta, per la precisione del paese di Cavarzere, provincia di Venezia) hanno già segnato sul calendario. Il 2 dicembre uscirà infatti “Il mestiere della vita” (Universal Music), nuovo album di inediti di cui è stata appena diffusa la copertina. Nella quale il trentaseienne artista, sorridente in un elegante completo blu, si sistema la cravatta sullo sfondo di quella è stata definita “una ricostruzione urbana surreale, liberamente ispirata alla città di Los Angeles”, dove in effetti è stato registrato l'album.
Album che arriva a due anni dalla pubblicazione di “TZN - The Best of Tiziano Ferro”, sette dischi di platino per oltre 350 mila copie vendute, ovvero il disco più venduto in Italia negli ultimi tre anni. All’epoca lui stesso lo aveva definito “un viaggio nella scatola della memoria”, una sorta di viaggio lineare nel tempo. Il risultato fu una raccolta ricca, con tutti i grandi successi ma anche tanti inediti: otto nell’edizione da due cd e ben sedici in quella deluxe con quattro dischi (in più c’era anche la versione con dvd e quella con quattro lp). «Mi avevano chiesto - disse l’artista in quell’occasione - di fare una raccolta già nel 2011, alla Emi, la mia vecchia casa discografica a cui devo tutto. Ma all’epoca non vedevo ancora chiara la mia storia...».
Con ogni probabilità il nuovo album segnerà un ulteriore capitolo di una storia di successi che parla di oltre dieci milioni di dischi in Italia e nel mondo. Non dimentichiamo infatti che Tiziano Ferro è uno dei nostri artisti - assieme a Eros Ramazzotti, Laura Pausini e Zucchero, per non parlare ovviamente del fenomeno planetario chiamato Andrea Bocelli - più conosciuti e amati nel mondo.
Basti pensare che in carriera ha ottenuto molti riconoscimenti italiani e internazionali: dal Billboard Latin Music Award all’European Border Breakers Award, dall’Mtv Europe Music Award all’Mtv Italia Award e a tanti altri (Nickelodeon Kids’ Choice Award, Onstage Award, Premios Cadena Dial, Premios Oye!, Premio Lunezia, Rockol Award...).
Proprio sull’onda di questo successo sono stati recentemente ripubblicati dalla Carosello Records (su licenza Nisa) i primi tre album dell’artista. Stiamo parlando di “Rosso relativo” (uscito nel 2001, pochi mesi dopo il primo singolo “Xdono”), “111 Centoundici” e “Nessuno è solo”: rimessi sul mercato delle piattaforme streaming e download, oltre che in cd e in vinile, in una versione da collezione.
Ma torniamo al #TZNtour2017 (questo è l’hashtag ufficiale della tournée, pubblicato in un tweet dallo stesso Ferro), il primo dopo i concerti negli stadi italiani e nei palasport europei dell’anno scorso: “Lo Stadio Tour 2015”, oltre 300mila spettatori in otto concerti nel nostro paese, e una bella serie di “tutto esaurito” nelle venti date disseminate in giro per il continente fra novembre e dicembre 2015.
Dopo l’esordio a Lignano Sabbiadoro l’11 giugno, un vero giro d’Italia: 16 giugno Milano (Stadio San Siro), 21 giugno Torino (Stadio Olimpico), 24 giugno Bologna (Stadio Dall’Ara), 28 giugno Roma (Stadio Olimpico), 5 luglioBari (Stadio Arena della Vittoria), 8 luglio Messina (Stadio San Filippo), 12 luglio Salerno (Stadio Arechi), 15 luglio Firenze (Stadio Franchi).
Le prevendite dei biglietti sono già cominciate su www.livenation.it e su www.ticketone.it. E visto gli strategici “buchi” sistemati fra una data e l’altra, come spesso accade in questi casi è possibile qualche raddoppio in caso di “sold out” già in prevendita.

venerdì 14 ottobre 2016

NOBEL LETTERATURA A BOB DYLAN

«Non è mai troppo tardi», ha detto Francesco De Gregori, che a Bob Dylan si è sempre ispirato, dedicandogli anche il recente album “De Gregori canta Bob Dylan. Amore e furto”. Ma tutto il mondo della musica - e non solo quello - festeggia la notizia del Nobel a “His Bobness” (parafrasi di Sua Santità...), come lo chiamano gli inglesi. Una notizia attesa in realtà da anni, visto che il suo nome circolava spesso fra i papabili della vigilia, salvo poi venir scavalcato all’ultimo miglio. Anzi, recentemente le sue quotazioni erano in calo. Nel 2011 gli scommettitori lo davano a 8 a 1, quest’anno era sceso 50 a 1. E invece giustizia è stata finalmente fatta...
Consacrazione dunque più che meritata e forse addirittura tardiva per Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, nato nel 1941 a Duluth, Minnesota, uno dei più grandi poeti e autori e cantanti di tutti i tempi. Secondo molti, il più grande di tutti. Uno di quelli (con Beatles, Rolling Stones, Elvis...) senza i quali la storia della musica popolare del Novecento non sarebbe stata la stessa.
Lui, il ragazzo riccioluto che sbucava dalla copertina di “Highway 61 revisited”, ai tempi del Vietnam aveva levato alto il suo urlo contro i signori della guerra (“Masters of war”, '62), ci aveva detto che i tempi stavano cambiando, ci aveva forse illuso che la risposta stesse effettivamente soffiando nel vento. Sfornava canzoni per una generazione cresciuta a pane ideali e utopia, con quella chitarra sempre appresso, e l’armonica a bocca che gracchiava quasi come quella voce che faceva storcere il naso a puristi del belcanto e benpensanti. Diventando negli anni Sessanta il riferimento di milioni di giovani donne e giovani uomini che, anche attraverso la musica, sognavano di cambiare il mondo.
Amato e da alcuni odiato, spesso discusso, tante volte incoerente. Una volta l’aveva ammesso: «Sì, sono incoerente, anche nei confronti di me stesso. È la natura della mia personalità. Posso essere euforico adesso e pensieroso un momento dopo. E perchè ciò avvenga può bastare una nuvola che passa in cielo...». Incarnava e incarna l’America contraddittoria della chitarra e del fucile, di Barack Obama e della sedia elettrica, patria delle libertà e gendarme del mondo. Bob Dylan, l’interprete delle grandi utopie civili e musicali degli anni Sessanta a cui tutti devono qualcosa, ha sempre coltivato un punto di vista “altro” sulle cose della vita e del mondo rispetto a quello spacciato dal potere. E dunque andava e va sempre premiato.

sabato 8 ottobre 2016

STRISCIONE REGENI / su ARTICOLO 21

Prima una “mozione urgente” di quattro consiglieri comunali per rimuovere lo striscione “Verità per Giulio Regeni” dalla facciata del municipio di Trieste, in piazza dell’Unità. Poi la mobilitazione di tanti triestini e del quotidiano “Il Piccolo”, che ha trasformato tutta la prima pagina in un enorme striscione giallo. Infine la decisione del sindaco Dipiazza, che – indispettito dal clamore suscitato dalla vicenda – non ha nemmeno aspettato la discussione in consiglio comunale della “mozione urgente” e ha fatto togliere lo striscione. Perché “é passato tanto tempo e si rischia l’assuefazione visiva”, perché “il turista che arriva a Trieste ha diritto di vedere le facciate dei palazzi in piazza Unità senza scritte e striscioni”, perché “il Pd ha organizzato questa gazzarra”.
«Una scelta che non comprendo – ha detto al “Piccolo” il filosofo Massimo Cacciari -, anche se sappiamo che uno striscione purtroppo non cambia le cose. Sarebbe stato serio parlarne con la famiglia del giovane, chiedere innanzitutto a loro se ritengono ancora utile che quello striscione rimanga lì. Assuefazione? Questo è vero, ma ormai siamo assuefatti anche alle centinaia di morti in mare, che stentano a trovare spazio persino sui giornali».
Lapidario Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano e volto televisivo: «Una scelta assolutamente vergognosa, soprattutto per una città storicamente così importante per i valori della libertà, della democrazia e della tutela del dissenso».
«Ma cosa sta succedendo a Trieste?», chiede e si chiede Massimo Cirri, scrittore e conduttore radiofonico di “Caterpillar”. «Prima il tentativo di negare piazza Unità per il ricordo dell’annuncio delle leggi razziali. Ora questa storia. Cos’è, voglia di far vedere la propria cattiveria?».
«Trovo – prosegue Cirri – ci sia anche una componente di ipocrisia, nel dire che si crea un effetto di assuefazione: queste persone non hanno nemmeno il coraggio di fare una battaglia diretta. La verità è che la ferita è ancora aperta. È una scelta infelice come i nostri tempi, fra l’altro nella città dove Giulio ha studiato. Il turista che vede lo striscione? Vede che c’è una comunità unita nel chiedere verità…».
Moni Ovadia: «Ma io mi domando: questo sindaco e questa amministrazione, che si sono insediati da poco, non hanno cose più urgenti da fare? Che so, l’economia, la qualità della vita, la cultura…».
«La argomentazioni, poi, mi sembrano risibili. Cosa vuol dire che dopo tanti mesi c’è l’effetto assuefazione? Allora con questo criterio rimuoviamo tutti i monumenti e i memoriali che ricordano fatti tragici. Non disturbare il turista? Allora non parliamo più di guerre, di Siria, delle migliaia di morti in mare. La verità è che questa scelta del Comune è un boomerang, scatena polemiche, divide i cittadini in maniera trasversale, non è una questione di destra e di sinistra, ma un fatto di civiltà».
Ezio Mauro, per vent’anni direttore e ora editorialista di “Repubblica”, sottolinea il ruolo dell’opinione pubblica in questa vicenda. Che «è stato ed è importantissimo – dice – nel richiedere verità e rifiutare spiegazioni di comodo. La memoria di una comunità è fondamentale. Non solo lo Stato e le istituzioni devono fare la loro parte».
«Anche le motivazioni addotte – aggiunge – mi sembrano deboli. C’è una sorta di galateo estetico, non bisogna parlare dei guai perchè ciò danneggia il Paese. Ma il bene di un Paese si fa chiedendo verità e trasparenza, e rimanendo al fianco della famiglia. Trovo dunque importante che Trieste continui a tenere un’attenzione speciale su questa dolorosa vicenda».
Gian Antonio Stella, scrittore e firma di punta del Corriere della Sera: «Capisco le ragioni del sindaco, capisco che ci sia un’assuefazione che a un certo momento può pesare sulla memoria delle persone. Capisco che se uno arriva a Trieste avrebbe piacere di vedere piazza dell’Unità nel suo splendore, senza striscioni che ricordino tragedie e cause peraltro nobilissime. Però togliere lo striscione in questo momento è come voler rimuovere l’effetto memoria su Regeni. E siccome la verità non è ancora arrivata, forse sarebbe stato il caso di lasciare lo striscione al suo posto. La storia ha i suoi tempi. E forse questo non era il momento adatto».
L’eco della vicenda ha raggiunto anche la giornalista triestina Giovanna Botteri, corrispondente Rai da New York: «Non possiamo camminare da soli. E una volta che abbiamo cominciato, dobbiamo prendere l’impegno solenne che andremo avanti, fino in fondo. Non possiamo tornare indietro. Queste cose Martin Luther King le diceva più di cinquant’anni fa. Ma valgono sempre, in tutte le battaglie per la verità. E la giustizia».

STRISCIONE GIULIO REGENI / 2

Se il solo annuncio della “mozione urgente” aveva scatenato tutta una serie di commenti negativi e inviti a ripensarci, con la rimozione dello striscione giallo dalla facciata del municipio lo stupore e il disappunto hanno virato sui toni dell’indignazione. Anche nel mondo della cultura, dello spettacolo, del giornalismo, fra i cosiddetti intellettuali. Sul giornale di ieri avevamo già registrato le prese di posizione e la mobilitazione dell’attore Alessandro Gassmann, del filosofo Massimo Cacciari, di Massimo Cirri (anche dai microfoni di “Caterpillar”, su RadioDue), del “turista per caso” Patrizio Roversi, del giornalista sotto scorta dell’Espresso Giovanni Tizian, della storica voce Rai da Mosca Demetrio Volcic.
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«Ma io mi domando: questo sindaco e questa amministrazione, che si sono insediati da poco, non hanno cose più urgenti da fare? Che so, l’economia, la qualità della vita, la cultura...». Se lo chiede Moni Ovadia, uomo di teatro, massimo divulgatore della cultura yiddish in Italia, particolarmente legato a Trieste.
Che prosegue: «La argomentazioni, poi, mi sembrano risibili. Cosa vuol dire che dopo tanti mesi c’è l’effetto assuefazione? Allora con questo criterio rimuoviamo tutti i monumenti e i memoriali che ricordano fatti tragici. Non disturbare il turista? Allora non parliamo più di guerre, di Siria, delle migliaia di morti in mare. La verità è che questa scelta del Comune è un boomerang, scatena polemiche, divide i cittadini in maniera trasversale, non è una questione di destra e di sinistra, ma un fatto di civiltà».
Ezio Mauro, per vent’anni direttore e ora editorialista di “Repubblica”, sottolinea il ruolo dell’opinione pubblica in questa vicenda. Che «è stato ed è importantissimo - dice - nel richiedere verità e rifiutare spiegazioni di comodo. La memoria di una comunità è fondamentale. Non solo lo Stato e le istituzioni devono fare la loro parte».
«Anche le motivazioni addotte - aggiunge - mi sembrano deboli. C’è una sorta di galateo estetico, non bisogna parlare dei guai perchè ciò danneggia il Paese. Ma il bene di un Paese si fa chiedendo verità e trasparenza, e rimanendo al fianco della famiglia. Trovo dunque importante che Trieste continui a tenere un’attenzione speciale su questa dolorosa vicenda».
Gian Antonio Stella, scrittore e firma di punta del Corriere della Sera: «Capisco le ragioni del sindaco, capisco che ci sia un’assuefazione che a un certo momento può pesare sulla memoria delle persone. Capisco che se uno arriva a Trieste avrebbe piacere di vedere piazza dell’Unità nel suo splendore, senza striscioni che ricordino tragedie e cause peraltro nobilissime. Però togliere lo striscione in questo momento è come voler rimuovere l’effetto memoria su Regeni. E siccome la verità non è ancora arrivata, forse sarebbe stato il caso di lasciare lo striscione al suo posto. La storia ha i suoi tempi. E forse questo non era il momento adatto».
L’eco della vicenda ha raggiunto anche la giornalista triestina Giovanna Botteri, corrispondente Rai da New York: «Non possiamo camminare da soli. E una volta che abbiamo cominciato, dobbiamo prendere l’impegno solenne che andremo avanti, fino in fondo. Non possiamo tornare indietro. Queste cose Martin Luther King le diceva più di cinquant’anni fa. Ma valgono sempre, in tutte le battaglie per la verità. E la giustizia».
Tranchant l’inviato di guerra triestino Fausto Biloslavo, che fa un distinguo. «Togliere lo striscione - scrive su Facebook - è una boiata. Piuttosto sarebbe il caso di aggiungere una semplice parolina: “tutta” la verità per Regeni. Non solo quella a senso unico contro l’Egitto, che ha sicuramente le mani sporche di sangue, ma pure sul ruolo più che ambiguo dell’Università di Cambridge e in particolare dei tutor che lo hanno mandato allo sbaraglio».
La giornalista Sandra Bonsanti, presidente emerito di “Libertà e Giustizia”, già parlamentare: «Inorridisco soprattutto per le motivazioni. Penso che, una volta presa la decisione di esporlo, lo striscione non vada tolto finchè non c’è ancora chiarezza sulla dolorosa vicenda. Qui invece sembra prevalere la decisione di lasciar perdere, di arrendersi alle ragioni degli affari. E la scelta del Comune di Trieste rispecchia proprio questa tendenza».
«La storia di Giulio Regeni - conclude Bonsanti - non può e non deve aggiungersi a quelle di tante persone che vengono abbondanate alla dimenticanza della storia, non è giusto. È passato tanto tempo? Beh, è proprio il motivo per cui quello striscione deve restare esposto...».

LIGABUE 17-3 A TRIESTE

Ligabue torna a Trieste. Nell’elenco delle città che verranno toccate dal prossimo tour del rocker di Correggio, “Made in Italy - Palasport 2017”, che partirà il 3 e 4 febbraio da Roma, c’è infatti anche il capoluogo giuliano. Appuntamento dunque già fissato per venerdì 17 marzo al PalaRubini.
Si diceva un ritorno. Anche perchè il Liga, nella città dove nel 2002 ha anche girato lo splendido video di “Eri bellissima”, ha suonato tante volte. L’ultima, nel settembre di due anni fa, allo Stadio Rocco, con il “Mondovisione Tour”. Ma prima nel dicembre 2010, sempre al palasport (tutto esaurito con due mesi di anticipo; nel novembre 2006, doppia data al Rossetti; nel dicembre 2002, altra “due giorni”, elettrico al palasport e acustico al Rossetti; nel luglio 2000, megaconcerto allo Stadio Rocco; nel novembre ’99, al palasport... Insomma, un legame forte fra un musicista e una città, che verrà rafforzato da questo nuovo evento.
Grande momento, per l’autore di “Certe notti”. Oltre centotrentamila persone (ma sarebbero potute essere di più, se gli organizzatori non avessero posto un limite per motivi di sicurezza...) il mese scorso al “Liga Rock Park” di Monza per la sua unica doppia data estiva. E l’attesa per il nuovo album, “Made in Italy”, annunciato per il 18 novembre: il suo ventesimo disco, l’undicesimo di inediti, che verrà presentato dal vivo proprio nel tour che farà tappa anche a Trieste.
«Il disco è una dichiarazione d’amore “frustrato” verso il mio Paese, raccontata attraverso la storia di un personaggio - ha spiegato il cinquanteseienne artista -. Si tratta di un vero e proprio concept album, il mio primo, ma è comunque composto di canzoni. Canzoni che godono di una vita propria ma che in quel contesto, tutte insieme, raccontano la storia di un antieroe».
A Monza il Liga ha presentato in anteprima il primo singolo, “G come Giungla”, già in testa alle classifiche dei brani più trasmessi dalle radio, e altri tre nuovi brani estratti dal disco: “La vita facile” (che aprirà l’album), “Ho fatto in tempo ad avere un futuro (che non fosse soltanto per me)” e “Dottoressa”. E proprio a Monza si era capito che un nuovo tour era nell’aria, quando il suo manager Claudio Maioli aveva detto che l’artista aveva voglia di fare altre cose, come appunto essere di nuovo tra il pubblico in più parti d’Italia, oltre a pubblicare il nuovo album.
Ma vediamo allora tutte le date del tour “Made in Italy - Palasport 2017”, organizzato da Riservarossa e F&P Group: 3 e 4 febbraio Roma; 14 febbraioAcireale (Catania); 20 febbraio Reggio Calabria; 24 febbraio Bari; 27 febbraioEboli (Salerno); 3 marzo Caserta; 6 marzo Perugia; 10 marzo Livorno; 13 e 14 marzo Assago, Milano; 17 marzo Trieste; 20 marzo Pesaro; 22 e 23 marzoFirenze; 28 e 29 marzo Torino; primo aprile Brescia; 7 e 8 aprile Bologna; 10 aprile Rimini; 19 aprile Bolzano; 21 aprile Padova; 24 aprile Ancona. Domani il via alle prevendite dei biglietti su www.ticketone.it, e martedì alle 11 tagliandi disponibili nei punti vendita abituali.
Ma il Liga, come molte rockstar, cura in maniera particolare il rapporto con i fan. E anche in occasione di questo nuovo disco e del tour, ha preparato una sorpresa per lo “zoccolo duro” del suo pubblico, formato da quelli che lo seguono ovunque, che spesso sono presenti in molti, se non tutti, i concerti delle sue tournèe. Per loro il 27 novembre canterà l’intero album al Nelson Mandela Forum di Firenze, in un evento riservato appunto ai soli iscritti al “BarMario”, il suo storico “fans club”.
Pochi giorni prima, il rocker emiliano parteciperà a Roma al “battesimo” di Fox Live, brand del canale Fox dedicato ai grandi musicisti italiani, che comincerà a trasmettere il 23 novembre proprio con un documentario dedicato ai due concerti di Monza e alla preparazione del suo nuovo album.
Altra segnalazione per il popolo del Liga, che da anni dedica parte del suo tempo anche al cinema e alla scrittura tout court. È uscito da poco per Einaudi “Scusate il disordine”, la sua nuova raccolta di racconti, il cui filo conduttore spazia fra amore, sesso e ovviamente musica. Racconti diversi gli uni dagli altri, ma allo stesso tempo in qualche modo complementari, quasi inseparabili, nei quali l’artista rincorre «quel mistero che è la magia del quotidiano».

venerdì 7 ottobre 2016

TRIESTE, STRISCIONE PER GIULIO REGENI

Stupore, incredulità, disappunto. Anche il mondo della cultura e dello spettacolo stenta a comprendere la “strana fretta” dell’amministrazione comunale triestina di togliere dalla facciata del municipio lo striscione “Verità per Giulio Regeni”. Cominciamo con un “tweet”. Quello dell’attore Alessandro Gassmann, che chiede ironicamente al sindaco Dipiazza: «Assuefazione visiva? E che è...?»
«Una scelta che non comprendo - dice il filosofo Massimo Cacciari -, anche se sappiamo che uno striscione purtroppo non cambia le cose. Sarebbe stato serio parlarne con la famiglia del giovane, chiedere innanzitutto a loro se ritengono ancora utile che quello striscione rimanga lì. Assuefazione? Questo è vero, ma ormai siamo assuefatti anche alle centinaia di morti in mare, che stentano a trovare spazio persino sui giornali». Lapidario Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano e volto televisivo: «Una scelta assolutamente vergognosa, soprattutto per una città storicamente così importante per i valori della libertà, della democrazia e della tutela del dissenso».
«Ma cosa sta succedendo a Trieste?», chiede e si chiede Massimo Cirri, scrittore e conduttore radiofonico di “Caterpillar”. «Prima il tentativo di negare piazza Unità per il ricordo dell’annuncio delle leggi razziali. Ora questa storia. Cos’è, voglia di far vedere la propria cattiveria?».
«Trovo - prosegue Cirri - ci sia anche una componente di ipocrisia, nel dire che si crea un effetto di assuefazione: queste persone non hanno nemmeno il coraggio di fare una battaglia diretta. La verità è che la ferita è ancora aperta. È una scelta infelice come i nostri tempi, fra l’altro nella città dove Giulio ha studiato. Il turista che vede lo striscione? Vede che c’è una comunità unita nel chiedere verità...».
«Un caso come quello del povero Giulio Regeni - dice il “turista per caso” Patrizio Roversi - non deve mai essere dimenticato né abbandonato. È una ferita che rimane aperta, anche se coinvolge le relazioni fra stati. Mi spiace che questa tragedia leda l’immagine di un paese che conserva tesori inestimabili, per il turista oggi c’è un imbarazzo in più, nello scegliere quella meta».
«Trovo che il caso - prosegue - vada risolto quanto prima, anche per evitare che fatti del genere si ripetano. Una storia terribile, l’Egitto ha fatto cose inaccettabili, che gettano ombra su quel meraviglioso paese. Ed è sbagliato che si perda memoria di Regeni proprio vicino alla sua Fiumicello». Duro il commento di Gianni Lepre, regista triestino diviso tra teatro, televisione e cinema. «Una scelta vigliacca - scandisce -, che toglie voce a chi non ce l’ha più. Noi parliamo e parlavamo per lui, dobbiamo continuare a farlo. Non è questione estetica ma morale, anche perché l’estetica è in funzione della morale. E il nostro dovere è dare voce a chi non ce l’ha più».
Secondo Giovanni Tizian, giornalista dell’Espresso che vive sotto scorta, anche i simboli sono importanti. «Anzi, fondamentali in queste battaglie di ricerca della verità e dunque della libertà. Assuefazione? Non direi. Trovo anzi bizzarro togliere lo striscione proprio in questo momento in cui emergono fatti nuovi nelle indagini. Spesso le giustificazioni sui turisti che arrivano e non capiscono sono povere scuse, le stesse usate quando cerchiamo di far emergere i lati oscuri di un territorio, di una regione. La politica ha questa ossessione, come se certi fatti sporcassero qualcosa. Chiedere la verita è un atto di civiltà, non va mai nascosto».
Dalla sua casa di Gorizia esprime il suo parere anche Demetrio Volcic, scrittore e storico corrispondente Rai da Mosca, oltre che ex direttore del Tg1: «Sarebbe stato utile che il Comune, prima di prendere questa iniziativa, avesse chiesto, ovviamente in via riservata, quali sono le ultime novità nelle indagini. Capisco tutto: le ragioni degli affari, del turismo. Ma si tratta di decisioni simboliche, forse retoriche, da prendere dopo le consultazioni con la nostra intelligence». Sulle ragione della cosiddetta realpolitik ritorna Sergio Romano, storico e diplomatico. «Non discuto la scelta del Comune di Trieste. E ovviamente rispetto il dramma della famiglia. So che il governo italiano aveva l’obbligo politico e morale di fare pressioni sul Cairo. Ma non sono d’accordo che la politica estera venga delegata all’opinione pubblica. Oggi non si fa politica in Medio Oriente senza parlare con l’Egitto. E un governo ha molti modi per far capire a un governo straniero il proprio disappunto. Senza arrivare a rotture».

lunedì 3 ottobre 2016

ALVARO SOLER, PIAZZA UNITÀ PIENISSIMA

Una piazza dell’Unità così piena non si vedeva da molti anni. Diciamo dal luglio 2005, quando nel nostro salotto buono affacciato sul mare sbarcò la kermesse internazionale “Isle of Mtv”. Per sognare con la musica di Chemical Brothers, Garbage, Snoop Dogg e altri, quella volta il “Piccolo” scrisse - forse esagerando un po’ - che fra piazza e rive era assiepata una marea umana di 50 mila persone. Parlare di ventimila presenze l’altra sera per Alvaro Soler allora è forse addirittura riduttivo. La verità è che, trattandosi di eventi a ingresso gratuito, e mancando dunque l’inoppugnabile verifica dei biglietti venduti, si finisce per sparare cifre sempre abbastanza approssimative. Di certo, quella dell’altra sera verrà ricordata come una delle piazze più affollate di sempre. Dopo le ventuno, mentre la gente (mai viste tante bambine a un concerto...) aspettava il bel Soler, in piazza non si riusciva più a entrare.

BOCELLI 19-11 a LUBIANA, JUSTIN BIEBER 9-11 A ZAGABRIA

Andrea Bocelli il 19 novembre a Lubiana, al palasport Stožice (dove sabato alle 20, come già annunciato, canta Zucchero). E dieci giorni prima, il 9 novembre, Justin Bieber a Zagabria, al palasport Arena.
Insomma, le capitali delle vicine repubbliche ripartono alla grande, per la stagione musicale 2016/2017. E sono un’occasione in più, per i musicofili delle nostre zone, per assistere a concerti di star internazionali che altrimenti sarebbero quasi irraggiungibili.
Il tenore toscano - che due settimane fa, proprio alla vigilia del cinquantottesimo compleanno, ha inaugurato la 71.a assemblea delle Nazioni Unite - è oramai una star planetaria. Forse nessun italiano, dopo Pavarotti, ha mai goduto di una popolarità simile. Ottanta milioni di dischi venduti, acclamate tournèe in tutto il mondo, esibizioni al cospetto dei grandi della terra, il nome della Hollywood walk of fame sono solo un aspetto di un fenomeno cresciuto tutto sommato in pochi anni (ha debuttato nel ’92 alla corte proprio di Zucchero, cantando “Miserere”) a una velocità esponenziale. Il suo album più recente è “Cinema”, pubblicato lo scorso anno. Il 7 e 8 ottobresarà in concerto all’Arena di Verona, per poi volare in Brasile, Portogallo, Ungheria, prima del concerto in Slovenia, dove c’è molta attesa per quello che è considerato un evento.
Ma Bocelli è sempre stato impegnato anche nel sociale. Oggi pomeriggio, nell’area antistante la zona rossa di Amatrice, canterà l’Ave Maria di Schubert in memoria delle persone scomparse nel sisma; accanto a lui, Raoul Bova leggerà i versi del Cantico delle Creature, dando così il via alla due giorni di “Progetto sorriso”.
Cambiamo genere, per segnalare la tappa croata del tour mondiale di Justin Bieber. Il cantante canedese, classe ’94, idolo delle giovanissime, dopo l’estate è approdato in Europa con il suo Purpose World Tour. Venerdì era a Stoccolma, ieri sera a Copenaghen, per puntare nei prossimi giorni su Inghilterra (Londra, Manchester, Birmingham...), Belgio e Paesi Bassi. Dopo la tappa a Zagabria, sono previsti due concerti in Italia, il 19 e 20 novembre, entrambi alla Unipol Arena di Casalecchio sul Reno, Bologna.
Ma l’autunno, a Lubiana e Zagabria, offre altre occasioni per gli appassionati. Il 10 novembre, dunque appena ventiquattr’ore dopo Justin Bieber, a Zagabria arrivano i Placebo, con il loro “Twenty years world tour 2016/2017”. E l’11 dicembre a Lubiana è annunciato il concerto dei Saxon.