giovedì 31 maggio 2018

FNSI, PRESENTATO A TRIESTE #CONTROCORRENTE

È stato presentato a Trieste, al Circolo della stampa, #Controcorrente, il nuovo soggetto sindacale unitario sorto recentemente all’interno della Fnsi, che riunisce la maggior parte delle anime e dei territori che compongono e sostengono la maggioranza federale e di governo degli enti di categoria. “In questi anni - ha detto Carlo Muscatello, presidente Assostampa Fvg e componente di giunta Fnsi - il nostro sindacato regionale non ha mai aderito a componenti o correnti attive all’interno del sindacato unitario, pur collaborando quasi con tutti. Oggi aderiamo in maniera convinta a questo nuovo soggetto, di cui condividiamo il programma unitario e tutte le parole d’ordine”. “Nei prossimi mesi - ha detto Alessandra Costante, coordinatrice nazionale di #Controcorrente e componente della segreteria Fnsi - puntiamo a raccogliere le adesioni di tutte le giornaliste e i giornalisti che si riconoscono nei principi della Costituzione, nei valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo, nei contenuti del Testo Unico dei doveri del Giornalista”. “È arrivato il momento - ha proseguito Costante - di aprire una discussione, dentro e fuori le redazioni, su principi e valori da tutti liberamente sottoscritti e da alcuni quotidianamente disprezzati. Non siamo tutti uguali. È necessario che queste differenze emergano e che l’Ordine dei giornalisti pretenda e ottenga il rispetto dei principi condivisi, a cominciare dal contrasto del linguaggio dell’odio, della discriminazione e della violenza”. “Ci riconosciamo - ha aggiunto Raffaele Lorusso, segretario generale Fnsi, fra i promotori di #Controcorrente assieme al presidente del sindacato unitario Beppe Giulietti - innanzitutto nei valori dell’articolo 21 della Costituzione: la libertà e il dovere di informare di ogni giornalista e il diritto di essere informato che appartiene a ogni cittadino. Il nesso tra la difesa delle libertà e la tutela dell’autonomia e delle garanzie della professione è a nostro avviso inscindibile. Per questo saremo sempre e comunque dalla parte dei cronisti minacciati da mafia, malaffare e corruzione, per questo saremo impegnati a contrastare ovunque i bavagli di qualsiasi natura e colore, compresi quelli derivanti dagli interessi politici e economici”. Dopo l’assemblea fondativa svoltasi a Roma e la presentazione tenutasi a Trieste, #ControCorrente verrà presentato nei prossimi mesi anche nelle altre regioni italiane.

ASSEMBLEA ASSOSTAMPA FVG, 29-5-18 A TRIESTE

Il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso ha partecipato a Trieste all'assemblea annuale dell'Assostampa, che ha approvato il bilancio consuntivo e preventivo (anche quest'anno in attivo) e una mozione di sostegno alla vertenza dei collaboratori del Gazzettino. Carlo Muscatello, presidente di Assostampa Fvg, ha aperto l'assemblea sottolineando la difficoltà estrema che la categoria sta vivendo, anche nel Friuli Venezia Giulia: «Alla politica chiediamo una legge di sistema che salvaguardi il settore dell'informazione, non cospicui contributi pubblici che le aziende hanno utilizzato per portare avanti ristrutturazioni e prepensionamenti. Il sindacato chiede solo lavoro», ha rilevato. «La situazione del Gazzettino – ha detto Lorusso – è emblematica di un approccio ormai comune degli editori al mondo del lavoro giornalistico. Il confronto sul rinnovo del contratto era stato avviato e poi si è interrotto, anche per la grana dell'ex fissa, ma la posizione degli editori è rimasta uguale: vogliono discontinuità, cioè cancellare almeno la metà degli articoli dell'attuale contratto. Vogliono la riduzione del costo del lavoro e dei compensi, per rimettere in piedi un sistema che non si regge più. Ma il problema è la qualità dell'informazione, come peraltro dicono alcuni degli stessi editori». Secondo il segretario generale della Fnsi, infatti, «c'è bisogno di maggiore qualità e autorevolezza dell'informazione, necessari per la qualità della democrazia stessa. E dunque c'è bisogno di lavoro regolare, mentre oggi la precarietà la fa da padrone. Si tenta di affermare un modello produttivo inaccettabile: pochi redattori al desk, tanti co.co.co che scrivono. Dobbiamo riscrivere parti del contratto, allargando i ruoli di lavoro dipendente. Dobbiamo allargare il perimetro contrattuale, i diritti e le tutele. Gli editori lamentano un aumento dei costi. Noi chiediamo la cancellazione dei co.co.co anche nel nostro settore». Oggi, ha insistito Lorusso, «il tema del lavoro è scomparso da agenda politica del nostro Paese. Sta passando, non solo in Italia, la logica della disintermediazione. E non bisogna dimenticare poi i temi dei giornalisti minacciati e delle querele temerarie, su cui in sindacato continuerà a chiedere delle norme di contrasto». Altri temi in primo piano sono stati quello dei giornalisti precari e freelance, e delle loro retribuzioni, e quello dei colleghi che lavorano nelle pubbliche amministrazioni. «Le azioni messe in atto dal sindacato – ha concluso Lorusso – sono il frutto di una analisi delle norme esistenti e delle possibilità reali, che hanno portato alla norma del 21 febbraio. Da quella data le amministrazioni regionali hanno messo in atto iniziative scoordinate che puntavano più o meno a non applicare più il contratto giornalistico. Nella dichiarazione congiunta si mettono in sicurezza i diritti dei colleghi che lavorano attualmente, rinviando tutto a una trattativa successiva che metta in chiaro la posizione del giornalista pubblico. Tale dichiarazione non è un ostacolo, ma un'opportunità: se si regolamenta la posizione dei giornalisti per tutte le PA, si tutela la professionalità di tutti».

lunedì 14 maggio 2018

BASAGLIA, ANCHE LA MUSICA CHIUSE IL MANICOMIO / su FEGIZ FILES

Quel giorno la libertà entrò nel manicomio di San Giovanni, a Trieste, vestita di una splendida giacca patchwork. Pezzetti di velluto cuciti l’uno con l’altro. Di tutti i colori. Quasi la rappresentazione visiva della musica che usciva a scatti nervosi dal sax di quel signore. E noi ragazzi, affamati di musica, rimanemmo a bocca aperta, davanti a Ornette Coleman, americano del Texas, nero, profeta del free jazz, venuto a suonare fra “matti” e presunti normali. Era il 15 maggio 1974. Bello ricordarlo ora, quarantaquattro anni dopo quel concerto. E quarant’anni dopo l’approvazione da parte del parlamento italiano, il 13 maggio 1978, della Legge 180, meglio nota come Legge Basaglia, la rivoluzionaria legge che ha chiuso i manicomi. Sì, perché anche la musica ha avuto un ruolo nella rivoluzione basagliana. I concerti attiravano i giovani, il grande parco si apriva alla città... Un mese dopo, a giugno, gli Area del compianto Demetrio Stratos. A settembre a San Giovanni arriva il quartetto di Giorgio Gaslini, poi Gino Paoli, Francesco Guccini, Roberto Ciotti, i napoletani Saint Just, Dodi Moscati, Franco Battiato con Juri Camisasca, Concetta Barra, tanti altri. Fra cui il futuro Premio Nobel Dario Fo. Quarant’anni fa, sembra passato un secolo.

domenica 13 maggio 2018

ORNETTE COLEMAN NEL MANICOMIO DI SAN GIOVANNI / da ART21

Quel giorno la libertà entrò nel manicomio di San Giovanni vestita di una splendida giacca patchwork. Pezzetti di velluto cuciti l’uno con l’altro. Di tutti i colori. Quasi la rappresentazione visiva della musica che usciva a scatti nervosi dal sax di quel signore che vestiva la giacca in questione. E noi ragazzi, affamati di musica, rimanemmo a bocca aperta. Bello ricordarlo ora, quarantaquattro anni dopo quel concerto. E quarant’anni dopo l’approvazione da parte del parlamento italiano, il 13 maggio 1978, della Legge 180, meglio nota come Legge Basaglia, la rivoluzionaria legge che ha chiuso i manicomi. Lui era Ornette Coleman, classe 1930, americano del Texas, nero, uno dei maggiori innovatori della musica jazz degli anni Sessanta e Settanta. Il profeta del “free”, forma di jazz nata fra New York e Chicago, quasi parallelamente alle grandi battaglie razziali di Martin Luther King e di Malcom X. E il 15 maggio del ’74, in una Trieste che viveva un’altra grande battaglia di libertà e di dignità delle persone, il concerto di Coleman fu il primo di una serie che contribuì ad abbattere il cancello che separava il vecchio frenocomio aperto nel 1908 dal rione di San Giovanni e dalla città di Trieste. E a dar corpo all’unica rivoluzione, quella basagliana, che il nostro Paese ha visto nascere e compiersi. In quella sera di maggio il jazzista statunitense propose con il suo quartetto una musica assolutamente libera, fuori dagli schemi conosciuti, basata quasi interamente sull’improvvisazione. Seguiva l’estro del momento. Ispirato da una situazione circostante che vedeva centinaia di giovani appassionati di musica, attirati dal grande nome, mischiati a qualche decina di pazienti. I cosiddetti matti, a tratti divertiti ma forse più spesso spaesati dinanzi a quel che stava accadendo attorno a loro. In quel campetto di calcio che anni dopo lasciò il posto a una brutta costruzione ma quella sera era un luogo di libertà. Dove i presunti normali stavano fianco a fianco ai presunti matti. Di più. Nei momenti in cui la frammentazione e l’irregolarità del ritmo e della metrica venivano portate alle estreme conseguenze, in una cavalcata musicale condotta da un sax quasi impazzito e supportata da una solida sezione ritmica, alcuni di quei matti ridevano, altri si chiudevano le orecchie con le mani. Rimpiangendo forse il silenzio e la tranquillità che in quel parco, fino a quella sera, l’avevano fatta da padrone. Più probabilmente felici di quella marea di giovani attorno a loro. Sì, perchè dopo quella sera, nel parco e nel piccolo teatrino del grande ospedale psichiatrico, nulla fu più come prima. Poco meno di un mese dopo, il 12 giugno, arrivano gli Area del compianto Demetrio Stratos. Dopo l’album d’esordio, “Arbeit macht frei”, ovvero “il lavoro rende liberi” (frase che stava scritta all’ingresso dei campi di sterminio nazisti…), era appena uscito il disco “Caution Radiation Area”. Con dentro un brano intitolato “Lobotomia”, dedicato a Ulrike Meinhof e caratterizzato da suoni ossessivi e lancinanti: l’ideale per un concerto dentro a un manicomio… A settembre a San Giovanni arriva il quartetto di Giorgio Gaslini, poi Gino Paoli, Francesco Guccini, Roberto Ciotti, i napoletani Saint Just, Dodi Moscati, Franco Battiato con Juri Camisasca, Concetta Barra, tanti altri. Fra cui il futuro Premio Nobel Dario Fo. Quarant’anni fa, sembra passato un secolo da quella grande stagione di riforme, di progresso, di speranze.

mercoledì 2 maggio 2018

EMERGENZA INFORMAZIONE, PRECARIATO MA ANCHE AGGRESSIONI E MINACCE

di Carlo Muscatello* L’emergenza informazione, nell’Italia del 2018, non è fatta soltanto di un’apparentemente inarrestabile emorragia di posti di lavoro (tremila persi negli ultimi cinque anni) né di una progressiva precarizzazione del lavoro giornalistico. Ne abbiamo parlato anche a “Link”, il festival del buon giornalismo svoltosi recentemente a Trieste. L’emergenza informazione significa che oggi nel nostro Paese le aggressioni ai cronisti sono diventate una costante, una vera e propria emergenza democratica. Dalla testata di Ostia agli schiaffi dell’ex ministro (che è pure giornalista professionista...), non si contano più gli episodi di minacce, intimidazioni o vere e proprie aggressioni ai danni di cronisti che hanno solo il torto di fare il proprio lavoro: spesso quello di fare domande scomode, che sono poi l’unico tipo di domande che un giornalista dovrebbe fare, se non vuole ridursi a megafono, cassa di risonanza, scendiletto del proprio interlocutore.Gli episodi citati non possono ovviamente trovare alcuna giustificazione. C’è un problema di incolumità personale dei giornalisti, ma anche e soprattutto un problema di democrazia. Come ha scritto Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, “i giornalisti scomodi, quelli che fanno domande, indagano, accendono i riflettori, sono essenziali per un’informazione di qualità, utile a informare i cittadini. L’attacco ai corpi intermedi, a tutto ciò che può creare informazione, consenso, confronto, dibattito, in una parola crescita dell’opinione pubblica, fa sì che la stampa e i giornalisti in primis siano diventati il nemico da abbattere per quanti, per esempio, pensano di rivestire incarichi pubblici o svolgere attività di pubblico servizio senza dover rendere conto a nessuno. È una deriva pericolosa per la democrazia, che va contrastata con ogni mezzo”.Per questi motivi, il sindacato dei giornalisti lancia in questi giorni una grande mobilitazione di massa contro tutti i bavagli, le intimidazioni, le aggressioni anche fisiche alla stampa. Verranno organizzate due manifestazioni nazionali, una al Nord e l’altra al Sud, per richiamare l’attenzione sulla grande emergenza informazione che c’è oggi in Italia. *presidente Assostampa Fvg, componente giunta Fnsi