mercoledì 30 aprile 2014

PEARL JAM, MANU CHAO, FOGERTY e tutti gli altri dell'estate ROCK

Meteo ancora incerto, ma estate ormai imminente. Lo si capisce, crisi o non crisi, dalle vagonate di musica dal vivo in marcia di avvicinamento. Anche limitandoci al nostro Nordest, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Rock, pop, cantautori, reggae, hip hop e chi più ne ha più ne suoni. Cominciamo con le cose di casa nostra. Il megaconcerto dell’estate, ovvero i Pearl Jam allo Stadio Rocco di Trieste, domenica 22 giugno, viaggia a gonfie vele: superati i 29mila biglietti venduti, richieste da mezza Europa, rimangono in vendita solo qualche centinaia di biglietti (carissimi...) in tribuna centrale, considerato che la capienza concessa è a quota trentamila. Ma si muovono bene le prevendite anche per Manu Chao (venerdì 27 giugno a Borgo Grotta Gigante) e per John Fogerty, già leader dei Creedence Clearwater Revival (mercoledì 9 luglio in piazza Unità). Prima di questo pregiato tris, da segnalare due appuntamenti al Rossetti: il 26 maggio i Dire Straits Legends e il 30 e 31 maggio il duo croato 2Cellos (grande attesa, testimoniata dal fatto che il primo dei due concerti è già tutto esaurito...). Per quanto riguarda la benemerita rassegna TriesteLovesJazz, si aspettano da un giorno all’altro date e nomi. Nell’attesa, segnalando di fiore in fiore, ricordiamo i concerti di Caetano Veloso venerdì 2 maggio al PalaGeox di Padova, di Laura Pausini il 2 e 3 maggio all’Arena di Verona, di Giorgia il 3 maggio al PalaFabris di Padova. Ancora nella città veneta, il 17 maggio al PalaGeox, gli immortali Yes, mentre il 20 maggio arriva al “Nuovo” di Udine la chitarra albina di Johnny Winter. Ancora Udine e dintorni: Bastille domenica 27 luglio e Franz Ferdinand 31 luglio al Castello; Simple Minds 29 luglio a Lignano Sabbiadoro, Arena Alpe Adria; Goran Bregovic 13 agosto a Majano. E Fiorella Mannoia l’11 luglio a Villa Manin, Pat Metheny il 14 luglio anche lui a Villa Manin, Negramaro il 15 luglio a Palmanova. A Grado, alla Diga Nazario Sauro, venerdì 4 luglio la chitarra di Joe Satriani e sabato 5 la voce particolarissima di Asaf Avidan. Il 13 luglio, nell’ambito dell’One Love Reggae Festival che si terrà (dal 9 al 13) al Campeggio Girasole di Latisana, unica data italiana per Jimmy Cliff. La manifestazione, giunta alla seconda edizione, punta a sostituire in qualche modo lo storico Rototom Sunsplash Festival, che da qualche anno si svolge in Spagna. Di nuovo Veneto. Il 28 giugno arrivano a Padova i Chicago, al PalaGeox. Dove sono attesi anche Ben Harper il 9 maggio, Tori Amos il 4 giugno e Jeff Beck il 29 giugno. Grande appuntamento con Ligabue allo stadio di Padova il 12 luglio, per il Mondovisione Tour 2014, che ha avuto già un’anteprima con il mini-tour “Piccole città” passato recentemente anche da Latisana. Franco Battiato sarà l’11 luglio a Marostica con gruppo e orchestra. Il primo settembre Pino Daniele all’Arena di Verona con la sua band storica, con cui ha già fatto una lunga serie di “tutti esauriti”, nei giorni a cavallo fra il 2013 e l’anno in corso, nella sua Napoli. Grandi nomi anche all’Hydrogen Festival di Piazzola sul Brenta, Padova: Negramaro il 6 luglio, Massive Attack il 9, Robert Plant dei Led Zeppelin il 14, James Blunt il 15, Paolo Nutini il 17, gli Scorpions (nell’ambito del loro tour d’addio, che promette vari e prestigiosi ospiti) il 18, Emma il 19 ed Elisa il 25. La popstar monfalconese sarà il giorno dopo, sabato 26 luglio, a Marina Julia. Non dovrebbe toccare il Triveneto il tour 2014 di Vasco Rossi. Per ora sono annunciati soltanto i megaconcerti allo Stadio Olimpico di Roma (25, 26 e 30 giugno) e allo Stadio di San Siro a Milano (4, 5, 9 e 10 luglio). È il secondo tour dopo il presunto giallo della malattia che colpì la rockstar nell’estate 2011. L’unica speranza di rivederlo dalle nostre parti è legata a un’eventuale ripresa settembrina, già attesa invano anche l’anno scorso. Se non riuscite a resistere alla tentazione di rivedere ancora una volta - o vedere per la prima - gli immarcescibili Rolling Stones, due possibilità: 16 giugno allo stadio di Vienna, 22 giugno al Circo Massimo, a Roma. Ma diamo anche un’ occhiata alla vicina Slovenia. Lunedì 9 giugno alle Krizanke, a Lubiana, arrivano i Queens of the Stone Age; martedì 24 giugno, all’Hala Tivoli, sempre nella capitale slovena, fa tappa il tour europeo di Billy Idol (che tocca anche Padova, PalaGeox, l’11 giugno); dal 20 al 26 luglio, a Tolmino, si terrà il festival Metaldays. Ma non si può parlare di musica dal vivo, alla vigilia del Primo Maggio, senza accennare al tradizionale Concertone che i sindacati organizzano da anni, in diretta radiotelevisiva, in piazza San Giovanni a Roma. Quest’anno tanta musica ma anche parole, per raccontare storie dell’Italia di oggi e di quella di ieri. In attesa di sapere oggi il cast completo e ufficiale della manifestazione, per ora i nomi confermati sono quelli di Piero Pelù, Tiromancino, Modena City Ramblers, Bandabardò, Clementino, Rocco Hunt, Perturbazione, Brunori Sas e Levante. E ancora Statuto, Agricantus, Stefano Di Battista (con cinquanta sax del Conservatorio Santa Cecilia), Riccardo Sinigallia, Francesco di Bella, Taranproject con Daniele Ronda, Enrico Capuano, P-Funking Band, Alberto Bertoli... Conduzione affidata quest’anno all’attore e regista Edoardo Leo, dalla giornalista Francesca Barra e dal “guastatore” Dario Vergassola. Tra gli ospiti chiamati invece a “raccontare le storie”: Aldo Cazzullo, Carlo Petrini, Giancarlo De Cataldo, Federica Sciarelli... E sempre domani, al PalaOlimpico di Torino, unica tappa italiana e quarta complessiva del tour mondiale di Robbie Williams “Swings Both Ways Live”, partito il 25 aprile da Budapest e che si concluderà il 9 luglio a Londra. Si tratta di una sorta di omaggio alla tradizione del jazz orchestrale, a partire dal primo brano in scaletta, “Shine my shoes”. Biglietti esauriti da giorni per il nuovo re del pop internazionale, che canterà per circa due ore su un megapalco della forma di un’enorme prua di una nave che si incunea nel parterre. Oltre venti brani in programma, fra cui i classici di un’ormai lunga carriera e molti successi dell’ultimo album “Swings both ways”. Imponente anche la macchina organizzativa del concerto: diciannove “truck”, sette iperbus, postazione mobile per la registrazione del concerto, megaschermo dietro al palco. Per la star britannica è pronto un camerino, anzi, sarebbe meglio dire un appartamento con sei stanze. Capricci da star, tante delle quali, italiane e straniere, animeranno l’imminente estate musicale. Compensi degli artisti e di conseguenza prezzi dei biglietti, crisi o non crisi, ancora troppo alti. Ma questo è già un altro discorso...

domenica 27 aprile 2014

MAL, dal piper a pordenone

Negli anni Sessanta, giovanissimo, appena arrivato dall’Inghilterra, era l’idolo di (quasi) tutte le ragazze italiane. “Yeeeeh!”, “Bambolina”, “Pensiero d’amore”, “Tu sei bella come sei” sono solo alcuni dei titoli che nelle serate soprattutto estive, in giro per l’Italia, il pubblico continua a chiedergli. Sì, perchè Mal (vero nome Paul Bradley Couling, classe 1944, nato in Galles ma cresciuto a Oxford) l’Italia non l’ha più lasciata. E da una ventina d’anni vive in una bella villa immersa nel verde a pochi chilometri da Pordenone. Con la compagna Renata e i loro due figli Kevin e Karen, rispettivamente di quindici e dodici anni. «Sono contento di vivere qui - spiega l’artista, che ha appena passato la boa dei settanta ma mantiene una forma invidiabile -, dove sono arrivato per amore. Ho conosciuto Renata mentre mi esibivo in un locale di Treviso. Mi chiese di cantare “Furia”. La chiamai sul palco a cantarla con me. Da allora non ci siamo più lasciati. E abbiamo messo su famiglia». Dunque quel brano per bambini, “Furia (Cavallo del West)”, gli ha portato doppiamente fortuna. Anche se è legato anche a un episodio sfortunato. «Il disco - ricorda Mal - era la sigla di un programma tv e mi permise nel ’77 di tornare in vetta alle classifiche di vendita. Ma mi tolse anche qualcosa. Quell’anno mi venne proposto il brano “Bella da morire” per andare a Sanremo. Ma i miei discografici mi convinsero a lasciar perdere: “Furia” aveva venduto un milione e mezzo di copie in poche settimane, il filone sembrava troppo buono per rinunciarvi. Risultato: la canzone finì agli Homo Sapiens, che vinsero il Festival...». Mal, torniamo indietro. Come comincia la sua storia? «Vengo da una famiglia modesta, dopo la guerra erano tempi duri, mio padre faceva il muratore e sognava per me un futuro da elettricista. Lavoro che cominciai anche a fare, alternandolo alla consegna dei giornali. Ma non faceva per me. E non avevo voglia di studiare». La musica? «Erano gli anni Sessanta, c’erano i Beatles e i Rolling Stones. Nei locali da ballo si suonava dal vivo. Al matrimonio della sorella di un amico eravamo tutti un po’ brilli e per la prima volta presi un microfono in mano. Cantai un brano di Gene Vincent con quello che poi, dopo un’audizione, sarebbe diventato il mio primo gruppo: i Meteors». E lei divenne Mal. «Avevo un cugino nel Galles che suonava il basso, si chiamava Malcom, era un po’ il mio mito. Avevo bisogno di un nome originale e orecchiabile, così gli feci questo omaggio che mi portò fortuna. All’inizio mi facevo chiamare Mal Ryder». Il primo contratto discografico? «Con i Meteors, con cui feci i primi spettacoli, suonavamo per hobby. Il lavoro da elettricista lo lasciai quando passai con gli Spirits, che suonavano a livello professionale. Ottenemmo un contratto discografico con la Decca, incidemmo alcuni 45 giri e, proprio come i Beatles, andammo per un periodo a suonare in Germania, ad Amburgo e in altre città. Si suonava anche per sei ore filate...». L’Italia? «Gli Spirits si sciolsero. E formammo i Primitives. Dopo un tour in Norvegia, una sera suonavamo in un locale a Londra, dove fra il pubblico c’erano Gianni Boncompagni e Alberigo Crocetta, proprietario del Piper Club. Ci offrirono di andare a Roma, a suonare nel famoso locale». E voi partiste. «Arrivammo a Roma nell’estate ’66, trovammo il Piper chiuso per ferie, fummo dirottati sul locale gemello di Viareggio. Dopo il primo mese, Crocetta ci chiese di rimanere. E finita l’estate, finalmente debuttammo nel mitico locale di via Tagliamento». Cosa ricorda di quegli anni? «Il grande entusiasmo dei giovani italiani. Tutti volevano la musica inglese, in Italia come nel resto d’Europa. Nei nostri confronti c’era molta curiosità, ci invitavano dappertutto, si respirava molta felicità in giro, per divertirsi bastava veramente poco». E lei diventa una star: Sanremo, i “musicarelli” al cinema, i fotoromanzi... «Ma la musica rimaneva e rimane la mia grande passione. nella mia carriera ho sempre alternato momenti d’oro e periodi di crisi. Anche negli anni Settanta, dopo alcuni dischi poco fortunati, tornai in vetta alle classifiche con “Parlami d’amore Mariù”, una mia versione moderna del classico di Vittorio De Sica. E poi “Furia”, con i suoi pro e contro...». È rimasto in contatto con i Primitives? «Con alcuni. Uno è rimasto a Roma, suona ancora. Un altro purtroppo è morto. E Pick Whiters, il batterista di origini gallesi che avevo coinvolto nei Primitives prima di venire in Italia, ha fatto carriera: era nei Dire Straits con Mark Knopfler». Torna in Inghilterra? «Qualche volta, anche se ormai l’Italia è il mio Paese. I miei genitori non ci sono più, a Oxford ho solo le mie sorelle. Ma non posso dire che l’Inghilterra mi manca. Sono arrivato qui che avevo vent’anni, e qui ho trovato la felicità». Ma l’accento non l’ha perso. «Se impari una lingua da adulto, se hai fatto le scuole in un’altra lingua, l’accento non lo perdi mai». Ha fatto anche un reality. Questione di soldi? «In tv mi chiamano spesso. E so che lo fanno soprattutto per il mio passato. Sono grato alla televisione, che oggi ha un ruolo molto più grande rispetto ai miei anni, quando erano importanti i dischi. Certo, è lavoro. Ma sono contento di aver fatto anche Grease a teatro». Le è rimasto un sogno? «Oggi faccio il padre di famiglia a tempo pieno. Da qualche anno gioco a golf, anche perchè mi piace stare in mezzo alla natura. Ma la musica, ripeto, rimane la mia passione. D’estate faccio molte serate, ogni tanto incido un disco nuovo. Ma è difficile, soprattutto in tempi di crisi, trovare chi non ti chieda solo revival». Dunque? «Dunque il sogno è quello di tornare ancora una volta, come nella mia carriera mi è già successo. Chissà...».

CERCANDO IL '68, antologia a cura di Giampaolo Borghello

“A tutti coloro che sono rimasti dalla stessa parte”. Una dedica che dice già molto, per un volume che si propone come una sorta di opera omnia su un anno, il 1968, già passato alla storia della politica, della cultura e del costume del Novecento. E che continua a produrre conseguenze anche sugli anni e decenni che viviamo, a distanza ormai di quasi mezzo secolo da una stagione che rivoluzionò il mondo contemporaneo. “Cercando il ’68”, antologia a cura di Giampaolo Borghello (edizioni Forum, pagg. 1249, euro 39,50), già nella mole ma tutto sommato anche nell’approccio, è un volume enciclopedico. Mette in fila cronache e documenti, memorie e analisi dell’anno della contestazione. Un anno sempre attuale, per tutti, a partire da chi c’era e ne ha condiviso gli ideali, passando per chi lo ha avversato ieri come ne snobba il ricordo oggi, per finire ai tantissimi che ne hanno solo sentito parlare, dai genitori, sui libri, sui giornali, nelle varie e ricorrenti e troppo spesso retoriche celebrazioni. L’antologia, divisa in una ventina di sezioni tematiche, si rivolge e serve agli uni e agli altri. Accostando analisi e interpretazioni, ricordando il contesto storico e politico sia italiano che internazionale (“Da Berkeley a Parigi, da Varsavia e Città del Messico: il ’68 nel mondo”), proponendo documenti della rivolta universitaria. E l’autunno caldo, la strategia della tensione, il rapporto fra il Pci e i gruppi extraparlamentari. Non manca un ragguaglio sui mille dibattiti sull’eredità del fatidico anno, con attenzione ai “luoghi del Sessantotto: le aule, le assemblee, le occupazioni, i “controcorsi”, i cortei. E poi il femminismo, la musica, le canzoni, il modo di vestire (nel capitolo “L’ultimo tailleur e il primo eskimo: come vestivamo”), le barbe e i capelli lunghi... Anni di ricerche, migliaia e migliaia di documenti consultati sono la miglior garanzia della serietà del lavoro di Borghello, veronese classe 1946, per anni docente di letteratura italiana e direttore del dipartimento di italianistica all’Università di Udine. E udinese è anche l’editrice Forum. «Un’antologia - scrive l’autore - pensata in primis per i giovani, per tutti gli studenti, per i curiosi e (naturalmente) per chi c’era...». E non tutti sono rimasti dalla stessa parte.

venerdì 25 aprile 2014

ARMANDO CORSI CANTA TENCO oggi a staranzano, gorizia

“Se stasera siamo qui, Armando Corsi suona Luigi Tenco”. È il titolo del progetto nato dall’incontro fra il chitarrista genovese e la famiglia del cantautore suicida al Festival di Sanremo del 1967. Tre serate nel Friuli Venezia Giulia - ieri a Moimacco, oggi alle 18 alla sala teatro Pio X di Staranzano, domani a Osoppo - dalle quali verrà tratto un disco registrato dal vivo. Corsi ha alle spalle una carriera di tutto rispetto, con due perle: il duo con Paco De Lucia e la lunga collaborazione, in sala d’incisione e dal vivo, con Ivano Fossati. Una carriera cominciata negli anni Sessanta nella sua Genova, fra vecchie osterie e l’eco lontano delle musiche, dei suoni, delle atmosfere sudamericane. Proseguita lungo tanti concerti, diversi progetti discografici (da citare soprattutto “Itinerari”, pubblicato nel 1995, e “Duende”, con Beppe Quirici ed Elio Rivagli, nel 2002), le citate collaborazioni importanti. Dopo tanti incroci artistici (da Bruno Lauzi fino ad Anna Oxa e Samuele Bersani), da segnalare la fertile collaborazione con la cantautrice ligure Maria Pierantoni Giua, in arte semplicemente Giua: l’album “TrE” e lo spettacolo “L’arte (h)a peso: per ridare peso all’arte”. Ora, a sessantasette anni suonati, Armando Corsi ha deciso finalmente di dedicarsi all’opera e al ricordo di Tenco, di cui era stato amico. Rivitalizzando brani inediti, lettere alla madre e ai familiari, liriche, appunti, ricordi... Materiale che apre uno squarcio sul mondo intimo e familiare del cantautore, e che troverà spazio nel libretto che sarà allegato al cd. Il progetto “Se stasera siamo qui” (citazione di un classico del cantautore scomparso, quella “Se stasera sono qui” portata al successo da Wilma Goich) nasce da un incontro tra l’artista e la famiglia Tenco, che sarà presente con alcuni suoi rappresentanti in questi concerti nel Friuli Venezia Giulia. Con Armando Corsi, in questo mini-tour, coordinato dal Folk Club Buttrio di Marco Miconi, un gruppo che unisce idealmente Nordovest e Nordest: la voce recitante della genovese Giada Carozzino, la voce e la chitarra di Luca Giugno (alessandrino come Tenco), il contrabbasso del brasiliano Edu Hebling, e dal Friuli Venezia Giulia il pianoforte di Bruno Cesselli e le percussioni di UT Gandhi. Informazioni al 348-8138003 o su infofolkclubbuttrio.it.

mercoledì 23 aprile 2014

DISCHI, PINO SCOTTO, Vuoti di memoria

L’ex cantante e frontman dei Vanadium, rockettaro stagionato e indomito, stavolta si dedica alla canzone d’autore italiana dei decenni passati. Dieci cover, rilette alla sua maniera, e due inediti: “La resa dei conti (kiss my ass)” e “Rock’n’roll core”. Per un album che arriva a due anni di distanza dal precedente “Codici kappao” e fa convivere perfettamente la sensibilità rock e la tradizione della canzone. «Io sono cresciuto ascoltando anche musica che non è solamente rock - spiega Scotto, campano, classe 1949 - e dico sempre ai ragazzi di ascoltare tutta la musica e poi casomai di scegliere il proprio genere preferito». Fra i brani: “Il chitarrista” di Ivan Graziani, “E se ci diranno” di Luigi Tenco, “Povera patria” di Franco Battiato, “Svalutation” di Adriano Celentano, “È arrivata la bufera” di Renato Rascel, ma anche classici di Elvis Presley, Motörhead, Ted Nugent, Muddy Waters. Tour in partenza venerdì da Genova, tappa regionale il 2 agosto a Codroipo.

DISCHI, PAOLO NUTINI, Caustic love

Scozzese, classe 1987, Paolo Nutini deve nome e cognome al padre di origini toscane. Pubblica “These streets” nel 2006, appena diciannovenne, e si fa subito notare per la voce nera e già adulta. Per il secondo album aspetta tre anni, s’intitola “Sunny side up” e l’attesa è tale che debutta direttamente al primo posto in classifica e alla fine del 2009 risulta uno degli album più venduti nel Regno Unito. Sono passati altri cinque anni, a dimostrazione del fatto che il ragazzo non è uno che si fa prendere dalla fretta, in un mondo dove tutto sembra ostaggio della velocità e della fretta, e questo nuovo “Caustic love” (Atlantic Records) potrebbe essere il disco del definitivo salto di qualità, il lavoro in grado di trasformare un ragazzo di belle speranze in un autentico numero uno. Registrato fra Valencia e Londra, Glasgow e gli Stati Uniti, anticipato due mesi fa dal singolo “Scream (Funk my life up)”, presentato anche al Festival di Sanremo, l’album profuma di anni Settanta, di musica nera, di roba buona. Suona molto vintage, insomma, e ciò finisce per diventare un pregio in un mondo, come quello della musica contemporanea, che sembra costretto a pescare sempre nello scrigno del passato le proprie cose migliori. Nutini (gli inglesi pronunciano: “Nadini”...) canta soul che sembra uscito da un catalogo della Motown o della Stax Records, richiama le lezioni immortali di James Brown e Marvin Gaye, a tratti ricorda persino il primissimo Joe Cocker. La sezione di fiati opportunemente inserita fa il resto. Merito del babbo toscano, che da ragazzino gli ha fatto ascoltare ore e ore di buona musica anglosassone dei decenni Sessanta/Settanta. Il disco è scritto, arrangiato, suonato e cantato come meglio non potrebbe. Ascoltare per credere una ballatona come “Better man”, le tentazioni funky di “Scream”, il duetto con Janelle Monea in “Fashion”, un piccolo capolavoro come “Iron sky” (con tanto di citazione chapliniana infilata fra eleganti cadenze psichedeliche). Qualcuno ha storto il naso dinanzi ai frequenti cambi di stile, atmosfera e direzione fra un brano e l’altro. Ma è una versatilità che a nostro avviso non disturba, anzi, rendendo l’album più vario e gradevole. E Nutini dimostra la personalità giusta, quasi da bluesman navigato, a dispetto della giovane età, per condurre l’ascoltatore per mano fra i vari episodi. L’artista italo scozzese torna nella “sua” Italia a luglio. Debutto il 16 da Genova, poi varie tappe, fra cui il 17 a Piazzola sul Brenta, Padova, per l’Hydrogen Festival. Ha promesso che prima o poi si mette d’impegno e impara l’italiano...

martedì 22 aprile 2014

VEN E SAB TRIBUTO SPRINGSTEEN a trieste

L’altra sera Bruce Springsteen ha suonato a Nashville, stasera il suo tour fa tappa a Pittsburgh, sabato sarà ad Atlanta, poi il primo maggio a Tampa, il 3 a New Orleans, il 6 a Houston... Il suo “Wrecking ball tour” va ancora alla grande oltreoceano, insomma, e le possibilità di rivederlo dalle nostre parti esitono ma non sono immediate. Le voci sul web parlano infatti della possibilità di un concerto del Boss a Bologna a fine 2014 e di un paio di date, fra giugno e settembre 2015, a Milano, in occasione dell’Expo. Vedremo se alle voci seguiranno gli annunci ufficiali. Ma il popolo dei fan non si arrende facilmente. E oltre a esser pronto a rimettersi in viaggio per la tappa più vicina, che è sempre la prossima, si arrangia come può. Per esempio con la terza edizione di “Trieste Calling The Boss”, la mini rassegna organizzata dall’associazione Trieste is rock, che venerdì e sabato animerà con alcune “cover band” e vari altri artisti l’offerta musicale cittadina del prossimo week end. Si comincia appunto venerdì alle 20.30, al Café Rossetti (Largo Gaber, viale XX Settembre), con l’esibizione di Daniele Tenca & The Blues For The Working Class Band, preceduta dal tributo acustico ed elettrico di alcuni musicisti triestini e regionali alla sterminata produzione springsteeniana. Tenca è cresciuto con il mito di Bruce, omaggiato con la “cover band” denominata non a caso Badlands. Tanti concerti, vari album, fino a “Wake up nation”, suo terzo disco solista pubblicato lo scorso anno. Sabato, sempre alle 20.30, ci si sposta di duecento metri e ai Macaki (sempre in viale XX Settembre), tocca alla performance della Spring Street Band di Torino, anch’essa preceduta dalla seconda parte del tributo acustico ed elettrico dei rocker triestini e regionali alle musiche del Boss. Il set acustico è affidato ad Andrea Cipo (BlackMambaRockExplosion, Elbow Strike), Renato Tammi (Spring Street Band), Mike Sponza con Moreno Buttinar, Daniele Moretti (Klame) con Dario Calandra (Soundrise), One Time Band. Il set elettrico vede invece schierati Roy Force One e Ressel Brothers, oltre ai citati Daniele Tenza & The Blues For The Working Class Band. Per quanto riguarda la “tribute band” torinese, è formata da otto elementi, fra cui spiccano una voce “alla Springsteen anni Settanta”, un’accoppiata pianoforte e organo Hammond che sono un autentico omaggio alla E Street Band, e un sax che si ispira al Clarence Clemons degli anni Settanta/Ottanta. Entrambi i concerti sono a ingresso gratuito. Ma non è finita qui. In mezzo, fra le due serate, nella giornata di sabato sono infatti previsti alle 12 un “pranzo rock’n’roll” all’osmiza Ferfoglia di via Moreri (Piscianzi) e alle 18 un aperitivo altrettanto rock a El Covo de Jameson (via Paduina 9) con il chitarrista milanese Carlo Ozzella assieme al sassofonista Claudio Lauria (dettagli e informazioni sul sito dell’associazione Trieste is rock: www.triesteisrock.it). Il benemerito sodalizio ricorda anche che sono in corso le prevendite dei biglietti per il concerto che la cantante Dana Fuchs terrà il 7 maggio ai Macaki (apertura della serata affidata al gruppo degli Wind).

mercoledì 16 aprile 2014

BASSEKOU KOUYATE, dal Mali a Trieste

Si è imposto negli ultimi anni come uno dei protagonisti più importanti della fertile scena musicale africana. Bassekou Kouyate - che domani alle 21 si esibisce a Trieste, al Teatro Miela, assieme al suo gruppo Ngoni Ba - arriva dal Mali e recentemente si è aggiudicato vari premi internazionali, fra cui due Bbc3 Awards: per il miglior album nella categoria “world music” per il disco “Segu Blue” e come miglior artista africano. «A casa ho respirato musica sin da piccolo - spiega il musicista, classe 1966 -, erano infatti musicisti mio padre, mio nonno e mio bisnonno. Io ho imparato da mio padre. E ora insegno ai miei figli. La tradizione di famiglia continua, insomma». La musica del Mali? «La musica dei griots (sorta di poeti e cantori che tramandano la cultura popolare - ndr) ha molta forza da noi perché sono loro che hanno sempre avuto la prerogativa della musica. Sono anche dei punti di riferimento per la gente: quando emergono problemi, o in caso di guerre, è a loro che ci si rivolge. Sono considerati dei saggi a cui chiedere consiglio». Quando ha scoperto la musica occidentale? «Quando ho cominciato a lavorare con Toumani. Con lui sono partito per il Belgio nel 1989. Era la prima volta che uscivo dal mio paese ed è stato uscendo che ho cominciato ad ascoltare anche la musica occidentale». Dall’Europa agli Stati Uniti. «Sì, nel 1990. Gli americani volevano sapere da dove deriva il banjo. Ci sono andato per presentare lo “ngoni” e mostrare che il banjo deriva dallo “ngoni”. È là che sono entrato in contatto con Taj Mahal, Bela Fleck, Bonnie Raitt e molti altri, molti dei quali suonatori di banjo». Lo “ngoni” è il vostro “strumento nazionale”. «Sì, è un liuto a tre o quattro corde costituito da una piccola zucca allungata sulla quale è montata una pelle di capra. Io l’ho trasformato in strumento solista, aggiungendo delle corde per ampliarne le potenzialità e sperimentando anche le sue possibilità elettriche». Blues e jazz? «Vengono dalla mia musica. In particolare dalla mia regione, la quarta regione del Mali, il blues viene proprio da lì. Quando ascolti la musica del mio bisnonno, di mio nonno e i blues americani del Mississippi ti accorgi che sono la stessa cosa. Sono gli afroamericani che hanno portato il blues e il jazz oltreoceano: settecento anni fa hanno lasciato l’Africa e hanno portato in America anche il n'goni, che poi è diventato il banjo». Carlos Santana? «L'ho conosciuto all'Africa Fête, un evento organizzato negli Stati Uniti al quale abbiamo partecipato io, Toumani, Baaba Maal. Abbiamo fatto una tournée con Taj Mahal negli Stati Uniti, con molte date in molti stati diversi. Quando siamo arrivati a Los Angeles, c'era Santana: lo abbiamo invitato sul palco e quella è stata la prima volta che abbiamo suonato tutti insieme. Quello è stato il primo contatto con Carlos Santana». Il pubblico occidentale? «È diverso da quello africano. Il pubblico del Mali conosce la mia musica, conosce le parole che si usano nei nostri canti, nella nostra lingua. Tutti le conoscono. Il pubblico occidentale ascolta le armonie, è attratto dal fascino della musica. Ovviamente non capisce i testi». Conosce l’Italia? «Vi sono già stato con la mia band, ho suonato in vari festival. Purtroppo non conosco molti musicisti italiani, comunque adoro il vostro Paese, il vostro cibo, la pasta...». Cosa suona a Trieste? «Una musica incredibile, come la gente non ha mai sentito. E sono felicissimo perché sono con mia moglie e i miei figli, è la prima volta che suono anche con loro. Suoneremo la musica africana, la musica del Mali. E sarà una sorpresa per tutti. La mia è musica universale...».

SWEDISH HOUSE MAFIA al cinema (14-4)

Quasi due milioni di album e oltre sei milioni di singoli venduti in tutto il mondo, circa 160 milioni di visualizzazioni del loro maggior successo “Don’t you worry child”, primo posto nelle classifiche dei singoli in ben 45 paesi, primo gruppo electro-dance a suonare al Madison Square Gardens di New York (dicembre 2011, biglietti tutti esauriti nel tempo record di nove minuti). Questo e tante altre cose ancora sono gli Swedish House Mafia, il gruppo svedese formato da tre dj e produttori - Axwell, Steve Angello e Sebastian “Seb” Ingrosso - scioltosi un anno fa dopo l’ultimo concerto all’Ultra Music Festival di Miami. Oggi, nelle sale cinematografiche di mezzo mondo (a Trieste alle Torri, a Udine a Pradamano), i fan potranno consolarsi con il docu-film “Leave the world behind”, che racconta il loro ultimo tour mondiale. Il regista Christian Larson ha creato un mix fra immagini del concerto, backstage e momenti privati dei tre protagonisti. Il film racconta il mondo, la psicologia della band, che ha scelto di sciogliersi - caso più unico che raro - nel momento di maggior successo. Gli Swedish House Mafia avevano debuttato nel 2007 con il singolo “Get dumb”, cui è seguito due anni dopo proprio quella “Leave the world behind” che ora ha dato il titolo al film. Il grande successo arriva nel 2010 con “One”, poi rilanciata dalla nuove versione con il rapper Pharrell, intitolata “One (Your name)”. Le prime classifiche di vendita scalate sono quelle olandesi e dei Paesi bassi. L’album di debutto, “Until one”, non fa che consacrare un successo che è già nei fatti. Nel 2011 la classifica pubblicata annualmente da “Dj Magazine” li vede al decimo posto fra i cento migliori dj al mondo. E l’anno dopo il singolo “Save the world” ha ricevuto una nomination per i Grammy Awards 2012 nella categoria “Best dance recording”, bissata un anno dopo con “Don’t you worry child”. L’album “Until now” esce nell’ottobre 2012. Il resto è questo film, le cui anteprime negli Stati Uniti, in Australia e in Inghilterra si sono trasformate in degli autentici “rave party”.

martedì 8 aprile 2014

BOB GELDOF, NUOVA TRAGEDIA: MUORE LA FIGLIA PEACHES

Ancora una tragedia nella vita di Bob Geldof, sessantaduenne musicista e attivista irlandese, famoso soprattutto per il concerto benefico Live Aid. La figlia Peaches Honeyblossom Geldof, venticinque anni, nata a Londra nell’89, è morta misteriosamente nella sua villa alle porte di Wrotham, nella contea sud-orientale inglese del Kent. Secondo la polizia britannica, il decesso della giovane donna è avvenuto “all’improvviso” e per ragioni al momento “inesplicabili”. La madre di Peaches, la giornalista rock Paula Yates, era morta nel settembre del 2000, a quarantuno anni, stroncata da un’overdose di eroina. La nonna paterna era morta anni prima per un’emorragia cerebrale. E a livello di “famiglia allargata”, nel ’97 si era suicidato Michael Hutchence, cantante degli Inxs e nuovo compagno della Yates, dopo il divorzio nel ’96 da Geldof. Peaches era la secondogenita del musicista, che ha altre due figlie: Fifi Trixibelle di 31 anni e Little Pixie di 23. Ha inoltre ottenuto la custodia di Tiger Lily, nata dall’unione dell’ex moglie con Hutchence. La donna era sposata con Thomas Cohen, cantante degli Scum. Lascia due bambine: Astala e Phaedra, entrambe in tenera età. In precedenza Peaches era stata sposata con il musicista Max Drummey, con il quale nel 2009 aveva lasciato l’Inghilterra per trasferirsi a New York, ma i due si erano separati a soli sei mesi dalle nozze. Lavorava come dj e modella, ed era spesso ospite di programmi televisivi. Era molto attiva nel modno della moda e partecipava spesso alle sfilate. Aveva cominciato a lavorare nel mondo della comunicazione a quindici anni, come collaboratrice del magazine “Elle”. A sedici anni già scriveva per il Telegraph e il Guardian. Successivamente aveva partecipato a vari programmi televisivi, come “Omg with Peaches Geldof” su Itv. «Peaches è morta. Siamo distrutti dal dolore», ha scritto Bob Geldof in un comunicato. «Era la più sfrenata, divertente, intelligente, arguta e fuori di testa fra tutti noi. Scrivere “era” mi distrugge. Che grande figlia. Come è possibile che non la vedremo più? Come può essere sopportabile?» Peaches era rimasta segnata dalla morte della madre. «Ricordo il giorno in cui mia madre morì - aveva detto in un’intervista - e per me è ancora difficile parlarne. Il giorno dopo fui costretta ad andare normalmente a scuola perché la mentalità di mio padre è: manteniamo la calma e andiamo avanti. Così andammo tutti a scuola cercando di comportarci come se non fosse successo nulla, ma era successo. Non provavo dolore. Non piansi ai funerali. Non ero in grado di esprimere alcun sentimento, ero completamente stordita. Solo intorno ai sedici anni ho iniziato a soffrire davvero».

venerdì 4 aprile 2014

domani sabato ROCK IN MOUNTAIN a pramollo, HOUSE OF LORDS a trieste

Di giorno in montagna, la sera in città. Data da segnare sul calendario, quella di domani, per la benemerita associazione culturale Trieste is rock ma anche e soprattutto per il pubblico dei musicofili. Dalle 10.30 alle 16, a Passo Pramollo, va in scena la prima edizione di “Rock the mountain”, piccolo grande festival che vedrà esibirsi in alta quota quattro band triestine: Brazos-Black Suit Trio (rockabilly), Mike Sponza Band (blues), Sticky Fingers (tributo ai Rolling Stones) e Black Mamba Rockexplosion. Suoneranno a Troglplatz-Schneemann, in Austria, da dove partono le due principali seggiovie, a due ore di automobile da Trieste. Ingresso gratuito. Ma, come si diceva, la giornata ha anche un’appendice serale. Alle 21, a Trieste, ai Macaki di viale XX Settembre, concerto degli americani House of Lords, che presenteranno il nuovo album “Precious metal”. Il gruppo è sorto venticinque anni fa sulle ceneri dei Giuffria (dal tastierista Gregg Giuffria, di chiare origini italiane), grazie all’intuizione del batterista dei Kiss, che li scritturò per la sua etichetta pubblicando il loro omonimo album di debutto. Il successo fu subito notevole, tanto che la band suonò in tour con gente del calibro di Cheap Trick, Ozzy Osbourne e Scorpions. E venne bissato dagli album “Sahara” (’90)e “Demons down” (’92), prima dello scioglimento del gruppo. Poco meno di un decennio di strade separate, e nel 2002 ecco la reunion, con l’album “The power and the myth”, pubblicato fra l’altro dall’etichetta italiana “Frontiers Records”. Da allora tanti concerti in giro per il mondo, ancora qualche album (“Come to my kingdom”, 2008; “Cartesian dreams”, 2009; “Big money”, 2001), fino alla recentissima pubblicazione, due mesi fa, di “Precious metal”. Ora arrivano a Trieste, in una serata rock che sarà aperta dagli Sweet Lorraine, “tribute band” degli Uriah Heep capitanata dal tastierista triestino Alex Falcone, e dagli scozzesi Estrella. Altre info su www.triesteisrock.it.

MANU CHAO a fine giugno a trieste

Manu Chao a Trieste a fine giugno, quasi sicuramente nell’ultimo week end del primo mese d’estate. La data cadrà pochi giorni dopo il concerto dei Pearl Jam allo Stadio Rocco (domenica 22 giugno) e una decina di giorni prima dell’appuntamento in piazza Unità con John Fogerty, già leader dei Creedence Clearwater Revival (mercoledì 9 luglio). Insomma, un’altra stella si aggiunge alla stagione musicale triestina e regionale. L’ufficializzazione, con tutte le informazioni utili, si avrà oggi. Ma possiamo anticipare che il concerto dell’ex cantante dei Mano Negra dovrebbe svolgersi sul Carso triestino, a Borgo Grotta Gigante, nella stessa area che ospita il festival “Gu›a sul Carso”, ma al di fuori di quella che con il passare degli anni è diventata la più importante rassegna balkan in Italia (e che venerdì 16 maggio ospita la “notte reggae” con l’italo-giamaicano Alborosie). Manu Chao aveva già suonato nel Friuli Venezia Giulia nell’estate 2001, al No Borders Music Festival di Tarvisio. Lo scorso anno ha tenuto due concerti in Italia, a Bologna e a Gallipoli, tornando nel nostro Paese dopo un’assenza pluriennale. Quest’estate, il suo progetto “La Ventura” prevede in Italia per ora solo la tappa triestina, ma è possibile che altre si aggiungano nelle prossime settimane. Vero nome José Manuel Thomas Arthur Chao, classe 1961, parigino di origini spagnole, l’artista è conosciuto in tutto il mondo come interprete “meticcio” di musica folk e latinoamericana. È stato la voce dei Mano Negra (“Patchanka” nell’88, altri album fino al ’94), storico gruppo francese che lanciò il rock latino, mischiando il punk stile Clash con i ritmi sudamericani. “Clandestino”, con le sue quattro milioni di copie vendute, nel ’98 lo impose anche come solista. Sedici canzoni innervate di ritmi messicani, brasiliani e afrocubani, che parlano di vagabondaggi musicali e non, e che sono diventate popolarissime fra i giovani di mezzo mondo negli anni a cavallo fra il vecchio e il nuovo millennio. L’album finì anche in testa alle classifiche di vendita italiane: evento raro per un artista francese (come lui soltanto Charles Aznavour nel ’71, i Gipsy Kings nel ’94, Daft Punk nel 2013, poche settimane fa Stromae). Ma il grande successo musicale di Manu Chao ha anche un’anima politica, visto che il nostro è diventato un’icona dei giovani impegnati e del cosiddetto “popolo di Seattle”. Nel Centro e Sud America, peruviani, boliviani, ecuadoriani, messicani lo considerano invece una sorta di “Bob Dylan latinoamericano”, oltre che un interprete delle loro rivendicazioni politiche e sociali. Radio Bemba è il nome di un suo recente progetto: «Un collettivo a geometria variabile - ha spiegato una volta -, visto che spazia da una persona sola, il sottoscritto, a trenta o quaranta musicisti di ogni genere e tipo, a seconda delle esigenze e delle ispirazioni del momento». Con quel gruppo, anni fa, il nostro ha partecipato al programma tv “Francamente me ne infischio”, di Adriano Celentano. Per cui nel 2011 ha scritto il brano “Non so più cosa fare”. I suoi dischi più recenti sono “La radiolina” (2007), “Politik kills (Remixes)” (ep, 2008), “Estación México” (2008, registrato dal vivo e uscito solo in Centro America), “Radio La Colifata” (2009, registrato in radio in Argentina a fini benefici), “Baionarena” (2009, “live”)

STASERA VEN LIGABUE A LATISANA

Se non è un record, poco ci manca. Tutti e duemilaseicento biglietti disponibili venduti, e non “on line”, in un solo giorno. Latisana e il Friuli Venezia Giulia aspettano così Ligabue, che domani alle 21, nel palasport della città friulana, terrà l’unico concerto regionale del suo “Mondovisione Tour - Piccole Città 2014”, cominciato poche sere fa dalla sua Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Dove il Liga ha detto: «Ho proprio voglia di portarlo in giro questo “Mondovisione”, per cui comincio da qui, da Correggio, con un concerto nel palasport in cui ho cantato più di vent’anni fa, per poi suonare in altri piccoli palazzetti in altre piccole città. Per poi passare agli stadi. E poi in Europa e nel mondo. A presto». Dopo Latisana - che con le sue duemilaseicento presenze sarà la data più affollata, visto che gli altri palasport hanno una capienza che non supera i duemila posti - il tour toccherà domenica Riccione, l’8 San Benedetto del Tronto, il 10 Colle Val D’Elsa (Siena), il 12 Foligno, il 14 Frosinone, il 16 Potenza. Una sorta di rodaggio per il tour vero e proprio, quello negli stadi, che sarà il 30 e il 31 maggio all’Olimpico di Roma; il 6 e 7 giugno a San Siro a Milano; l’11 e 12 giugno al Massimino di Catania; il 12 luglio all’Euganeo di Padova; il 16 al Franchi di Firenze; il 19 all’Adriatico di Pescara; il 23 luglio all’Arechi di Salerno. Con il rocker, sul palco, la band formata da Federico “Fede” Poggipollini (chitarra), Niccolò Bossini (chitarra), Luciano Luisi (tastiere e programmazioni), Michael Urbano (batteria) e Davide Pezzin (basso). “Mondovisione” (etichetta Zoo Aperto/Warner Music) è il decimo album di inediti di Ligabue, album più venduto del 2013 e premiato con cinque dischi di platino. Fra i brani più amati dell’album, “Il sale della terra”, permeata di grande amarezza. «In quella canzone - ha detto l’artista, classe 1960 - parlo dell’esercizio del potere. Andreotti diceva che il potere logora chi non ce l’ha, io dico che logora. Punto. Perché chi lo possiede ha paura di perderlo. Io non mi sono mai sentito logorato dal mio potere, soltanto affaticato. Ho avuto spesso la sensazione che si desse troppa responsabilità alla mia musica. Resto a bocca aperta quando vado ai concerti degli altri e vedo la gente che canta a memoria quasi tutte le canzoni, perché significa che queste hanno un potere enorme. Ma in fondo sono solo canzoni. Il problema è che si cerca nella musica qualcosa che la politica e la religione non danno e io questo lo trovo eccessivo, quasi aberrante...». Nel piccolo palasport di Latisana, domani sera, forse si respirerà l’atmosfera dei primissimi concerti del Liga, attorno al ’90, quando era appena uscito il suo primo album e stava cominciando la sua scalata verso una straordinaria carriera di successo. Come nella sua prima esibizione nel Friuli Venezia Giulia, in una balera di Buttrio, appunto nel ’90, già allora “ballando sul mondo”...