martedì 29 marzo 2016

VASCO ROSSI 18-6 anteprima tour a Lignano, Udine

Ora è ufficiale. E c’è anche la data. Vasco Rossi terrà la cosiddetta “data zero” del suo nuovo tour estivo, il “Live Kom 2016”, sabato 18 giugno alle 21 allo stadio comunale di Lignano Sabbiadoro. Poi, la partenza della tournèe vera e propria, che prevede per ora quattro concerti consecutivi a Roma, allo Stadio Olimpico, il 22, 23, 26 e 27 giugno. Finora le voci su un ritorno in regione del massimo rocker nazionale, seppur “solo” per una sorta di anteprima del tour, si erano accavallate soprattutto sul web, nell’eccitazione mista a impazienza dei fan, desiderosi di una conferma. Che finalmente è arrivata ieri, con l’annuncio sull’account ufficiale Twitter del Blasco. L’accesso al concerto sarà come sempre gratuito per gli iscritti al suo fan club. Gli altri pagano. Prevendite dei biglietti da domani alle 10, su livenation.it e ticketone.it Il concerto dovrebbe seguire una decina di giorni di prove a Lignano, dove l’artista aveva già suonato due volte negli anni Ottanta. Per la regione non è la prima volta: nel 2005 Grado era stata la sede prescelta per le prove. Il sessantaquattrenne rocker di Zocca - che ha appena pubblicato il singolo “Il blues della chitarra sola” - è reduce dall’uscita nelle sale cinematografiche di “Tutto in una notte LiveKom015”: tre soli giorni, dal 14 al 16 marzo, ma da record, con duecentottanta sale occupate e soprattutto piene. Il film (che è anche un dvd) è la cronaca del concerto svoltosi il 3 luglio scorso, allo stadio San Paolo di Napoli, ripreso per l’occasione da undici telecamere puntate ovviamente su di lui, e poi sul palco, sui musicisti, sullo stadio, tra il pubblico. Prime immagini con Vasco in viaggio verso Napoli che filosofeggia: «perché la musica se la ascolti, parla...». Poi nel backstage: «quando sento fuori tutti che urlano il mio nome penso che stiano aspettando qualcun altro, che aspettano Vasco Rossi… e sto tranquillo. Perché non sono io quando sono nel camerino...». Non era comunque la sua prima volta al cinema: si pensi a “Fronte del palco” nel 1990, ma anche al più recente “LiveKom011” appunto nel 2011. Ma il flirt del Komandante con il cinema è recentemente vissuto di un altro, importante episodio. Nel settembre scorso ha infatti partecipato alla 72.a edizione della Mostra di Venezia come protagonista del film documentario diretto da Fabio Masi “Il decalogo di Vasco”. Il concerto di Vasco a Lignano sarà presentato oggi a Udine, al palazzo della Regione, dagli organizzatori con contorno di amministratori locali.

sabato 19 marzo 2016

JEFF BUCKLEY, YOU AND I

JEFF BUCKLEY “YOU AND I” (Columbia) Questa non è l’ennesima pubblicazione postuma che tenta di sfruttare l’arte e la fama di un grande artista, raschiando penosamente il fondo del barile. Nel ’93, un anno prima del successo con l’album “Grace”, il giovane figlio di Tim Buckley - anche lui morto troppo giovane... - aveva realizzato delle cover. Cover che ritornano in questo disco (la dylaniana “Just like a woman”, “Calling you” dalla colonna sonora di “Bagdad café”, “Night flight” dei Led Zeppellin, “Everyday people” di Sly & The Family Stone, “I know it’s over” e “The boy with the thorn in his side” degli Smiths...), assieme a due brani originali registrati in quell’anno allo Shelter Island Sound Studio di Steve Addabbo e scoperti solo recentemente. Chitarra e voce emergono dal passato, più di vent’anni dopo, con la stessa folgorante forza che salutò la breve carriera del ragazzo. Morto nel maggio ’97, appena trentenne. E maledettamente troppo presto.

STADIO, MISS NOSTALGIA

Con il senno di poi, possiamo affermare senza ombra di dubbio che del Sanremo 2016, oltre alle (poche) cose segnalate un mese fa, da salvare c’era sicuramente la vittoria degli Stadio. Quasi un Oscar alla carriera, che ha premiato il gruppo nato tanti anni fa come la band di Lucio Dalla, poi affermatosi autonomamente (ma quasi sempre all’ombra di qualcuno: si pensi per esempio alle colonne sonore per i film di Carlo Verdone, o alla collaborazione-amicizia con Vasco Rossi), ma al quale in tutto questo tempo era mancata un’autentica consacrazione. La vittoria al Festival, che nelle ultime edizioni tendeva a privilegiare per il gradino più alto del podio le ragazze e i ragazzi emersi dai talent (l’eccezione: Roberto Vecchioni nel 2011, con “Chiamami ancora amore”), ha sanato questa carenza. E il nuovo album “Miss nostalgia” (Universal), prodotto da Saverio Grandi, è la ciliegina sulla torta di un tardivo risarcimento. Gaetano Curreri, leader indiscusso del gruppo, ha svelato che la canzone vincente, “Un giorno mi dirai”, emozionanti parole che un padre rivolge alla figlia ormai cresciuta e alle prese con i dolori della vita, era stata presentata - e scartata - all’edizione precedente della stessa rassegna. Testo praticamente identico, giusto qualche parola diversa, abito musicale però più povero e meno curato. Fatte le opportune modifiche, il brano è passato dalla categoria dei non ammessi a quella di canzone regina. Le strane cose della musica, e di Sanremo... Ma tutto l’album - quindicesimo in studio in trentacinque anni di carriera - è testimonianza di un gruppo che vive un suo autentico stato di grazia. Gli Stadio non scimmiottano le mode del momento, non giocano “a fare i giovani”, non strizzano l’occhio alle tendenze più aggiornate, senza le quale sembra quasi che un disco non possa passare per radio e tantomeno finire in classifica. Loro sono quello che sono, ci tengono a una sorta di riconoscibilità che però non significa restare sempre uguali a se stessi, nè essere refrattari al cambiamento, alle idee nuove, alla contemporaneità. Da segnalare in “Noi come voi” il sax originale di Lucio Dalla. Senza il quale, molto probabilmente, gli Stadio non sarebbero mai diventati tali. Visto che il nome stesso della band pare sia stata una delle tante, brillanti idee dell’artista scomparso quattro anni fa. E c’è anche Vasco, con una piccola - ma fondamentale... - parte vocale in “Tutti contro tutti”. Fra gli altri brani: “Ti sto ancora cercando”, “Rimini”, “Copriti che fuori piove”, “Anna che non si volta” e la canzone del titolo. La band è nel frattempo partita in tour. Data per ora più vicina, il 4 aprile a Padova.

sabato 12 marzo 2016

ADDIO A KEITH EMERSON

Keith Emerson, il virtuoso mago delle tastiere rock, già leader del leggendario trio Emerson Lake & Palmer, è morto ieri nella sua villa a Santa Monica, in California. Il musicista, che aveva settantuno anni, secondo quanto lasciano trapelare gli inquirenti, si sarebbe suicidato. Era considerato uno dei migliori pianisti della storia del rock, sapiente innovatore nell’uso dell’organo Hammond e dei sintetizzatori Moog. Nato a Todmorden, nello Yorkshire inglese, il 2 novembre 1944, Keith Noel Emerson - questo il suo nome completo - era poi cresciuto con la famiglia nel Sussex, dove cominciò a coltivare sin da ragazzo la sua passione per il pianoforte. Alternando l’ascolto delle big band americane a quello di classici come Bach e Prokof'ev, ma anche di jazzisti del calibro di Dave Brubeck e Art Tatum. Dopo alcune esperienze giovanili proprio nel jazz, forma il primo gruppo chiamato T-Bones, ma è solo nel ’67 che ottiene successo e popolarità con i Nice. La caratteristica? Neanche a dirlo: mischiare il rock con la classica, senza dimenticare l’amato jazz. Soprattutto grazie alle sue tastiere la band diventa una delle punte di diamante dell’allora nascente rock progressive. Memorabile una loro versione di “America”, di Leonard Bernstein. Il gruppo si scioglie, escono un album dal titolo “Keith Emerson with the Nice” e l’insuperato “Elegy”. Ma è tempo di supergruppi. Il nostro si unisce a Greg Lake (cantante, bassista e chitarrista proveniente dai King Crimson) e Carl Palmer (batterista già con gli Atomic Rooster). Nascono Emerson Lake & Palmer, che in breve diventano uno dei più importanti e amati gruppi di rock progressive degli anni Settanta. Primo album omonimo nel ’70, segue “Tarkus”, terzo capitolo “Pictures at an exhibition” (ispirato ai quadri di Musorgskij, di cui esiste anche il film del concerto). E ancora “Trilogy”, “Brain Salad Surgery”, “Welcome Back My Friends”... È soprattutto dal vivo che si svela il virtuosismo di Emerson, che ha un rapporto quasi fisico con le sue tastiere, paragonabile a quello che pochi anni prima Jimi Hendrix aveva con la sua chitarra elettrica. Nei concerti l’artista - che è anche il primo a suonare dal vivo un Moog, strumento realizzato appositamente per lui dall'ingegnere elettronico statunitense Robert Moog, che precedentemente era stato usato soltanto in studio di registrazione - si presenta circondato da un autentico muro di tastiere. Che accarezza, percuote, rovescia. Senza rinunciare a far emergere le sue doti tecniche e le basi classiche. Alla fine degli anni Settanta, dopo aver venduto milioni di dischi e tenuto tournèe milionarie in giro per il mondo, il gruppo di scioglie. Per Emerson carriera solista, qualche colonna sonora (fra cui per il film “Inferno”, di Dario Argento), tentativi di reunion con gli ex compagni, qualche tour e alcuni dischi. La reunion vera arriva nel ’92: album e tour mondiale. Ma si vive soprattutto sugli allori. Negli anni Novanta un periodo di profonda crisi, il divorzio, il trasferimento negli Stati Uniti. Il resto è discesa. Ma se n’è andato un grandissimo.

giovedì 10 marzo 2016

SCOTT MATTHEW domani ven a Trieste, teatro Miela

C’è anche Trieste, fra le cinque tappe del nuovo breve tour italiano di Scott Matthew. Il cantautore australiano d’origine (è di Queensland) e newyorkese d’adozione sarà infatti venerdì al Teatro Miela, per un concerto che avrà inizio alle 21.30, nell’ambito della rassegna “Miela Music-Live”. In questo tour Matthew - che l’estate scorsa ha partecipato al Vasto Siren Festival 2015 - presenterà i brani dell’album “This here defeat”, pubblicato un anno fa, a dieci anni dal film “Shortbus” che lo impose all’attenzione del grande pubblico come autore della colonna sonora ma anche come attore. Ma facciamo un passo indietro. Prima del ’97, anno del trasferimento a New York, il musicista aveva animato vari gruppi rock australiani, formando fra l’altro i Nicotine, molto attivi per qualche tempo a Sydney e dintorni. Arrivato nella Grande Mela, fra il 2001 e il 2006 aveva fatto parte della band di pop alternativo Elva Snow, da lui fondata assieme a Spencer Cobrin (ex Morrissey). Ma l’affermazione è arrivata da solista. L’anno scorso “This here defeat” lo ha confermato figura di spicco del panorama musicale internazionale, dopo i quattro album precedenti. Il primo, intitolato semplicemente con il suo nome e cognome, era uscito nel 2008: un esordio che non era passato inosservato. Appena un anno dopo, nel 2009, è arrivato l’album “There is an ocean that divides”. E poi, nel 2011, è stata la volta del terzo lavoro, intitolato “Gallantry’s favorite son”. Il quarto disco, “Unlearned”, era dedicato a una lettura molto originale di brani di altri artisti. Il tour italiano di Scott William Matthew (questo il suo nome completo) avrà inizio martedì a Milano, proseguirà mercoledì a Firenze, e - dopo la tappa triestina di venerdì - si concluderà sabato a Padova. In questi concerti l’artista sarà accompagnato da Sam Taylor al violoncello e Juergen Stark alla chitarra. Per la serata al Miela, informazioni e prevendite su www.miela.it e www.vivaticket.it

sabato 5 marzo 2016

MAX GAZZE' 8-7 a Udine

“Maximilian” è il suo nuovo album. L’attuale tour è di quelli praticamente “senza fine”: nei teatri in queste settimane, nelle capitali europee a maggio (Madrid, Parigi, Amsterdam, Londra, Dublino, Berlino...), di nuovo in Italia quest’estate. Con una tappa anche nel Friuli Venezia Giulia, l’8 luglio al Castello di Udine. Lui è ovviamente Max Gazzè, cantautore e musicista molto particolare, che in vent’anni di carriera (l’album di debutto, “Contro un’onda del mare”, è stato pubblicato nel ’96) ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nella scena musicale di casa nostra, con “escursioni” europee, discografiche e dal vivo, di un certo livello. Romano di origini siciliane, classe ’67, Gazzè ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza in Belbio. Proprio a Bruxelles ha cominciato come bassista nel gruppo acid jazz “4 Play 4”. Tornato a Roma nel ’91, collabora con Frankie Hi-Nrg Mc, Alex Britti, Niccolò Fabi e soprattutto Daniele Silvestri. Con quest'ultimo in particolare Max si dedica a lunghi e proficui scambi. Dal ’96 in poi, come detto, la carriera solista. Che lo ha visto spaziare dagli ambienti off della capitale al successo di un album come “La favola di Adamo ed Eva” (’98), fino al Festival di Sanremo, al quale ha partecipato nel ’99 fra i giovani e nel 2008 e nel 2013 fra i big. Del nuovo album ha detto: «”Maximilian” è frutto di un’immaginazione: è una presenza, è l’alter ego di Max Gazzè. Mi è apparso mentre sperimentavo con i sintetizzatori modulari a casa: a un certo punto un insieme di frequenze è esploso: boom! Maximilian è una figura che nasce da un momento di sperimentazione, quindi ho immaginato che un giorno questo Maximilian si impossessi di me e faccia dei dischi sperimentali. Nel frattempo, avevo nel cassetto 28 canzoni e mi sono detto: “devo lavorarci prima che sia troppo tardi”. Ne ho scelte dieci per il disco. Ho creato un equilibrio tra i pezzi più pop, quelli più ricercati, quelli più progressive, che al di là del filo conduttore, che non c’è, avessero un senso...». I biglietti per il concerto udinese dell’8 luglio saranno in vendita da oggi sul circuito Ticketone (info su www.azalea.it).

giovedì 3 marzo 2016

TARM DUETTANO CON JOVANOTTI

“Inumani”, il nuovo album dei Tre Allegri Ragazzi Morti, esce l’11 marzo. Ma c’è già una notizia che ha fatto il giro del web, sorprendendo i fan “duri e puri” della band pordenonese. Nel primo singolo tratto dal disco, assieme a quella di Davide Toffolo (cantante, musicista ma anche autore di apprezzatissime “graphic novel”) spicca l’inconfondibile voce di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Che canta: «Qualcuno vuol farsi vedere, qualcuno si nasconde, in questa grande città che tutto il mondo conosce...». Il riferimento del brano “In questa grande città” è ovviamente a Milano, che nel coro diventa “la capital benvestida”. L’apparentemente strana relazione fra l’artista e la band nata nel ’94 risale almeno all’estate 2011, quando lo spilungone con l’erre moscia chiese ai “tre mascherati” di aprire i suoi concerti del tour negli stadi. «Poi lo scorso ottobre - ha spiegato Toffolo in un’intervista -, quando abbiamo suonato a New York, ci siamo visti di nuovo e ci ha detto che avrebbe voluto fare i cori su tutto il disco. Alla fine ha cantato in due brani e sulla cumbia si è esaltato. È stato molto generoso: è venuto un giorno in studio a Milano proprio durante il tour, tra il concerto di Zurigo e quello di Brescia. Una cosa che pochi farebbero e ci siamo divertiti davvero molto, è stata una bellissima giornata...». Per i Tarm, l’album segna la conclusione di una trilogia che era cominciata con il disco “Primitivi del futuro”, pubblicato nel 2010, e proseguita due anni dopo con “Nel giardino dei fantasmi”. Toffolo, il bassista Enrico Molteni e il batterista Luca Masseroni erano partiti con l’esplorazione di suoni e atmosfere lontani dal rock e dall’Occidente, a cominciare innanzitutto dal reggae. Un mondo da cui i tre erano attratti sin dai tempi delle loro prime frequentazioni al Rototom, quando il festival di Filippo Giunta non era ancora stato scacciato dal Friuli per riparare nella più accogliente Spagna. E ora, in questo “Inumani” («Questo è un momento di passaggio: la tecnologia ci sta trasformando. Non siamo più umani. Non come lo eravamo...»), ancora reggae, cumbia colombiana, suoni africani, ma anche tanto rock, echi dub, tante chitarre, tanta musica popolare. “Persi nel telefono” è l’altro brano nel quale canta Jovanotti. Fra i testi, alcuni sono firmati da Vasco Brondi (“Libera”), Maria Antonietta, Pietro Alosi del “Pan del diavolo”. Tutti amici...