lunedì 27 giugno 2016

TRIESTE LOVES JAZZ da 11 a 25-7

Il gruppo Gaia Quatro, Mike Stern assieme a Bill Evans, Shayna Steele, Dana Gillespie con il gruppo del triestino Mike Sponza, un omaggio al nostro Lelio Luttazzi. Questo e tanto altro propone TriesteLovesJazz 2016, la piccola ma ormai prestigiosa rassegna musicale che arriva quest’anno alla decima edizione.
«È un traguardo che ci riempie di orgoglio - dice con un pizzico di emozione Gabriele Centis, ideatore e patron della rassegna con la sua Casa della Musica -. Le linee guida alla base della programmazione hanno privilegiato anche quest’anno la presenza dei grandi nomi della scena jazz statunitense accanto ad artisti italiani ed europei di primissimo livello. E naturalmente moltissimi musicisti del panorama triestino e del nordest. Da non dimenticare, inoltre, i forti legami che abbiamo stabilito nel tempo, e che rinnoviamo ogni anno, con alcuni dei più importanti festival jazz europei».
Allora anche quest’anno grandi nomi e grandi numeri: ben 34 concerti, dall’11 al 25 luglio, fra piazza Verdi e il parco del Museo Sartorio, in Largo Papa Giovanni. Chiusura, come da tradizione, la notte fra il 14 e il 15 agosto, con il Concerto all’alba sul Molo Audace. Appuntamento confermatissimo, dopo il successo dell’anno scorso con il pianista Marco Ballaben.
Ma vediamo il programma nel dettaglio. Giovedì 14 luglio in piazza Verdi i Gaia Cuatro, band mezza giapponese (Aska Kaneko e Tomohiro Yahiro) e mezza argentina (Carlos Buschini e Gerardo Di Giusto): eleganza nipponica e cuore sudamericano.
Sabato 16 luglio, sempre in piazza Verdi, arriva il quartetto Biréli Lagrène (chitarra), Antonio Faraò (piano), Gary Willis (basso) e Lenny White (batteria, già con Miles Davis e Chick Corea), quasi una “all star band”. Nella stessa serata l’incontro fra la cantante Dana Gillespie (45 album in carriera, collaborazioni fra gli altri con David Bowie, già Maria Maddalena in “Jesus Christ Superstar”...) con il gruppo del chitarrista triestino Mike Sponza, formato da Moreno Buttinar alla batteria, Roberto Maffioli al basso, Michele Bonivento al piano, Giovanni Cigui al sax, Stefano Muscovi alla tromba.
Martedì 19 luglio, ancora in piazza Verdi, appuntamento con la classe di Shayna Steele, artista poliedrica che negli ultimi anni ha spaziato fra una serie tv come “The sopranos”, musical come “Jesus Christ Superstar” e “Rent”, film con John Travolta, ospitate al David Letterman Show e collaborazioni con Rihanna, Bette Midler e George Clinton. Con lei David Cook al piano, Luca Campaner alla chitarra, Nicholas D’Amato al basso, Ross Pederson alla batteria.
Lunedì 25 luglio torta con dieci candeline in piazza Verdi. Il decennale del festival è festeggiato con quattro artisti già visti a TriesteLovesJazz e che tornano, tutti assieme, per l’occasiobe: sono Mike Stern (chitarra), Bill Evans (sax), Daryll Jones (basso) e Keith Carlock (batteria).
Mercoledì 27 luglio tocca a “A night for Lelio - Omaggio a Lelio Luttazzi”. L’artista triestino verrà ricordato, in piazza Verdi, a sei anni dalla scomparsa. Aprirà la serata il giovane pianista Mose Andrich, del corso di jazz del Conservatorio Tartini. Seguirà il concerto di Alan Farrington (voce), Paolo Vianello (piano e direzione musicale), Marc Abrams (basso) e Mauro Beggio (batteria).
Programma completo su www.triestelovesjazz.com

lunedì 20 giugno 2016

È TORNATO IL TORMENTONE, SI CHIAMA SOFIA

È tornato il tormentone. Pensavamo fosse sparito. Ricordo di epoche lontane, quando ogni estate aveva la “sua” canzone. Quella che sentivi dappertutto, alla radio e sotto l’ombrellone, nelle spiagge affollate ma anche nelle città accaldate. Una sorta di colonna sonora, con il suo ritornello facile, che ti entrava in testa e non usciva più. Con la rotonda sul mare, le pinne il fucile e gli occhiali, gli ombrelloni-oni-oni: versi che quasi sempre richiamavano i riti dell’estate che magari sta finendo, fra rime baciate e ritmi alla moda. E quando finiva, nei mesi freddi il tormentone ti ricordava la stagione calda.
Negli ultimi anni sembrava scomparso. Le canzoni, i successi estivi ovviamente c’erano sempre. Ma mancava “la canzone dell’estate”. Che quest’anno è prepotentemente ritornata. Si intitola “Sofia”, la interpreta un ragazzone belloccio, dalla faccia simpatica e dal sorriso accattivante: Alvaro Soler, venticinque anni, di Barcellona, già scelto da Sky come nuovo giudice della prossima edizione di “X Factor”.
Ma non precorriamo i tempi, che il “talent show” più alla moda deve ancora superare le lunghe e affollatissime selezioni. Segnaliamo piuttosto questo ritorno a sorpresa. “Sofia” - scritta, prodotta e realizzata a Los Angeles - ha fatto bingo con un’aria allegra, fresca, una melodia orecchiabile, suoni pop in bilico fra tradizione e contemporaneità, un testo che parla di un amore perduto, ma poi spiega che anche questi fatti fanno parte delle cose della vita (“Guarda, Sofia, senza il tuo sguardo, io vado avanti...”). Dunque tutto viene trasformato in energia positiva. Anche grazie alla forte personalità del giovane cantante spagnolo, che si era già fatto notare lo scorso anno con “El mismo sol”.
Detto che questo è già il tormentone dell’estate, quali artisti e brani daranno filo da torcere al bell’Alvaro? Qualche nome. Fra gli stranieri Enrique Iglesias (con “Duele el corazón”), Mike Posner (“I took a pill in Ibiza”), Justin Timberlake (“Can’t stop the feeling”), i canadesi The strumbellas (con “Spirits”), Coldplay (“Hymn for the week end”). Fra gli italiani da segnalare Laura Pausini (con “Innamorata”), l’accoppiata Fedez e J-Ax (“Vorrei ma non posso”, molto aiutata anche dallo spot del Cornetto Algida), Annalisa e Alessandra Amoroso (rispettivamente con “Se avessi un cuore” e “Comunque andare”). Persino Zucchero con il suo “Partigiano reggiano”.
Chissà, artisti e brani che nelle estati scorse si sarebbero probabilmente contesi il podio delle canzoni più gettonate (termine retaggio del passato, quando esistevano i juke-box...) della stagione. Ma che quest’anno rispiegano tutti in fila dietro “Sofia”. Quella che fa “Mira, Sofia. Sin tu mirada, sigo. Sin tu mirada, sigo. Dime Sofia como te mira...”.

sabato 18 giugno 2016

STASERA VASCO ROSSI A LIGNANO, DATA ZERO LIVE KOM 016

Tutto pronto a Lignano, che oggi sarà pacificamente invasa da almeno 22mila (di più non ne stanno allo Stadio Teghil...) fan di Vasco Rossi. Che dopo una settimana di prove, a margine delle quali non si è sottratto all’abbraccio del suo popolo, stasera terrà la cosiddetta data zero del “Live Kom 016”. Tour per ora ricco di soli quattro concerti, tutti allo Stadio Olimpico di Roma: 22, 23, 26 e 27 giugno.
Si comincia alle 21. Scaletta divisa in due parti. Nella prima soprattutto i brani del recente album “Sono innocente”, nella seconda i classici di una carriera da antologia, ormai quasi quarantennale. Si dovrebbe cominciare con “Lo vedi”, proseguire con “Sono innocente” e “L’uomo più semplice”, accelerare con un mix fra vecchie e nuove emozioni: “Dannate nuvole” e “Siamo soli”, “Anima fragile” e “Manifesto futurista della nuova umanità”, “Aspettami” e “T’immagini”, che mancava nei tour da quasi otto anni. Sempre dal nuovo album: “Il blues della chitarra sola” e “Quante volte”. E poi due classici come “Senza parole” (trascurata nelle ultime due tournèe) e “Ci credi” (inedito degli ultimi tour). E ancora “Deviazioni”, “Un gran bel film”, “Vivere non è facile”.
Nella seconda parte del concerto non mancheranno “Un senso”, “Senza parole”, “Gli spari sopra”. Ma anche “Stupendo”, “C’è chi dice no”, “Rewind”, “Vivere”, “Sally”, la leggendaria “Colpa d’Alfredo”. Gran finale con “Canzone”, “Vita spericolata” e ovviamente “Albachiara”, in un tripudio di smartphone illuminati (un tempo c’erano le fiammelle degli accendini...). Con lui, sul palco, il bassista Claudio “Gallo” Golinelli, il tastierista Alberto Rocchetti, i chitarristi Stef Burns e Vince Pastano, Will Hunt alla batteria, Frank Nemola alla tromba, Andrea Innesto al sassofono e la corista Clara Moroni.
Il Blasco torna nel Friuli Venezia Giulia otto anni dopo il concerto del settembre 2008 allo Stadio Friuli di Udine, la struttura regionale che lo ha ospitato più volte (se la memoria non ci inganna nel 2007, 2005, 2004, 2001, ma anche nel ’96, ’93, 91, ’87...). Ha poi riempito lo Stadio Rocco di Trieste nel ’99 e nel 2004. E il Parco Galvani di Pordenone nel lontano ’87. A Grado, nel giugno 2005, fu protagonista di un’operazione (prove più “data zero”) simile a quella di quest’anno a Lignano. Dove invece manca dall’agosto ’89. Ventisette anni.

martedì 14 giugno 2016

BOOTLEG SPRINGSTEEN

BRUCE SPRINGSTEEN
“THE CHRISTIC SHOWS, NOVEMBER 16 & 17, 1990”
(LiveBruceSpringsteen.com)
Prosegue sul web la pubblicazione dei “bootleg ufficiali” del Boss. Queste due serate acustiche di ventisei anni fa allo Shrine Auditorium di Los Angeles - decima uscita - occupano un posto particolare nella serie e forse anche nell’intera discografia del rocker del New Jersy. All’epoca la E Street Band era appena stata sciolta (e ci volle un decennio per ricostituirla), il nostro si era trasferito nella Città degli angeli, non suonava da un po’ e, quando gli amici Jackson Browne e Bonnie Raitt lo invitarono a partecipare a due serate di beneficenza, non se lo fece ripetere due volte. Il risultato è da antologia. Uno Springsteen “unplugged”, che rilegge da par suo “Darkness on the edge of town”, “Tougher than the rest”, “Tenth avenue freeze out”, “Thunder road”. Qualcuna alla chitarra, altre al pianoforte.
Da segnalare anche pezzi all’epoca ancora inediti: “Real world”, “Soul driver”, “57 channels (and nothin’ on)”, “Red headed woman”...

ERIC CLAPTON, I STILL DO

“I still do”, qualcosa come “Faccio ancora”, dunque “Sono ancora qui”... Sì,perchè passano gli anni, ma i maestri sono ancora qui. Anche in questo 2016 nel quale “le bombe cadono sempre più vicine”, per una generazione che ha scritto la storia del pop e del rock. Quelli che respingono l’attacco del destino, ogni tanto se ne vengono fuori con un album nuovo. A insegnare come si fa. Una manciata di nuovi brani, scritti bene e suonati meglio, che mettono rapidamente a tacere legioni di aspiranti star destinate al ruolo di meteore.
Prendete Eric Clapton, il leggendario “slowhand”, “manolenta”. Inglese del Surrey, classe 1945, una carriera cominciata giovanissimo con gli Yardbirds, con i Bluesbreakers di John Mayall, soprattutto con i Cream. In mezzo secolo ha fatto di tutto e di più. Molti alti e pochi bassi. Senza perdere l’occasione di diffondere ogni tanto la propria arte.
Ebbene, a due anni dall’album tributo all’amico J.J. Cale intitolato “The Breeze: An Appreciation of JJ Cale”, realizzato con la collaborazione fra gli altri di Mark Knopfler, Willie Nelson e Tom Petty, e un anno dopo l’uscita nelle sale del film musicale “Live at the Royal Albert Hall”, è arrivato questo “I still do” (Universal). Alcuni mesi fa, quando ne ha annunciato la pubblicazione, ha dichiarato a Billboard che, qualora questo dovesse essere il suo ultimo disco, potrebbe considerarsi un buon saluto. Subito dopo, a mo’ di rassicurazione per legioni di fan, ha aggiunto che comunque intende rimanere in giro ancora per un po’...
Vogliamo dirlo? Speriamo che lo faccia. Il disco è gradevole, godibile, impeccabile, in una parola bello. Forse sarebbe potuto uscire tale e quale dieci o vent’anni fa, ma questo lo consideriamo un merito: inutile infatti inseguire le mode, i gusti del tempo, la girandola delle classifiche, quando si può continuare a essere se stessi senza mai tradire qualità, eleganza, buon gusto.
Una manciata di brani - fra originali e cover, ballate e tributi a Robert Johnson e ancora a J.J. Cale - che rappresentano perfettamente l’artista Clapton, quello che è stato e quel che ancora è. Le sue dita danzano sulla tastiera della chitarra e ne fanno uscire quel suono liquido, quelle note lunghe (“slowhand”...) che sono da sempre il suo marchio di fabbrica.
Qualche titolo? “Alabama woman blues”, “Can’t let you do it”, “I will be there”, “I dreamed I saw St. Augustine” (Dylan del ’67), la classicissima “I’ll be seeing you”... Disco prodotto dall’esperto Glyn Johns. Con quel titolo, quasi una dichiarazione di immortalità. Non a caso nel ’66 nella metropolitana londinese apparve la celebre scritta “Clapton is God”. E aveva appena ventuno

lunedì 13 giugno 2016

VASCO A LIGNANO PER PROVE TOUR

Vasco Rossi è già arrivato a Lignano Sabbiadoro. In uno Stadio Teghil blindato per tutta la settimana farà le prove del nuovo tour, il “Live Kom 016”. E lì sabato sera terrà l’anteprima, la “data zero”, la prova generale insomma dei concerti in programma allo Stadio Olimpico di Roma il 22, 23, 26 e 27 giugno. Già si parla di una ripresa settembrina al Nord (Stadio San Siro a Milano?), ma per ora non ci sono conferme. Dunque...
Dunque chi vuole assolutamente vedere il Komandante per ora deve puntare sul poker romano, dove per le quattro serate sono stati già venduti oltre 200 mila biglietti, o per l’anteprima nel Friuli Venezia Giulia. Che segue di pochi giorni le prove super segrete della settimana scorsa alla discoteca Cromie di Castellaneta, in provincia di Taranto.
Lo stadio di Lignano è però abbastanza piccolo, capienza ventimila posti, giù tutti esauriti da tempo. Anche se c’è il salvagente rappresentato dal pacchetto che offre tre notti in hotel e il biglietto per il concerto (posti ancora disponibili su www.lignanoholiday.com).
Ma statene certi, moltissimi arriveranno anche senza biglietto, solo per sentire le prove fuori dallo stadio. E magari sperare di incrociare il Blasco nelle ore di relax (ieri attorno mezzogiorno tale Filippo Pilutti ha twittato “C’è Vasco Rossi che fa stretching nel giardino di casa mia...”), attorno all’albergo o nelle vie della cittadina balneare friulana.
Confermata in blocco la band per il terzo (e forse ultimo) anno, la curiosità dei fan si concentra sulla scaletta del tour. Che potrebbe essere aperta da “Lo vedi”, brano tratto dall’ultimo album. E proseguire con “Sono innocente” e “L’uomo più semplice”. Poi un mix fra vecchie e nuove emozioni: “Dannate nuvole”, “Siamo soli”, “Anima fragile”, “Manifesto futurista della nuova umanità”, “Aspettami” e “T’immagini”, che mancava nei tour da quasi otto anni.
Fra i brani provati in Puglia, altre due tracce del nuovo album: “Il blues della chitarra sola” e “Quante volte”. Ma anche due classici come “Senza parole” (rimasta fuori nelle ultime due tournèe) e “Ci credi” (inedito degli ultimi tour). E ancora “Deviazioni”, “Un gran bel film”, “Vivere non è facile”.
I bene informati giurano anche che Vasco riserverà la seconda parte del concerto ai brani storici: da “Un senso” a “Senza parole” fino a “Gli spari sopra”. Ma anche “Stupendo”, “C’è chi dice no”, “Rewind”, “Vivere” e “Sally”. Dulcis in fundo il ritorno di un vecchio superclassico come “Colpa d'alfredo”. Gran finale con “Canzone”, “Vita spericolata” e “Albachiara”, ormai quasi una sigla.

sabato 11 giugno 2016

PAT METHENY 18-6 a Udine, intervista

«David Bowie e Pino Daniele? Sì, ho suonato con entrambi. Ed entrambi erano delle grandi persone e ottimi musicisti. Molto seri nel suonare al massimo delle possibilità in qualsiasi contesto, in qualsiasi cosa facessero. Entrambi unici e molto originali».
Pat Metheny, che sabato 18 alle 21 suona al “Nuovo” di Udine per “Udin&Jazz”, ricorda così i colleghi scomparsi. La cui luce brilla nella lunga lista di artisti che hanno lavorato con il sessantaduenne chitarrista statunitense. Che torna in scena (quella di Udine è la prima data del tour europeo) dopo un anno di pausa.
Era stanco o aveva bisogno di riordinare le idee?
«Un po' entrambe le cose. È stata la prima volta in cui mi sono davvero fermato per un po’. Durante l'anno precedente, ho fatto 150 concerti in giro per il mondo. Quest'anno solo quattro... La vita “in borghese” non è male, capisco perché piace alla gente».
L'esperienza con la Unity Band e Group?
«Il team con Chris Potter, Ben Williams e Antonio Sanchez è formato da un gruppo di musicisti davvero speciale. Abbiamo dedicato tutti noi stessi a questo progetto, nei due dischi e nelle centinaia di concerti fatti insieme. Penso sia una delle band migliori che io abbia mai avuto e anche un gruppo di bellissime persone con cui girare, fattore che significa molto per me. Alla fine del tour abbiamo realizzato un film e il cd relativo, che è appena uscito: un lavoro che riassume il tempo passato insieme».
Il suo rapporto con l'improvvisazione?
«I musicisti che ammiro di più sono quelli che hanno un grande bagaglio di conoscenze e comprensione non solo in ambito musicale ma anche sulla vita in generale e sono quindi in grado di dare luce alle cose che amano attraverso il loro suono. Quando è un individuo in grado di farlo in tempo reale, improvvisando, quella è la mia tipologia preferita di musicista».
Chi è, oggi, Pat Metheny?
«Un musicista nell’accezione più ampia del termine. E tutti i modi in cui si parla comunemente di musica sono soltanto una discussione culturale/politica che non trovo interessante, mentre mi interessa lo spirito e il suono della musica stessa».
Prosegua...
«Cerco sempre di lasciare che sia la musica a farmi decidere sul momento quale direzione seguire, in termini di orchestrazione, possibilità e sensibilità. Mi piace suonare in maniera densa o scarna, molto forte o molto morbidamente, oppure usare tutto il range dinamico, suonare “in” o “out” rispetto agli accordi... in che modo non mi importa poi molto. Prendo tutto ciò che sembra suonare al meglio, in rapporto a quanto sta accadendo in quel momento. È l'impulso creativo in sé che mi attira maggiormente».
I suoi tre chitarristi di riferimento?
«Impossibile rispondere...».
Che rapporto ha con i social?
«Non sono molto interessato. Vorrei che tutti potessero apprezzare maggiormente le cose mentre succedono. Tutto passa così velocemente. Detesto quando le persone si perdono il momento».
In Friuli è ormai di casa.
«Conservo davvero bei ricordi di tutte le mie visite lì. E sì, mi sento molto fortunato di far parte della comunità, dopo tutti questi anni».
Pat Metheny suonerà a Udine con Antonio Sanchez alla batteria, Gwilym Simcock al piano e la giovanissima contrabbassista australiana di origine malese Linda Oh. Di cui dice: «Ha tutto quel che da sempre sto cercando: senso del ritmo e immaginazione. E la capacità di comunicare e interfacciarsi sia con gli altri musicisti che con il pubblico».

lunedì 6 giugno 2016

TOUR ITALIA


Dicevamo di Bruce Springsteen e gli altri. Il Boss arriva il 3 e 5 luglio allo Stadio di San Siro, a Milano, e il 16 luglio al Circo Massimo, a Roma. Si prosegue con Neil Young (13 luglio Piazzola sul Brenta, Padova; 15 Roma, 16 Lucca, 18 Milano), con i Black Sabbath (13 luglio, Arena di Verona), con Alice Cooper (14 luglio, Milano), con i Queen e Adam Lambert (25 giugno, Piazzola sul Brenta), con tantissimi altri.
Vediamo allora quali sono gli altri tour in evidenza nell’estate che sta per cominciare. I Duran Duran - dopo i concerti a Taormina e a Roma - dopodomani mettono in mostra la mercanzia all’Arena di Verona, il 10 a Firenze, il 12 a Milano, Assago.
David Gilmour suona il 2 e 3 luglio a Roma, Circo Massimo; il 7 e 8 a Pompei (44 anni dopo le riprese di “Pink Floyd live at Pompei”), il 10 e 11 all’Arena di Verona.
Rihanna porta il suo “Anti World Tour” anche nel nostro Paese: l’11 luglio a Torino e il 13 a Milano, Stadio di San Siro. Dove pochi giorni dopo, il 18, arriva la “rivale” Beyoncé.
Deep Purple: 12 luglio a Genova, 13 a Brescia e 15 a Fermo. Skunk Anansie, la band di Skin, sarà il 14 luglio a Pistoia, il 15 a Roma, il 17 a Piazzola sul Brenta, Padova.
Robert Plant farà rivivere i tempi dei Led Zeppelin il 20 luglio a Milano, il 22 a Napoli, il 24 a Taormina.
Tre concerti per Sting: 27 luglio a Roma, 28 a Firenze (a due passi dalla sua dimora toscana), 29 a Milano, Assago.
The Who, con il nuovo tour “50 Hits”, fanno tappa in Italia il 17 settembreall’Unipol Arena di Bologna e il 19 al Mediolanum Forum di Milano.
Il 24 settembre, megaconcerto di Ligabue al Parco di Monza.
Dopo l’estate, già tre segnalazioni importanti. Red Hot Chili Peppers l’8 ottobre a Bologna, il 10 e l’11 a Torino. I Cure saranno il 29 ottobre a Bologna, il 30 a Roma, l’1 e 2 novembre a Milano. I King Crimson di Robert Fripp saranno invece il 5 e 6 novembre a Milano, l’8 e 9 a Firenze, l’11 e 12 a Roma, il 14 e 15 a Torino.

TOUR TRIESTE E FVG

L’estate musicale 2016 è cominciata con il doppio trionfo di Adele, la settimana scorsa, all’Arena di Verona. Prosegue nelle prossime settimane con Bruce Springsteen, Queen con Adam Lambert, Who, Sting, David Gilmour e tantissimi altri.
Il carrozzone delle tournèe scalda dunque i motori. E i suoi protagonisti, a tutti i livelli, sono consapevoli del fatto che i veri soldi, nel business della musica, ormai stanno tutti lì, nei concerti dal vivo. Basti vedere cosa accade ogni volta che viene annunciato un grosso nome e partono le prevendite dei biglietti, che ormai sono soprattutto online: a volte bastano poche ore per il tutto esaurito, con conseguente raddoppio della data (vedi la tappa milanese del Boss) e mercato nero dei biglietti che i bagarini informatici prima si accaparrano e poi rivendono a prezzo di molto maggiorato (vedi Adele a Verona).
Ma concentriamo per ora la nostra attenzione sugli appuntamenti a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia, che quest’anno sono tanti e di buona qualità. Abbozziamo allora un primo calendario in ordine cronologico. Sabato 11 giugno, all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro, arrivano i nuovi idoli dei giovanissimi, ovvero Benji e Fede. Una settimana dopo, sabato 18, sempre a Lignano ma allo stadio, concerto anteprima del tour di Vasco Rossi, a chiusura di una settimana di prove prima dei quattro concerti allo Stadio Olimpico di Roma (22, 23, 26 e 27 giugno). La stessa sera c’è Pat Metheny al “Nuovo” di Udine.
Martedì 5 luglio, a Grado, alla Diga Nazario Sauro, arriva una signora della nostra canzone come Ornella Vanoni. Due giorni dopo, giovedì 7 luglio, rock d’autore con la chitarra di Steve Vai al Castello di Udine. Dove il giorno dopo, venerdì 8 luglio, è di scena il cantautorato contemporaneo di Max Gazzè.
Sabato 9 luglio primo evento a Trieste, con il concerto del pianista Ludovico Einaudi in piazza dell’Unità. Lunedì 11 luglio, doppio appuntamento: all’Arena di Lignano Sabbiadoro, grande rock con gli Slayer; a Grado, alla Diga, ritorna la canzone d’autore di Luca Carboni.
Il 13 luglio riflettori puntati su Cividale: al parco della Lesa è di scena Carlos Santana. Doppio show anche il 16 luglio: a Grado Ian Anderson dei Jethro Tull, a Majano Max Pezzali. Sempre a Grado, mercoledì 20 luglio Steve Hackett dei Genesis. E ancora a Majano, venerdì 22 luglio, gli Athrax.
A fine luglio Trieste ospiterà in piazza Unità il 26 la storica rock band degli Iron Maiden e il 28 la popstar anglolibanese Mika. Il 29 luglio a Tarvisio arriva Gianna Nannini, a Majano i Modena City Ramblers. Primo agosto a Lignano Sabbiadoro, all’Arena, con i Subsonica. Prima di Ferragosto, doppio appuntamento ancora a Majano: il 5 agosto con i Creedence Clearwater Revived, il 14 con gli Africa Unite. Per ora ci fermiamo qui, ma il calendario è ancora “in progress”.

domenica 5 giugno 2016

CALABRIA, SPERANZE DI RISCATTO FRA BRONZI E PALLONE

I Bronzi di Riace che finalmente hanno una casa degna, nel rinato Museo Archeologico di Reggio Calabria. E poi il Crotone promosso a sorpresa in serie A, terza squadra calabrese (dopo il Catanzaro negli anni Settanta e la Reggina a cavallo fra i millenni) ammessa alla massima serie del campionato di calcio. Chissà, unendo sacro e profano, arte e sport, cultura e pallone, la Calabria potrebbe finalmente trovare lo spunto, la forza, il coraggio per rinascere da arretratezze e povertà secolari.
Sì, perchè oggi la punta dello stivale è ancora la regione più povera d’Italia (dati dell’Unione Europea sui redditi pro capite). Ha il 65% di disoccupazione giovanile. È una terra dalla quale si continua a partire per motivi economici, per cercare lavoro, per fame, oggi come ieri, come sempre. E intere aree rimangono drammatico ostaggio delle mafie e della criminalità organizzata.
Eppure è terra ricca di ottocento chilometri di coste, circondata dalle acque dello Ionio e del Tirreno, baciata da una natura generosa ma per buona parte massacrate dai disastri compiuti dall’uomo. È terra di antichi insediamenti, culla della Magna Grecia, dove sopravvivono usi e costumi e culture secolari. Fra borghi e paesi, castelli e chiese, palazzi e monasteri.
Da quando nell’agosto ’72 sono state rinvenute in mare a otto metri di profondità, a trecento metri dalla costa dinanzi a Riace, fra Locri e Punta Stilo, le due statue sono diventate un’icona pop, oltre che il simbolo di Reggio Calabria (ultimo posto nella classifica della vivibilità, nella classifica redatta dal Sole24Ore) ma anche dell’intera regione. Di provenienza greca, databili attorno al V secolo a.C., alti quasi due metri, “il giovane” e “il vecchio” sono le assolute star del rinnovato museo, inaugurato pochi giorni fa alla presenza di Renzi dopo un lungo e accurato lavoro di restauro filologico.
Il borgo di Riace, intanto, quarantaquattro anni dopo il ritrovamento delle statue, è tornato recentemente agli onori delle cronache come mirabile esempio di integrazione fra migranti e locali. Il sindaco Domenico Lucano è stato inserito dalla rivista americana Fortune, assolutamente a sorpresa, fra le cinquanta personalità più influenti del pianeta. Unico italiano. Alla faccia della ’ndrangheta.
Ma torniamo ai Bronzi, che sono soltanto uno degli elementi di grande interesse del museo. Gli esperti lo considerano infatti il più importante museo italiano sulla Magna Grecia. Offre un percorso che parte dal secondo piano e lungo quattro livelli torna a pianoterra, dove in una sala sono visibili le due statue, ripercorrendo l’antichità calabrese dal Paleolitico alla tarda età romana. Con i tesori delle varie città della Magna Grecia: Sibari, Crotone, Caulonia, Locri...
L’allestimento è un’esposizione permanente con duecento vetrine che espongono il meglio del patrimonio archeologico della Calabria, che comprende fra l’altro un mosaico con scena di palestra risalente al II-III secolo a.C., ritrovato sotto Palazzo Guarna, sul lungomare della città, quello che Gabriele D’Annunzio consacrò «il chilometro più bello d’Italia».
C’è dell’altro. Da qualche settimana Reggio Calabria ha un intero palazzo dedicato a opere d’arte sequestrate alla mafia: de Chirico, Guttuso, Dalì, Fontana, Sironi, Ligabue, Carrà, accanto ad artisti del 1600 e del 1700. È la collezione del boss Gioacchino Campolo, sequestrata dallo Stato e ora fiore all'occhiello del grande Palazzo della Cultura, nato da un ex brefotrofio degli anni Venti: 125 quadri, i “gioielli della mafia”, in quattromila metri quadrati con le finestre affacciate sullo Stretto. Il pacchetto completo è un’opportunità di crescita sociale, civile, culturale ed economica di una città e di una regione che sarebbe un peccato non cogliere.
Magari coniugandola, come si azzardava all’inizio, alla promozione del Crotone in serie A. Che potrebbe diventare ossigeno per la città di Pitagora (nato a Samo, ma che dal 530 a.C. creò proprio nell’antica Kroton la scuola pitagorica, cenacolo di scienza, matematica, musica...) e Milone, ma anche dei cantautori Rino Gaetano e Sergio Cammariere. Pronipoti della Magna Grecia.

venerdì 3 giugno 2016

VOLTARELLI CANTA CALABRIA E PROFAZIO, domani a Trieste

La Calabria di Otello Profazio, classe ’36, storico cantautore folk che ha rielaborato e reinterpretato la tradizione musicale del nostro Sud. La Calabria di Peppe Voltarelli, cosentino del ’69, fondatore e per quindici anni anima del gruppo calabro-bolognese Il parto delle nuvole pesanti.
Ebbene, queste due Calabrie diverse ma in fondo uguali si incontrano nel libro-cd “Voltarelli canta Profazio”, appena uscito per l’editore Squilibri, che verrà presentato domani alle 18.30 al Knulp con un’esibizione chitarra e voce. Nel disco, dieci brani scritti negli anni Cinquanta ma ancora vivi e attuali. Profazio rappresenta un fetta importante della nostra cultura popolare, Voltarelli lo fa brillare di una nuova luce in un tributo permeato dall’atmosfera dei vecchi racconti in musica dei cantastorie, riletti attraverso forme espressive contemporanee.
«Questo lavoro – ha detto Voltarelli, Premio Tenco 2010, dischi pubblicati in mezza Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Canada, in Argentina - risponde a diverse esigenze. Riconciliarmi con la mia terra, abbracciando l’opera di chi, meglio di chiunque altro, ne ha saputo raccontare istanze e desideri, contraddizioni e lacerazioni. Al tempo stesso, misurarmi con un’opera che, proprio per il suo porsi al confine tra canzone d’autore e musica popolare, sento fortemente vicina alla mia ispirazione, in bilico tra questi due poli. Infine, rinnovare la sfida attorno a quanto una volta si chiamava “mondo subalterno” e svelare lo spessore e la profondità culturale dell’attività di Profazio».
«Lui in Calabria e Ignazio Buttitta in Sicilia sono due punti di riferimento culturale assoluti. Sono i padri di un linguaggio forte, genuino, senza orpelli, che per primi hanno espresso concetti scomodi. Per certi versi hanno tracciato un solco, nel quale poi ci siamo immessi in tanti».