venerdì 19 febbraio 2016

I CANI, Aurora

I CANI “AURORA” (42 Records) Niccolò Contessa, romano, classe ’86, ha attirato l’attenzione su di sé nel 2010, con lo pseudonimo I Cani e brani come “I pariolini di 18 anni” e “Wes Anderson”. Ora è arrivato al terzo album, lo pseudonimo è lo stesso, ma tutti sanno chi si cela dietro. Con questi nuovi brani forse spiazzerà i suoi estimatori: non più Roma e le sue storie, rilette anche in chiave sociologica. Ma un tentativo (riuscito) di alzare lo sguardo oltre ai confini noti. Suoni e testi molto contemporanei, figli di una società globale e interconnessa, capaci di raccontare le ansie, i timori dei nostri tempi complicati. Insomma Contessa è cresciuto, viaggia con sicurezza tra pop e funk, elettronica e sintetizzatori, proponendo linee melodiche sempre originali e di qualità. Fra i brani: “Questo nostro grande amore”, “Il posto più freddo”, “Una cosa stupida”, “Ultimo mondo”.

ELTON JOHN, wonderful crazy night

A Sanremo c’erano attesa e timori per l’esibizione di Elton John, che aveva già dato buca nel ’95, quando all’ultimo minuto fece marcia indietro, facendo perdere le sue tracce, dopo essere rimasto imbottigliato in una fila-monstre fra l’aeroporto di Nizza e la città dei fiori. Lasciando tutti con un palmo di naso e un discreto buco nella scaletta degli ospiti. Ma i timori - l’attesa, va da sé, per un personaggio del suo calibro, ci stava tutta... - non era per un eventuale, nuovo forfait. Piuttosto per l’eventuale presenza del marito David Furnish, per possibili esternazioni sulle coppie gay, le unioni civili, l’utero in affitto (tecnica alla quale i due hanno fatto ricorso per mettere al mondo il loro figlioletto) e gli altri argomenti di stretta attualità che nelle ultime settimane hanno infiammato più il mondo politico che il paese reale. È successo che Sir Elton ha lasciato il marito a casa, non si è lasciato andare a particolari esternazioni sui citati argomenti, tranne un generico apprezzamento per la sua esperienza di padre («non avrei mai pensato di diventare papà e di avere la vita che ho avuto...»). Grossi sospiri di sollievo ai piani alti della Rai e in una parte del parlamento. Meglio così. Il pubblico ha dunque potuto concentrarsi sulla musica e sulle canzoni di cui l’artista inglese è maestro. Anche perchè era al Festival per presentare il nuovo album, “Wonderful crazy night” (Universal), di cui ha presentato lo scoppiettante brano omonimo, a conclusione del mini-show pianoforte e voce nel quale aveva proposto anche vecchi classici come “Candle in the wind”. Va detto che, a dispetto degli anni che passano (Reginald Kenneth Dwight, questo il suo vero nome, ne compie sessantanove il 25 marzo), si tratta di un buon album. Che chiude una trilogia avviata nel 2010 con “The union”, il disco realizzato assieme al grande Leon Russell, e proseguita con “The diving board”. Come alcuni ricorderanno, c’era già stata una trilogia, che aveva avviato la rinascita dell’artista dopo un periodo buio, soprattutto con l’album “Songs from the west coast” (pubblicato nel 2001). Alla luce di quanto ascoltato anche in questo lavoro, che vede in cabina di regia ancora T Bone Burnett, possiamo dire che la carriera del musicista anglosassone è più viva che mai. Non dorme sugli allori, insomma, non vive solo e soltanto dei grandi, immortali successi del passato. Atmosfere allegre, suoni più rock’n’roll, tante chitarre in primo piano (fra cui quella del vecchio amico e collega Davey Johnston). Fra i brani: “In the name of you”, “Claw hammer” (clima anni Sessanta), “Blue wonderful”, “Looking up” (apertura all’organo, poi un piano quasi honky-tonk), “Guilty pleasure”. .

martedì 16 febbraio 2016

BATTIATO RITROVA ALICE, PARTITO TOUR DA TRIESTE

di Carlo Muscatello TRIESTE Battiato e Alice, due nomi e una sola garanzia, sinonimo di qualità. Dopo una settimana di prove e l’anteprima di sabato al Comunale di Carpi, è partito ieri sera dal Rossetti di Trieste, strapieno, esaurito da settimane, il tour della ritrovata coppia. Un teatro toccato tante volte, negli anni, dai tour dell’artista siciliano e dell’interprete forlivese (che vive da tanti anni in Friuli, terra del suo compagno Francesco Messina), ma che non li aveva mai visti esibirsi assieme. Attacca il vecchio saggio da solo, piuttosto giù di voce. Apre le danze con "L'era del cinghiale bianco", brano che nel '79 dava il titolo all'album che, assieme a "Patriots" ('80), anticipò il trionfo nell'81 de "La voce del padrone", il primo ellepì italiano che superò il milione di copie vendute. Poi "Lo spirito degli abissi", "No time no space", "Shock in my town", "Le nostre anime". Soprattutto "Povera patria", insuperato grido di dolore (nel '91) dinanzi al degrado delle nostre istituzioni. Entra Carla Bissi, alias Alice. Assieme rendono omaggio a Claudio Rocchi, scomparso tre anni fa, rileggendo la sua "La realtà non esiste", emozioni underground targate anni Settanta. "Tutto l'universo obbedisce all'amore" e soprattutto "Prospettiva Nevskij" aggiungono un altro tocco di magia. Poi è il turno di lei da sola: "Il vento caldo dell'estate" (che nell'80 segnò l'inizio della collaborazione fra i due), "Per Elisa" (vincitrice a Sanremo nell'81), "Il sole nella pioggia"... E' uno spettacolo, un piacere vedere assieme, sullo stesso palco due artisti fra i più importanti della musica italiana degli ultimi quattro decenni, che hanno scritto - assieme e separatamente - pagine ormai passate alla storia della nostra canzone. Legati da una collaborazione e un sodalizio ormai antichi, Battiato e Alice intrecciano le loro storie in uno spettacolo che li vede in scena da soli, ognuno con alcune perle del proprio repertorio, ma anche assieme, nelle parti più emozionanti della serata. Pare che l’idea del tour sia nata nel settembre 2013, all’Arena di Verona, quando Battiato si esibì assieme ad Antony and the Johnson e Alice. E la reazione del pubblico fu molto calorosa soprattutto nei duetti fra i due artisti italiani. Da lì all’idea di una “reunion”, a pochi mesi dalla megaraccolta di lui “Anthology – Le nostre anime”, il passo è stato breve assai. Con loro, sul palco, gli archi dell’Ensemble Symphony Orchestra diretta da Carlo Guaitoli, ma anche Angelo Privitera (tastiere), Davide Ferrario e Antonello D’Urso (chitarre), Andrea Torresani (basso) e Giordano Colombo (batteria). Si va avanti così. Qualche brano assieme ("Segnali di vita", "E ti vengo a cercare"...), altri ognuno per conto suo. Battiato fa la parte del leone, sfruttando un repertorio più ricco. Dal quale estrae "La stagione dell'amore", "Summer on a solitary beach", quel capolavoro inarrivabile che è "La cura"... Il duetto forse più atteso, "I treni di Tozeur", Eurofestival '84, ieri sera era previsto fra i bis. Trionfo di pubblico

domenica 14 febbraio 2016

SANREMO, PER DIRE CHE È BRUTTO BASTEREBBE MENO SPAZIO

Per dire che il Festival è brutto, non basterebbe meno spazio? A volte c’è proprio bisogno che qualcuno segnali all’uditorio che il re è nudo. Lo ripetiamo da anni. Trattasi di spettacolo televisivo, cantanti e canzoni sono un pretesto. Ma la frase di Natalia Aspesi, l’altro giorno su Repubblica, è di quelle che non ammettono repliche. E chiuderebbe qualsiasi discussione. Non fosse che di Sanremo, poi, ogni anno, a febbraio, si riprende a parlare. Da troppi anni a questa parte. L’edizione 2016 conferma quanto si sapeva. Carlo Conti ha fatto il bis, ricetta a base di leggerezza e allegria: successo di ascolti ma non certo di qualità. In calo rispetto anche allo scorso anno. Un altro Festival stretto fra “facce da talent”, eterni ritorni e personaggi - ci sono sempre stati, anche negli anni Settanta e Ottanta - che sbucano fuori a febbraio e poi nessuno sa che fanno fino all’anno dopo. Un tempo si chiamavano Christian, Flavia Fortunato, Paolo Vallesi. Ora rispondono al nome di Irene Fornaciari (l’avremmo mai vista al Festival, fra i cosidetti Campioni, se non fosse stata figlia di Zucchero?), Dolcenera, Scanu, Zero Assoluto... Cosa resterà di questo Festival? La genialità di Elio e le storie tese, una spanna abbondante sopra tutti gli altri. La freschezza dei due rapper napoletani, Rocco Hunt e Clementino. Le imitazioni di Virginia Raffaele. Il pianista Ezio Bosso con la sua storia di lotta alla malattia: ma l’avrebbero invitato se non l’avesse avuta? Il toccante brano (un pezzo di teatro, più che una canzone) di Frassica sulla tragedia dei migranti. Il ritorno sul palco che li ha lanciati, rispettivamente una trentina e una ventina di anni fa, di Eros Ramazzotti e Laura Pausini. La celebrazione-reunion dei Pooh, che per il mezzo secolo di carriera hanno richiamato - oltre a Stefano D’Orazio, uscito da poco - anche Riccardo Fogli, che nel ’73 lasciò “il complesso” per inseguire l’amore per Patty Pravo. Anche lei ha festeggiato i cinquant’anni da “Ragazzo triste” nella città dei fiori: la volevano come ospite, ha preferito venire in gara. Peccato. L’ospite più atteso, Elton John, ha lasciato a casa il marito e non ha parlato di gay. Sospiro di sollievo alla Rai e in parlamento. Nastrini arcobaleno di alcuni cantanti pro unioni civili. Anche questo è Sanremo.

FEGIZ: QUEL NOTAIO DI SANREMO CHE ERA UNA COMPARSA

Qualche anno fa ha ricevuto il Premio Città di Sanremo come “giornalista decano del Festival”. Ne ha seguiti infatti quarantacinque, dal ’68 a ieri. Nell’enorme sala stampa del Teatro Ariston, da dove i giornalisti accreditati (quest’anno 742, che non hanno accesso al teatro...) seguono la kermesse su grande schermo, è un’autorità riconosciuta. Lui è Mario Luzzatto Fegiz, classe 1947, triestino, quest’anno anche fra i protagonisti del rinato Dopofestival. Fegiz, che Sanremo è stato? «Riuscito sul piano dello spettacolo, degli ospiti e della conduzione. Meno interessante di altre edizioni per quanto riguarda invece la qualità delle canzoni, sia come scrittura che come interpretazione». Il peso dei social? «Assolutamente enorme. Lo sforzo della Rai per abbassare un po’ l’età media, per ringiovanire il Festival ha dato qualche risultato. I social fanno sentire tutti protagonisti. E i ragazzi dei talent hanno portato con sé spettatori e televotanti». Dunque talent sempre determinanti? «Assolutamente sì, basti pensare ai quattordici big su venti che in qualche modo erano legati ai talent. Il Festival si conferma una sorta di Coppa dei campioni, anzi, di Champions League dei talent. Dai quali ha copiato molte idee, come quella delle eliminazioni testa a testa fra i giovani». È tornato anche il Dopofestival... «Uno spreco di tempo, denaro e risorse, almeno secondo me. La Gialappa’s generava solo confusione: era la ricerca della risata a tutto i costi. Quest’anno Savino non mi è sembrato all’altezza. La rissa non è mai scoppiata anche perchè in studio l’audio impediva di comunicare». Storica quella sua baruffa con Cutugno. Siete tornati amici? «Con Toto siamo sempre stati amici, ma come si accende una telecamera ci spuntano la coda e le corna e ci lanciamo sbuffi sulfurei...». Con questo, quanti Festival ha seguito? «Quarantacinque. E cioè ’68, ’69, ’70 e ’71 per la Rai, dal ’75 a oggi per il Corriere della sera». Ricorda il primo? «Poco. È passato quasi mezzo secolo. Ricordo che vinse Sergio Endrigo, con “Canzone per te”, in coppia con Roberto Carlos. C’erano Celentano, Little Tony, i Rokes... Ricordo che arrivai con un vagone letto da Roma, sul quale c’era anche una giovanissima Nada accompagnata dal padre. Ricordo che alloggiavo alla Pensione Trento e Trieste, dove il bagno praticamente confinava con la stazione. E c’era un treno che attraversava il centro cittadino...». L’edizione che ricorda maggiormente? «Non so perchè, ma quella del ’95, caratterizzata dal forfait all’ultimo momento di Elton John e dal tentativo di suicidio del disoccupato Pino Pagano, che minacciava di buttarsi dalla balconata del teatro, in diretta. Come forse qualcuno ricorda, fu raggiunto da Pippo Baudo, che conduceva quell’edizione, e convinto a desistere». Nello spettacolo che porta a teatro (“Io odio i talente show”, visto anche al Rossetti di Trieste - ndr) parla delle giurie truffaldine di Sanremo. «In particolare racconto un episodio. Nel ’75 le major avevano deciso di boicottare il Festival e così il Comune di Sanremo lo organizzava direttamente, scavalcando le case discografiche maggiori. Per la cronaca vinse Rosangela Scalabrino, in arte Gilda, con “Ragazza del Sud”, molto legata al cantante (e politico) Aurelio Fierro e a un tal assessore comunale». Fu questa la truffa? «No. La votazione si svolgeva attraverso delle telefonate casuali ad abbonati scelti sugli elenchi telefonici. Tanti anni dopo emerse che le chiamate partivano da un centralino di Sanremo e finivano in una sala della Sip di Genova, dove a ogni prefisso rispondeva un operatore con l’accento coerente col prefisso: 081 napoletano, 055 toscano, 070 sardo...». E quel notaio che non era un notaio? «Qualche mese dopo ero a vedere uno spettacolo al Piccolo Teatro di Milano. Dalle prime file vedevo bene in faccia protagonisti e comparse. Mi colpì una di queste ultime. Ma io quello l’ho già visto da qualche parte, mi ripetevo... Di botto, l’illuminazione: era il notaio del Festival di quell’anno, quello che “certificava” il meccanismo prima descritto. Dunque, il “notaio” era in realtà una comparsa...».

sabato 13 febbraio 2016

BATTIATO E ALICE TOUR, tutto esaurito lunedì al Rossetti, Trieste

Un bel tutto esaurito lunedì sera al Politeama Rossetti per il concerto di Franco Battiato e Alice, il cui tour ha un’anteprima stasera a Carpi, per debuttare a Trieste quarantotto ore dopo. E poi proseguire mercoledì a Bergamo, venerdì a Brescia, domenica 21 a Lugano, lunedì 22 a Torino, venerdì 26 a Padova, domenica 28 a Firenze. E ancora Cesena, Ancona, due date a Milano, Pescara, Perugia, due date anche a Roma, Napoli, Reggio Emilia, Bologna, Catania e finale con due concerti il 7 e 8 aprile al “Biondo” di Palermo. Solo teatri, e molte di queste date sono già “sold out” o si avviano a diventarlo. La collaborazione fra il musicista siciliano e l’interprete forlivese (che da anni vive in Friuli, terra del compagno Francesco Messina) risale al 1980, con l’album di lei “Capo Nord”, di cui il pubblico ricorda soprattutto “Il vento caldo dell’estate”: in tutto nove canzoni di cui sette composte dai due artisti e dal violinista Giusto Pio, e due (“Sarà” e “Una sera di novembre”) firmate dalla sola Alice. A ruota arrivò “Per Elisa”, scritta da Battiato con Giusto Pio, che le permise di vincere il Sanremo 1981 e la lanciò definitivamente nel panorama musicale dopo anni di gavetta. Poi arrivarono “Chanson egocentrique” (’82), “I treni di Tozeur” (Eurofestival ’84) e tanti altri brani e lavori di qualità, fra cui l’album di lei dedicato ai brani di lui “Gioielli rubati”. Quattro decenni di sodalizio artistico che ha avuto qualche pausa ma non si è mai interrotto. Ora i due artisti, che in tutto questo tempo hanno scritto - da soli o assieme - pagine importanti della musica italiana, tornano assieme. Sul palco saranno accompagnati dall’Ensemble Symphony Orchestra diretta da Carlo Guaitoli, una formazione (con Angelo Privitera, tastiere e programmazione; Davide Ferrario e Antonello D’Urso, chitarre; Andrea Torresani, basso; Giordano Colombo, batteria) con cui l’artista siciliano si è già esibito in un breve tour nel luglio 2015. Il concerto sarà diviso in parti diverse - si legge in una nota - ma “comunicanti tra loro”. Come dire: ognuno fa il suo concerto e alcune parti vedono i due assieme. Mentre Alice è reduce dall’album “Weekend”, uscito l’anno scorso, Battiato ha recentemente pubblicato il cofanetto “Anthology - Le nostre anime”: opera monumentale (di cui esiste anche una “versione ridotta” in triplo cd) con sei cd, quattro dvd, per oltre un centinaio di brani, fra cui quattro inediti, uno dei quali s’intitola appunto “Le nostre anime”. Da segnalare in particolare una versione del brano “Centro di gravità permanente”, che vede Mika duettare con il musicista siciliano, in un testo adattato in lingua inglese e intitolato Un bel tutto esaurito lunedì sera al Politeama Rossetti per il concerto di Franco Battiato e Alice, il cui tour ha un’anteprima stasera a Carpi, per debuttare a Trieste quarantotto ore dopo. E poi proseguire mercoledì a Bergamo, venerdì a Brescia, domenica 21 a Lugano, lunedì 22 a Torino, venerdì 26 a Padova, domenica 28 a Firenze. E ancora Cesena, Ancona, due date a Milano, Pescara, Perugia, due date anche a Roma, Napoli, Reggio Emilia, Bologna, Catania e finale con due concerti il 7 e 8 aprile al “Biondo” di Palermo. Solo teatri, e molte di queste date sono già “sold out” o si avviano a diventarlo. La collaborazione fra il musicista siciliano e l’interprete forlivese (che da anni vive in Friuli, terra del compagno Francesco Messina) risale al 1980, con l’album di lei “Capo Nord”, di cui il pubblico ricorda soprattutto “Il vento caldo dell’estate”: in tutto nove canzoni di cui sette composte dai due artisti e dal violinista Giusto Pio, e due (“Sarà” e “Una sera di novembre”) firmate dalla sola Alice. A ruota arrivò “Per Elisa”, scritta da Battiato con Giusto Pio, che le permise di vincere il Sanremo 1981 e la lanciò definitivamente nel panorama musicale dopo anni di gavetta. Poi arrivarono “Chanson egocentrique” (’82), “I treni di Tozeur” (Eurofestival ’84) e tanti altri brani e lavori di qualità, fra cui l’album di lei dedicato ai brani di lui “Gioielli rubati”. Quattro decenni di sodalizio artistico che ha avuto qualche pausa ma non si è mai interrotto. Ora i due artisti, che in tutto questo tempo hanno scritto - da soli o assieme - pagine importanti della musica italiana, tornano assieme. Sul palco saranno accompagnati dall’Ensemble Symphony Orchestra diretta da Carlo Guaitoli, una formazione (con Angelo Privitera, tastiere e programmazione; Davide Ferrario e Antonello D’Urso, chitarre; Andrea Torresani, basso; Giordano Colombo, batteria) con cui l’artista siciliano si è già esibito in un breve tour nel luglio 2015. Il concerto sarà diviso in parti diverse - si legge in una nota - ma “comunicanti tra loro”. Come dire: ognuno fa il suo concerto e alcune parti vedono i due assieme. Mentre Alice è reduce dall’album “Weekend”, uscito l’anno scorso, Battiato ha recentemente pubblicato il cofanetto “Anthology - Le nostre anime”: opera monumentale (di cui esiste anche una “versione ridotta” in triplo cd) con sei cd, quattro dvd, per oltre un centinaio di brani, fra cui quattro inediti, uno dei quali s’intitola appunto “Le nostre anime”. Da segnalare in particolare una versione del brano “Centro di gravità permanente”, che vede Mika duettare con il musicista siciliano, in un testo adattato in lingua inglese e intitolato “Center of gravity”. Lo stesso brano è stato poi inserito anche nella ripubblicazione dell’album del cantautore di origini libanesi ”No place in heaven”, uscito nello stesso periodo. Ma ora l’attesa è tutta per questo debutto del “Battiato e Alice Tour”, che a giudicare dai dati delle prevendite si propone come uno degli eventi musicale dell’anno da poco cominciato.

giovedì 11 febbraio 2016

PER NON DIMENTICARE GIULIO REGENI

di Carlo Muscatello, su Articolo 21 Bandiere a mezz'asta nei Comuni del Friuli Venezia Giulia, per i funerali di Giulio Regeni, domani a Fiumicello, in provincia di Udine. Dove gli amici che arriveranno da mezzo mondo per l'ultimo saluto al ventottenne ricercatore ucciso in Egitto non avranno bisogno di cercare una stanza d'albergo: tantissime famiglie del paese hanno infatti aperto spontaneamente le porte delle loro case per ospitarli. Un significativo gesto di solidarietà e di vicinanza alla famiglia così duramente colpita. Si è detto Giulio come Valeria Solesin: due ragazzi della nostra "meglio gioventù", intelligenti, aperti, curiosi del mondo e del domani, uccisi nel fiore della loro giovinezza in contesti diversi ma tutto sommato uguali. E allora possiamo aggiungere che anche i genitori dello studioso friulano sembrano aver drammaticamente ma serenamente raccolto il testimone che appena tre mesi fa era stato impugnato dalla mamma e dal papà della ricercatrice veneziana. Lo stesso dolore, lo stesso strazio, ma anche l'identica composta dignità nel non pronunciare mai parole di odio o di vendetta. Una lezione a tutto il Paese, forse non solo al nostro Paese. "Quello che è stato nostro figlio - hanno detto Paola e Claudio Regeni -, quello che ha rappresentato, quello che ci ha insegnato con le sue azioni, le sue scelte, i suoi studi, il suo impegno, saranno il faro che illuminerà il nostro futuro". Con parole solo apparentemente diverse, a dicembre i genitori di Valeria avevano ricordato così la figlia: "La nostra dignità è dovuta e dedicata a tutte le Valerie che lavorano, studiano, soffrono e non si arrendono. Ripensando a Valeria non vogliamo isolare la sua immagine dal contesto in cui lei viveva a Parigi. L'università, l'Istituto nazionale di studi demografici, i bistrot, le birrerie dove amavano incontrarsi tante ragazze e ragazzi come Valeria. Gioiosi, operosamente rivolti a un futuro che tutti, mi pare, assieme a lei vogliono migliore". Davvero quasi un passaggio di testimone. "Nostro figlio - dicono oggi mamma e papà Regeni - aveva una visione del mondo molto bella, che vogliamo ricordare e onorare. La condivisione, per esempio. O l'idea di libertà. Ci credeva davvero, era convinto che tutti si accolgono e che gli scontri per opinioni differenti non abbiano alcun senso. I suoi studi sociali ed economici erano tutti rivolti in questa direzione. Credeva in un mondo libero. È un grande esempio e noi vogliamo onorarlo". Anche noi giornalisti e operatori dell'informazione del Friuli Venezia Giulia stiamo pensando, in umiltà e con il coinvolgimento della famiglia, come ricordare e onorare Giulio Regeni. http://www.articolo21.org

mercoledì 10 febbraio 2016

QUANDO ERAVAMO "FORESTI"...

Sono veri i ricordi delle madri, delle nonne? Sono veri i nostri ricordi personali? Domande importanti, perchè solo su di essi, sui ricordi, possiamo in fondo far conto, quando ricostruiamo le nostre storie familiari. Ce lo ricorda Silvia Zetto Cassano, il cui libro “Foresti” (Comunicarte Edizioni) verrà presentato oggi alle 18 a Trieste, al Caffè Libreria San Marco, nell’ambito delle manifestazioni per il Giorno del Ricordo. L’autrice, nata nel 1945 a Capodistria («in una zona - dice -, zona B, un posto in sospeso, non più Italia, non ancora Jugoslavia...»), dove rimase soltanto per i primi dieci anni della sua vita, prima di trasferirsi a Trieste, racconta la storia di cinque donne: la sua e quelle di altre quattro, tutte ambientate in Istria, in quella penisola nel Nord dell’Adriatico che dal 1955 - anno in cui si interrompe la narrazione, perchè le ultime tre di quelle cinque donne abbandonano le terre natie - perde anche la seconda “i” del nome, diventando sulle carte geografiche “Istra”. Il libro è «un intreccio di fili, un groviglio di vite legate le une alle altre, di identità multiple che se ne stettero buione finchè non vennero avvilite...». In un piccolo mondo antico dove la gente viveva in pace, prima che la storia si ricordasse di quelle terre. Un universo popolato da persone semplici: contadini e pescatori, serve e sartine, impiegati asburgici costretti a diventare soldati. E ancora “fioi de nissun”, uomini che sposano donne “foreste”, donne venute a volte da lontano che cercano l’amore e invece trovano soltanto un marito. E infine uomini che sanno da che parte stare quand’è il momento di scegliere, uomini che non lo sanno e si spezzano, non riuscendo a reggere gli urti troppo violenti delle guerre. Al loro fianco, tante donne che invece quegli urti li sanno, li devono reggere, e allora procedono coraggiose finché hanno forza nella loro lotta per la sopravvivenza che poi è anche l’ostinata ricerca della felicità per loro e per i propri figli. C’è poi quel “Foresti” del titolo, che deriva ovviamente da forestieri: termine frequente un tempo nel Nordest, poi caduto in desuetudine e ormai usato soltanto dai più anziani. Oggi come allora per indicare gente venuta da fuori, quasi degli intrusi nelle proprie terre, un modo per marcare e rimarcare confini che allora erano rigidi e oggi rischiano di tornare tali. Oggi, al San Marco, converseranno con l’autrice del libro e di questi temi Marina Paoletic, del Centro Studi Storici e Geografici di Pirano, e i giornalisti Luciano Santin, del Circolo Istria, e Martina Vocci.