Da un lato milioni di poveri, in fuga da guerre e miseria, che chiedono soltanto di essere aiutati a vivere. Dall’altro cittadini che esprimono sempre più forte una domanda di sicurezza. Sullo sfondo di un’Europa che non fa la sua parte fino in fondo, attraversata da nuovi nazionalismi, dalla tentazione di erigere muri, barriere, recinzioni.
Ne hanno parlato ieri sera a Trieste, al Salone degli incanti, nell’ambito di “Confini. Parole senza frontiere”, l’ex direttore e ora editorialista di “Repubblica” Ezio Mauro e la docente universitaria Marina Calculli, stimolati dalle domande e dalle riflessioni del direttore del “Piccolo” Enzo D’Antona. Dopo il saluto del sindaco Dipiazza e della governatrice Serracchiani - che ha fatto un forte richiamo ai valori europei -, la domanda delle domande è stata posta da D’Antona: «Le democrazie possono conciliare queste spinte contrapposte?». Soprattutto ora che la fase dell’emergenza sembra lasciare il posto a un fatto strutturale.
Mauro: «Le democrazie hanno un obbligo in più, rispetto ad altri regimi. Dobbiamo farci carico di questa domanda disperata di accoglienza, di solidarietà, di sopravvivenza. Voltarsi dall’altra parte sarebbe sacrilego. Ma dobbiamo chiedere il rispetto delle nostre leggi. E nel contempo dobbiamo rispondere all’inquietudine, alla domanda di sicurezza degli “indigeni”, soprattutto di quelli più anziani, delle popolazioni dei piccoli centri. Sapendo che c’è chi vuole incrementare questa paura, spesso per meri calcoli elettorali. Una democrazia che non garantisce la sicurezza tradisce la sua funzione».
Canculli: «Mettere assieme immigrazione e terrorismo è la cosa più sbagliata che possiamo fare. Sono fenomeni distinti. Anche se la presenza del terrorismo di matrice islamica in Europa ha fatto nascere l’equazione immigrazione uguale terrorismo. Dobbiamo riportare tutto sul piano della responsabilità politica. Rispettare il diritto internazionale significa anche dare accoglienza ai rifugiati. Le emigrazioni sono fenomeni normali, che non si possono fermare con frontiere e fili spinati».
«Troppo facile emozionarsi per la foto del bimbo morto sulla spiaggia - ha concluso Ezio Mauro -, salvo poi dimenticarla subito: è la stessa differenza che c’è fra compassione e condivisione, manca l’assunzione di responsabilità. Stiamo riducendo l’immigrato al suo corpo, vogliamo tenerlo fuori dal nostro spazio fisico. Tutto il sistema occidentale sta andando in crisi, non è più in grado di gestire fenomeni complessi. Lasceremo ai nostri figli un mondo molto più insicuro di quello che i nostri padri, che pure uscivano dalla guerra, hanno lasciato a noi. Chi perde o non trova lavoro dice che la democrazia non funziona. Ma la democrazia è un sistema che vale per tutti oppure non funziona».
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