«Per questo tour estivo ho immaginato un doppio percorso. I concerti veri e propri in luoghi paesaggistici di una certa rilevanza e poi degli incontri in luoghi che serbano un antico valore, magari un po’ sbiadito, dismesso, in cerca di una valorizzazione, di una rinascita. Incontri nei quali parlo, racconto delle cose, ma poi, visto che il mio mestiere è quello, canto anche alcuni brani, magari fra quelli che non trovano spazio nei soliti concerti...».
Parla Claudio Baglioni, il cui «Cercando Tour 2004» fa tappa stasera alle 21 nel piazzale del Castello di Udine. E che lunedì pomeriggio ritorna in regione, stavolta anche in veste di neoarchitetto, per un incontro-spettacolo del ciclo «Spazi nuovi per uomini nuovi» nel Porto Vecchio triestino. Un ciclo di incontri dal quale verrà tratto un dvd, il cui regista è fra l’altro proprio il triestino Andrea Sivini.
«Sì, il titolo che ho scelto per gli incontri - dice il cantautore romano, classe 1951, da oltre trent’anni fra gli artisti più amati dal pubblico italiano - è sicuramente un po’ immaginifico. Del resto sono convinto che sono i luoghi, i luoghi delle nostre città, quelli che viviamo a volte senza nemmeno accorgercene, a creare suggestioni. I luoghi sono sempre decisivi nella vita delle persone, nelle loro storie».
Qui parla da artista o da architetto?
«In entrambe le vesti. Sì, come sapete a giugno ho finalmente ultimato i miei studi di architettura che avevo interrotto una trentina d’anni fa, discutendo una tesi in restauro architettonico e riqualificazione urbana proprio delle aree dismesse. Un modo per prestare attenzione alla memoria che si portano appresso i luoghi e dunque le persone. In fondo, in tante canzoni ho parlato spesso delle stesse cose...».
Il Porto Vecchio triestino?
«Fra le tante segnalazioni, mi è arrivata anche quella sul vostro antico porto. Ho visto una ricca documentazione e trovo che sia un luogo davvero splendido, incredibile, di notevoli attrattive, che potrebbe finalmente diventare oggetto di una riqualificazione importante. Anche l’opportunità di portarvi l’Expo potrebbe essere un’occasione da non perdere. Per il porto e per la città».
Conosce Trieste?
«Sì, non solo per avervi cantato diverse volte nel corso di tutti questi anni. Trovo sia una città che ha la qualifica, la statura, le caratteristiche di città capitale. E questo per storia, per cultura, per posizione geografica, per quel confine che fino a ieri c’era, ed era un confine pesante, e oggi non c’è quasi più. Un confine di terra e di mare. E attraverso il mare, si sa, sono sempre arrivate storie, culture, suggestioni, genti, razze diverse».
Finora dove ha portato questi incontri?
«A Lecce, in una piazza di un quartiere degradato, dove realizzeranno un luogo per spettacoli, un piccolo Circo Massimo, e dove ho anche proposto la creazione di un museo di archeologia ferroviaria. E poi a Bari, a Palermo, prossimamente andremo anche a Como, in una fabbrica dismessa, un’ex seteria...».
Siete stati anche a Roma...
«Sì, al Gasometro, cui fra l’altro ho dedicato la tesi di laurea. Un luogo che si riallaccia ai miei ricordi di bambino. La mia famiglia abitava in una periferia opposta al Gasometro, e vi passavamo sempre dinanzi quando d’e-state andavamo al mare. Allora chiedevo a mio padre cos’era quella grande gabbia di acciaio e lui mi rispondeva semplicemente che c’era dentro il gas, quello che serviva per gli usi domestici. Poi, visto che probabilmente anche lui non ne sapeva molto, ma aveva quella grande capacità che a volte hanno le persone semplici di costruire e regalare dei piccoli sogni, mi diceva che era un cilindro magico dal quale un giorno sarebbe venuta fuori una sorpresa...».
Un figlio cantautore di successo?
«Chissà, o forse uno che a cinquantatre anni si riscopre architetto...».
Le due passioni della sua vita?
«Forse sì. Chissà, se tanti anni fa un bel giorno non fosse arrivato il successo probabilmente avrei ultimato gli studi in tempi, diciamo così, normali. E oggi farei un altro lavoro. In questi anni mi sono ”tenuto in allenamento” disegnando sempre da solo i palchi dei miei concerti. Ma sono anche convinto che in fondo musica e architettura non sono tanto diverse: per scrivere una canzone bisogna misurare le strofe, le armonie, gli equilibri...».
L’Italia è sempre il Belpaese?
«Lo è, e lo rimane senz’altro per il suo patrimonio storico, architettonico e paesaggistico che costituisce la sua vera ricchezza. Ma nell’ultimo mezzo secolo nel nostro Paese si è fatta poca architettura e molto abusivismo, l’ambiente è stato consumato, senza pensare che si tratta di un bene prezioso per il turismo, oltre che per far vivere bene noi italiani».
E il concerto che arriva stasera a
Udine?
È uno spettacolo che si articola in tre livelli: uno acustico, uno elettrico e uno, per così dire, elettronico. Tre livelli che partono separati ma che poi confluiscono in un’unica dimensione. Dopo il ”Crescendo Tour” avevo bisogno di nuovi stimoli, e li sto trovando appunto in questo ”Cercando Tour 2004”. Da ogni tour, da ogni viaggio, nascono nuove idee, nuovo materiale, in questo caso quello del disco al quale comincerò a lavorare alla fine di quest’anno».
«Anche se vivo il disco - conclude Baglioni - sempre più come un obbligo e credo invece molto di più nel concerto, nel contatto dal vivo con il pubblico...».
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