domenica 11 febbraio 2007

 Doveva arrivare due mesi fa. Poi il concerto è stato rinviato. E il tour di Ivano Fossati fa dunque tappa domani sera alle 21 al «Nuovo» di Udine. Uno dei padri nobili della nostra canzone d’autore torna dunque nella nostra regione con lo stesso «L’Arcangelo Tour» che nel maggio dell’anno scorso, all’inizio della lunga serie di concerti seguita alla pubblicazione dell’album «L’Arcangelo», aveva suonato a Pordenone.

Nella scaletta non mancano i classici («Panama», «La pianta del tè», «Lindbergh», «Smisurata preghiera» scritta con De Andrè, l’omaggio a Tenco con «Ragazzo mio»...) e le canzoni di impegno civile che da tempo caratterizzano la produzione del cinquantaseienne cantautore genovese: da «Mio fratello che guardi il mondo» a «Il disertore» («Ma io non sono qui, egregio presidente, per ammazzar la gente più o meno come me...»), fino ovviamente alla più recente «Cara democrazia», stringata ballata rock ma anche lucida e appassionata esortazione civile nonchè atto d’accusa politico giunto l’anno scorso, quattordici anni dopo «La canzone popolare» che era stata presa a prestito dalla prima stagione dell’Ulivo.

Parole pesanti, quelle di «Cara democrazia»: «Sono stato al tuo gioco anche quando il gioco si era fatto pesante, così mi sento tradito, o sono stato ingannato, mi sento come partito e non ancora approdato, sento un vuoto, sento un vuoto al mio fianco, e nessuna certezza messa nero su bianco...».

Parole che Ivano Fossati ha spiegato così: «Mi sono reso conto, leggendo anche i giornali stranieri, che c'è una preoccupazione in giro per il mondo. Quella dello svuotamento delle parole. Si fanno dei sensatissimi dibattiti tra persone serie, tra persone preoccupate, in Francia o in America, su questo svuotamento dall'interno della parola democrazia e della parola libertà. Sembra, e sottolineo sembra, che queste parole contengano meno di prima. C'è il timore che questi termini tanto sbandierati alla fine si riducano a un simulacro e poi contengano altro...».

Sono giorni duri - canta Fossati - «sono giorni bugiardi, cara democrazia ritorna a casa che non é tardi, non sai con quanta pazienza ho dovuto aspettare, non sai con quanta buona fede sono stato ad ascoltare...». Uno di quei casi in cui un’opera dell’ingegno, della creatività artistica, in questo caso un’opera di quell’arte povera che è la canzone, vale più di un discorso politico.

Anche grazie a brani come questi, e a dischi come «L’Arcangelo», Fossati - in carriera dal ’71, quando esordì come cantante e flautista dei Delirium - è oggi la figura più alta della canzone d’autore italiana. Un motivo in più per andare a vederlo.

Con lui, domani sul palco, Pietro Cantarelli (tastiere), Fabrizio Barale e Riccardo Galardini (chitarre), il figlio Claudio Fossati (batteria), Daniele Mencarelli (basso), Mirko Guerrini (fiati e tastiere), Marco Fadda (percussioni).

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