venerdì 1 aprile 2011

DISCHI - VASCO + mannarino

 Dedicato a tutti quelli che stanno scappando, scriveva vent’anni fa Gabriele Salvatores in epigrafe al suo “Mediterraneo” premiato con l’Oscar. Oggi Vasco Rossi riprende idealmente quella dedica, spiegando che un artista “deve fuggire dagli stereotipi, dalla grettezza e dalla mediocrità, dalle bugie e dall’ipocrisia, dalla superficialità, dai posti di blocco del conservatorismo, dall’omologazione, dai poteri che non lo vogliono far parlare, lo controllano, lo limitano...”.

Grandissimo Vasco, la cui vena creativa non si è mai esaurita, la cui libertà di pensiero non conosce restrizioni, la cui onestà intellettuale dovrebbe essere d’esempio per tanti.

“Vivere o niente” (Emi) è il suo nuovo album, sedicesimo in studio in trentatre anni di carriera discografica, a tre dal precedente “Il mondo che vorrei”. Alla vigilia dei sessant’anni (è nato nel febbraio ’52), il rocker di Zocca si mette a nudo con sincerità disarmante. Ammette che non credeva nemmeno di arrivare a quest’età, lui che a 35 anni pensava di bruciare tutto, «non credevo che sarei mai arrivato all’età di mio padre, ho sempre pensato che sarei finito presto, sennò forse non avrei scritto ciò che ho scritto». Come dire: «Sembrava la fine del mondo e invece io sono ancora qua. E non c’è niente che non va, non c’è niente da cambiare», scandisce quasi beffardo in “Eh... già”, singolo apripista.

Nel primo brano, “Vivere non è facile”, canta: «Proprio non bastano le mie scuse, ormai mi annoiano. Io sono qui e vivo come pare a me. Sarebbe tutto semplice se avessi almeno un complice, col quale condividere quest’avventura inutile. Che mi facesse ridere di tutte queste favole...».

Il tema della fuga salvifica è ovunque, sin dalle foto di copertina. Altri indizi sono seminati fra i solchi. «Prendi la strada che porta fortuna, prendi la via che fa più paura, prendi le cose così. La vita è dura! Non ti fermare davanti a niente, non ascoltare nemmeno la gente, non ti distrarre perchè la vita è tua. Non ci sono vie di mezzo per una generazione di sognatori, illusi e disillusi, non c’è spazio per l’indifferenza» (“Prendi la strada”).

L’insofferenza, il mal di vivere, l’autoironia sono ovunque. Anche in una canzone d’amore come “Dici che”. Anche in brani come “L’aquilone” e “Stammi vicino”, “Il manifesto futurista della nuova umanità” e “Sei pazza di me”.

L’album, registrato fra Bologna e Los Angeles, è uscito da due giorni ed è già primo in classifica. Previsione semplice semplice: ci rimarrà a lungo. Quest’estate il Blasco torna dal vivo: l’11 giugno a Venezia, all’Heineken Jammin Festival, poi 16, 17, 21 e 22 giugno a San Siro, 26 giugno a Messina, 1 e 2 luglio a Roma, all’Olimpico. Altra previsione facile: appendice quasi sicura a settembre, magari con la possibilità di vederlo dalle nostre parti.



- MANNARINO

A Roma e dintorni, Alessandro Mannarino è già un mito. Da quando appare su Raitre, dalla Dandini, la sua fama si sta progressivamente allargando al resto del Paese. Questo è il suo secondo album (il primo, “Bar della rabbia”, è uscito nel 2009). Racconta “un viaggio, dal tramonto all’alba, dove si intrecciano vicende e si incontrano personaggi tutti legati a un filo, quello della fine del mondo”. E lo fa proponendo un’unione di “ritmi forsennati, gonne al vento, vino e lanterne, festa a crepacuore, ballate struggenti, lamentazioni funebri, cantautorato e world music”.

Mannarino è nato a Roma nel ’79. A vent’anni suona nei locali del rione Monti, due anni fa è tra i finalisti del Premio Gaber e del Premio Tenco nella categoria “album artisti emergenti”. In questo disco si smarca dalle tentazioni esterofile ma anche dalla lezione vetero cantautorale. Meglio la sua verve anarchico insurrezionalista, i suoi spunti folk, la sua vena anticlericale. Fra i brani: “Rumba magica”, “Serenata lacrimosa” ma anche “Serenata silenziosa”, “L’ultimo giorno dell’umanità”.

  

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