mercoledì 30 luglio 2014

ADDIO GIORGIO GASLINI, 40 anni fa concerto a Trieste, manicomio San Giovanni

di Carlo Muscatello Il 4 settembre saranno quarant'anni. Giorgio Gaslini - morto ieri a Borgotaro, Parma - quel giorno fu protagonista nel parco di San Giovanni, a Trieste, di uno dei primi concerti voluti da Franco Basaglia per aprire il manicomio alla città. Tempo fa lo incontrammo nella sua Milano, ricordargli ”quel” concerto gli produsse come un lampo negli occhi... «Un giorno di quell’estate - disse il jazzista, classe 1929, quattromila concerti e quaranta colonne sonore in carriera - mi telefona Basaglia e dice: ho aperto i cancelli, ha già suonato Ornette Coleman, vieni anche tu. Seguivo il suo lavoro, ma non ci eravamo mai incontrati. Per me era un mondo tutto da scoprire. Ricordo l’arrivo a Trieste, il parco, un fiume di gente, giovani e malati assieme, non si capiva quali erano i ”matti”, i medici, gli appassionati. Capii che era una grande rivoluzione civile». «Allora suonavo con Bruno Tommaso al contrabbasso, Gianni Bedori (poi noto come Johnny Sax) al sax, il friulano Andrea Centazzo alla batteria. Eravamo circordati dalla gente anche sul palco, una pedana in un campo sportivo. Fu una delle esperienze che più mi hanno segnato. Avevo appena scritto "Musica totale" attingendo alla mia esperienza, alla storia della mia vita. Ho cominciato a suonare il pianoforte classico a sei anni. La guerra ci portò a sfollare in Brianza, un’orchestrina mi fece conoscere il primo jazz, le musiche di Glenn Miller». «Mio padre era un africanista, la casa era piena di strumenti ma anche di dischi di Josephine Baker portati da Parigi. Una balia emiliana mi cantava le canzoni di lotta e di lavoro della sua terra. La mia "musica totale” nacque mettendo assieme classica e jazz, suoni africani e canti popolari. La Milano del dopoguerra era vitalissima. Tutto sembrava possibile, nonostante le difficoltà. Il primo lavoro lo trovai in un cinema di Porta Vittoria: allora fra un tempo e l’altro un musicista suonava dal vivo. Poi mi chiamarono alla radio, la vecchia Eiar, e poi ancora l’Orchestra nazionale italiana. Alla fine degli anni Cinquanta mi iscrissi al Conservatorio, corso di composizione». «Poi nel ’61 il cinema. Tramite Nicola Arigliano avevo conosciuto Mastroianni, che fece ascoltare le mie musiche a Michelangelo Antonioni, che stava girando ”La notte” a Milano. Negli stessi anni andai per la prima volta in America, invitato da John Lewis del Modern Jazz Quartet. Mi rendevo conto di essere nella patria del jazz, nato per cantare la condizione dei neri d’America. Ebbi il privilegio di assistere alla nascita delle ultime idee-forza del jazz americano: il free. Erano gli anni della fantasia e della creatività al potere. L'impegno nel jazz è sempre stato fondamentale. Ho sempre avuto a cuore l’idea di giustizia sociale. Negli anni Sessanta e Settanta tenni concerti nelle università, nelle fabbriche occupate». «Per questo - concluse Gaslini - l'Italia di oggi mi piace poco. In attesa che prenda piede questo nuovo umanesimo che sta nascendo. Lo colgo fra i giovani. La storia riparte sempre, e lo fa con le nuove generazioni».

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