mercoledì 13 agosto 2014

GORAN BREGOVIC stasera al festival majano, friuli

Vive da oltre vent’anni a Parigi, ma la sua Sarajevo gli è rimasta nel cuore, oltre che nelle corde della chitarra. Ha fatto conoscere a mezzo mondo la musica balcanica, di cui è diventato l’icona, prima con le colonne sonore dei film di Emir Kusturica poi con i suoi dischi e concerti. Lui è ovviamente Goran Bregovic, che stasera alle 22 suona al Festival di Majano con la sua Wedding and Funeral Orchestra. «Mi ritengo fortunato - dice Bregovic, classe 1950 - a essere nato in un tempo felice, perchè per la prima volta nella storia le piccole culture hanno cominciato a influenzare le grandi culture. Per esempio la musica balcanica ha una minima importanza rispetto alla grande tradizione anglosassone, ma allo stesso tempo è in grado di lasciare una traccia al suo interno. L’unico potere che noi balcanici abbiamo è quello dell’umana curiosità, non possediamo culture imperiali e tradizioni musicali gloriose. Non importa in definitiva che ci definiscano esponenti della “world music” o della “wild music”, l’importante è che ci sia curiosità a riguardo e che al nostro tempo possa essere facilmente soddisfatta». Lei ha portato la musica balcanica in mezzo mondo. «Sì, abbiamo suonato tanto a ovest, come a Seattle, che a est, come a Seul, a nord come a Tomsk in Siberia e a sud come a Buenos Aires. Orami ritengo che la nostra musica sia finalmente riconoscibile e spesso anche apprezzata in ogni angolo del mondo, un motivo di grande orgoglio per noi». Il posto più strano dove ha suonato? «A Dyarbakir, al confine fra Turchia, Siria e Iraq, davanti a 250 mila curdi, la platea più numerosa che mi sia mai capitata. Ad ogni modo sia davanti a 250 mila, a 2500 o a 250 persone che siano, io e la mia band diamo sempre tutto quello che abbiamo da dare: è l'unica maniera per divertirci in quello che facciamo, penso sempre che se noi ci divertiamo sul palco anche il pubblico certamente si divertirà». Il suo incontro col rock? «Ero un ragazzo. Sono sempre stato un appassionato di musica tradizionale. A quindici anni suonavo musica folk come professionista. Il successo del mio primo gruppo rock è dovuto proprio all’ispirazione che ho sempre trovato nella mia tradizione musicale, inevitabilmente gypsy. Ho praticamente fatto sempre la stessa cosa per tutta la vita, ma fin da giovane ho voluto che la mia musica fosse avvolta in una veste occidentale, dopo che in maniera così importante aveva colpito i giovani nella parte comunista dell’Europa dell’Est. In una certa maniera si può dire che ho sempre suonato la stessa musica». Compone ancora musiche per il cinema? «Negli ultimi dieci anni ho composto molta musica per il cinema perché fin da quando ero giovane ho creduto nelle infinite possibilità di ricerca che la musica può dare, cinema incluso ovviamente. Quando realizzai quanto la vita sia corta, ho smesso di comporre musica per servire l'arte di altre persone, dedicandomi principalmente alla mia arte e ai miei progetti. Solo dedicarmi alla mia condizione di compositore contemporaneo, molto fortunato nel poter avere migliaia di persone nel mondo che desiderano ascoltare il mio lavoro». Ricordi di Trieste? «Tanti, da ragazzo venivo anch’io a fare acquisti. Poi sono tornato tante volte a suonare. Tendo a non scegliere i luoghi in cui vado a fare concerti, vado dove mi invitano e Trieste lo ha fatto più volte. Questa cosa mi rende felice perché è una delle città più belle d’Italia. Sembra quasi una storia d’amore a lieto fine, io amo Trieste e Trieste mi ama». Parigi? «Vivo a Parigi perchè è uno dei rari posti sulla terra dove essere jugoslavo non implica necessariamente essere un borseggiatore o un manovale. Lì è possibile essere jugoslavi e artisti rispettati allo stesso tempo. Fin da quando ero solo un musicista locale, ho sempre avuto il bisogno di sentirmi collegato al territorio da cui la mia musica trae ispirazione, i Balcani, per questo lavoro molto a Belgrado e mi piace anche trascorrere le mie vacanze sulla costa adriatica». La sua Sarajevo? «Come per qualsiasi nativo di Sarajevo, anche la mia vita è divisa fra quella prima e dopo la guerra. Sono stato molto fortunato a trovarmi già a Parigi quando la guerra scoppiò. Chissà perché agli artisti in esilio è toccata da sempre una parte così considerevole nella storia dell’arte, della cultura... Forse perché la teoria di Darwin è corretta e sia io che le tartarughe delle Galapagos ne siamo una prova». Il prossimo progetto? «Certamente un nuovo album che sarà differente rispetto agli ultimi lavori. Un progetto in cui metterò tutto il mio impegno ma del quale preferisco ancora non svelare molto». Gli album più recenti dell’artista sono “Goran Bregovic’s Karmen with a Happy End” (2007), “Alkohol (Šljivovica & Champagne)”, uscito nel 2008, e “Champagne for the Gypsies” 82012). Il concerto di Bregovic, stasera a Majano, in piazza Italia, rappresenterà l’apice della grande festa “Balkan Party & Grill”, che il festival della cittadina friulana ha organizzato assieme all’ormia celebre festival “Guca sul Carso”. Vi parteciperanno fra gli altri Eusebio Martinelli, trombettista della band di Vinicio Capossela, la fanfara serba di Elvis Bajramovic, la Gipsy Abarth Orkestar e il curioso team formato da Dj Pravda e Chef Berna che darà vita allo show “Balkan Grill”.

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