Diffidate da quelli che parlano male dei dischi di cover. Quando un artista sforna un album in cui rilegge successi grandi e piccoli altrui, dicono codesti sapientoni, è perchè non ha del materiale nuovo valido, convincente, all’altezza di un’uscita discografica. E allora si prende una comoda pausa di riflessione, insomma. Oppure - sempre secondo tali critici - per mancanza di ispirazione, o perchè ha un contratto che lo obbliga a far uscire un disco nuovo e non ha niente di pronto. O ancora vuol rendere omaggio all’artista o agli artisti che hanno segnato la sua storia musicale. Tutte balle. E se non ci credete, andate ad ascoltarvi «Twelve» (Columbia SonyBmg), il nuovo album di Patti Smith, la sessantunenne ex sacerdotessa del punk e del rock, che il 10 luglio torna nella nostra regione per un concerto a Villa Manin. Tre anni dopo il controverso «Trampin'», Patti Smith si guarda allo specchio e racconta se stessa attraverso una manciata di canzoni scritte da artisti che lei ha amato. Canzoni altrui ma in realtà di tutti, già consegnate all’immaginario collettivo, che l’eterna ragazza filtra attraverso la sua grande anima e la sua sempre vigorosa voce.
«Twelve» allora, ovvero dodici, come dodicesimo album o come il numero dei brani scelti e riletti. Da Jimi Hendrix («Are you experienced?») a Neil Young («Helpless»), da Bob Dylan («Changing of the guards» e non quella «Like a rolling stone» che lei spesso esegue dal vivo) ai Beatles («Within you without you»), da Stevie Wonder («Pastime Paradise») ai Rolling Stones («Gimme shelter»), dai Doors («Soul Kitchen») a Paul Simon («The boy in the bubble»)... Quasi tutta gente della sua generazione, eccetto i Nirvana (splendida rilettura acustica di «Smells like teen spirit», reinventata con tanto di banjo e violini) e i Tears for Fears («Everybody wants to rule the world»).
L’idea di questo disco, ha raccontato l’artista, è vecchia di trent’anni ma si è concretizzata recentemente, dopo un sogno nel quale le è apparso nientemeno che Jim Morrison... E dopo che nel 2002 aveva inserito nell’album «Land» il brano di Prince «When doves cry». Perchè «mi piacciono i pezzi che tutti cantano, ma non mi fidavo abbastanza della mia voce. Adesso ho sentito che il momento era giusto. La scelta è stata sui testi...».
La cosa incredibile - ma in realtà comprensibilissima, avendo a che fare con la donna che ha portato la poesia nel rock e forse anche il rock nella poesia - è che ascoltando queste dodici canzoni non sembra di aver a che fare con un album di cover. Sembrano tutte canzoni sue, figli suoi, perle della sua creatività, della sua passione, anzichè capitoli della miglior storia del rock.
Nell'album suonano fra gli altri Flea dei Red Hot Chili Peppers e Tom Verlaine dei Television (entrambi in «Gimme shelter»), ma anche Rich Robinson dei Black Crowes. Oltre i fidati Lenny Kaye (chitarra), Jay Dee Daugherty (batteria), Tony Shanahan (basso, tastiere), l’italiano Giovanni Sollima (violoncello) e i figli Jackson e Jesse Smith.
Fra due mesi Patti Smith è in Italia per un lungo tour. Fra le tappe: il 2 luglio a Milano, il 3 a Roma, il 6 a Savona, il 10 a Villa Manin, il 13 a Pistoia.
«Call me irresponsible» (Warner) è il terzo album in studio di Michael Bublé, che in soli quattro anni di carriera vanta già undici milioni di dischi venduti e due nomination ai Grammy. Stavolta il ragazzo di Vancouver, di origine italiana, propone la sua rilettura di classici firmati fra gli altri da Leonard Cohen («I’m you man») ed Eric Clapton («Wonderful night»), o portati al successo da Ella Fitzgerald e Sinatra (l’iniziale «The best is yet to come»). Convince anche l’inedito «Everything», inno alla gioia che genera il vero amore, per un essere umano ma anche per il mondo intero. La classe è sempre quella da vero crooner degli anni nostri, qual è Bublé.
Prendete Elvis Costello, e poi Björk, e ancora Annie Lennox, Prince, James Taylor, Cassandra Wilson, Caetano Veloso... Affidate loro una canzone della grande Joni Mitchell per ciascuno, e attendete fiduciosi. Ne verrà fuori questo splendido «A tribute to Joni Mitchell» (Nonesuch Warner), che celebra la produzione degli anni Settanta, quella di album come «Blue» (qui presente con tre brani), in bilico fra folk-rock e l’avvicinamento al jazz della grande artista canadese. Per la quale pare sia vicino un ritorno sulla scena musicale, dopo un ritiro troppo frettoloso...
Torniamo in Italia per il nuovo lavoro di Eugenio Bennato, fratello minore e meno conosciuto. «Sponda Sud» è il nuovo lavoro dell’ex anima dei Musicanova, partito dalla sua Napoli ma da tempo approdato nei luoghi e fra le tradizioni più vitali dell’intero Mediterraneo: dai canti arabi di Algeri ai suoni egiziani, dalle suggestioni dell’Africa nera alle civiltà di passaggio di Capoverde fino ai ritmi carioca di Bahia... Che meraviglia, quest’autentica «world music» senza confini ma con tanta anima, popolare e nobile al tempo stesso. Fra i brani: «Ritmo di contrabbando», «Canzone per Beirut», «Italia minore», «Verso il sole»...
ANDREA MIRO' Undici brani nel quinto disco - a due anni di distanza dal precedente «Andrea» - di Roberta Mogliotti, in arte Andrea Mirò, fra cui due cover di Sergio Endrigio, «Lontano dagli occhi», e degli Animals, «Don’t let me be misunderstood». Per la compagna di Enrico Ruggeri un disco davvero convincente, i cui arrangiamenti semplici mettono in rilievo testi mai banali. Fra questi, l’iniziale «Il vento» (con suggestivo video girato nel deserto del Marocco), «Preghierina dell’infame» (cantata assieme a Neri Marcorè) e «L’uomo del faro». Lei, oltre a cantare e scriversi le canzoni, suona chitarra, pianoforte, violino e molti altri strumenti.
CHRIS REA Un anno fa il chitarrista inglese ha pubblicato un’opera con le immagini dei suoi quadri e ben dieci cd inediti in cui ha esplorato il blues in tutte le sue forme. Ora arriva il meglio di quei dieci cd, con un doppio che ha per sottotitlo «A Collection Of Songs». È un tributo appassionato e vibrante alla musica che Rea ha più amato, realizzato con strumenti e microfoni originali, per riprodurre le caratteristiche sonore di ogni genere di blues. Dal sound del blues delle origini al country, dai ritmi di New Orleans a quelli elettrici di Memphis, dal suono urbano di Chicago alle ballate con contaminazioni soul, fino alla musica celtica...
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