RED HOT CHILI PEPPERS
PIccolo Illustrato
sabato 23 giugno 07
Di una cosa potete star (quasi) certi. Giovedì 28 giugno allo Stadio Friuli di Udine, nel loro unico concerto italiano del 2007, che poi è anche l’evento per eccellenza dell’estate musicale del Friuli Venezia Giulia, quegli ex «ragazzacci» dei Red Hot Chili Peppers non faranno come nelle prime esibizioni dal vivo della loro fulminante carriera, quando all’inizio degli anni Ottanta, nella loro assolata California, spesso si presentavano davanti al pubblico nudi e coi calzini infilati sui genitali... Roba da metter in serio imbarazzo l’America che si era appena affidata alle cure del presidente Reagan. Roba che oggi non potrebbero più permettersi.
Nessuno avrebbe immaginato allora, dinanzi a quelle prime e forse ingenue provocazioni, che quei quattro ragazzi della Fairfax High School di Los Angeles (il bassista Michael «Flea» Balzary, il cantante Anthony Kiedis, il batterista Jack Irons e il chitarrista Hillel Slovak: all’inizio si facevano chiamare Tony Flow and the Miraculously Majestic Masters of Mayhem) sarebbero diventati di lì a poco una della band più celebrate del pianeta.
Di più: oggi i Red Hot Chili Peppers sono considerati la miglior rock band degli ultimi vent’anni (forse soltanto gli U2 insidiano il loro primato) e affascinano milioni di giovani in tutto il mondo grazie alla loro miscela trasversale ed esplosiva fatta di rap e punk, funk e rock, pop e melodia. Rabbia e passione possono essere considerate il loro marchio di fabbrica, la loro cifra stilistica.
Come si diceva la band si è formata a Los Angeles nei primissimi anni Ottanta, diventando in breve un gruppo di culto grazie soprattutto alle loro trasgressive performance dal vivo. Il primo album, intitolato semplicemente «Red Hot Chili Peppers» e non baciato da particolare successo, esce nell’84. Seguono «Freaky Styley» (’85), «The Uplift Mofo Party Plan» (’87) e il minialbum «Abbey Road» (’88), con copertina-parodia dell’omonimo album dei Beatles.
Una tragica pausa, seguita alla morte per overdose di Slovak. Irons lascia. Kiedis e Flea incontrano allora il chitarrista John Frusciante e il batterista Chad Smith (quest’ultimo trovato grazie a un annuncio su un giornale...) e l’avventura riparte. Nell’89 esce «Mother's Milk», album di inediti seguito da un lungo tour. E nel ’91 il contratto con la Warner, l’uscita di «Blood Sugar Sex Magik» (un milione di copie vendute), e la fama del gruppo arriva anche in Europa.
L’energia del loro rock, la miscela fra rap e funky, la rilettura attualizzata di stilemi del rock anni Settanta fanno schizzare il gruppo - che ormai ha sviluppato uno stile proprio - ai vertici delle classifiche e del gradimento dei giovani di mezzo mondo.
Il resto è praticamente storia di ieri, diremmo quasi di oggi. Anche l’uscita dal gruppo di John Frusciante nel ’92 (sostituito prima da Jack Marshall e poi da Dave Navarro, ex Jane’s Addiction) non cambia poi di molto la situazione. Nel ’95 esce «One Hot Minute», nel ’98 esce Navarro e rientra Frusciante, il ’99 è l’anno di «Californication» (primo nell’hit parade italiana per ben nove settimane di fila), che con i suoi quindici milioni di copie è il loro album più venduto.
Siamo all’estate 2002. Il nuovo album s’intitola «By the way», un lavoro introspettivo, di grande intensità. E dopo le due vendutissime raccolte («The greatest hits» nel 2003, «Live in Hyde Park» nel 2004), l’anno scorso è arrivato finalmente «Stadium Arcadium», nono album in studio della band, considerato da molti il miglior disco del 2006 e premiato nel febbraio scorso con ben cinque Grammy Awards, gli Oscar della musica.
Comprende ventotto canzoni nuove distribuite in due cd, intitolati rispettivamente «Jupiter» e «Mars», e trainate dal singolo «Dani California». In origine le canzoni dovevano essere trentotto, contenute in tre album separati, usciti a sei mesi di distanza l’uno dall’altro. Poi è stata fatta una scelta diversa. Con risultati di tutto rispetto, visto che il disco è stato il primo del gruppo a debuttare al numero uno delle classifiche statunitensi e di altri 26 paesi, fra cui l’Italia. E solo nella prima settimana ha venduto più di un milione di copie. Attualmente il disco ha superato quota sei milioni, che portano il totale in carriera a superare le sessanta milioni di copie vendute.
L’appuntamento del 28 giugno con i Red Hot Chili Peppers assume per il Friuli Venezia Giulia un significato molto importante. È la prima volta infatti che la nostra regione ospita l’unica tappa italiana del tour mondiale di un artista o gruppo di fama planetaria quali sono da anni la band californiana. Di solito, quando il concerto italiano è uno solo, la città prescelta è Milano, Roma, al massimo Torino, Bologna, Verona... Stavolta tocca a Udine, Nordest italiano, e gli spettatori arriveranno da mezza Europa, oltre che dal resto della penisola.
Quello che arriva il 28 giugno a Udine è la ripresa di un tour biennale, che nel 2006 ha toccato gli Stati Uniti e l’Europa (con doppia tappa anche a Milano, a novembre) e nella seconda metà di quest’anno punterà anche su Giappone e Australia. Insomma, la leggenda planetaria del «peperoncino piccante» prosegue...
Diceva un tale: «Se i peperoncini sono per voi un sentimento, una sensazione o una forma di energia, avete indovinato...». Sottinteso: la formula vincente della band californiana.
Nessuno avrebbe immaginato allora, dinanzi a quelle prime e forse ingenue provocazioni, che quei quattro ragazzi della Fairfax High School di Los Angeles (il bassista Michael «Flea» Balzary, il cantante Anthony Kiedis, il batterista Jack Irons e il chitarrista Hillel Slovak: all’inizio si facevano chiamare Tony Flow and the Miraculously Majestic Masters of Mayhem) sarebbero diventati di lì a poco una della band più celebrate del pianeta.
Di più: oggi i Red Hot Chili Peppers sono considerati la miglior rock band degli ultimi vent’anni (forse soltanto gli U2 insidiano il loro primato) e affascinano milioni di giovani in tutto il mondo grazie alla loro miscela trasversale ed esplosiva fatta di rap e punk, funk e rock, pop e melodia. Rabbia e passione possono essere considerate il loro marchio di fabbrica, la loro cifra stilistica.
Come si diceva la band si è formata a Los Angeles nei primissimi anni Ottanta, diventando in breve un gruppo di culto grazie soprattutto alle loro trasgressive performance dal vivo. Il primo album, intitolato semplicemente «Red Hot Chili Peppers» e non baciato da particolare successo, esce nell’84. Seguono «Freaky Styley» (’85), «The Uplift Mofo Party Plan» (’87) e il minialbum «Abbey Road» (’88), con copertina-parodia dell’omonimo album dei Beatles.
Una tragica pausa, seguita alla morte per overdose di Slovak. Irons lascia. Kiedis e Flea incontrano allora il chitarrista John Frusciante e il batterista Chad Smith (quest’ultimo trovato grazie a un annuncio su un giornale...) e l’avventura riparte. Nell’89 esce «Mother's Milk», album di inediti seguito da un lungo tour. E nel ’91 il contratto con la Warner, l’uscita di «Blood Sugar Sex Magik» (un milione di copie vendute), e la fama del gruppo arriva anche in Europa.
L’energia del loro rock, la miscela fra rap e funky, la rilettura attualizzata di stilemi del rock anni Settanta fanno schizzare il gruppo - che ormai ha sviluppato uno stile proprio - ai vertici delle classifiche e del gradimento dei giovani di mezzo mondo.
Il resto è praticamente storia di ieri, diremmo quasi di oggi. Anche l’uscita dal gruppo di John Frusciante nel ’92 (sostituito prima da Jack Marshall e poi da Dave Navarro, ex Jane’s Addiction) non cambia poi di molto la situazione. Nel ’95 esce «One Hot Minute», nel ’98 esce Navarro e rientra Frusciante, il ’99 è l’anno di «Californication» (primo nell’hit parade italiana per ben nove settimane di fila), che con i suoi quindici milioni di copie è il loro album più venduto.
Siamo all’estate 2002. Il nuovo album s’intitola «By the way», un lavoro introspettivo, di grande intensità. E dopo le due vendutissime raccolte («The greatest hits» nel 2003, «Live in Hyde Park» nel 2004), l’anno scorso è arrivato finalmente «Stadium Arcadium», nono album in studio della band, considerato da molti il miglior disco del 2006 e premiato nel febbraio scorso con ben cinque Grammy Awards, gli Oscar della musica.
Comprende ventotto canzoni nuove distribuite in due cd, intitolati rispettivamente «Jupiter» e «Mars», e trainate dal singolo «Dani California». In origine le canzoni dovevano essere trentotto, contenute in tre album separati, usciti a sei mesi di distanza l’uno dall’altro. Poi è stata fatta una scelta diversa. Con risultati di tutto rispetto, visto che il disco è stato il primo del gruppo a debuttare al numero uno delle classifiche statunitensi e di altri 26 paesi, fra cui l’Italia. E solo nella prima settimana ha venduto più di un milione di copie. Attualmente il disco ha superato quota sei milioni, che portano il totale in carriera a superare le sessanta milioni di copie vendute.
L’appuntamento del 28 giugno con i Red Hot Chili Peppers assume per il Friuli Venezia Giulia un significato molto importante. È la prima volta infatti che la nostra regione ospita l’unica tappa italiana del tour mondiale di un artista o gruppo di fama planetaria quali sono da anni la band californiana. Di solito, quando il concerto italiano è uno solo, la città prescelta è Milano, Roma, al massimo Torino, Bologna, Verona... Stavolta tocca a Udine, Nordest italiano, e gli spettatori arriveranno da mezza Europa, oltre che dal resto della penisola.
Quello che arriva il 28 giugno a Udine è la ripresa di un tour biennale, che nel 2006 ha toccato gli Stati Uniti e l’Europa (con doppia tappa anche a Milano, a novembre) e nella seconda metà di quest’anno punterà anche su Giappone e Australia. Insomma, la leggenda planetaria del «peperoncino piccante» prosegue...
Diceva un tale: «Se i peperoncini sono per voi un sentimento, una sensazione o una forma di energia, avete indovinato...». Sottinteso: la formula vincente della band californiana.
ESTATE MUSICALE TRIESTINA
Estate musicale senza grandi appuntamenti, quella triestina. A meno di sorprese dell’ultima ora, sempre possibili ma a questo punto improbabili. Niente carrozzoni tipo Festivalbar (estate 2006), niente adunate oceaniche tipo Isle of Mtv (estate 2005), niente grandi nomi e grandi numeri... Appassionati pronti a mettersi in viaggio, allora, come da consolidata tradizione locale. Anche se qualcosa ovviamente c’è, nell’ambito della piccola provincia triestina.
Nel programma di «SerEstate» brillano il concerto dei Finley (30 luglio in piazza Unità) e la rassegna «TriesteLovesJazz» (in collaborazione con la Casa della Musica).
I Finley sono quattro ragazzi milanesi (residenti per la precisione a Legnano), tutti classe 1985, che hanno preso il nome da Michael Finley, giocatore di basket nell'Nba. Amati dai giovanissimi, sono esplosi lo scorso anno con il singolo «Diventerai una star», cui quest’anno sono seguiti i brani «Scegli me», «Niente da perdere» e «Adrenalina».
«TriesteLovesJazz» si terrà invece dal 17 luglio al 14 agosto, con tutta una serie di concerti di artisti italiani e internazionali. Fra questi Al Foster, già battterista di Miles Davis (17 luglio, piazza Verdi), il duo Tuck & Patti (19 luglio, piazza Verdi), il bluesman rivelazione Michael Powers (28 luglio, piazza Verdi), l’orchestra Mercadonegro (9 agosto).
Nell’ambito della rassegna, da segnalare la sezione «Mitteljazz», frutto del lavoro che la Casa della musica porta avanti da anni con il suo coordinatore Gabriele Centis: propone il chitarrista praghese ma newyorkese d’adozione Rudy Linka (20 luglio, piazza Verdi), gli sloveni Jure Pukl and the Jazzon Ensemble e gli austriaci Baritone Orchestra (10 agosto, piazza Hortis). E ancora la sezione «Made in Trieste», con il meglio della scena jazz locale in piazza Hortis (24 luglio Stefano Franco, Trieste Ragtime Band, Quintetto di Trieste, Alessandra Chiurco & Giorgio Pacorig; 29 luglio Mario Cogno Quartet, Blue Gate, Leo Zanier, Riccesi Quartet; 30 luglio Joplin Ragtime Orchestra, Andrea Massaria Trio, Martina Feri; 14 agosto Fabio Mini Quartet, Adriana Vasques, Magris Jegher Quartet).
Altri due appuntamenti importanti sono fissati per il 21 e 22 luglio in piazza Unità. La prima sera viene registrata la serata finale del Premio giornalistico intitolato a Marco Luchetta, «I nostri angeli», che poi verrà trasmessa in seconda serata su Raiuno il 24 luglio. Fra gli ospiti musicali della serata, presentata da Franco Di Mare e Eleonora Daniele, ci saranno il vincitore dell’ultimo Sanremo Simone Cristicchi e la band degli Stadio.
Il 22 luglio, sempre in piazza Unità, la rassegna itinerante Folkest (che porta anche degli appuntamenti di minor richiamo a Sgonico e Muggia) propone un gruppo storico del folk-rock inglese: i Fairport Convention.
Nel programma di «SerEstate» brillano il concerto dei Finley (30 luglio in piazza Unità) e la rassegna «TriesteLovesJazz» (in collaborazione con la Casa della Musica).
I Finley sono quattro ragazzi milanesi (residenti per la precisione a Legnano), tutti classe 1985, che hanno preso il nome da Michael Finley, giocatore di basket nell'Nba. Amati dai giovanissimi, sono esplosi lo scorso anno con il singolo «Diventerai una star», cui quest’anno sono seguiti i brani «Scegli me», «Niente da perdere» e «Adrenalina».
«TriesteLovesJazz» si terrà invece dal 17 luglio al 14 agosto, con tutta una serie di concerti di artisti italiani e internazionali. Fra questi Al Foster, già battterista di Miles Davis (17 luglio, piazza Verdi), il duo Tuck & Patti (19 luglio, piazza Verdi), il bluesman rivelazione Michael Powers (28 luglio, piazza Verdi), l’orchestra Mercadonegro (9 agosto).
Nell’ambito della rassegna, da segnalare la sezione «Mitteljazz», frutto del lavoro che la Casa della musica porta avanti da anni con il suo coordinatore Gabriele Centis: propone il chitarrista praghese ma newyorkese d’adozione Rudy Linka (20 luglio, piazza Verdi), gli sloveni Jure Pukl and the Jazzon Ensemble e gli austriaci Baritone Orchestra (10 agosto, piazza Hortis). E ancora la sezione «Made in Trieste», con il meglio della scena jazz locale in piazza Hortis (24 luglio Stefano Franco, Trieste Ragtime Band, Quintetto di Trieste, Alessandra Chiurco & Giorgio Pacorig; 29 luglio Mario Cogno Quartet, Blue Gate, Leo Zanier, Riccesi Quartet; 30 luglio Joplin Ragtime Orchestra, Andrea Massaria Trio, Martina Feri; 14 agosto Fabio Mini Quartet, Adriana Vasques, Magris Jegher Quartet).
Altri due appuntamenti importanti sono fissati per il 21 e 22 luglio in piazza Unità. La prima sera viene registrata la serata finale del Premio giornalistico intitolato a Marco Luchetta, «I nostri angeli», che poi verrà trasmessa in seconda serata su Raiuno il 24 luglio. Fra gli ospiti musicali della serata, presentata da Franco Di Mare e Eleonora Daniele, ci saranno il vincitore dell’ultimo Sanremo Simone Cristicchi e la band degli Stadio.
Il 22 luglio, sempre in piazza Unità, la rassegna itinerante Folkest (che porta anche degli appuntamenti di minor richiamo a Sgonico e Muggia) propone un gruppo storico del folk-rock inglese: i Fairport Convention.
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