TRIESTE Aromi di Negramaro, ieri sera al Politeama Rossetti. Aromi rock caldi e appassionati, con quel retrogusto amarognolo tipico del vino del Salento da cui Giuliano Sangiorgi e compagni hanno preso il nome. Aromi di grande musica italiana, che la band esplosa negli ultimi due anni e mezzo ha deciso di «denudare» e proporre in versione acustica nella cornice elegante di un tour teatrale, dopo i tanti club e spazi all'aperto riempiti dalla primavera/estate 2005 a oggi.
L'apertura offre uno splendido colpo d'occhio. Scenografia essenziale, lineare come l'operazione acustica richiede. Una grande griglia colorata fa da fondale. I musicisti sono disposti a semicerchio sul palco pieno di strumenti quasi tutti acustici e molti etnici: il piano Rhodes, l'organetto diatonico, la steel guitar, lo xilofono, il contrabbasso elettrico, ma anche la fisarmonica, il banjo, il bouzuki vestono di colori nuovi canzoni già conosciute e amate dal pubblico.
«La distrazione», il brano che apre l’ultimo disco registrato a San Francisco, è anche quello scelto per cominciare lo show. Si capisce subito che l'operazione è stata fatta con gusto e intelligenza. L'abito musicale è diverso ma l'anima, il cuore sono rimasti immutati. Né poteva essere altrimenti. Una sontuosa conferma arriva con «Mentre tutto scorre», il brano clamorosamente bocciato al Sanremo Giovani 2005, che poi nello spazio di poche settimane trasformò il gruppo pugliese nella grande sorpresa di quell'annata musicale italiana. Ebbene, per quello che rimane comunque la loro bandiera, per quello che si porta dentro il marchio di fabbrica che ha fatto grandi i Negramaro, ieri sera al Rossetti rilettura elegante ed essenziale, quasi scarna, soltanto per chitarra e voce, praticamente perfetta.
Sangiorgi si alterna fra piano e chitarra. Quando ha le mani libere si trasforma in uno scatenato folletto nero, una marionetta snodata che corre, salta, s’inginocchia, ma soprattutto permea lo spettacolo della sua splendida e poderosa vocalità meridionale. I cori del migliaio abbondante di spettatori fanno il resto.
Lo show, diviso in due parti, va a pescare nei tre album diciamo così «ufficiali» della giovane discografia del gruppo (il primo era stato una sorta di «album test» uscito nel 2003, dall'anima profondamente rock, un po' stile Radiohead, dovuto alla solita geniale intuizione di Caterina Caselli...), realizzando una riuscita operazione a ritroso. Canzoni che erano nate nella versione chitarra e voce, oppure pianoforte e voce, e che solo in un secondo tempo erano state rivestite di abiti rock, con un occhio alla tradizione melodica italiana e l'altro al miglior rock progressive degli anni Settanta, ritornano metaforicamente a casa, nude, semplici, acustiche, come mamma le ha fatte...
Ecco allora «Come sempre» e «Scusa se non piango», «Quel posto che non c’è» (ai sei Negramaro si aggiungono Andrea Di Cesare al violino e Claudia Della Gatta al violoncello) e «Solo per te», «Nuvole e lenzuola» (altra bandiera...) e «Neanche il mare», «Scomoda-mente» e «La finestra», che chiude il primo tempo.
Si riparte con «Giuliano poi sta male» (che diventa un vibrante mix fra una taranta pugliese e una giga irlandese...), si prosegue con «Un passo indietro» e «L’immenso», «Estate» (con Sangiorgi che sbuca in platea, una piccola torcia in una mano e il microfono nell’altra...) e «Cade la pioggia» (con commossa dedica a Jovanotti, che la canta con loro nel disco, e proprio ieri sera ha perso il fratello in un incidente).
Fra i bis non può mancare «Parlami d’amore», tormentone dell’estate ormai conclusa. Dentro il Rossetti - fra suoni, aromi e colori del Sud -, canzone dopo canzone la temperatura ormai è calda. Fuori la notte autunnale non promette nulla di buono. E forse anche per questo il pubblico, ieri sera, non aveva nessuna voglia di andar via...
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