lunedì 2 novembre 2009

DANIELE LUTTAZZI


E' il David Letterman italiano. Magari un po’ volgaruccio, ma un piccolo lord al confronto dell’Italia in cui viviamo. E mentre il suo illustre collega statunitense sta da anni in prima serata, lui, Daniele Luttazzi, è stato cacciato con ignominia dalla televisione di casa nostra. Dunque per una parte del pubblico italiano è come se non esistesse più.

Non certo per chi va a teatro e legge libri. Stasera il quarantottenne autore satirico di Santarcangelo di Romagna debutta al Teatro Nuovo di Milano con la nuova versione del suo ”Va dove ti porta il clito” («Ogni tanto - dice - riporto in scena i miei monologhi classici. Li riscrivo di continuo: miglioro io, migliorano loro. E il pubblico cambia, adesso la mia platea è soprattutto di ventenni che avevano otto anni alla mia edizione...»). E domani esce con il suo nuovo libro, ”La guerra civile fredda” (Canguri Feltrinelli, pagg. 240, euro 15).

Dentro c’è la scoppiettante e a tratti esilarante follia cui il pubblico della televisione italiana, pubblica e privata, non può più assistere causa embargo politico. «L'ostracismo - ammette Luttazzi - mi pesa, eccome: la tv non è un hobby. Non è normale che uno non possa fare satira in tv perchè c'è il veto del capataz. È marcatissimo. Sono però ostico anche ai clan Pd, dato che ne colpisco l'inconsistenza politica. E ai cattolici, della cui religione mi faccio beffe. All'estero la satira è libera e in prime time».

Appunto. L’autore descrive il libro come «l’esito del progetto organico, reazionario, fatto di disuguaglianze e gerarchie, che è in atto da un ventennio nel Paese. Ne sono conseguiti, fra l’altro, un aumento del 553% della cassa integrazione, una manovra economica che beffa i ceti medi e un piano federalista che porterà alla divisione fra regioni di serie A (magari da annettere alla Carinzia) e di serie B...».

Secondo Luttazzi, «nella nuova realtà politica, tutta emotiva, la popolarità sostituisce la legittimazione; la vittoria la credibilità; i sondaggi l’ideologia. Una volta agganciato emotivamente, l’elettore sospende la propria capacità critica e finisce per votare anche chi, a conti fatti, non gli converrebbe».

Il futuro? Non promette nulla di buono. «Non ci saranno novità - sostiene Daniele Luttazzi - finchè il conflitto di interessi berlusconiano continuerà ad avvelenare il Paese».

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