«Intanto non avremmo voluto che questo referendum si facesse. Avremmo preferito non essere chiamati a decidere su materie tanto delicate e complesse, come la procreazione assistita, con un secco sì o no. Ma purtroppo la Legge n. 40/2004 riflette i limiti e le carenze del dibattito, svoltosi in parlamento, che non è stato capace di approfondire alcuni aspetti della complessa tematica. Dopo sette anni di attesa, quello che abbiamo oggi è solo un compromesso...».
Parla il gesuita padre Bartolomeo Sorge, già direttore di «Civiltà Cattolica», oggi alla guida della rivista «Aggiornamenti Sociali».
«La Legge n. 40 - spiega il religioso - non è una legge confessionale, ma contiene a mio avviso punti positivi. Intanto fissa finalmente delle regole chiare in un ambito delicato, che soffriva di un grave vuoto normativo. In secondo luogo riconosce l’embrione come portatore di diritti e si preoccupa di assicurare a ogni figlio la protezione di una famiglia».
«Per questo - prosegue Sorge - sarebbe stato meglio evitare il referendum e pensare piuttosto a una revisione della l, magari verificandone l’attuazione dopo qualche anno di applicazione».
Ma il referendum a questo punto si farà...
«Già, e dunque il problema ora riguarda le scelte da compiere. In una società pluralista come la nostra siamo chiamati a costruire il bene comune attraverso il consenso, tanto più difficile quanto più controverse sono le questioni. Il consenso si ottiene attraverso il dialogo, l’ascolto, la convergenza su valori comuni condivisi».
Il cittadino invece è chiamato a esprimersi in maniera netta: sì o no...
«Questa è la dimostrazione che in questo caso il referendum non è lo strumento adatto. Non ci si deve stupire se poi l’elettorato, chiamato a decidere scelte complesse e al di là della propria portata, finisca col disertare le urne, o se l’uso improprio del referendum finisca col generare stanchezza e togliere credibilità a un importante strumento importante della vita democratica».
Colpa del fatto che si tratta di referendum abrogativo?
«Beh, nel caso di questa legge il ricorso al referendum appare ancora più inefficace per il fatto che, data la materia, ci sarebbe bisogno di una larga possibilità di scelte, mentre il referendum abrogativo limita questa possibilità a poche e scarne alternative. Col sì o il no si può solo scegliere di limitare alcuni danni, veri o presunti, cancellando pezzi di una legge. Operazione assolutamente inadeguata di fronte a scelte complesse, come quelle connesse alla procreazione assistita».
Il rischio qual è?
«Che il referendum, anziché favorire il confronto tra le ragioni degli uni e degli altri, diventi occasione di scontro ideologico, che è sempre inutile e dannoso. Per questo motivo temo che il referendum non risolva i problemi per cui è stato indetto, ma renda più acute la polarizzazione politica e la lacerazione del tessuto sociale».
Per lei dunque la scelta è fra votare no e non andare a votare...
«Una prima possibilità è votare no a tutti i quesiti. Ma andare alle urne contribuisce al raggiungimento del quorum. E in questa maniera anche chi vorrebbe mantenere la legge rischia di ottenere il risultato opposto. Perchè, stando ai sondaggi, se si raggiunge il quorum, è probabile che vincano i sì».
Dunque...
«Dunque io sono per non andare a votare. Certo, l’articolo 48 della Costituzione dice che andare a votare è un ”dovere civico”, ma parla solo delle elezioni politiche. Dove il verdetto è valido anche se vi partecipa una percentuale inferiore al cinquanta per cento degli aventi diritto. Nel caso del referendum abrogativo, invece, l’articolo 75 della Costituzione prevede che il cittadino possa decidere anche di non andare a votare, e stabilisce che l’esito del referendum è valido solo se vota la maggioranza degli aventi diritto».
Questo per dire che il non voto è una scelta legittima.
«Certo, non votare al referendum per far mancare il quorum è un modo legittimo, previsto dalla Costituzione, con il quale il cittadino può esprimere la propria volontà. L’onere di dimostrare che una legge votata dal parlamento non corrisponde alla volontà dei cittadini resta a carico dei promotori del referendum. Pertanto, non andare alle urne appare a mio avviso il modo migliore di partecipare attivamente al referendum».
Intanto, nell’avvicinarsi del voto, crescono i comitati formati da chi è contrario all’utilizzo delle cellule staminali. Dicono che tutto ciò che consente una cura, anche non certissima nella riuscita ma probabile apportatrice di un miglioramento, è lecito. Sempre che non causi un danno o addirittura la morte. Le cellule staminali fetali (cioè quelle da cordone ombelicale) e adulte (ognuno ha riserve di queste cellule) sono utilizzabili. Le cellule staminali embrionali possono essere utilizzate - dicono quelli che non vogliono toccare la Legge 40 - solo uccidendo l’embrione dal quale si prelevano: per questo motivo non è lecito usarle. Il dibattito è aperto.
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