Thick as a brick, ovvero: ottuso come un mattone. Era il titolo di un album pubblicato giusto quarant’anni fa, nel 1972, dai Jethro Tull. Ma la notizia è che il flautista e cantante della band, il mitico Ian Anderson, torna idealmente sul luogo del delitto pubblicando domani “Thick as a brick 2 - Whatever happened to Gerald Bostock?”. Una sorta di “sequel” che, assieme al tour che toccherà presto anche l’Italia (giovedì 31 maggio Torino, il primo giugno Milano e il 2 giugno Modena), celebra i quarant’anni dallo storico album.
In quel ’72 i Jethro Tull erano da poco entrati nell’olimpo del rock inglese. L’anno prima, “Aqualung” li aveva definitivamente consacrati, dopo tre album in tre anni (“This was”, ’68; “Stand up”, ’69; “Benefit”, ’70) che avevano assicurato loro un ottimo zoccolo duro di adepti, anche e forse soprattutto in Italia.
Ian Anderson e soci giocarono allora la carta del “concept album”: un’unica grande suite, separata solo dal necessario cambio di facciata del disco (e successivamente riunificata nell’edizione in cd), per raccontare la storia di un immaginario bambino prodigio, Gerald Bostock, poeta di otto anni, soprannominato Little Milton, spacciato come l’autore dei testi del disco - ricchi di sarcasmo e humour tipicamente british - e celebrato in copertina da un vero e proprio quotidiano, ripiegato e sfogliabile, il “St. Cleve Chronicle” (testata di fantasia) del 7 gennaio 1972.
Album progressive, pur mantenendo le connotazioni rock, blues e folk dei lavori precedenti. A posteriori, una delle cose migliori del gruppo. Rimasto in vita in tutti questi anni, ma mai tornato a quei livelli creativi.
Oggi, i Jethro Tull sono formati ancora da Ian Anderson - che però alterna l’attività musicale a quella di allevatore di salmoni - e dal chitarrista Martin Barre, affiancati da David Goodier al basso, John O’Hara alle tastiere, Florian Opale alla chitarra, Scott Hammond alla batteria. Nel ’72, con Anderson e Barre, c’erano invece Jeffrey Hammond al basso, Barriemore Barlow alla batteria, John Evan alle tastiere.
La domanda del nuovo titolo del disco, è: che fine ha fatto Gerald Blostock? E tema del “sequel” è proprio la disamina dei possibili diversi percorsi che il poeta in erba avrebbe potuto intraprendere nei quarant’anni trascorsi. «Nello sviluppo dell’opera - spiega Anderson, che firma da solo il nuovo disco - i bivi di cui le strade della vita sono costellate alla fine lasciano spazio a un’attrazione quasi gravitazionale che ci porta a convergere in un finale forse pre-ordinato, una sorta di destino. Quando noi, figli del baby-boom, riguardiamo le nostre vite, finiamo spesso per pensare a quella volta in cui “se fosse andata così”...».
Ancora il musicista: «Potremmo anche noi, come Gerald, essere diventati un prete, un soldato, uno sbandato, un negoziante o un magnate della finanza? E i più giovani, la generazione dei social media e di internet, potranno scegliere di valutare bene tra la miriade di possibilità che incroceranno in ogni momento...».
Insomma, Ian Anderson ha immaginato per Gerald - che oggi sarebbe un signore di 48 anni - tanti scenari, incontri, opportunità, svolte potenzialmente infinite, speranze, delusioni, scherzi del destino. Proprio come per ognuno di noi. Che quarant’anni fa restammo ammaliati dalle vicende musicali di quel ragazzino «ottuso come un mattone».
Nel concerto, “Thick as a brick” verrà eseguito nella sua interezza per la prima volta dal tour del ’72; nella seconda parte verranno eseguiti i brani di “Thick as a brick 2” e classici della band.
Nessun commento:
Posta un commento