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venerdì 4 ottobre 2013
BANCO stasera deposito giordani Pordenone
«Con Battiato siamo amici e ci stimiamo reciprocamente da quarant’anni. E con lui è stato naturale ma anche emozionante scrivere “Imago mundi”, l’ultimo capitolo, quarant’anni dopo, di “Darwin”...».
Parla Vittorio Nocenzi, con Francesco “Big” Di Giacomo anima di quel Banco (già “del mutuo soccorso”) che dagli inizi degli anni Settanta a oggi è sempre stato una delle colonne del “prog” italiano. E che stasera alle 21 torna al Deposito Giordani di Pordenone, nell’ambito di questo ”On the road Tour 2013” che è il seguito della tournèe del quarantennale già passata in regione.
«Intanto - dice il musicista - voglio rendere omaggio al Deposito Giordani, un luogo dove torniamo sempre volentieri. Un posto ottimo per la musica, dove fra studio di registrazione, sala prove e sale concerto, c’è davvero un bel movimento creativo. Ce ne dovrebbero essere di più, di luoghi come questo».
Anche nella vostra Roma?
«La capitale Roma è sempre viva, ma diciamo che galleggia. Altre città, penso a Torino e Bologna, vivono una fase non buona. Milano è sempre Milano. Napoli fa eccezione: con New Orleans è la vera città della musica».
Allarghiamo il discorso all’Italia.
«Soffre nella produzione culturale, non c’è protezione. Penso sempre alla Francia, dove nella programmazione radiofonica è prevista la quota del 40% per gli artisti nazionali. È solo un esempio, ma fa capire la differenza».
L’attualità di “Darwin”?
«Nei concerti ci siamo accorti che un impianto narrativo così evocativo, pur avendo quarant’anni, funziona ancora. Nel disco la teoria scientifica è solo un pretesto per parlare dell’uomo, della sua storia, del suo percorso, delle sue lotte, della sua dignità».
Negli Stati Uniti è ancora al primo posto nella speciale classifica dei migliori album progressive di sempre.
«Certo, una grande soddisfazione. Che conferma il discorso appena fatto: quell’intuizione funziona ancora, a distanza di tanto tempo. All’estero hanno amato e amano la grande suggestione di un racconto così ampio, evocativo di riflessioni e immagini».
Battiato?
«Ci conosciamo da quando abbiamo cominciato, lui e noi, nei primi anni Settanta. I festival, le sperimentazioni, i dischi. Con lui abbiamo scritto l’ultimo capitolo, quarant’anni dopo, di “Darwin”. Ponendoci un quesito: ma è stata vera evoluzione? Oppure abbiamo vissuto, stiamo vivendo un’involuzione qualitativa?»
Vi vedremo assieme dal vivo?
«Lo spero, forse avverrà, anche se ancora non sappiamo dire quando. Per ora, anche stasera a Pordenone, suoniamo in versione “unplugged”: la voce di Francesco, il mio pianoforte, Filippo Marcheggiani e Nicola Di Già alle chitarre».
Progetti?
«Andiamo a suonare negli Stati Uniti e in Australia. E c’è un progetto per Cina e Giappone. Il Banco non molla».
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