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martedì 15 ottobre 2013
intervista ELISA. esce oggi nuovo album, L'ANIMA VOLA, il primo in italiano
«La mia lingua creativa è sempre stata l’inglese. Ma non c’è stato mai un distacco con l’italiano. Doveva solo arrivare il momento giusto. Dovevo trovare il linguaggio, l’identità, senza forzature. Quando mi sono sentita pronta l’ho fatto».
Parla Elisa, che presenta il nuovo album “L’anima vola” («...doveva intitolarsi “Io, Pinkie e l’impero delle volpi”, Pinkie è il mio cane: ma Caterina Caselli ha detto che era meglio questo, e aveva ragione...»), che esce oggi a distanza di quattro anni dal precedente disco di inediti “Heart”.
«Il momento per un album tutto in italiano - prosegue Elisa Toffoli, monfalconese nata al Burlo di Trieste il 19 dicembre ’77 - è arrivato dopo sedici anni dai miei inizi. E dodici dopo “Luce (Tramonti a Nordest)”».
Com’è nato?
«È stato tutto molto sereno, spontaneo, quasi naturale. Fra l’altro è un disco ispirato, scritto velocemente, quasi getto. E comunque ciò non vuol dire che non scriverò più in inglese...».
Disco della maturità?
«Me lo state dicendo in tanti. Sì, forse è vero. Anch’io lo sto vivendo così. È un disco molto al femminile».
Con ospiti prestigiosi.
«Si tratta di artisti amici, con i quali si è stabilito da tempo un feeling particolare. Penso a Luciano (Ligabue - ndr), che aveva da parte questa canzone scritta per sua figlia Linda, “A modo tuo”, ma non la cantava perchè voleva che a farlo fosse una donna. E madre».
A proposito: dopo Emma Cecile è arrivato Sebastian.
«Sì, la piccola ha quattro anni. È nata venti giorni prima della presentazione di “Heart” che facemmo al Castello di Duino. Da pochi mesi ha un fratellino. La mia famiglia ha avuto un ruolo importante in questo lavoro, la maternità mi ha cambiato molto. Ogni opera è influenzata dalla propria vita personale».
Ligabue si rivolge alla figlia.
«Sì, il brano descrive bene il difficile ruolo del genitore che vede crescere i propri figli: vorrebbe proteggerli tutta la vita e tenerli lontani dal dolore e dai problemi, ma sa bene che un giorno dovrà lasciarli andare».
Fra gli ospiti anche Tiziano Ferro.
«Era da tempo che volevo collaborare con lui. Aspettavo di avere la musica giusta da proporgli. “E scopro cos’è la felicità” ha una melodia calda, soul, mi sembrava giusto per lui. Che ha scritto un testo sul rapporto fra me e mia figlia, di come sia cambiata la mia vita, dopo aver visto delle immagini di noi due e Andrea (Rigonat, compagno dell’artista e suo chitarrista - ndr) assieme in tour».
Giuliano Sangiorgi?
«Ha scritto le parole di “Ecco che”, rileggendo il personaggio principale del film “L’ultima ruota del carro”, di Giovanni Veronesi, che con il suo camion di traslochi rappresenta la classe operaia e il sogno di diventare qualcuno. Poi scopre che la ricchezza della vita è avere qualcuno da amare, una famiglia, qualcuno che ti ama...».
Morricone: com’è nata questa storia incredibile?
«Per me era più di un sogno, non ci speravo. Lo amo da sempre, da quando ero bambina. Avevo chiesto a Caterina Caselli, che è sua amica, di chiedergli se poteva arrangiare un mio brano. Lui le ha risposto che arrangia solo quel che compone. Ma era disponibile».
Le sono tremati i polsi?
«Praticamente. Avevo paura di comporre un testo sulla sua melodia. Lui mi ha detto di raccontare un fortissimo mio ricordo, impresso nella memoria. Ho pensato al mio miglior amico da bambina, che se n’è andato via molto giovane».
“Ancora qui” è poi entrato nella colonna sonora di “Django Unchained”.
«Altra storia incredibile. Quentin Tarantino è un fan di Morricone. Filippo Sugar, figlio di Caterina e presidente della casa discografica, che detiene il catalogo storico del maestro, era a Los Angeles per parlare con la produzione del regista americano. Volevano le musiche di Morricone per il film, ma cercavano anche un inedito. Evidentemente il mio brano è piaciuto a Quentin...».
L’ha conosciuto?
«Non personalmente. Quand’è venuto a Roma per la presentazione del film, io ero incinta di Sebastian...».
Ci parli delle altre canzoni. “Lontano da qui”?
«Parla di evasione, di come usiamo a volte dei pretesti per evadere. I conflitti che abbiamo, i controsensi, la complessità dell'animo umano che oscilla tra la forza e la fragilità. E subisce il fascino della fuga».
“Pagina bianca”?
«Racconta dell’incertezza ma anche della voglia di irrompere nel mondo adulto quando stai per uscire dal periodo dell’adolescenza, e non sai cosa succederà a te e alla tua vita. Penso ai giovani d’oggi, ai sentimenti che provano e che anch’io ho provato alla loro età, quando ero piena di speranze, ma avevo anche paura del futuro, di quello a cui andavo incontro».
“Un filo di seta negli abissi”?
«Un legame che si perde, le domande che ti fai, gli errori che hai l’occasione di ammettere, il sollievo che provi perlomeno nel ritrovare te stessa cercando altre risposte».
“L’anima vola” la conoscevamo già.
«La relazione di coppia, consolidata, dove scopri come si cambia e come si trasforma un sentimento. L’eterno sogno femminile di essere capite, comprese, accompagnate. E riconosciute».
“Maledetto labirinto”?
«È una dichiarazione di indipendenza e allo stesso tempo di un profondo sentimento di affetto. Che, dichiarato il tutto, lascia all'altro la scelta, il passo da compiere per ricostruire».
“Specchio riflesso”?
«Qui racconto del cambiamento quando ti stacchi dagli amici, dal gruppo e vieni assorbito dalla tua famiglia, quella che hai creato. All’inizio ti sembra di provare un senso di solitudine. L’amicizia vera è un dare e avere, uno specchio che riflette solo quello che c’è veramente, e quindi speri che le amicizie vere possano tornare».
Rimane “Non fa niente ormai”.
«È un ringraziamento a mia figlia, per essere arrivata e avermi resa migliore. Grazie a lei ho compreso molte più cose anche di me stessa. Mi sono resa conto che non sei più il centro della tua vita».
Il tour parte a marzo.
«Sì, sarà molto diverso dall’ultimo che ho fatto, che era acustico, pensato per la dimensione teatrale. Stavolta giriamo per i palasport, dunque sarà uno spettacolo più elettrico, con molto rock».
Elisa, abbiamo un problema: il tour non passa dal Friuli Venezia Giulia.
«Beh, c’è la tappa a Conegliano, che non è molto lontana. E poi c’è ancora speranza di rimediare. C’è sempre speranza...».
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