venerdì 16 gennaio 2004

ADDIO DELIA SCALA

Oggi c’è Simona Ventura. Ieri c’era Raffaella Carrà. Ma l’altro ieri la donna in televisione era innanzitutto - e soprattutto - Delia Scala. L’archetipo della showgirl e della soubrette televisiva, rapportato ovviamente agli anni Cinquanta e Sessanta nei quali si svolge gran parte dei fatti di cui stiamo parlando. E il destino vuole che proprio nei giorni in cui la televisione italiana festeggia (pomposamente?) il suo cinquantesimo compleanno, se ne vada una protagonista di primissimo piano di quegli esordi rigorosamente in bianco e nero.
Odette Bedogni, questo il suo vero nome, era nata nel 1929 a Bracciano, in provincia di Roma. Da ragazza la sua famiglia si trasferisce a Milano, lei studia alla scuola di danza della Scala (da cui prende poi lo pseudonimo, che le trova - si narra - nientemeno che Italo Calvino), compare anche in vari balletti, da «La bottega fantastica» di Rossini a «La bella addormentata» di Ciajkovskij. La sua versatilità e il suo faccino acqua e sapone le valgono, giovanissima, nel ’47, il debutto nel cinema in «Anni difficili», di Luigi Zampa.
La ragazza funziona. E la Lux le fa un contratto. Di lì a poco seguono «Napoli milionaria» con Eduardo, «Bellezze in bicicletta» con Silvana Pampanini, «Signori si nasce» con Totò, «Vita da cani» di Steno e Monicelli. Trenta film in dieci anni, ma è la rivista «Giove in doppiopetto», di Garinei e Giovannini, che nel ’54 la consacra come una delle nuove stelle dello spettacolo leggero italiano, a cavallo tra varietà e commedia musicale.
Nella rivista, che poi diventerà anche un film, accanto a Carlo Dapporto la biondina canta «Ho il cuore in paradiso», di Gorni Kramer. Arriva la popolarità, Delia Scala diventa per il pubblico l’anti-Wanda Osiris, il nuovo contrapposto al vecchio, l’opposto della donna fatale, della soubrette elegantissima e inarrivabile. Una sorta di ragazza della porta accanto.
A teatro la troviamo ancora nel ’56, al fianco di Walter Chiari, in «Buonanotte Bettina». E poi in «Un trapezio per Lisistrata» con Nino Manfredi, in «Rinaldo in campo» con Domenico Modugno, ma anche con uno spettacolo dedicato esclusivamente a lei: il «Delia Scala Show». Con Renato Rascel fa «Il giorno della tartaruga». Arrivano proposte anche dagli Stati Uniti, ma lei si dichiara «troppo pigra» per imparare l’inglese.
Nel ’64, da segnalare la versione italiana del musical «My fair lady». È un altro grande trionfo, ma da qualche anno la televisione è ormai esplosa, troneggia nel salotto di tutte le case degli italiani. Delia Scala ne è quasi dal principio la regina. Nel ’56 con il varietà «Lui e lei», di Marcello Marchesi. Nel ’59 a «Canzonissima», fra Nino Manfredi e Paolo Panelli, nel primo vero varietà del sabato sera. Gli anni Sessanta la vedono grande protagonista femminile del piccolo schermo, assieme a Mina e alle Gemelle Kessler. Indimenticabile nel ’70, con Lando Buzzanca («ciccino» e «ciccina»...), in «Signore e signora», piccolo dizionario della vita di coppia.
Poi sparisce. E riappare dopo tanto tempo, in una televisione ormai completamente mutata. La ritroviamo infatti nello sceneggiato «Casa Cecilia» dall'82 all'87 (che segna il ritorno sulle scene dopo un decennio di assenza) e nella sit-com «Io e la mamma», con Gerry Scotti, nella stagione ’97-’98.
L'ultimo appuntamento con il piccolo schermo è stato purtroppo soltanto virtuale. Pochi giorni fa, nel gala per i cinquant’anni della televisione, Pippo Baudo l'ha infatti salutata con gli occhi lucidi, ricordandone la vitalità, la simpatia, la carica umana.
«L’avevo invitata - ha ricordato ieri Baudo - un mese fa e lei mi aveva detto che voleva esserci. Le faceva piacere che qualcuno la volesse ricordare. Mi chiese soltanto un'automobile con l'autista e ovviamente acconsentimmo. Ma qualche giorno dopo mi chiamò il nipote, gentilissimo, per dirmi di non insistere perchè Delia era molto malata. Non avevo capito quanto, ma mi aveva fatto tenerezza quella sua voglia di esserci a tutti i costi, di voler essere celebrata mentre la tv era così radicalmente cambiata: forse era anche la forza della disperazione».
Altre reazioni. Carlo Azeglio Ciampi: «Un’artista fra le più amate e popolari della storia dello spettacolo italiano». Sandra Mondaini: «Va ricordato come sia stata una figura di rottura rispetto alla vecchia soubrette come Wanda Osiris». Maurizio Costanzo: «Me la voglio ricordare mentre canta, con la sua gran voglia di vivere». Walter Veltroni: «Un nome e un volto che richiamano anni importanti della televisione italiana e che ha riscosso successi nel cinema e nel teatro, cimentandosi in ruoli ed esperienze importanti e innovative». Lucia Mannucci e Virgilio Savona del Quartetto Cetra: «Abbiamo lavorato con lei nel ’58 nel ”Trapezio per Lisistrata” e ne abbiamo ancora un ricordo bellissimo». Lorella Cuccarini: «Un'icona dallo stile inimitabile per tutte le showgirl che, venute dopo, hanno cercato di ispirarsi a lei». Paolo Limiti: «È stata la rivoluzione nel mondo delle soubrette. Dalle magliarde tutte lustrini, come Wanda Osiris, a quella argento vivo, ragazza scatenata con il capello corto che rappresentava la nuova gioventù». Lando Buzzanca: «Una grande professionista, una donna ricca di talento, di inventiva, di spirito». Rita Pavone: «Un vero e proprio mito. Voglio diventare come lei, mi dicevo. Un faro per la mia generazione e soprattutto una showgirl completa».
La vita sentimentale di Delia Scala era stata segnata dai lutti: nel ’56 era morto in un incidente stradale il suo compagno Eugenio Castellotti, nell’82 il secondo marito Piero Giannotti, tre anni fa Arturo Fremura, sposato nell’86. Lei stessa era stata operata anni fa per un cancro al seno.
Una volta aveva confessato di «non aver mai avuto il sacro fuoco del teatro, che amavo sì, ma anche odiavo perchè non mi permetteva quella vita normale che avrei tanto voluto: in verità aveva fatto tutto mia mamma, un vero manager...». E poi, ancora, quel suo grande rammarico: non aver avuto figli.

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