TRIESTE «Sono contenta di tornare a Trieste, città che amo molto, per cantare al Politeama Rossetti. Peccato per quel palcoscenico in discesa. Bisogna stare attenti a non scivolare. Ma mi hanno detto che la via del teatro è stata intitolata a Giorgio Strehler...».
Ornella Vanoni aprirà il suo tour teatrale - dopo due anteprime a Cattolica, oggi e domani - mercoledì 7 novembre al Rossetti. E il pensiero torna subito al grande Strehler. Corsi e ricordi della storia: correva l’anno 1955, e una giovanissima Ornella Vanoni, fresca di diploma alla Scuola d'arte drammatica del Piccolo di Milano, debuttava come attrice in «Questa sera si recita a soggetto», diretta proprio da quel triestino di Barcola, cittadino del mondo...
«La prima volta che sono venuta a Trieste - ricorda la cantante - è stato proprio con Giorgio. Lui amava molto la sua città. E posso dire che io l’ho scoperta attraverso lui. Che si emozionava sempre davanti a piazza dell’Unità, alle Rive, al mare, a quella vostra pasticceria in stile austriaco. Stava da tanti anni a Milano, ma bastava che tornasse a Trieste, o che incontrasse un suo concittadino, e riprendeva a parlare tranquillamente in dialetto. Me lo ricordo perfettamente che parlava in triestino con sua madre...».
Lei poi è tornata a Trieste tante volte...
«E l’ho sempre trovata un po’ abbandonata. Il porto, per esempio, credo avrebbe delle potenzialità immense. Non so se la situazione è cambiata negli ultimi anni, ma io me lo ricordo abbastanza sottoutilizzato. Eppure adesso la città ritorna a essere centro d’Europa...».
Cosa le piace della città?
«Per me, oltre a essere la città di Strehler, è la città di Svevo, di Saba. È quella la Trieste che amo. Ha quella leggera tristezza che la permea e la rende unica. La gente è molto gentile. Me lo ricordo quando siamo venuti con il primo tour Vanoni Paoli, verso la metà degli anni Ottanta, proprio al Rossetti: l’accoglienza fu splendida...».
Strehler, Paoli: fasi diverse della sua vita e della sua carriera...
«Giorgio era teatro puro. Fu lui che mi inventò come ”cantante della mala”. Era la Milano a cavallo fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, il Piccolo Teatro, la Galleria del Corso, il Festival di Spoleto nel ’59: un periodo irripetibile, di grande creatività. Ci sentivamo al centro di qualcosa di importante...».
Paoli, invece?
«A un certo punto mi ero stufata di cantare per un pubblico di nicchia. E lui, che è un poeta fantastico, aveva scritto per me un capolavoro assoluto come ”Senza fine”. Il grande pubblico mi scoprì allora, poi arrivarono ”Io ti darò di più”, la televisione come conduttrice, il cinema...».
E l’amore per il Brasile.
«Era il ’67, c’era questa canzone di Niltinho che si intitolava ”Tristeza”, che nella versione italiana diventò ”Tristezza”. Ma l’album fondamentale arrivò qualche anno dopo: ”La voglia, la pazzia, l’incoscienza e l’allegria”, nato dalla collaborazione con Sergio Bardotti, Vinicius De Moraes e Toquinho. Credo che il pubblico italiano abbia scoperto la bellezza della musica brasiliana anche attraverso quei miei dischi...».
Un amore, quello con la musica brasiliana, che continua.
«Sì, certo. Nel nuovo disco, fra tante canzoni nuove, c’è anche “O que me importa”, un vecchio successo brasiliano del 1971, una perla preziosa recuperata in tempi recenti anche da Marisa Monte».
Lei ha cantato anche con le star del jazz.
«Erano gli anni Ottanta. E al mio album ”Ornella &...” parteciparono musicisti come Gil Evans, George Benson, Herbie Hancock, Lee Konitz, Michael Brecker... Non era come adesso, che si può fare un disco a distanza, scambiandosi dei ”file” musicale. Allora erano tutti assieme, lì, in sala di registrazione...».
Il piacere di farsi accompagnare dai jazzisti le è rimasto.
«I buoni musicisti sono sempre anche dei jazzisti. Nel nuovo disco suona Paolo Fresu, con cui collaboro da anni. E Mario Lavezzi, il mio produttore, si è inventato anche questa presenza di Mario Biondi, una voce davvero eccezionale».
Il nuovo disco è «Una bellissima ragazza». Dicono che è molto autobiografico.
«Sì, è un lavoro decisamente autobiografico. Sono canzoni che raccontano l’amore in ogni sua modulazione: da quello irregolare de ”Gli amanti” fino a quello della serenità, dell’affetto profondo di ”Qualcosa di te”, scritta da Lavezzi».
Una canzone è di Renato Zero.
«Sì, ha scritto per me un bellissimo pezzo, interpretando perfettamente il mio stato d’animo. Un artista ha sempre un lato femminile. Ed è quello che permette a tanti autori di scrivere splendide canzoni ”al femminile”...».
In copertina c’è lei ragazza.
«Quella foto me l’ha scattata mio padre, a Paraggi. Avevo quindici anni, stavo sbocciando. È un’immagine a cui ovviamente sono molto legata».
C’è anche una dedica a Gesù che ha fatto discutere.
«Da qualche anno frequento la chiesa evangelica di Milano, canto nei cori, partecipo alle funzioni. Ho anche condotto le ultime edizioni del festival dei canti religiosi al Palalido di Milano. Gesù ha cambiato la mia vita in meglio da quando l'ho accettato e mi sono affidata a lui».
Lei era cattolica.
«Sì, in Italia siamo tutti cattolici. Da noi c’è tanta religione ma manca la fede. Io anni fa ho conosciuto un pastore evangelico che mi ha parlato di Gesù. E ha cambiato la mia vita. Ricordavo il catechismo come qualcosa di noioso, andare a messa era puro formalismo. Oggi frequento il culto che comprende ringraziamento, adorazione e molta musica...».
Lo spettacolo che debutta a Trieste?
«Le canzoni del nuovo disco, ovviamente. Ma anche un percorso a ritroso nella mia storia artistica. Diciamo che mi racconterò attraverso le mie canzoni. Con una scenografia molto bella e la regia di Giancarlo Cauteruccio, uno dei nomi più importanti e innovativi dell’avanguardia teatrale».
Con Ornella Vanoni, sul palco del Rossetti, ci saranno l’argentino Natalio Luis Mangalavite al pianoforte, Luca Scarpa (pianoforte, tastiere e programmazione), Michele Ascolese alle chitarre, Dino D’Autorio al basso, Roberto Testa alla batteria, Carlo di Francesco alle percussioni. Dopo il debutto triestino, il tour sarà l’11 novembre a Torino, il 13 a Bergamo, il 15 a Ravenna, il 22, 23 e 24 a Milano al Teatro Smeraldo, il 26 e 27 al Sistina a Roma. E poi a dicembre a Bari, Firenze, Venezia, Modena e altre città in via di definizione.
Ornella Vanoni aprirà il suo tour teatrale - dopo due anteprime a Cattolica, oggi e domani - mercoledì 7 novembre al Rossetti. E il pensiero torna subito al grande Strehler. Corsi e ricordi della storia: correva l’anno 1955, e una giovanissima Ornella Vanoni, fresca di diploma alla Scuola d'arte drammatica del Piccolo di Milano, debuttava come attrice in «Questa sera si recita a soggetto», diretta proprio da quel triestino di Barcola, cittadino del mondo...
«La prima volta che sono venuta a Trieste - ricorda la cantante - è stato proprio con Giorgio. Lui amava molto la sua città. E posso dire che io l’ho scoperta attraverso lui. Che si emozionava sempre davanti a piazza dell’Unità, alle Rive, al mare, a quella vostra pasticceria in stile austriaco. Stava da tanti anni a Milano, ma bastava che tornasse a Trieste, o che incontrasse un suo concittadino, e riprendeva a parlare tranquillamente in dialetto. Me lo ricordo perfettamente che parlava in triestino con sua madre...».
Lei poi è tornata a Trieste tante volte...
«E l’ho sempre trovata un po’ abbandonata. Il porto, per esempio, credo avrebbe delle potenzialità immense. Non so se la situazione è cambiata negli ultimi anni, ma io me lo ricordo abbastanza sottoutilizzato. Eppure adesso la città ritorna a essere centro d’Europa...».
Cosa le piace della città?
«Per me, oltre a essere la città di Strehler, è la città di Svevo, di Saba. È quella la Trieste che amo. Ha quella leggera tristezza che la permea e la rende unica. La gente è molto gentile. Me lo ricordo quando siamo venuti con il primo tour Vanoni Paoli, verso la metà degli anni Ottanta, proprio al Rossetti: l’accoglienza fu splendida...».
Strehler, Paoli: fasi diverse della sua vita e della sua carriera...
«Giorgio era teatro puro. Fu lui che mi inventò come ”cantante della mala”. Era la Milano a cavallo fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, il Piccolo Teatro, la Galleria del Corso, il Festival di Spoleto nel ’59: un periodo irripetibile, di grande creatività. Ci sentivamo al centro di qualcosa di importante...».
Paoli, invece?
«A un certo punto mi ero stufata di cantare per un pubblico di nicchia. E lui, che è un poeta fantastico, aveva scritto per me un capolavoro assoluto come ”Senza fine”. Il grande pubblico mi scoprì allora, poi arrivarono ”Io ti darò di più”, la televisione come conduttrice, il cinema...».
E l’amore per il Brasile.
«Era il ’67, c’era questa canzone di Niltinho che si intitolava ”Tristeza”, che nella versione italiana diventò ”Tristezza”. Ma l’album fondamentale arrivò qualche anno dopo: ”La voglia, la pazzia, l’incoscienza e l’allegria”, nato dalla collaborazione con Sergio Bardotti, Vinicius De Moraes e Toquinho. Credo che il pubblico italiano abbia scoperto la bellezza della musica brasiliana anche attraverso quei miei dischi...».
Un amore, quello con la musica brasiliana, che continua.
«Sì, certo. Nel nuovo disco, fra tante canzoni nuove, c’è anche “O que me importa”, un vecchio successo brasiliano del 1971, una perla preziosa recuperata in tempi recenti anche da Marisa Monte».
Lei ha cantato anche con le star del jazz.
«Erano gli anni Ottanta. E al mio album ”Ornella &...” parteciparono musicisti come Gil Evans, George Benson, Herbie Hancock, Lee Konitz, Michael Brecker... Non era come adesso, che si può fare un disco a distanza, scambiandosi dei ”file” musicale. Allora erano tutti assieme, lì, in sala di registrazione...».
Il piacere di farsi accompagnare dai jazzisti le è rimasto.
«I buoni musicisti sono sempre anche dei jazzisti. Nel nuovo disco suona Paolo Fresu, con cui collaboro da anni. E Mario Lavezzi, il mio produttore, si è inventato anche questa presenza di Mario Biondi, una voce davvero eccezionale».
Il nuovo disco è «Una bellissima ragazza». Dicono che è molto autobiografico.
«Sì, è un lavoro decisamente autobiografico. Sono canzoni che raccontano l’amore in ogni sua modulazione: da quello irregolare de ”Gli amanti” fino a quello della serenità, dell’affetto profondo di ”Qualcosa di te”, scritta da Lavezzi».
Una canzone è di Renato Zero.
«Sì, ha scritto per me un bellissimo pezzo, interpretando perfettamente il mio stato d’animo. Un artista ha sempre un lato femminile. Ed è quello che permette a tanti autori di scrivere splendide canzoni ”al femminile”...».
In copertina c’è lei ragazza.
«Quella foto me l’ha scattata mio padre, a Paraggi. Avevo quindici anni, stavo sbocciando. È un’immagine a cui ovviamente sono molto legata».
C’è anche una dedica a Gesù che ha fatto discutere.
«Da qualche anno frequento la chiesa evangelica di Milano, canto nei cori, partecipo alle funzioni. Ho anche condotto le ultime edizioni del festival dei canti religiosi al Palalido di Milano. Gesù ha cambiato la mia vita in meglio da quando l'ho accettato e mi sono affidata a lui».
Lei era cattolica.
«Sì, in Italia siamo tutti cattolici. Da noi c’è tanta religione ma manca la fede. Io anni fa ho conosciuto un pastore evangelico che mi ha parlato di Gesù. E ha cambiato la mia vita. Ricordavo il catechismo come qualcosa di noioso, andare a messa era puro formalismo. Oggi frequento il culto che comprende ringraziamento, adorazione e molta musica...».
Lo spettacolo che debutta a Trieste?
«Le canzoni del nuovo disco, ovviamente. Ma anche un percorso a ritroso nella mia storia artistica. Diciamo che mi racconterò attraverso le mie canzoni. Con una scenografia molto bella e la regia di Giancarlo Cauteruccio, uno dei nomi più importanti e innovativi dell’avanguardia teatrale».
Con Ornella Vanoni, sul palco del Rossetti, ci saranno l’argentino Natalio Luis Mangalavite al pianoforte, Luca Scarpa (pianoforte, tastiere e programmazione), Michele Ascolese alle chitarre, Dino D’Autorio al basso, Roberto Testa alla batteria, Carlo di Francesco alle percussioni. Dopo il debutto triestino, il tour sarà l’11 novembre a Torino, il 13 a Bergamo, il 15 a Ravenna, il 22, 23 e 24 a Milano al Teatro Smeraldo, il 26 e 27 al Sistina a Roma. E poi a dicembre a Bari, Firenze, Venezia, Modena e altre città in via di definizione.
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