NAZZARENO CARUSI
Dalla cattedra al conservatorio Tartini al palcoscenico televisivo di ”Zelig”. È l’inabituale percorso compiuto dal pianista Nazzareno Carusi, abruzzese di Celano (provincia dell’Aquila), dal ’97 titolare della cattedra di musica da camera al conservatorio triestino. Dal quale manca però da due anni, essendo in aspettativa proprio per vivere appieno questa esperienza di musicista classico nel mondo dello spettacolo leggero.
«Tutto è cominciato - spiega Carusi, classe ’68 - da un incontro casuale con Mauro Crippa, direttore generale dell’informazione Mediaset. Era molto interessato al discorso della divulgazione musicale e abbiamo pensato di fare qualcosa assieme. Prima sono stato ospite di Claudio Bisio a ”Zelig”: una gag con il conduttore che è sfociata nella mia esecuzione al pianoforte di una sonata di Scarlatti. Poi mi è stata affidata la sigla finale di ”Lucignolo”: ho scelto il ”Chiaro di luna” di Beethoven. Poi, assieme a Claudio Brachino di Videonews, abbiamo ideato delle ”pillole” di musica classica da inserire nel programma ”Mattino 5”, su Canale 5. Abbiamo cominciato l’anno scorso e la collaborazione continua».
Sì, perché nel frattempo Nazzareno Carusi ha firmato un contratto artistico di esclusiva con le reti Mediaset. Pare sia la prima volta che una tivù commerciale metta sotto contratto un pianista di musica classica. E Fedele Confalonieri in persona (pianista lui stesso), nel libretto del cofanetto ”Nazzareno Carusi Live”, recentemente pubblicato dalla Emi, lo definisce «un pianista singolare, lontano da ogni strada tracciata, di idee e forza comunicativa enormi».
«Il cofanetto - spiega l’artista - comprende tre cd registrati dal vivo. Il primo a Chicago, piano solo, dedicato a Scarlatti. Il secondo alla Scala di Milano, musica da camera, Mozart e Schumann. Il terzo a Buenos Aires, dedicato ai ”Quadri a un’esposizione” di Mussorgskij. Ricordo che dopo quel concerto mi fecero particolare piacere i complimenti di uno spettatore, che di quell’opera conosceva solo la versione pop di Emerson Lake and Palmer...».
E della contaminazione fra generi cosa pensa? «Se è accostamento, magari fatto da grandi artisti, va bene. Se diventa perdita di identità, no».
Pavarotti e Bocelli? «Utili per accendere i riflettori sulla musica classica, in passato troppo arroccata su una torre d’avorio. Io sono soddisfatto perché sto contribuendo a portare la classica al grande pubblico, nel contenitore televisivo per eccellenza. Si tratta di un’opera di divulgazione senza approfondimento».
Giovanni Allevi? «Tanti ragazzi si sono avvicinati al pianoforte grazie a lui, dunque va bene. Non è uno scandalo che uno componga e suoni la sua musica e abbia anche successo. Se poi è il nuovo Mozart, beh, questo lasciamolo giudicare alla storia...».
Tornerà al Tartini? «Certo, il rapporto con i ragazzi mi manca. E poi il conservatorio triestino è sempre stato all’avanguardia. Questa che sto vivendo è una parentesi per conoscere un altro mondo».
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