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giovedì 20 settembre 2012
dischi / BOB DYLAN e malika ayane
Se il mondo va a rotoli, i grandi sanno ancora cantarlo e farne arte, poesia purissima. Prendete il vecchio Bob Dylan. Settantuno anni d’età. Cinquanta dal debutto. Trentacinquesimo album. Basterebbero questi numeri, per capire che siamo nei dintorni della leggenda. Poi ascolti “Tempest” (Sony), il nuovo disco, quella voce sempre più roca che scava scava scava, e resti ancora una volta senza parole dinanzi all’opera di un artista che ha segnato la cultura e il costume di questo mezzo secolo, ma è stato anche capace di restare sempre a livelli altissimi o perlomeno alti.
Come nel caso di queste dieci canzoni nuove, che in questi “modern times” - titolo del capolavoro del 2006 - perlustrano l’animo umano in bilico fra amore e amicizia, coraggio e vendetta, morte e sangue, l’affondamento del Titanic e l’assassinio di John Lennon.
Si comincia con il fischio di “Duquesne Whistle”, atmosfera blues e accenti ragtime, che poi sfociano in un rock’n’roll niente male. Ma tutto il disco è un sapiente mix di blues e country, folk e rock. Con un orecchio sempre teso alle radici della musica popolare americana.
“Tempest” (senza articolo, quasi a distinguerla dall’ultima commedia shakespeariana) è stata ispirata dal film sull’affondamento del Titanic con DiCaprio e in quattordici minuti ne racconta la tragedia. Con citazione della melodia presa a prestito da “The Titanic” della Carter Family, uno dei gruppi più amati da Dylan.
“Long and wasted years” è una ballata scritta e suonata e cantata come dio comanda. “Tin angel” è l’eterna storia di un uomo disperato che rincorre l’amore perduto. “Soon after midnight” declina l’amore nei toni della vendetta. Sentimento che troviamo anche in “Pay in blood”, brano completa l’atmosfera cupa imperante («ho pagato con il sangue ma non era il mio»).
“Early roman kings”, “Narrow way”, “Scarlet town” potrebbero essere la colonna sonora di un film di Woody Allen: completano l’album che si chiude con “Roll on John”, omaggio tristissimo all’amico Lennon, immaginato negli ultimi attimi prima di morire: «You are about to breath your last... You burned so bright».
«Inizialmente volevo fare un disco religioso - aveva detto Dylan alla rivista Rolling Stone - ma non avevo abbastanza canzoni su quel tema». Ne è venuto fuori un album in cui «tutto funziona e tu devi credere che abbia senso».
Il disco è autoprodotto (con il vecchio pseudonimo Jack Frost) ed è stato registrato nello studio di Jackson Browne a Los Angeles. La band è quella che lo accompagna da anni nel suo “Neverending Tour”: Tony Garnier al basso, George G. Receli alla batteria, i chitarristi Donnie Herron, Charlie Sexton e Stu Kimball, il polistrumentista David Hidalgo.
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MALIKA AYANE / “RICREAZIONE” (Sugar)
Terzo album, il primo autoprodotto, per la cantante milanese di padre marocchino. Ricreazione come rigenerazione ma anche come fotografia di un momento di svago. Vedi foto di gruppo con signora in copertina. Una sorta di racconto diviso in due parti, la prima dedicata al modo più irrazionale di vivere un amore, quello più impulsivo, e la seconda più analitica, «quella che fa fare un passo indietro - dice Malika, che si è fatta bionda - e ti convince di avere un maggiore autocontrollo». «È un disco volutamente imperfetto - prosegue - perchè si rifà all’animo umano». “Glamour” è un gioiellino firmato Paolo Conte (che una volta aveva detto di lei: il colore della sua voce è un arancione scuro che sa di spezia amara e rara...). “Ricreazione” è un inedito di Sergio Endrigo, su una poesia di Emily Dickinson. “Occasionale” è di Tricarico. Ma nel gruppo ci sono anche Pacifico - che collabora con Malika dagli inizi -, Davide Combusti in arte The Niro, Boosta dei Subsonica...
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