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sabato 14 settembre 2013
domani Concerto per il VAJONT, REMO ANZOVINO, 50 anni dopo la tragedia
Remo Anzovino, pordenonese, classe 1976, aveva solo dieci anni quando i suoi genitori - di origine napoletana - lo portarono sui luoghi della tragedia del Vajont. «Questa non è una gita, mi disse mio padre, ma il posto dove è successa una cosa terribile che capirai quando sarai più grande...».
È dunque con un’emozione particolare che il pianista e compositore, ormai apprezzato in mezzo mondo, si appresta a tenere domani alle 16 il suo “Concerto della memoria”, a Erto e Casso, Pordenone, proprio accanto alla diga del Vajont.
«È il concerto - spiega l’artista - che ho sognato di fare quando ho scritto la “Suite per il Vajont”, compresa nel mio recente album “Viaggiatore immobile”. Sembrava una cosa impossibile, suonare in quel luogo, vicino a quella diga, invece...». Invece il concerto si fa, è un evento gratuito, inserito nelle celebrazioni per il cinquantenario del disastro, che chiude la tre giorni intitolata “La Protezione civile e il Vajont: prevenzione, soccorso, memoria”.
Era la notte del 9 ottobre del 1963 quando circa 260 milioni di metri cubi del monte Toc franarono nel lago artificiale, sollevando un’ondata che distrusse quasi completamente Longarone e parte di Castellavazzo e le frazioni di Pineda, Prada, San Martino, Le Spesse in Comune di Erto e Casso. Duemila morti.
«L’Onu - prosegue Anzovino - cinque anni fa ha parlato del più grande “disastro evitabile”. Sì, perchè non è stata una tragedia naturale, si poteva evitare, si sapeva della grande frana su quel monte, c’erano le prove e sono state alterate. È stato dimostrato nei processi».
«Il Vajont per me è una grande storia, un simbolo di speranza, il simbolo di un popolo sradicato che ha avuto il coraggio di lottare per riprendersi la sua identità. Sono grato a Marco Paolini, il primo a scoperchiare quella storia, a farla conoscere a tutti. La mia musica è nata dalla suggestione di quello spettacolo. Io ho la fortuna di essere ascoltato anche fuori dall’Italia. E voglio far conoscere questa tragedia italiana a tutti».
«La musica - conclude Anzovino, atteso entro fine anno da un tour in Cina - è fantasia, ma qui parliamo di cose, di tragedia vere. Penso anche che la musica possa aiutare la memoria. Cinquanta anni dalla notte del Vajont sono tanti per chi vuole si dimentichi. Sono niente per chi vuole ancora sapere perché».
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