martedì 9 dicembre 2003

BAGLIONI AL PALATRIESTE

Baglioni arriva dalla platea, nerovestito e scortato da quattro nerboruti bodyguard. Sono le 21.14 di ieri sera. Il primo di una lunga serie di boati parte quando attacca da solo «Yesterday» dei Beatles. Musica classica del Novecento, che gli serve per ricordare i tempi degli esordi in cantina, più o meno trentacinque anni fa. E il palco sembra una cantina, nella prima delle trasformazioni del nuovo spettacolo intitolato «Crescendo», visto ieri sera al PalaTrieste da quattromila persone.
Dopo il megashow dell’estate, aveva promesso una dimensione «più raccolta, essenziale, intima». Ma trattandosi di Claudio Baglioni, si sa che una certa qual grandeur è ormai connaturata all’uomo. Il cinquantaduenne artista romano ha dunque sì messo da parte l’orchestra con 33 elementi, la compagnia di 34 ballerini e circa 300 figuranti e giocolieri del precedente tour (immortalati in un dvd appena uscito), ma non per questo ha deciso di presentarsi con uno show alla buona.
No, lui vola sempre e comunque più in alto. Lo show propone infatti un palcoscenico-casa (la casa della sua storia) su quattro livelli, che corrispondono ad altrettante fasi. Dimostrando una predisposizione naturale per l’architettura (si laurea a primavera, dopo aver ripreso gli studi interrotti trent’anni fa, e comunque da qualche parte serba un diploma da geometra), per raccontare in tre ore trentacinque anni di carriera ha immaginato gli spartani esordi in una cantina, poi il primo trasloco in un comodo appartamento, il secondo in una terrazza-tetto e infine l’«ascesa in cielo», o giù di lì, con i cavalli di battaglia, i classici più attesi, senza i quali un concerto di Baglioni non è tale.
A ogni livello scende dall’alto un palco: struttura semplice ma complessa, e infatti i vari banchi di regia sembrano una centrale della Nasa. Il conto lo paga la qualità dei suoni, a tratti zoppicante. In un gran via vai di «addetti ai traslochi», tanti oggetti caratterizzano le varie fasi: un vecchio registratore che diventa proiettore, un baule da cui poi escono le bolle, un telescopio che diventa faro per illuminare il pubblico, e ancora il tavolo, la cucina, la scala, il camino... Le canzoni delle varie fasi non sono coetanee dei diversi momenti storici: l’assemblaggio è tematico, avvicinando anche brani di anni lontani.
Ecco allora che dopo «Yesterday», mette in fila «Noi no» e «Dagli il via», «Quanto ti voglio» e «Fotografie» (entra il quintetto d’archi, per quattro quinti femminile), «Ragazze dell’Est», «Bolero», «Tienimi con te». Ma anche, quasi a voler indicare un passaggio verso un futuro migliore e allora solo sognato, quella «Di là dal ponte» che sta nell’ultimo disco «Sono io, l’uomo della storia accanto».
Scende un altro palco. E siamo nella fase «comoda» dell’appartamento. Tratteggiata da «Notte di note» e «Quante volte», «Serenata in sol» (ancora dal nuovo disco, impietosamente definita «una delle canzoni più terrificanti che abbia mai scritto...») e «Mai più come te», «Domani mai», «E adesso la pubblicità», «Un giorno nuovo»...
È tempo di salire sul tetto, in una terrazza che è una citazione beatlesiana (l’ultimo concerto dei Fab Four, 30 gennaio ’69, mezzogiorno, sul tetto degli Apple Studios...). Da lassù, guardando il mondo, arrivano «Acqua dalla luna», «Avrai», «Ninna nanna nanna ninna», «Tutto in un abbraccio», «Grand’uomo» («un figlio ama sempre un padre ma lo fa mentre lo giudica e quasi mai perdona, finchè gli scopre il segno di una lacrima e per la prima volta vede una persona...»), il coro collettivo di «E tu». La fine della crescita, il rapporto fra padre e figlio, la speranza nel domani.
Rimane il tempo per le stelle. Ovvero un piccolo concerto nel concerto, col canzoniere baglionesco che non può mancare quando canta il commendator Baglioni (lo ha nominato Ciampi, un mese fa): «Amore bello», «Strada facendo», ovviamente «Questo piccolo grande amore», «Cuore di aliante», il medley con «Poster», «Solo», «E tu come stai», «Io me ne andrei»... C’è spazio anche per quella «Io sono qui» durante la quale, due settimane fa a Treviglio, vicino Bergamo, confuso fra tutte queste pedane sali e scendi, ha messo un piede nel vuoto, è caduto e ha incassato quindici punti di sutura alla gamba e una settimana di stop.
A Trieste, una delle poche città del tour dove non è stato necessario il raddoppio della serata, meritato trionfo di pubblico. Chiusura a mezzanotte e mezzo. Forse il miglior Baglioni di sempre.

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