lunedì 15 dicembre 2003

ELISA AL ROSSETTI

«Questa canzone è per voi», dice verso la fine del primo tempo. Dalla platea arriva un perentorio «Sei meravigliosa...». E lei si stringe nelle spalle, sorride quasi intimidita, prima di attaccare una versione di «Luce (Tramonti a Nord Est)» da antologia. È solo uno degli episodi del concerto che Elisa - per il terzo anno consecutivo a Trieste prima di Natale - ha tenuto ieri sera in un Politeama Rossetti tutto esaurito.
La ragazza che a undici anni aveva scritto su un biglietto «Io farò sognare il mondo con la mia musica» sta seduta al centro del palco. Attorno a lei stanno seduti anche i musicisti (tre su quattro della zona, fanno parte del «nucleo storico») e le coriste del gruppo, in una sorta di semicerchio. Quando attacca con «Hallelujah», di Leonard Cohen, la stessa canzone che apre il nuovo album «Lotus», sul palco ci sono anche i quaranta ragazzi del Coro di Torviscosa, seduti per terra su due file.
Al nuovo disco è in gran parte dedicato questo tour partito il primo dicembre da Udine, e che andrà avanti fino a febbraio nei teatri di mezza Italia. Da lì arrivano infatti subito dopo anche «Broken», «Rock your soul», «The marriage» (Elisa passa dalla chitarra ai bonghi), la «Femme fatale» presa a prestito da Lou Reed, anzi, dai Velvet Underground, «Yashal» (ora lei è al pianoforte, accompagnata solo dalle quattro coriste), «Stranger»... Le immagini proiettate sul grande schermo parlano di natura, di pace almeno interiore, di tranquillità, di equilibrio: fiori, alberi, mare, montagne... Le luci, i rumori della natura che a volte sbucano fra un accordo e l’altro fanno il resto. Strumenti quasi tutti acustici, giusto un organo Hammond e un basso semiacustico.
La ventiseienne cantante nata a Monfalcone (compie gli anni venerdì: auguri...!) e che ha scelto di continuare a vivere qui, a Papariano di Fiumicello, in una casa in campagna completa di studio di registrazione, a due passi dall’Isonzo, ha spiegato com’è nato questo disco. Dopo tre album, la casa discografica voleva un «greatest hits». A lei è sembrato troppo presto e ha detto no. Allora si è accorta che le sue nuove canzoni erano alcune intime e delicate, altre dure ed energiche. Ha deciso di non mescolarle come si fa di solito, ma di dedicare un disco a ogni «anima».
Il primo disco lo ha intitolato col nome di un fiore, il loto, che nella tradizione induista è la bocca del grembo dell’universo, il fiore sacro dell’illuminazione. E infatti la «posizione del loto» è usata dai buddisti per la meditazione. Il resto lo hanno fatto le immagini, le foto dei fiori e della natura che l’artista ha scattato, raccolto, selezionato e poi utilizzato in questo spettacolo.
Spettacolo che con tali premesse rischiava di tramutarsi in un soporifero polpettone new age, e che invece - come si è subito capito ieri sera - ha trovato la linfa giusta nelle «buone letture musicali», oltre che nella grandissima voce, di Elisa Toffoli, genietto cresciuto a un tiro di schioppo da qui e scampato a un futuro da parrucchiera nel salone della mamma. Fra le righe si colgono infatti sapori gospel, atmosfere intimiste stile West Coast anni Sessanta e Settanta, persino un certo spirito hippy che la ragazza deve aver fatto proprio a furia di ascoltare i (buoni) dischi con cui è cresciuta.
Il secondo tempo si chiude, dopo «Luce (Tramonti a Nord Est)», vincitrice a Sanremo 2001, con «Interlude» e «A prayer», che grazie anche al ritorno in campo dei ragazzini di Torviscosa si trasforma in un coro gospel. Alla ripresa Elisa infila «Gift», l’omaggio a Bob Marley con «Redemption song» (pare che non sia entrato nel cd solo perché, dopo 78 minuti, non c’era più spazio), «Electricity», «Sleeping in your hand» riveduta e corretta come appare nel nuovo disco. È già tempo di bis. Non può mancare «Almeno tu nell’universo», il capolavoro scritto da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, con cui l’indimenticata Mia Martini partecipò al Sanremo dell’89, e ripresa l’anno scorso da Elisa per la colonna sonora del film «Ricordati di me». Ma anche «Rainbow» e una «Labyrinth» che permette alla ragazza, rimasta seduta tutta la sera, di scatenarsi.
A Trieste, meritato trionfo di pubblico. E non solo perchè giocava quasi in casa.

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