domenica 10 ottobre 2004

DALLA E JANNACCI AL BARCOLANA FESTIVAL

È finita pochi minuti prima della mezzanotte, ieri sera in una gremitissima piazza Unità, la grande festa musicale del «Barcolana Festival». È finita con un inedito Lucio Dalla in versione jazz, dopo che la serata era stata aperta da Enzo Jannacci. Che è partito con «Giovanni telegrafista», «El purtava i scarp de tenis», «Vincenzina e la fabbrica», «Mario»... Ovvero tutta l’umanità dolente e la poetica del sessantanovenne cantautore milanese, vestita con nuovi abiti musicali, cuciti da una band di jazzisti con Paolo Jannacci alle tastiere e alla fisarmonica. Chiusura in crescendo, con «E la vita, la vita», «Oh che sarà», un’irresistibile «Bartali»...

Dalla si è presentato al clarinetto, affiancato dal quartetto del sassofonista Stefano Di Battista, con ospite la cantante Niki Nicolai. Partenza con un inedito: il brano «My song» di Keith Jarrett, su cui Lucio canta un suo testo in italiano. Poi standard di Charlie Parker (la classicissima «A night in Tunisia»), di Dizzy Gillespie, di Thelonius Monk... Ma anche «Over the rainbow» e alcune sue canzoni, opportunemente «jazzificate», come dice lui: «Com’è profondo il mare», «4 marzo 1943» (con Dalla solo al pianoforte), la conclusiva e come al solito struggente «Caruso».

Ma né Dalla né Jannacci parteciperanno stamattina alla Barcolana. Contrariamente a quel che avevano annunciato, o forse solo sperato, gli organizzatori della regata triestina.

Sull’argomento Jannacci taglia corto così: «Macchè regata e regata, io sto in piedi per miracolo. Fate partecipare Dalla, che è più giovane e più sano di me...».

Ma l’imbeccata non funziona: «Purtroppo non posso accettare l’invito che ho ricevuto - dice l’artista bolognese -, vedrò la partenza della regata ma poi devo proprio partire: in serata devo essere a Genova, per il Salone della Nautica. Vorrà dire che l’anno prossimo farò il possibile per tornare e partecipare alla regata...».

«A Genova - prosegue Dalla - devo andare anche perchè sto pensando a delle migliorìe alla mia barca, ”Brilla e Billy”, venticinque metri che tengo alle Tremiti. Dentro c’è anche il mio piccolo studio di registrazione, quello in cui ho registrato buona parte della ”Tosca”...».

«Il jazz? È stata la mia prima musica da ragazzo, quando ho imparato a suonare prima la fisarmonica e poi il clarinetto. Suonavo in un gruppo che si chiamava Reno Jazz Gang, poi con la Second Roman New Orleans Jazz Band. Nel 1960, a diciassette anni, ho anche suonato con il grande Charlie Mingus, con Chet Baker. Al clarinetto suonavo una nota sola, il si bemolle, ma non c’era nessuno più bravo di me...».

«Poi con il jazz ho smesso - prosegue -, dedicandomi alla canzone ma non perderdo mai l’interesse per il genere afroamericano. Recentemente mi è tornata la voglia anche di suonarlo, per divertimento, e quest’estate abbiamo fatto dei concerti, con Stefano Di Battista e gli altri del gruppo ”Dalla Jazz”: al Teatro dell’Opera di Vienna, al Teatro Greco di Taormina, allo Sferisterio di Macerata, a Palermo...».

Ancora Dalla: «In questi concerti suoniamo standard jazz, ma per accontentare il pubblico propongo anche alcune mie canzoni ”jazzificate”. Lo faccio perchè la gente se lo aspetta, perchè ci divertiamo, ma soprattutto per far capire ancora una volta che nella musica non esistono steccati».

«In fondo, anche per la mia ”Tosca” è stato così. È passato un anno dal debutto a Roma, dove torneremo nelle prossime settimane. Siamo reduci dal doppio tutto esaurito all’Arena di Verona, dal successo in Austria, a primavera eravamo anche qui a Trieste... Sarà un tour ancora lungo: ora andremo in Francia, in Spagna, negli Stati Uniti, persino in India».

«Intanto - conclude Lucio Dalla - comincerò anche a lavorare al mio nuovo disco. Ho già alcune canzoni. Uscirà fra un anno, a fine 2005».

Ma torniamo a Enzo Jannacci. Anche per lui il jazz è stato il primo amore. «Sarà stato il ’55 - ricorda il musicista milanese - avevo vent’anni. Studiavo medicina ma mi ero diplomato in pianoforte al Conservatorio di Milano. Andai a fare un provino per entrare nel gruppo di Franco Cerri. Che, bontà sua, mi prese. Suonammo insieme per un po’ di tempo, poi dovetti lasciare il posto a un pianista molto più bravo di me: un certo Enrico Intra. In quegli anni, prima di scoprire il rock’n’roll e il cabaret, mi è capitato anche di suonare con Stan Getz, Gerry Mulligan, Bud Powell...».

Prosegue Jannacci: «Ho ascoltato molta musica jazz anche negli anni che ho passato negli Stati Uniti, a fare il cardiochirurgo. Poi, tornato in Italia, ho scritto soprattutto canzoni. Il jazz l’ho un po’ lasciato da parte. Ma il mio gruppo, con mio figlio Paolo al pianoforte e alla fisarmonica, è formato da jazzisti: e dunque anche gli arrangiamenti delle mie canzoni, vecchie e nuove, sono jazz...».

Di Gaber, Jannacci non trova ancora la forza di parlare: «Mi fa troppo male, non è passato ancora abbastanza tempo...». Del titolo dell’ultimo disco, «L’uomo a metà», dice: «Siamo tutti uomini a metà, per metà intenti a rifugiarci nel nostro comodo egoismo, per l’altra metà disposti anche a far del bene al prossimo...». Poi, prima di annunciare per il 22 novembre l’uscita di un altro disco, dedicato a vecchie canzoni dialettali rifatte, si lascia prendere da un sano lampo di pessimismo: «Guardo l’Italia, il mondo, e penso che ormai abbiamo davvero toccato il fondo. Peggio di così non può proprio andare...».

È andato bene invece il «Barcolana Festival 2004». La scommessa di puntare sul jazz e su un cast meno giovanilista, che alla vigilia poteva sembrare temeraria, può dirsi vinta. Dopo un’estate musicalmente ricca, gli organizzatori hanno preferito variare il menù, inventandosi il binomio «jazz & vela». Risultato: il festival è costato molto meno che nelle passate edizioni, il pubblico è stato inferiore rispetto agli anni passati, ma la qualità delle proposte musicali (Nicola Arigliano, la Casale, Shawnn Monteiro con Benny Golson, la Montecarlo Nights Orchestra con Nick the Nightfly - ieri sera di nuovo sul palco, ma in veste di presentatore - e Sarah Jane Morris, oltre a Jannacci e Dalla) è stata di assoluto rispetto. E il grande jazz è stato sdoganato anche in piazza Unità.

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