venerdì 29 ottobre 2004

ANTONACCI AL PALATRIESTE

Alle ragazze piace Biagio Antonacci. Lo aspettano, lo guardano con
occhi sognanti, cantano in coro le sue canzoni. E poi, quando l’oggetto del

desiderio arriva nelle vicinanze, le più fortunate si allungano per

toccargli la mano, per regalargli un fiore, un pacchetto, un bigliettino...

Il rituale di ogni concerto del quarantunenne cantautore milanese si è

ripetuto ieri sera al PalaTrieste, affollato per l’occasione da quasi

tremila giovani e giovanissimi a maggioranza femminile.

È un anno d’oro, per Biagio. Il grande successo di «Convivendo parte 1»,

premiato al Festivalbar come disco dell’anno. E ora anche il suggello dal

vivo, con questo «Convivendo Tour», partito a fine settembre dall’Arena di

Verona, che dopo la tappa triestina tornerà nel Triveneto il 12 novembre, al

Palaverde di Treviso, per un concerto che è già tutto esaurito in

prevendita.

La prima sorpresa dello show è il palco: una sorta di pedana trasparente,

che rappresenta una figura umana stilizzata, le cui braccia e le cui gambe

formano un asimmetrico camminamento che occupa buona parte della platea.

Su questo palco, quindici minuti dopo le ventuno, si materializzano uno alla

volta i musicisti che accompagnano l’artista (gruppo rock e piccola sezione

archi). Quando arriva il turno di Antonacci, c’è anche la seconda piccola

sorpresa: per aprire lo show con «Mio padre è un re», dall’ultimo album, il

nostro si presenta bardato da una mantella rosso vermiglio e con tanto di

corona in testa.

Giusto un paio di minuti, poi mantella e corona volano via, lasciando il

posto alla tenuta da combattimento: scarpe da ginnastica, jeans, camicia

scura (che poi, approfittando di un assolo del chitarrista, cambierà per una

bianca). Dopo «Quanto tempo e ancora», è il turno della terza sorpresa, tale

solo per chi pensava, andando a vedere un concerto di Antonacci, di venir

avvolto per due ore da zuccherose atmosfere cantautorali.

Eh no, perchè con «Angela» (stava nel disco di tre anni fa, quello

intitolato «9/nov/2001»), il lungagnone cresciuto nelle periferie povere

della metropoli lombarda, quello che studiava da geometra ma sognava la

musica, quello che ha fatto il militare fra i carabinieri e non avrebbe

disdegnato di fare il giudice «per stare dalla parte della giustizia», sì,

insomma, lui, il bell’Antonacci, dimostra di avere anche un’anima rock di

quelle che non lasciano nulla all’immaginazione.

La sua forza, la ragione del suo successo sta nella semplicità, nella

pulizia, nella coerenza. «Io vado avanti per la mia strada - dice Biagio -

con semplicità e coerenza, cantando i miei sentimenti e accorgendomi che

vengono condivisi da tanta gente. Non ho mai seguito le mode, le tendenze

più o meno effimere. Penso che il pubblico se ne accorga».

Sì, se ne accorge. E apprezza. Melodia e sgroppate rock, romanticherie e

vita vissuta, sentimento ma anche parole chiare e forti contro la guerra.

Come quando più avanti, nel corso della serata, l’artista ricorda Jessica e

Sabrina, «fiori fragili» spezzati da una guerra che porta solo morte e nuovo

terrorismo: le due sorelle piemontesi uccise a Taba, in Egitto, facevano

parte del popolo di Biagio, avevano già i biglietti per il concerto di Cuneo

del 6 novembre, e al loro funerale le amiche le hanno ricordate con un verso

di una sua canzone...

Ma la serata è innanzitutto una serata di festa. Che vive delle canzoni del

nuovo disco («Passo da te», «Dopo il viaggio», «Quell’uomo lì»...) ma

soprattutto di antichi - si fa per dire: è comunque roba degli anni Novanta

- cavalli di battaglia: «Se io se lei», «Se è vero che ci sei», «Le cose che

ho amato di più»...

Biagio non è uno di quelli che in un concerto dicono tre parole in croce.

Fra una canzone e l’altra parla, racconta, ammicca. Introduce «Non tentarmi»

invitando le coppie (dopo aver verificato con tanto di sbrigativo referendum

che sono in minoranza rispetto ai single) a ballare guancia a guancia come

si faceva nei locali di una volta. E una statuaria bellezza bruna sale sul

palco per ballare con lui e lasciargli un bigliettino (subito fatto sparire

nella tasca dei jeans...) prima di venir educatamente congedata.

Poi il nostro, forse emozionato perchè la serata promette di mettersi bene

assai, si lascia prendere la mano ed esagera - prima di cantare «Mai» -

invitando la gente a tirar fuori i telefonini e a usarli (...) come nei

concerti di una volta si faceva con gli accendini.

Ma ormai il concerto è in discesa. Gli ultimi successi «Non ci facciamo

compagnia» e «Convivendo», dal passato prossimo brillano «Iris» e

«Liberatemi»... E poi c’è spazio anche per i bis, aperti da «Ti ricordi

perchè». Le ragazze, quelle a cui piace Biagio, ricordano perfettamente.

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