Più qualità e meno quantità, sembra essere la parola d’ordine dell’edizione 2004 del «Barcolana Festival», che ha debuttato ieri sera in piazza Unità. Un debutto - e tutta un’edizione - nel segno del jazz, anzi, del nuovo e coraggioso binomio «jazz & vela», in attesa della grande regata di domenica.
Ieri sera apertura di gran classe con Rossana Casale e Nicola Arigliano. Lei ha presentato il suo spettacolo «Billie Holiday in me», che è il titolo anche dell’ultimo disco. Accompagnata dal suo quartetto, la bionda interprete ha proposto «My man», «You’ve changed», «Comes love», «Speak low», «Don’t explain» e altri brani della grande Billie.
«Il mio amore per il jazz - spiega la cantante, nata nel 1959 a New York ma cresciuta in Italia - nasce prestissimo, attraverso i dischi dei miei genitori. Mio padre, americano, faceva il batterista jazz. E anche mia madre, veneziana, amava molto la musica. Diciamo allora che certi suoni, certi ritmi, certi artisti sono entrati nelle mie corde molto presto».
«Per riappropriarmene, però, ho dovuto aspettare un po’ di tempo. Il mio debutto nella musica è stato come corista, lavoro che ho fatto per dieci anni. Negli anni in cui percorrevo il mio viaggio nella canzone, il jazz è sempre stata la musica dei miei segreti, quella dietro cui nascondermi nei momenti soltanto miei. Ciò fino a che non ho sentito l’esigenza di tirare fuori, davanti al pubblico, questa mia grande passione... E Billie Holiday mi ha sempre affascinato perchè cantava l’amore con parole semplici, perchè ci ha insegnato che il jazz è musica ma anche espressione di vita. Disco e spettacolo sono un tributo alla più grande voce della storia del jazz».
«Il musical? Beh, quella è l’altra mia passione. Per me che amo il jazz, fare prima ”Un americano a Parigi” e poi ”A qualcuno piace caldo” è stato un altro sogno che si è realizzato. Da quelle esperienze in teatro ho imparato davvero molto. Ora mi aspetta un’altra avventura: a gennaio sarò la ”narratrice” nella ripresa di ”Joseph e la strabiliante tunica dei sogni in technicolor”, a Roma. È il primo musical di Andrew Lloyd Webber a essere stato tradotto in italiano. Poi arriverà anche il mio nuovo disco: non faccio un disco di inediti dal ’96. La mia casa discografica - conclude Rossana Casale - vorrebbe che uscissi con qualcosa già prima di Natale, ma per ora tengo duro: il disco vorrei farlo come dico io, con i miei tempi...».
Seconda parte della serata dedicata al grande Nicola Arigliano, che ha sorpreso il pubblico con la sua incredibile verve. Ideale risposta italiana al Buena Vista Social Club, l’intramontabile «crooner» ha proposto - affiancato dal suo trio e con l’immancabile cappelluccio calato sugli occhi - cavalli di battaglia dello swing italiano: da «Marilù» a «Permettete signorina», da «Il pinguino innamorato» a «Venti chilometri al giorno» (Sanremo del ’64), da «Adagio Biagio» a «Ludovico», passando per un omaggio al grande Louis Armstrong e, nel finale, una toccante «Arrivederci» di Umberto Bindi.
Prima del concerto, l’artista si è raccontato così: «Sono nato a Squinzano, un paese in provincia di Lecce, il 6 dicembre 1923. Quindi fra un po’ ne faccio ottantuno. Quand’ero ragazzo nelle case non c’era il bagno, dunque si andava a fare i bisogni nei campi... Ma dalle nostre parti era pieno di ortiche, e si diceva: ”Squinzano scànsalo, che c’è l’erba che ti punge lu culu...”».
Quella di Arigliano è una storia declinata a suon di jazz, anzi, «di swing», come dice lui. Ma che se non ci fosse stata la pubblicità, quella dei vecchi Caroselli, sarebbe stata diversa.
«Sì, ho fatto per ventisette anni, alla radio e alla tivù, la pubblicità del Digestivo Antonetto - ricorda l’artista - quello che ”si poteva prendere anche in tram”, e posso dire che è stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita. Prima suonavo, lavoravo, guadagnavo, ma poi, dopo quella pubblicità, che feci perchè ero amico di Armando Testa, grande pubblicitario, d’un tratto tutti mi conoscevano, tutti mi volevano, e anche economicamente le cose migliorarono: con il jazz nessuno ha mai guadagnato tanto...».
Ma la storia di Nicola Arigliano comincia molto prima. «In casa eravamo quattro fratelli, alla musica mi sono avvicinato subito, grazie a mia madre che cantava e suonava la chitarra. Presi anche lezioni di armonia e composizione, ma al paese mi annoiavo. A quattordici anni partii per Milano, attratto dai racconti che facevano alcuni giovani del paese che erano emigrati e tornavano giù d’estate. Continuai a studiare composizione, cominciando anche a suonare il sax, la batteria, il contrabbasso...».
«Al canto arrivai anni dopo - prosegue Arigliano - incoraggiato da altri colleghi con cui collaboravo: Renato Sellani, Franco Cerri, Gianni Basso, Oscar Valdambrini... Con Cerri condivisi l’esperienza nella pubblicità: lui era l’uomo in ammollo, ma un po’ si vergognava, mentre io mi sono sempre divertito e sono tuttora grato alla pubblicità».
«A Milano suonavamo alla Taverna Messicana: swing italiano e americano. Il mio mito era benny Goodman. Poi feci cinque anni di militare, durante la guerra. Ricordo che finii la leva a Udine. E poi me ne andai finalmente in America. Avevo una ragazza a San Francisco, andai a trovarla, poi mi fermai a Boston, a New York, dove conobbi finalmente il vero ”iazz”...».
Un salto nel tempo, siamo agli anni Sessanta. «Dopo una parte nel film di Monicelli ”La grande guerra”, partecipai ad alcune Canzonissime e anche a un Sanremo, nel ’64, con ”Venti chilometri al giorno”, scritta da un giovanissimo Mogol e da Pino Massara. Fu una stagione di successo: ”Permette signorina”, ”I sing ammore”, ”È solo questione di tempo”, ”Amorevole”... Per tutti ero ”il brutto che canta o’ iazz”, oppure ”il cantante che non canta”...».
«Poi, verso la fine degli anni Sessanta, mi sono allontanato dal mondo dello spettacolo. Ero un po’ stufo. Ho continuato a fare dischi, a tenere concerti, ma da una posizione più defilata. Fino a pochi anni fa: nel ’96 mi hanno dato il Premio Tenco, sono usciti degli articoli, la televisione si è di nuovo ricordata di me, e anche l’attenzione per i miei dischi e concerti è aumentata. Ed eccomi di nuovo qui...».
«Io sono un po’ misantropo - conclude Arigliano - ho sempre voluto restare padrone assoluto della mia vita: se mi propongono delle cose che non mi piacciono, non le faccio e basta. Invece mi piace ancora, e tanto, cantare davanti alla gente: se non ho davanti un pubblico da intrattenere, per cui swingare, io non mi diverto...».
Stasera il Barcolana Festival 2004 prosegue con il quartetto dell’americana Shawn Monteiro (ospite il grande Benny Golson) e con Nick the Nightfly & the Montecarlo Nights Orchestra (ospite Sarah Jane Morris).
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