«Bula Bula» è il nome di un atollo immaginario. Un atollo di pace, tranquillità, buona musica. Immaginato probabilmente prima dell’immane tragedia del Sud Est asiatico, per dare il titolo al nuovo album di Mina, che esce oggi. Un nome esotico, che la cantante usa spesso nei suoi articoli sulla «Stampa», per dodici canzoni che l’inarrivabile interprete nata a Cremona ha scelto - con il figlio e produttore Massimiliano Pani - fra le tantissime che le vengono proposte ogni anno.
Il disco colpisce già a partire dalla copertina, firmata anche stavolta da Mauro Balletti. Vi si vede la cantante trasformata in una sorta di capobranco: alta, magra come da tempo non è più, avvolta in un abito di foggia orientale, con una lunga treccia che «tiene per mano» la proboscide di un tenero elefantino. Sullo sfondo di un tramonto infuocato.
Ma qui non si tratta solo di un’immagine e una copertina azzeccata. Compilation e raccolte a parte, che nel suo caso sono sempre ben accolte dal pubblico, l’interprete che da tanti anni vive a Lugano mancava da tre anni dal mercato discografico con un disco di inediti (l’ultimo era «Veleno» e non aveva convinto granchè). Dunque il nuovo lavoro - cui è facile pronosticare i vertici delle classifiche - si dimostra particolarmente curato e godibile.
Si parte con «Vai e vai e vai», il cui singolo ha anticipato l’uscita dell’album. Firmata da Nicolò Fragile (che in questo album firma anche «Dove sarai»), la canzone è leggera ed elegante, con venature che richiamano la musica nera degli anni Sessanta. Con «Portati via» (scritta da Stefano Borgia, che ricordiamo a un Sanremo Giovani di anni fa), siamo nei territori della grande melodia, che la voce di Mina sa rendere unica. Curiosità: nel brano si sente la voce al telefono di Axel Pani, nipote della cantante.
Andiamo avanti. «Fragile», del napoletano Gennaro Cosmo Parlato, brilla di un’atmosfera amara e per certi versi drammatica. «Se», firmata da Alex Britti (di cui Mina aveva già cantato anni fa «Oggi sono io»), è orecchiabile e al tempo stesso elegante. «Fra mille anni» ha il testo di Cheope (figlio di Mogol) e la musica di Danijel Vuletic: coppia già sperimentata da Celentano nel suo ultimo cd.
Con «La fin de vacances» entriamo nel territorio dei classici. Si tratta infatti di una cover di una canzone scritta da Boris Vian e Henry Salvador. L’unico brano non inedito dell’album. «Sei o non sei» ripropone invece la coppia di autori Massimiliano Pani e Piero Cassano, garanzia di classe e orecchiabilità.
«20 parole» è in realtà una poesia di Roberto Roversi, il grande poeta bolognese che tanti anni fa aveva collaborato con Lucio Dalla (ai tempi di «Automobili»). «Bell’animalone» è un divertissement, giocato sui toni dello scherzo leggero e dell’allegria. «Quella briciola in più» (quasi una bossa nova) e «La fretta del vestito» completano il lavoro.
C’è anche una specie di «ghost track», una traccia fantasma con la bella risata di bimbo dell’altro nipote di Mina, il piccolo Edoardo. Ma quello è solo il tributo d’amore di una nonna speciale...
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