Quei fraseggi sulla tastiera che punteggiavano «Eyes Wide Shut» di Stanley Kubrick? E il controcanto pianistico di «Million Dollar Hotel» di Wim Wenders? Entrambi di Brad Mehldau, trentacinque anni, statunitense, nuova stella del jazz. Stasera alle 21.30 arriva per la prima volta a Trieste, al Teatro Romano Festival. Si esibirà in trio, con Jeff Ballard alla batteria e Larry Grenadier al basso.
Mehldau è oggi considerato uno dei migliori pianisti jazz del mondo. Il migliore in assoluto, fra quelli della nuova generazione. Ha suonato fra gli altri con Joshua Redman, Charlie Haden, Lee Konitz, Wayne Shorter, Charles Lloyd e John Scofield. Dal ’95 ha costituito il suo trio con Grenadier al basso e Jorge Rossy alla batteria, poi sostituito da Ballard.
Nato in Florida el 1970, Brad è stato il classico bambino prodigio che eccelleva nella musica. All’inizio, i suoi interessi erano attirati dalla musica classica e dal rock. La scoperta e l’amore per il jazz sono arrivati solo in un secondo tempo.
«Mio padre - raccontò una volta l’artista - aveva alcuni dischi di jazz sparsi per casa. Non mi avevano per nulla impressionato quand’ero molto piccolo. Poi sono andato a una specie di campo estivo di musica classica per tre anni. Quando trascorsi lì la terza estate era l’82, avevo dodici anni, e c’era un giovane violoncellista che aveva tre anni più di me. Aveva una registrazione ”live” del quartetto di John Coltrane che suonava ”My favourite things”. Mi ricordo che ci sedemmo sul pavimento per ascoltarla e mi sentii catturato: pensai che fosse la cosa più meravigliosa che avessi mai ascoltato».
Insomma, una sorta di illuminazione. Da quel momento per il ragazzo Brad non sono più esistiti né classica né rock né niente altro. Jazz, soltanto jazz, con una di ispirazione di nome Miles Davis.
«Sì, credo che come lui non ci sia nessuno - ha detto Mehldau - soprattutto per la bellezza della musica che ci ha lasciato e la sua capacità di mettere insieme una band pur mantenendo sempre la propria identità. Miles ha dimostrato in ogni situazione cosa voglia dire avere una forte identità musicale. La sua abilità di fare degli assoli improvvisati era sempre caratterizzata da forza, semplicità e integrità d’intenti. Ma sono stati notevoli anche la sua capacità di usare lo spazio e l’attitudine a non compromettere mai la sua visione personale».
Presenza fissa delle ultime edizioni di Umbria Jazz (la sua stella è brillata anche la settimana scorsa, a Perugia), Mehldau ha già suonato nella nostra regione. Nell’estate del 2003 è stato ospite del «No Borders» di Tarvisio. Nel ’99 e nel 2000 ha suonato a Gorizia.
Memorabile soprattutto il concerto per «Gorizia Jazz 2000», con molti spettatori rimasti fuori dall’Auditorium, riempito dalla magia di una serata di piano solo. Uno splendido concerto acustico, in due set, con una prima parte dedicata a brani originali, anche inediti, e la seconda con composizioni di altri autori. E tutti ammaliati dalla raffinatezza dello stile compositivo di Mehldau: idee ritmiche, spunti, citazioni, prestiti dal repertorio classico... La ricetta che con ogni probabilità proporrà stasera, arricchita da altri anni di esperienza e dalla formazione in trio.
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