C’è chi è convinto che il miglior rock di sempre è quello che è stato
sfornato fra la fine degli anni Sessanta e il decennio dei Settanta. Finchè
lo dicono i ragazzi di allora - ormai padri o addirittura nonni - non ci
sarebbe di che meravigliarsi: ogni generazione ama infatti la musica dei
propri anni ruggenti, che nel ricordo diventa colonna sonora di una gioventù
sempre rimpianta. Ma quando il giudizio viene confermato anche da una parte
dei ragazzi di oggi, nati quando quegli artisti e gruppi erano già in pista
da un bel pezzo, o magari erano già considerati «vecchi» rispetto ai
colleghi dell’ondata successiva, beh, allora il dubbio comincia ad
affiorare. Vuoi vedere che in quegli anni di grande creatività, di ideali,
di speranze, di «buone vibrazioni», è stato pensato e suonato anche il
miglior rock che orecchie ricordino?
Il festival che comincia stasera a Trieste - giunto alla seconda edizione -
vuol essere un piccolo tributo alla musica e ai protagonisti di quegli anni.
Si parte dagli Animals, pionieri della fusione fra musica bianca e blues dei
neri, nonchè protagonisti del rhythm and blues inglese degli anni Sessanta e
Settanta. Con la loro foga ribelle anticiparono mezza storia del rock,
compresa l’ondata punk. Nelle loro mani i classici del blues diventavano
inni della sofferenza, non della razza afroamericana, ma dei giovani
britannici. E la straordinaria voce di Eric Burdon faceva il resto. Tanto
che pensare oggi agli Animals senza di lui...
Dopo tanti cambiamenti, l'attuale formazione - non a caso si presentano come
«Animals and Friends» - comprende un solo componente originario del gruppo:
John Steel alle percussioni. Con lui Mickey Gallagher (che entrò nel gruppo
in un secondo tempo) alle tastiere. Mentre gli «amici» sono Pete Barton alla
chitarra, Jim Rodford al basso, John Williamson alle chitarre.
Nell’immaginario del rock la batteria ha una parte primaria. E il ruolo
ricoperto nel festival dell’anno scorso da Carl Palmer (già nello storico
trio con Keith Emerson e Greg Lake) in questa edizione del 2005 è affidato a
Ian Paice, già batterista dei Deep Purple. Domani sera, alle 18.30, terrà un
seminario di un’ora aperto a tutti gli interessati. Dopo le 21, con il suo
nuovo gruppo, riproporrà alcuni dei brani dello storico gruppo «hard rock»
(l’antenato dell’«heavy metal»). Anche se - come ha detto una volta lo
stesso Paice - «ciò che più mi dispiace è vedere oggi il nostro nome
associato esclusivamente all'ambiente metal. Noi in realtà ci muovevamo in
un campo senza confini precisi, la nostra musica andava dai Black Sabbath a
Marc Bolan, e nel mezzo ci mettevamo di tutto...».
E siamo alla serata di giovedì, dedicata al Banco del Mutuo Soccorso.
Diciamo subito che della formazione originaria sono rimasti soltanto in due:
il cantante Francesco «Big» Di Giacomo e il tastierista Vittorio Nocenzi.
Che nella formazione che comprendeva fra gli altri anche il fratello di
quest’ultimo, il pianista Gianni Nocenzi, debuttarono discograficamente nel
’72 con un album omonimo (con la storica copertina a forma di salvadanaio)
destinato a diventare una pietra miliare nella nascente scena del rock
italiano, con brani già passati alla storia come «R.I.P. (Requiescant In
Pace)», «Il giardino del mago», «Metamorfosi»... Negli stessi anni, album
come «Darwin!» e «Io sono nato libero» confermarono gli allora ragazzi del
Banco come una delle formazioni più originali della nostra musica moderna.
Fin qui i protagonisti del Trieste Rock Festival di quest’anno. Quello che
forse non sanno gli appassionati che per tre sere affolleranno piazza Unità,
è che il cast poteva essere più ricco. Gli organizzatori erano riusciti
infatti a mettere le mani su una data del tour italiano degli appena
ricostituiti Van der Graaf Generator. Ma costavano troppo e così...
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