quando il piccolo divo in questione si chiama Cesare Cremonini, beh, diciamo
la verità: siamo disposti a perdonargli quasi tutto. Anche quell’aria da
narciso un po’ esibizionista, che fra l’altro fa parte del mestiere,
sfoggiata ogni volta che il ragazzo sale su un palcoscenico con un microfono
in mano e un pubblico davanti.
A Cremonini - il cui tour teatrale ha fatto tappa ieri sera al Politeama
Rossetti - perdoni tutto, anche il fatto di aver ucciso praticamente nella
culla i suoi Lunapop, che gli avevano regalato il successo appena
diciannovenne, perchè oggi, che di anni ne ha venticinque, è uno dei
migliori autori giovani di musica pop del nostro Paese. E se qualcuno avesse
nutrito ancora dei dubbi, dopo l’ascolto del recente album «Maggese» e dei
precedenti, ebbene, questo nuovo spettacolo contribuisce a fugarli.
Platea giovanissima, completa anche di bambini in età da elementari. Lui
attacca con «Padre madre», che stava in «Bagus», il suo primo album solista,
uscito nel 2002. La prima sorpresa è l’orchestra, la London Telefilmonic
Orchestra, quasi tutta d’archi e quasi tutta femminile, che lo affianca.
Evidentemente il gruppo elettrico, con il fido Nicola «Ballo» Balestri, al
cantautore bolognese non basta più. Urgono nuove prove, stimoli che esaltino
il suo indubbio genio musicale. «Accettare le sfide è indice di coraggio -
confessa Cremonini -, mi sono costruito la sfida da solo e ho deciso di
mettermi alla prova. Non avevo voglia di palasport, di caos, di occhi
nascosti nel buio. Avevo voglia di vedere il pubblico negli occhi, di
toccarlo... E il teatro è l’unico spazio che rende possibile tale
desiderio».
E allora ben venga il teatro. E ben venga l’orchestra inglese, la stessa che
lo aveva già affiancato nella realizzazione dell’ultimo disco, pensato e
suonato fra la sua Bologna e Londra, con passaggio nei mitici Abbey Road
Studios dove registrarono i Beatles.
Ma non divaghiamo. Secondo brano in scaletta «Gli uomini e le donne sono
uguali», Cremonini si siede al pianoforte e la galoppata comincia. E
prosegue con «La fiera dei sogni». Il ragazzone bolognese parla col
pubblico, racconta e si racconta, scherza, si lascia andare, un po’ se la
tira, beandosi degli occhi che lo guardano e vanno in estasi.
Infila un brano che Gaber scrisse nel lontano 1970, quando lui e gran parte
dei presenti non erano ancora nati: «L’orgia», lo stesso interpretato
l’estate scorsa, a Viareggio, al festival del teatro canzone dedicato per
l’appunto al grande artista scomparso. Recupera «Walter ogni sabato un
trip», affonda con «Le tue parole fanno male». E dopo la strumentale «St.
Peter Castle» parte l’epopea di «50 Special», completa di raccontino
autobiografico sulla conquista del primo motorino.
Secondo tempo. Apre con «Momento silenzioso», prosegue con «Sardegna» e
l’inedita «Dev’essere così»: due canzoni che pagano un consistente debito a
un certo De Gregori. È tempo di «Marmellata #25», gradevole tormentone
dell’estate da poco conclusa, ma anche delle ormai classiche «Latin lover» e
«Vieni a vedere perchè», di un altro inedito che in realtà risale ai tempi
dei Lunapop («Il pagliaccio»), degli echi beatlesiani che impreziosiscono
«Maggese», ultimo brano in scaletta prima dei bis. E poi tutti a nanna
contenti. Che stamattina si va a scuola...
bel posticino..se ti va passa a trovarmi...
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