ROMA È morto a 81 anni in una casa di riposo Ezio Radaelli, organizzatore di
grandi manifestazioni musicali. Nato a Milano, organizzò le prime edizioni
di Miss Italia, poi varie edizioni del Festival di Sanremo, dal ’58 al ’61 e
dal ’67 al ’71. E fu l'inventore del «Cantagiro».
Con Radaelli se ne va l’ultimo patron della musica italiana. Dopo Gianni
Ravera e dopo Vittorio Salvetti. E si potrebbe pomposamente dire che si
chiude un’epoca, se non fosse che quell’epoca, pionieristica e forse
romantica, è già finita da un pezzo.
Era, quello degli anni Sessanta e Settanta, il periodo storico della canzone
e della discografia italiana. Quello seguito alla rivoluzione di Modugno nel
’58, ai primi cantautori, al beat italiano, ai complessi che scopiazzavano
in buonafede quanto di nuovo arrivava da oltremanica e da oltreoceano.
Quello di personaggi carismatici, un po’ mecenati e un po’ imprenditori, che
segnarono la crescita - e l’affrancamento almeno parziale dai modelli
stranieri - della musica popolare italiana.
Grandi discografici: Slanislao Sugar, Ennio Melis, Vincenzo Micocci, Nanni
Ricordi... Ma anche grandi impresari e organizzatori, ancora a mezzo
servizio fra piazze e televisione, il cui potere - oggi sterminato - era
ancora nascente. Salvetti inventò il Festivalbar sfruttando con intuizione
geniale il momento magico dei juke-box, e poi seppe trasformare la
manifestazione, che non a caso gli sopravvive nelle mani del figlio Andrea.
Ravera legò a doppio filo il proprio nome al Festival di Sanremo, che sotto
le sue cure era una macchina nella quale nessun dettaglio era affidato al
caso. Radaelli, oltre a tanti Sanremo (alcuni dei quali firmati in coppia
proprio con Ravera), legò il suo nome soprattutto al Cantagiro.
Era una manifestazione canora itinerante che si svolse ogni anno dal ’62 al
’72 (e venne ripresa con scarso successo fra il ’90 e il ’93). La formula
era presa in prestito dal Giro d'Italia di ciclismo: una carovana canora in
giro per la penisola, coi vari cantanti che si spostavano in comitiva e
gareggiavano tra loro giudicati da giurie popolari scelte tra il pubblico
delle varie città. Ogni sera veniva proclamato il vincitore di tappa, nella
tappa finale (a Fiuggi) quello assoluto dei vari gironi.
Radaelli - che da giovane era stato partigiano e dirigente sindacale - di
quelle carovane era l’anima. I cantanti non erano ancora divi
irraggiungibili, costruiti a tavolino da discografici attenti solo ai
numeri. La televisione non badava solo all’audience. Erano gli anni di
«Bandiera gialla», la storica trasmissione radiofonica di Arbore e
Boncompagni, di cui ieri sera è stata trasmessa su RadioDue un’edizione
speciale, nel quarantennale del debutto. Roba di un secolo fa.
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