venerdì 21 ottobre 2005

ROMA È morto a 81 anni in una casa di riposo Ezio Radaelli, organizzatore di

grandi manifestazioni musicali. Nato a Milano, organizzò le prime edizioni

di Miss Italia, poi varie edizioni del Festival di Sanremo, dal ’58 al ’61 e

dal ’67 al ’71. E fu l'inventore del «Cantagiro».



Con Radaelli se ne va l’ultimo patron della musica italiana. Dopo Gianni

Ravera e dopo Vittorio Salvetti. E si potrebbe pomposamente dire che si

chiude un’epoca, se non fosse che quell’epoca, pionieristica e forse

romantica, è già finita da un pezzo.

Era, quello degli anni Sessanta e Settanta, il periodo storico della canzone

e della discografia italiana. Quello seguito alla rivoluzione di Modugno nel

’58, ai primi cantautori, al beat italiano, ai complessi che scopiazzavano

in buonafede quanto di nuovo arrivava da oltremanica e da oltreoceano.

Quello di personaggi carismatici, un po’ mecenati e un po’ imprenditori, che

segnarono la crescita - e l’affrancamento almeno parziale dai modelli

stranieri - della musica popolare italiana.

Grandi discografici: Slanislao Sugar, Ennio Melis, Vincenzo Micocci, Nanni

Ricordi... Ma anche grandi impresari e organizzatori, ancora a mezzo

servizio fra piazze e televisione, il cui potere - oggi sterminato - era

ancora nascente. Salvetti inventò il Festivalbar sfruttando con intuizione

geniale il momento magico dei juke-box, e poi seppe trasformare la

manifestazione, che non a caso gli sopravvive nelle mani del figlio Andrea.

Ravera legò a doppio filo il proprio nome al Festival di Sanremo, che sotto

le sue cure era una macchina nella quale nessun dettaglio era affidato al

caso. Radaelli, oltre a tanti Sanremo (alcuni dei quali firmati in coppia

proprio con Ravera), legò il suo nome soprattutto al Cantagiro.

Era una manifestazione canora itinerante che si svolse ogni anno dal ’62 al

’72 (e venne ripresa con scarso successo fra il ’90 e il ’93). La formula

era presa in prestito dal Giro d'Italia di ciclismo: una carovana canora in

giro per la penisola, coi vari cantanti che si spostavano in comitiva e

gareggiavano tra loro giudicati da giurie popolari scelte tra il pubblico

delle varie città. Ogni sera veniva proclamato il vincitore di tappa, nella

tappa finale (a Fiuggi) quello assoluto dei vari gironi.

Radaelli - che da giovane era stato partigiano e dirigente sindacale - di

quelle carovane era l’anima. I cantanti non erano ancora divi

irraggiungibili, costruiti a tavolino da discografici attenti solo ai

numeri. La televisione non badava solo all’audience. Erano gli anni di

«Bandiera gialla», la storica trasmissione radiofonica di Arbore e

Boncompagni, di cui ieri sera è stata trasmessa su RadioDue un’edizione

speciale, nel quarantennale del debutto. Roba di un secolo fa.

 

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