appende il microfono al chiodo. E per festeggiare degnamente la fine di una
grande carriera canora, Rita Pavone sta portando in giro da alcuni mesi lo
spettacolo «Goodbye? La mia favola infinita». Che il 29 e 30 ottobre fa
tappa al Politeama Rossetti, in quella Trieste che in fondo è un po’ anche
sua, per la proprietà transitiva dovuta al fatto che da oltre quarant’anni
divide casa e palcoscenico con un certo Teddy Reno, all’anagrafe Ferruccio
Merk Ricordi, «triestìn patoco» alla vigilia degli ottanta.
«È una cosa a cui pensavo da tempo - spiega la cantante, nata a Torino nel
1945 -. Credo di essere in questo momento al meglio delle mie possibilità
vocali e vorrei lasciare alla gente il ricordo e magari il rimpianto di
qualcosa di positivo, che non il semplice ricordo di un’artista. Ecco allora
l’idea di questo show, che è il mio racconto di una favola bellissima,
cominciata nella Torino povera del dopoguerra e proseguita attraverso luoghi
e personaggi che mai avrei pensato di conoscere. Cantare è sempre stata la
mia passione. Ed è ancora la stella che mi guida. Nello spettacolo ci sono
monologhi, canzoni, balletti, filmati d’archivio e momenti musicali non
necessariamente legati alla mia carriera».
Una carriera lunga oltre mezzo secolo, visto che Rita ha debuttato a nove
anni, nel ’54, al Teatro Alfieri di Torino. Ma sbaglia chi pensa a un
definitivo pensionamento, magari al sole di Palma di Maiorca, dove la
famiglia Merk Ricordi ha una delle sue tre basi (le altre due sono a
Lattecaldo, in Svizzera, e ad Ariccia, ai Castelli romani...). Intanto per
il 2006 è già in programma un certo numero di repliche di questo spettacolo
all’estero. E poi la signora fa sapere, sempre amorevolmente supportata da
Teddy Reno, che «mi piacerebbe molto dedicarmi di più al teatro e alla
commedia musicale...».
«È un’altra mia vecchia passione - spiega -, sin da quando negli anni
Sessanta mi hanno portato a Broadway a vedere “Funny girl”, e ho conosciuto
la protagonista, Barbra Streisand. Era la prima volta che andavo a teatro,
ed è stata una folgorazione. Un’altra volta, in camerino mentre mi preparavo
per uno spettacolo, sento bussare alla porta. Era Ella Fitzgerald che voleva
complimentarsi con me, e mi chiedeva un autografo per suo figlio...».
Episodi. Che confermano come quarant’anni fa il miracolo di «Pel di Carota»
non conobbe confini. Nei mitici anni Sessanta italiani «La partita di
pallone» (un brano di Edoardo Vianello che era già stato inciso da Cocky
Mazzetti, passando però inosservato) fu solo il primo di una lunga serie di
successi: da «Cuore» (cover di «Heart», canzone di Phil Spector già portata
al successo dall’americano Wayne Newton) a «Sul cucuzzulo», da «Come te non
c’è nessuno» a «Datemi un martello» (cover di «If I had a hammer», di Trini
Lopez, cantata anche dai Surfs), da «Che mi importa del mondo» a «Il
geghegè»...
La televisione e il cinema diedero il loro contributo. «Enzo Trapani,
nell’autunno del ’62, affidò a me e a Gianni Morandi - ricorda Rita - la
conduzione del primo programma dedicato ai giovanissimi: ”Alta pressione”. E
poi accadde il miracolo. Un giorno mi chiama Guido Sacerdote per sostituire
Mina (incinta di Massimiliano Pani), nel cast fisso di ”Studio Uno”...».
«Morandi lo conosco proprio dal ’62: ero appena tornata a casa dalla
vittoria ad Ariccia, che mi chiamarono dalla Rca, per andare a Roma a
incidere il mio primo disco, ”La partita di pallone”. Anche Gianni era
entrato da poco nello staff della casa discografica e stringemmo subito
amicizia. Entrambi venivamo da origini umili: io figlia di un operaio della
Fiat di origine siciliana, lui figlio del ciabattino comunista di
Monghidoro. Entrambi stavamo per essere baciati da un successo di
proporzioni enormi...».
Con i suoi «Collettoni» (un gruppo di ragazzi che si agitano attorno a lei e
costituiscono la sua scatenata «banda»), nel sacro sabato sera in bianco e
nero del canale unico dell’incontrastata Rai, in quegli anni la Pavone
diventa l’idolo, la beniamina di milioni di ragazzi e ragazzini italiani.
Poi Lina Wertmuller le offre la parte di protagonista nello sceneggiato
televisivo «Gianburrasca», tratto dal famoso «Giornalino di Gianburrasca» di
Vamba: otto puntate, fra il novembre ’64 e il gennaio ’65, ma sufficienti
per entrare nella storia della televisione per ragazzi. E il successo non si
ferma all’Italia: prima la Francia, la Spagna, la Germania, poi
l’Inghilterra, gli Stati Uniti, il Sudamerica... Fra il ’62 e il 70 la
ragazzina vende diciassette milioni di dischi, su un totale che ormai supera
i trenta milioni. Fra il ’64 e il ’68 partecipa sei volte all’Ed Sullivan
Show. Nel ’64, a Memphis, conosce Elvis Presley.
«Quella fu l’emozione più grande. Ci siamo conosciuti a Nashville, in sala
d’incisione. Elvis si è avvicinato, mi ha detto: “Ehi, ma io ti ho visto
ieri sera alla tv...”, e mi ha dato un buffetto sulla guancia. All’epoca
infatti ero spesso ospite all’“Ed Sullivan Show”. Una volta c’era anche
Orson Welles: non mi sono resa subito conto di chi avevo a fianco, l’ho
capito dopo. Per me Hollywood era Cary Grant, William Holden. E comunque lui
è stato molto alla mano, come tutte le grandi star che ho conosciuto in
America...».
Torniamo alla carriera. Alle canzoni seguono i film: «Totò e la figlia
americana», «Rita la zanzara», «Non stuzzicate la zanzara», «Little Rita nel
West» (con Terence Hill e Lucio Dalla, del ’67), «La più bella coppia del
mondo» (con walter Chiari), «La Feldmarescialla», «Due sul pianerottolo»...
«Quei film mi hanno dato la possibilità di lavorare con gente come Giulietta
Masina, Lucio Dalla, Terence Hill, Giancarlo Giannini. Senza dimenticare
Totò: un principe, in tutti i sensi. Grazie a ”Gianburrasca”, che mi capita
di rivedere e che trovo ancora fresco e attuale, ho avuto la fortuna di
lavorare con il meglio del teatro italiano. Con Lina Wertmuller siamo
rimaste in contatto, ogni tanto ci sentiamo. Mi piacerebbe che oggi mi
riscoprisse come attrice...».
«Infatti io credo di aver avuto due incontri fondamentali nella mia vita:
uno con lei, che è stata importantissima perché io non avrei mai immaginato
di poter recitare. L’altro con Macario, che mi ha preso per mano in teatro:
fare con lui sei mesi di tournée sono valsi tre anni di Accademia. Ma devo
ringraziare anche Franco Branciaroli che mi ha fatto fare “La dodicesima
notte” di William Shakespeare a Verona...».
Ricordi di una grande carriera, come si diceva. Teoricamente giunta al
capolinea, ma che nella realtà - volete scommettere? - durerà ancora a
lungo. Le parole di Teddy Reno, al proposito, sono rivelatrici: «Sì, Rita dà
l’addio alla sua carriera pop live, ma non a futuri impegni come attrice o
protagonista di qualche musical. Se dovesse infatti imbattersi in qualche
copione adeguato a una sessantenne che ha lo sprint di una ventenne, beh,
penso che non saprebbe dir di no...».
«Del suo sprint - conclude ”el mulo Ferucio”, che già preannuncia anche un
possibile ritorno discografico della consorte entro un paio d’anni - si
accorgerà il pubblico triestino il 29 e 30 ottobre. Mi esibirò anch’io, ma
nel secondo tempo, quando si parla della storia di due innamorati osteggiati
dalla famiglia di lei... A quei tempi anche i giornali erano scettici sulla
durata della nostra unione. Invece, siamo ancora qua...».
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