venerdì 28 ottobre 2005

Ha detto che il 31 dicembre 2005 - praticamente fra pochi giorni -
appende il microfono al chiodo. E per festeggiare degnamente la fine di una

grande carriera canora, Rita Pavone sta portando in giro da alcuni mesi lo

spettacolo «Goodbye? La mia favola infinita». Che il 29 e 30 ottobre fa

tappa al Politeama Rossetti, in quella Trieste che in fondo è un po’ anche

sua, per la proprietà transitiva dovuta al fatto che da oltre quarant’anni

divide casa e palcoscenico con un certo Teddy Reno, all’anagrafe Ferruccio

Merk Ricordi, «triestìn patoco» alla vigilia degli ottanta.

«È una cosa a cui pensavo da tempo - spiega la cantante, nata a Torino nel

1945 -. Credo di essere in questo momento al meglio delle mie possibilità

vocali e vorrei lasciare alla gente il ricordo e magari il rimpianto di

qualcosa di positivo, che non il semplice ricordo di un’artista. Ecco allora

l’idea di questo show, che è il mio racconto di una favola bellissima,

cominciata nella Torino povera del dopoguerra e proseguita attraverso luoghi

e personaggi che mai avrei pensato di conoscere. Cantare è sempre stata la

mia passione. Ed è ancora la stella che mi guida. Nello spettacolo ci sono

monologhi, canzoni, balletti, filmati d’archivio e momenti musicali non

necessariamente legati alla mia carriera».

Una carriera lunga oltre mezzo secolo, visto che Rita ha debuttato a nove

anni, nel ’54, al Teatro Alfieri di Torino. Ma sbaglia chi pensa a un

definitivo pensionamento, magari al sole di Palma di Maiorca, dove la

famiglia Merk Ricordi ha una delle sue tre basi (le altre due sono a

Lattecaldo, in Svizzera, e ad Ariccia, ai Castelli romani...). Intanto per

il 2006 è già in programma un certo numero di repliche di questo spettacolo

all’estero. E poi la signora fa sapere, sempre amorevolmente supportata da

Teddy Reno, che «mi piacerebbe molto dedicarmi di più al teatro e alla

commedia musicale...».

«È un’altra mia vecchia passione - spiega -, sin da quando negli anni

Sessanta mi hanno portato a Broadway a vedere “Funny girl”, e ho conosciuto

la protagonista, Barbra Streisand. Era la prima volta che andavo a teatro,

ed è stata una folgorazione. Un’altra volta, in camerino mentre mi preparavo

per uno spettacolo, sento bussare alla porta. Era Ella Fitzgerald che voleva

complimentarsi con me, e mi chiedeva un autografo per suo figlio...».

Episodi. Che confermano come quarant’anni fa il miracolo di «Pel di Carota»

non conobbe confini. Nei mitici anni Sessanta italiani «La partita di

pallone» (un brano di Edoardo Vianello che era già stato inciso da Cocky

Mazzetti, passando però inosservato) fu solo il primo di una lunga serie di

successi: da «Cuore» (cover di «Heart», canzone di Phil Spector già portata

al successo dall’americano Wayne Newton) a «Sul cucuzzulo», da «Come te non

c’è nessuno» a «Datemi un martello» (cover di «If I had a hammer», di Trini

Lopez, cantata anche dai Surfs), da «Che mi importa del mondo» a «Il

geghegè»...

La televisione e il cinema diedero il loro contributo. «Enzo Trapani,

nell’autunno del ’62, affidò a me e a Gianni Morandi - ricorda Rita - la

conduzione del primo programma dedicato ai giovanissimi: ”Alta pressione”. E

poi accadde il miracolo. Un giorno mi chiama Guido Sacerdote per sostituire

Mina (incinta di Massimiliano Pani), nel cast fisso di ”Studio Uno”...».

«Morandi lo conosco proprio dal ’62: ero appena tornata a casa dalla

vittoria ad Ariccia, che mi chiamarono dalla Rca, per andare a Roma a

incidere il mio primo disco, ”La partita di pallone”. Anche Gianni era

entrato da poco nello staff della casa discografica e stringemmo subito

amicizia. Entrambi venivamo da origini umili: io figlia di un operaio della

Fiat di origine siciliana, lui figlio del ciabattino comunista di

Monghidoro. Entrambi stavamo per essere baciati da un successo di

proporzioni enormi...».

Con i suoi «Collettoni» (un gruppo di ragazzi che si agitano attorno a lei e

costituiscono la sua scatenata «banda»), nel sacro sabato sera in bianco e

nero del canale unico dell’incontrastata Rai, in quegli anni la Pavone

diventa l’idolo, la beniamina di milioni di ragazzi e ragazzini italiani.

Poi Lina Wertmuller le offre la parte di protagonista nello sceneggiato

televisivo «Gianburrasca», tratto dal famoso «Giornalino di Gianburrasca» di

Vamba: otto puntate, fra il novembre ’64 e il gennaio ’65, ma sufficienti

per entrare nella storia della televisione per ragazzi. E il successo non si

ferma all’Italia: prima la Francia, la Spagna, la Germania, poi

l’Inghilterra, gli Stati Uniti, il Sudamerica... Fra il ’62 e il 70 la

ragazzina vende diciassette milioni di dischi, su un totale che ormai supera

i trenta milioni. Fra il ’64 e il ’68 partecipa sei volte all’Ed Sullivan

Show. Nel ’64, a Memphis, conosce Elvis Presley.

«Quella fu l’emozione più grande. Ci siamo conosciuti a Nashville, in sala

d’incisione. Elvis si è avvicinato, mi ha detto: “Ehi, ma io ti ho visto

ieri sera alla tv...”, e mi ha dato un buffetto sulla guancia. All’epoca

infatti ero spesso ospite all’“Ed Sullivan Show”. Una volta c’era anche

Orson Welles: non mi sono resa subito conto di chi avevo a fianco, l’ho

capito dopo. Per me Hollywood era Cary Grant, William Holden. E comunque lui

è stato molto alla mano, come tutte le grandi star che ho conosciuto in

America...».

Torniamo alla carriera. Alle canzoni seguono i film: «Totò e la figlia

americana», «Rita la zanzara», «Non stuzzicate la zanzara», «Little Rita nel

West» (con Terence Hill e Lucio Dalla, del ’67), «La più bella coppia del

mondo» (con walter Chiari), «La Feldmarescialla», «Due sul pianerottolo»...

«Quei film mi hanno dato la possibilità di lavorare con gente come Giulietta

Masina, Lucio Dalla, Terence Hill, Giancarlo Giannini. Senza dimenticare

Totò: un principe, in tutti i sensi. Grazie a ”Gianburrasca”, che mi capita

di rivedere e che trovo ancora fresco e attuale, ho avuto la fortuna di

lavorare con il meglio del teatro italiano. Con Lina Wertmuller siamo

rimaste in contatto, ogni tanto ci sentiamo. Mi piacerebbe che oggi mi

riscoprisse come attrice...».

«Infatti io credo di aver avuto due incontri fondamentali nella mia vita:

uno con lei, che è stata importantissima perché io non avrei mai immaginato

di poter recitare. L’altro con Macario, che mi ha preso per mano in teatro:

fare con lui sei mesi di tournée sono valsi tre anni di Accademia. Ma devo

ringraziare anche Franco Branciaroli che mi ha fatto fare “La dodicesima

notte” di William Shakespeare a Verona...».

Ricordi di una grande carriera, come si diceva. Teoricamente giunta al

capolinea, ma che nella realtà - volete scommettere? - durerà ancora a

lungo. Le parole di Teddy Reno, al proposito, sono rivelatrici: «Sì, Rita dà

l’addio alla sua carriera pop live, ma non a futuri impegni come attrice o

protagonista di qualche musical. Se dovesse infatti imbattersi in qualche

copione adeguato a una sessantenne che ha lo sprint di una ventenne, beh,

penso che non saprebbe dir di no...».

«Del suo sprint - conclude ”el mulo Ferucio”, che già preannuncia anche un

possibile ritorno discografico della consorte entro un paio d’anni - si

accorgerà il pubblico triestino il 29 e 30 ottobre. Mi esibirò anch’io, ma

nel secondo tempo, quando si parla della storia di due innamorati osteggiati

dalla famiglia di lei... A quei tempi anche i giornali erano scettici sulla

durata della nostra unione. Invece, siamo ancora qua...».

 

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