Stasera unica tappa italiana per quest’estate - a Barolo, provincia di Cuneo, a chiusura del festival Collisioni - del Never Ending Tour di Bob Dylan. Che esattamente cinquant’anni fa scriveva “Blowin’ in the wind”, il celebre inno pacifista (“How many roads must a man walk down before you call him a man...?”) considerato il manifesto, l’inno pacifista di un’epoca, che sarebbe stato pubblicato all’inizio del ’63 nell’album “The freewheelin’ Bob Dylan”.
Torniamo per un attimo a quegli anni. Il ricordo ancora fresco del conflitto mondiale, la paura di una guerra atomica, l’opposizione di tanti giovani americani alla politica del loro governo, sfociata dapprima nella guerra fredda e poi nella guerra nel Vietnam: tutti elementi già presenti negli scritti della Beat Generation di Allen Ginsgerg e Jack Kerouac, come nel movimento della controcultura statunitense alla ricerca di propri paladini anche nel campo della musica.
E lì che entra in scena quel giovane cantastorie nato a Duluth e proveniente da Hibbing, piccolo sobborgo minerario del Minnesota. Robert Allen Zimmerman non ha ancora compiuto vent’anni quando nel gennaio del ’61 arriva a New York per far visita al suo idolo Woody Guthrie, ricoverato al New Jersey Hospital. Il ragazzo comincia a suonare nei locali del Greenwich Village, partecipa a qualche festival, suona l’armonica nel disco di una cantante folk. Viene notato da John Hammond, talent scout della Columbia Records, che lo mette sotto contratto e gli fa incidere il suo primo album, intitolato semplicemente “Bob Dylan”.
Brani della tradizione folk, blues, gospel, oltre a due canzoni di sua composizione. L’album vende cinquemila copie (poche, per l’epoca), i suoi discografici vorrebbero stracciare il contratto, Hammond tiene duro. I fatti gli daranno ragione.
Nell’agosto ’62 il giovane Zimmerman va alla Corte suprema di New York e sceglie di cambiare il suo nome in Robert Dylan. Non basta: incontra Albert Grossman, che diventa il suo manager. Due mosse che portano al secondo album, “The freewheelin’ Bob Dylan”, pubblicato nel maggio ’63 e considerato da molti come il primo vero disco del nostro. Con dentro, fra le altre, anche quella “Blowin’ in the wind” da cui siamo partiti, che Dylan teneva nel cassetto ormai da qualche mese.
Ma nel disco c’era anche un altro futuro classico dylaniano, “A hard rain’s a-gonna fall”, con la sua struttura da ballata folk - voce, chitarra acustica, armonica - e i suoi riferimenti abbastanza espliciti alla paura di un’apocalisse nucleare. Erano i mesi della crisi dei missili di Cuba, del rischio di una terza guerra mondiale, e anche quel brano - con le sue visionarie riflessioni sul senso della condizione umana - divenne un inno del pacifismo, del rifiuto della violenza e dell’opposizione a tutte le guerre.
Mezzo secolo dopo, Bob Dylan è un signore di settantuno anni, che probabilmente ha avuto dalla vita e dalla carriera molto più di quanto avrebbe mai osato immaginare in quell’estate del ’62. Da anni viene candidato al Nobel per la letteratura, prima o poi c’è anche la possibilità e la speranza che l’ambitissimo premio gli venga assegnato.
Ogni tanto sforna ancora qualche ottimo album (come “Modern times”, del 2006), alternandolo a cose meno fondamentali e a
Ed è praticamente sempre in tournèe, nonostante l’età e gli allori potrebbero permettergli una vita più ritirata. Il suo cosiddetto Never Ending Tour (la tournèe che non finisce mai) è infatti cominciata, secondo i suoi storici, il 7 giugno ’88 e, concedendosi ovviamente delle pause di qualche mese per volta, non dà ancora l’impressione di volersi concludere.
In questi anni Dylan ha cantato praticamente ovunque, in tutti i continenti, nelle grandi città come nei piccoli centri, accompagnato da una band in perenne evoluzione. Come in perenne evoluzione - per non dire peggio - sono le letture e a volte i veri e propri stravolgimenti cui l’eterno menestrello sottopone cavalli di battaglia e brani vecchi e nuovi. A volte anche i suoi fan più accaniti - quelli che il 24 maggio di ogni anno festeggiano a casa propria, con amici e parenti, il compleanno del nostro - stentano a ricoscere certi attacchi dal vivo...
Forse succederà anche stasera, in provincia di Cuneo, dove Dylan concluderà il piccolo ma prestigioso festivan che quest’anno ha ospitato anche Patti Smith. I seimila biglietti (a 26 euro) sono andati esauriti in soli quattro giorni, con presenze da tutta italia e anche da Svizzera e Francia. Per uno dei grandi protagonisti della cultura e della musica del Novecento. Che mezzo secolo fa, appena ventenne, annunciò al mondo che un vento nuovo stava soffiando.
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